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Politica
Un anno di Giorgia Meloni, la versione di Roberto...
Un anno di Giorgia Meloni, la versione di Roberto D’Agostino a Piazzapulita
Dalla foto con Macron e Scholz passando per l'opposizione "all'interno della maggioranza" fino all'incubo della premier sull'economia: il punto di Dagospia sull'esecutivo
![Roberto D'Agostino a Piazzapulita](https://www.adnkronos.com/resources/0288-19b32d7430db-9906d62d4539-1000/format/big/dagostino_piazzapulita_fi.jpeg)
Ospite negli studi di Piazzapulita a La7, Roberto d’Agostino - 'padre' di Dagospia - analizza con Corrado Formigli un anno di governo Meloni, tra faide interne alla maggioranza e prospettive future della coalizione.
Si parte dalla foto a tre con Meloni, Macron e Scholz seduti al tavolo del ristorante di un hotel di Bruxelles alla vigilia del Consiglio europeo. Foto rubata o di propaganda? "No - replica 'Dago' -, è una foto autentica. Cosa ci racconta? Hanno discusso del patto di stabilità , ma in un certo modo diciamo perché il patto, l'accordo c'è. Anzi - aggiunge - lo poteva firmare lo stesso ministro dell'Economia Giorgetti, ma lei lo ha stoppato perché vuole essere lei a programmare a sbadierare la vittoria sulla trattativa del famoso pacchetto con il Mes. Chiaramente è una supercazzola delle sue solo per allocchi perché si sa benissimo che il Mes poi andrà firmato e lo dovrà firmare". E' tutto? No. "Lei sta ovviamente in una crisi, dovrà contraddire quello che ha detto all'opposizione. Ne ha dette di tutti colori contro l'Europa, come la famosa frase 'la pacchia è finita'. Poi sa benissimo che il voto in Parlamento sul Mes scatenerà il suo alleato. Perché l'opposizione della Meloni non è a sinistra, è all'interno della maggioranza. Salvini - dice Dago - ha capito la strategia di Meloni, che è quella di assorbire o emarginare. A questo punto, lui non aspetta nient'altro che Fratelli d'Italia voti a favore del Mes per dire a tutti 'vedete, la Lega è l'unica che non tradisce, l'unico coerente dei partiti mentre FdI è un traditore servo degli europoteri'".
Ma Salvini, obietta Formigli, "non può mica andare da un'altra parte, deve rimanere in maggioranza, non può mica far cascare il governo...". "Attento - ribatte Dago - il problema non è questa cosa qui perché il collante di questo governo è il potere: assumi questo, dai i soldi a quest'altro. Ma quello che Salvini rischia, dopo aver perso la gallina dalle uova d'oro che era la Regione Lombardia, è di essere assorbito da questo camaleontismo di Giorgia Meloni, che ha tante maschere tutte insieme. C'è una Giorgia Meloni che va con una faccia all'estero e una Giorgia Meloni che ritorna a casa. All'estero con Macron, Scholz, quando va da Biden fa gli occhioni, fa gli occhioni con i poteri forti stranieri. Vedi il suo filoatlantismo o l'appoggio incondizionato all'Ucraina. Poi quando arriva in Italia si rimette il fez e comincia a dire 'qui comando io'. Allora, quando si ribellano i due partiti alleati, le parte l'embolo: è la sindrome di assedio che lei ha".
Ma Meloni cerca di metterli in riga? "Ma qui è ricominciata la battaglia, una guerra iniziata dal giorno in cui Salvini, Ronzulli, in collegamento con la Fascina, portarono Berlusconi a dare la sfiducia al governo Draghi. Cosa che la Meloni non voleva assolutamente fare perché lei sapeva benissimo che aveva davanti a sé una legge finanziaria, Pnrr. Erano tante rogne e non voleva prendersele. A questo punto, quando Salvini vede che FdI l'aveva superato, scavalcato, sorpassato, sa benissimo che la rendita di stare all'opposizione della Meloni lo avrebbe completamente cancellato. Quindi, si dicono, a questo punto' bisogna fermare il governo Draghi perché se no va a finire che diventiamo dei vassalli, dei giullari della Meloni'. Lo fanno cadere, lei diventa ovviamente presidente e a quel punto scoppia una guerra vera. Perché? Perché lei ad esempio, che non voleva andarci, quando arriva il momento del grande ritorno di Berlusconi in Parlamento con lui che si aspettava l'arco di trionfo, dà l'ordine di votare presidente del Senato La Russa. Avendo già la lega ottenuto il presidente della Camera Fontana e lei a Palazzo Chigi, era ovvio che Berlusconi si aspettasse un gesto di rispetto. Non era nelle condizioni fisiche per farlo lui, ma voleva fare ancora il king maker. E quindi da lì parte quella guerra, di cui oggi abbiamo i vari risultati, quando Berlusconi fa quel famoso foglietto e poi le dice in faccia 'il tuo compagno è un mio dipendente' e Meloni replica 'non sono ricattabile'".
E qui si arriva al caso Giambruno. E' una conseguenza di questa guerra? "Una conseguenza enorme, ma quale uscita estemporanea di Ricci?! Il video -spiega Dago - stava da oltre tre mesi nel cassetto. Che succede a quel punto? Che Forza Italia, di cui i proprietari sono la famiglia Berlusconi, comprende - vista l'energia di un peluche che ha Tajani - che il partito era diventato irrilevante. Questi pensano che piano piano... e invece cosa si trovano? La famigerata tassa sugli extraprofitti bancari. Lei, che ovviamente accusa, col favore delle tenebre ha deciso quella tassa sulle banche senza avvisare nessuno". E tra le banche, rimarca Formigli, c'è anche Mediolanum della famiglia Berlusconi. "Esatto. Ma perché fa questo? Perché Fazzolari, il Rocco Casalino della Meloni, pensa che legnare le banche sia un acchiappa consenso. Come l'ha presa questa decisione? Durante una cena in trattoria con Salvini dove hanno fatto uno scambio: tu Lega otterrai chissà quando l'autonomia differenziata e in cambio mi dai l'ok. A quel punto Forza Italia dice 'te stai a allargà', e lì interviene Marina Berlusconi e poi, guarda caso, arriva il fuorionda su Andrea Giambruno. Nessuno può pensare che Antonio Ricci possa mandare fuorionda come cazzo gli pare - sbotta Dago -. Quello è poco ma sicuro. Ed è un bell'avviso, un antipasto partendo con Giambruno...". Ma la tassa sugli extraprofitti è stata poi smontata, dice Formirgli. "Ma quelli avevano nei cassetti qualsiasi cosa", ribatte Dago.
Riforma costituzionale ultima arma in mano a Meloni? "No, quello è veramente un mezzo di distrazione di massa, smettiamola con queste michiate. E' un mezzo di massa. Ricorda, il vero incubo della Meloni è la situazione economica, soldi. La gente non sa cosa sia il Mes o il Patto di stabilità. Ma quando le tue tasche cominciano a svuotarsi, quando vedi che la rata del mutuo si raddoppia, i prezzi dei prodotti aumentano e devi arrivare a fine mese, a questo punto la gente ci mette un attimo il segno sul partito e sulle scheda elettorale. Il referendum sulla riforma costituzionale? Non ci sarà mai. Lei continuamente fa queste sparate - continua D'Agostino -, ma il vero problema è quello di parlare dell'economia, dello stato delle cose perché col patto di stabilità, il cuneo fiscale oggi non pensare che riesci a mettere a posto le tasche degli italiani. L'unica cosa che manca contro la Meloni sono quelli che l'hanno votata, cioè il popolo, 'la ggente', che quando avrà dei problemi per andarsi a comprare un panettone o per andare in vacanza, solo lì andrà contro. Noi - conclude - dobbiamo fare i conti con la serva".
Politica
Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa...
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"A viale Mazzini dovrebbero fare una statua a me accanto al cavallo, ho salvato Rai Way dai piani della sinistra"
![Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa non si farà mai](https://www.adnkronos.com/resources/028f-1b762149555d-ff8b94576863-1000/format/big/gasparri.jpeg)
L’ipotesi di privatizzazione della Rai? “Le norme per farlo esistono da 20 anni, sono nella legge che porta il mio nome. Ma cedere Rai1, Rai2, e Rai3, non accadrà mai”. Esordisce così con l’Adnkronos il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia. Che, da ministro delle Comunicazioni del governo Berlusconi, preparò il disegno di legge sul sistema radiotelevisivo italiano approvato dal Parlamento nell’aprile 2004. “Ci sono due possibilità: o una quotazione in borsa, e all’epoca la strada fu esplorata tanto che con l’amministratore delegato Flavio Cattaneo andammo a parlarne con i vertici di Borsa Italiana; oppure la cessione di rami d’azienda. Non bisogna dimenticare che la Rai ha più di dieci canali: oltre ai tre generalisti, ci sono quelli dedicati a storia, cinema, bambini, sport… Nulla vieta, se serve fare cassa, di cedere quelli, in tutto o in parte, o magari di fare delle joint venture con altri editori. Non mi pare che la Rai verrebbe meno al suo ruolo di servizio pubblico se Rai YoYo facesse un accordo con una società che produce contenuti per bambini”.
In un articolo del ‘Foglio’ si fa riferimento alla cessione di un 50% della società per abbattere il debito e gli oneri per le casse dello Stato. “Per un simile scenario ci vorrebbe una quotazione. E' vero, non serve avere il 50+1 di una società per controllarla, basta vedere cosa è successo con Enel, Eni e Leonardo. Ma attenzione: per portare in borsa un asset come la Rai bisogna prima valorizzarlo, renderlo appetibile per investitori e risparmiatori. E al momento mi sembra un compito difficile”. Altro discorso la cessione di rami d’azienda. “A viale Mazzini dovrebbero installare una statua dedicata a me, accanto a quella del cavallo. Fui infatti io nel 2001, da ministro, a oppormi all’operazione che era stata predisposta dal precedente governo di sinistra. Il piano era di cedere a una società privata un pezzo di Rai Way, ovvero le antenne e le infrastrutture di trasmissione, ma la Rai in cambio avrebbe avuto solo la minoranza nel consiglio di amministrazione. Dissi di no a questa idea balzana, sollevando grandi polemiche. Invece fu la scelta giusta: Rai Way è stata quotata anni dopo e ha garantito un ricco assegno per le casse pubbliche. Che hanno potuto monetizzare un asset strategico senza però perderne il controllo. Dico strategico perché con il Covid abbiamo avuto la dimostrazione del fatto che lo Stato deve avere il controllo sulle infrastrutture di comunicazione essenziali come quelle televisive. Durante i lockdown internet non arrivava ovunque, ma i canali del digitale terrestre sì, e hanno potuto informare anche quei cittadini che non sono dotati di smartphone o connessione veloce. Ora si parla di una possibile fusione con Ei Tower, su cui viaggiano le tv private. Non ho nulla in contrario, basta che alla fine dell’operazione la maggioranza di controllo resti in mano pubblica”.
Politica
La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa,...
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Gli uffici di Viale Mazzini da mesi preparano il terreno per una possibile assunzione a tempo indeterminato del direttore generale
![La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa, Rossi stabilizzato?](https://www.adnkronos.com/resources/028f-1b761220d127-96aa2395eeb0-1000/format/big/agenzia_fotogramma_fgr4137909_pr_.jpeg)
L’ipotesi di una privatizzazione della Rai, che oggi è tornata nel dibattito politico, ha fatto molto rumore a Viale Mazzini, rimettendo in moto un progetto che è sul tavolo da circa 30 anni, con altrettante declinazioni e ipotesi. Staccare un solo canale? Tenere Rai1, Rai2 e Rai3 ma cedere tutti gli altri, in blocco o creando delle joint venture con altri editori e produttori? Fare una ‘bad company’ da lasciare in mano pubblica, con i programmi del servizio pubblico che hanno minore ritorno commerciale, mentre una ‘newco’ con i pezzi più pregiati potrebbe essere messa sul mercato? I rumor sono ripartiti a partire dall’articolo di prima pagina del “Foglio” di oggi, che parlava della cessione di un 50% degli asset della tv e radio pubblica.
Come sottolinea Claudio Cerasa, la privatizzazione sarebbe una grande mossa politica, soprattutto in risposta a chi accusa la premier di aver messo in piedi ‘TeleMeloni’. Il problema è che il nuovo assetto sarebbe accolto con ostilità da Mediaset e gruppo Cairo: con l’abbandono dei tetti pubblicitari, la Rai privata sottrarrebbe inserzionisti agli altri broadcaster.
Il dossier è complicato inoltre dal rinnovo dei vertici: mercoledì 31 luglio il parlamento potrebbe (potrebbe) finalmente votare i componenti del cda che sostituiranno gli attuali, scaduti da due mesi. Nel frattempo sono arrivate le dimissioni della presidente Marinella Soldi (che non aveva alcuna possibilità di riconferma) e si aspetta la nomina dei nuovi membri votare al suo posto Simona Agnes, in quota Forza Italia.
Il rischio è però che anche l’appuntamento di mercoledì non sia risolutivo e che tutto slitti a settembre. Anzi a ottobre, mese in cui è attesa la sentenza del Tar sul ricorso contro l’attuale procedura di selezione per il cda. Sarebbe infatti inutile trovare l’accordo per poi rischiare di dover ripartire da capo con la scelta dei candidati.
Lo stallo sul rinnovo si spiega con le tensioni tra Lega e Fratelli d’Italia. Il partito della premier vorrebbe promuovere Giampaolo Rossi, attuale direttore generale, ad amministratore delegato. I salviniani temono però che una mossa simile darebbe troppo potere agli alleati di governo, e finora hanno preso tempo, sapendo di non poter imporre un nome alternativo. Nel frattempo, risalgono le quotazioni di Roberto Sergio, attuale ad, che non avendo appartenenze (se non quella, filosofica, alla regola democristiana) è l’unico nome in grado di tutelare tutte le parti in causa.
Una conferma di Sergio per il prossimo mandato potrebbe scatenare una reazione negativa di Rossi? Non necessariamente: l’Adnkronos può confermare che negli uffici della Rai da mesi si studia il modo per consolidare il suo ruolo in azienda, ad esempio con un’assunzione a tempo indeterminato nel ruolo di direttore generale, così da non essere più in balìa delle tempeste politiche ma in grado di restare a lungo ai vertici di un’azienda con cui in questi anni ha creato un rapporto sempre più stretto.
Politica
Giovanni Toti si è dimesso, Liguria alle urne entro 90...
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Il governatore ha inviato una lettera all'ufficio protocollo della Regione
Con una lettera fatta pervenire all'ufficio protocollo della Regione Liguria il presidente Giovanni Toti ha rassegnato le sue irrevocabili dimissioni. L'addio del presidente comporta automaticamente lo scioglimento della del Consiglio ligure. Nuove elezioni dovranno avvenire entro 90 giorni.