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Sostenibilità

Educazione digitale e sostenibilità energetica: quanto ne...

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Educazione digitale e sostenibilità energetica: quanto ne sappiamo?

I dati di Cittadinanzattiva

Sostenibilità energetica - - Canva

Meno della metà dei cittadini conosce le proprie spese energetiche. Due su tre conoscono il bonus energia ma lo considerano inadeguato. E al Sud ancora un cittadino su tre ignora la prossima fine del mercato tutelato. La maggioranza è pronta a scegliere le fonti rinnovabili.

Questa è la fotografia del Report di Cittadinanzattiva in merito alla consultazione civica relativa alla sostenibilità energetica che ha coinvolto oltre 3mila cittadini.

Una maggiore attenzione è stata registrata in tutto il Paese. Sensibilità sì, ma non abbastanza da rendere quasi tutti ben consapevoli della strada da percorrere e di quella intrapresa dalle misure di Governo nazionale e a livello europeo. Si nota un allarmante gap territoriale e generazionale in termini di conoscenza e di accesso ad adeguati strumenti per fronteggiare la questione energetica. Ancora una volta, sono i cittadini residenti nelle aree meridionali del Paese, i meno informati e in grado di sviluppare una vera e propria cittadinanza energetica, così come è possibile rimarcare disinteresse da parte di giovanissimi (18-25) sulle questioni energetiche e preoccupazione principalmente economica negli under 45.

“Viviamo un momento molto delicato per le famiglie – ha commentato Tiziana Toto, responsabile nazionale delle politiche dei consumatori di Cittadinanzattiva -: a breve ci sarà la fine del mercato tutelato e purtroppo non ovunque i consumatori hanno raggiunto un livello informativo tale da consentir loro una scelta consapevole, specie dopo gli ultimi periodi di continui aumenti Allo stesso tempo questo contesto critico però potrebbe dare il giusto slancio alla diffusione di un nuovo concetto di cittadinanza energetica secondo il quale il cittadino dismette il ruolo di consumatore passivo e diventa soggetto attivo e protagonista del nuovo mercato dell’energia che non può, e non deve, lasciare nessuno indietro. Elementi su cui far leva sono sicuramente la coscienza ambientale, il senso di responsabilità e un’azione coordinata da parte di tutti i soggetti coinvolti, a partire dai cittadini stessi e dalle proprie comunità di riferimento”.

Il mercato dell’energia

Dalla consultazione è emerso che in merito al mercato dell’energia, gli italiani si mostrano preoccupati dell’impatto economico delle utenze, ma meno della metà conosce i propri consumi e spese. Nello specifico, il 77,5% si informa sui temi dell’energia principalmente perché riconosce la sua produzione tra le principali cause del cambiamento climatico (34,6%), oltre che per l’impatto diretto sul proprio bilancio familiare (26,4%).

Interrogati sulla notizia del superamento del mercato tutelato, il 72% ha ammesso di esserne a conoscenza, ma la percentuale scende al 64% nelle aree meridionali del Paese, toccando livelli ancora più bassi tra coloro che hanno livelli di istruzione inferiori e per i giovani (negli under 25 la percentuale scende al 29%). A conferma di questi numeri, i consumatori coinvolti leggono la bolletta trovandola chiara solo nel 28% dei casi.

Efficienza energetica

Per quello che riguarda l’efficienza energetica, invece, la metà dei cittadini risparmia per far quadrare i conti ma anche per motivi etici. Per contrastare il caro bolletta, il comportamento più adottato è relativo alla riduzione dei consumi e ad un uso efficiente dell’energia.

In numeri: l’80% dei rispondenti ritiene che il risparmio energetico possa contribuire a ridurre il riscaldamento globale; oltre il 47% si sente eticamente obbligato a ridurre il consumo di energia, il 45% dei casi lo farebbe per una questione economica. Ma solo il 32,5% dei rispondenti conosce la classe energetica della propria abitazione e il 37% dei cittadini ritiene che sarebbero prioritari interventi per evitare dispersione di calore e sprechi.

Energie rinnovabili

Altro tema al centro della sostenibilità ambientale è l’impiego di energie rinnovabili, in merito alle quali, più di un cittadino su due le sceglierebbe.

Un dato interessante emerso è che oltre l’80% dei cittadini intervistati hanno manifestato il proprio interesse a conoscere la provenienza dell’energia che consuma, e la metà sarebbe disponibile a sottoscrivere un’offerta di fornitura di energia prodotta esclusivamente da fonti rinnovabili, anche se non dovesse essere la più economica. Cittadini con reddito più basso e cittadini che risiedono in condomini manifestano interesse nell’installazione di fonti rinnovabili ma riportano difficoltà di natura economica e burocratica.

Circa il 50% dei cittadini ha sentito parlare di comunità energetiche rinnovabili e attribuisce loro la funzione principale di ridurre i costi dell’energia per chi ne fa parte (55,6%) ed anche una misura per combattere la povertà energetica (48,4%).

Povertà energetica

La consultazione è proseguita su quello che è definito il bonus energia, considerato inadeguato per importi e modalità di accesso. Oltre il 60% dei cittadini ha familiarità con il concetto di povertà energetica, pur cogliendo diverse sfaccettature di significato. Per combattere la povertà energetica, i cittadini ritengono rilevante lo sviluppo di comunità energetiche rinnovabili e solidali (51%), seguito da finanziamenti ai più vulnerabili (39,5%).

Energie di comunità

Il progetto Energie di comunità, dal quale nasce questa consultazione, ha come obiettivi: aumentare la consapevolezza dei consumatori relativamente ai temi dello sviluppo sostenibile, con particolare attenzione all’efficienza energetica, all’utilizzo di energia da fonti rinnovabili, al tema della povertà energetica; incrementare conoscenza e competenza dei cittadini e degli stakeholder locali sul tema della sostenibilità energetica e delle possibili azioni da porre in essere per contribuire ad una transizione ecologica giusta; arrivare alla definizione di nuove proposte di buone pratiche che possano favorire lo sviluppo sostenibile della comunità locale.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Sostenibilità

L’Intelligenza Artificiale e il futuro del Lavoro: lo studio

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La maggioranza degli intervistati pensa che l’impatto dell’Ai possa essere dirompente, nel momento in cui determinerà un nuovo rapporto tra uomo e tecnologia

Mano di un robot e mano di un uomo - - Canva

Come cambierà il lavoro con l’Intelligenza artificiale? Questo è uno degli interrogativi più diffusi negli ultimi anni. A differenza dei cambiamenti tecnologici avvenuti nel passato, l'Ai presenta dei tratti del tutto peculiari: espande in modo significativo la gamma di attività che può essere automatizzata, interessando anche quelle di carattere cognitivo e si pone come innovazione trasversale, manifestando un potenziale applicativo in tutti i settori e professioni, ad una velocità di sviluppo che non ha precedenti.

Secondo un campione di 116 ‘testimoni privilegiati’, chiamati a partecipare all’indagine ‘L’impatto dell’Ai sul mondo del lavoro’, promossa dalla Fondazione studi consulenti del lavoro in occasione della 15esima edizione del Festival del Lavoro, in programma dal 16 al 18 maggio a Firenze, presso la Fortezza da Basso, la maggioranza (55,2%) pensa che l’impatto dell’Ai possa essere dirompente, nel momento in cui determinerà un nuovo rapporto tra uomo e tecnologia nel lavoro, che avrà rilevanti implicazioni a livello economico e sociale. Scopriamo insieme cos’è emerso dall’indagine.

Ai: quali ricadute sul lavoro

Dall’indagine della Fondazione è emerso che il 34,5%, pur collocando l’avvento dell’intelligenza artificiale in continuità con i cambiamenti avvenuti negli ultimi anni, pensa che tale innovazione abbia comunque dei tratti distintivi rispetto alle più recenti, per la trasversalità dell’impatto (interessa anche le funzioni cognitive e quindi una platea molto più estesa di lavoratori) e la velocità del cambiamento prodotto.

Solo il 10,3% guarda invece all’Ai come a una delle tante innovazioni avvenute negli anni più recenti, che necessiterà, come già avvenuto per altre, di tempi fisiologici di adattamento. Un cambiamento epocale, quindi, che potrà avere riflessi evidenti sul lavoro, migliorando l’organizzazione, eliminando compiti pericolosi o noiosi, creandone di più complessi e interessanti, aumentando il coinvolgimento dei lavoratori e dando loro una maggiore autonomia.

Quali opportunità?

Non solo dubbi, ma anche tante opportunità. Interrogati su questo tema, la maggioranza (66,7%) ha risposto che l’Ai contribuirà all’ampliamento delle competenze dei lavoratori e alla creazione di nuove occupazioni, in ambito specialistico, ma non solo, dal momento che l’Ai richiede lo sviluppo di nuove skills e attitudini in campo etico, umanistico, relazionale, finalizzate alla definizione di un nuovo rapporto tra uomo e tecnologia. È questa l’opportunità maggiore, seguita, a distanza dall’aumento della produttività, indicato dal 47% degli intervistati, e da una maggiore qualità del lavoro, derivante dalla possibilità di ridurre i tempi, attività ripetitive e di concentrarsi su contenuti più stimolanti: indica tale punto il 45,3%. Meno incisivi i risvolti positivi di questa tecnologia riferita alla sicurezza sul lavoro, con la riduzione di compiti gravosi e rischiosi, la personalizzazione delle misure e della formazione (indica tale item il 34,2% dei rispondenti) così come alla possibilità di una più efficace gestione del personale, indicata dal 30,8%.

Infine, solo il 17,1% individua, tra le principali opportunità dell’Ai, la possibilità che le nuove tecnologie possano supplire alla carenza di lavoratori che sempre più connoterà il mercato del lavoro nei prossimi anni, mentre è del tutto residuale (4,3%) la quota di quanti vi vedono un’opportunità per ridurre iniquità e discriminazioni nel mercato del lavoro.

Competenza: la sfida del futuro

La sfida che dovranno affrontare i lavoratori è quella delle competenze. Questa, infatti, è tra le principali criticità individuate: il 60,7% indica al primo posto proprio il rischio di un’accelerazione nell’obsolescenza delle competenze dei lavoratori e l’esigenza di un reskilling continuo, che interesserà non solo attività a bassa qualificazione, ma l’intera piramide professionale, coinvolgendo anche professioni intellettuali, tecniche, ad elevata specializzazione.

Così come, a impattare negativamente, si preannuncia essere l’utilizzo degli algoritmi che preoccupa soprattutto per i riflessi in termini di privacy e di possibili decisioni discriminanti derivanti dall’Ai: indica tale item, a seguire, il 53,8% degli intervistati. Al terzo posto (46,2%) gli esperti indicano il possibile ampliamento delle disuguaglianze, con il rischio di alimentare divari crescenti a diversi livelli: tra lavoratori “digitalizzati” e no, giovani e anziani, grandi e piccole imprese. Circa un terzo (33,3%) reputa poi che, alla lunga, lo sviluppo dell’Ai possa determinare una perdita di professionalità dei lavoratori, derivante dalla tendenza a delegare alla tecnologia sempre più funzioni, tra cui quelle di carattere cognitivo, analitico, e decisionale. È invece una minoranza del campione a indicare tra le principali criticità dell’Ai altri aspetti, quali l’incremento dei rischi alla salute e dello stress per i lavoratori, sottoposti alla pressione psicologica derivante dall’utilizzo di sistemi di gestione Hr basati su Ai (indica l’item il 16,2%), la riduzione della qualità del lavoro dovuta al deterioramento delle relazioni interpersonali (14,5%), l’indebolimento dei diritti dei lavoratori (13,7%), la distruzione di posti di lavoro e la riduzione dei livelli occupazionali: solo il 12,8% dei rispondenti indica tale item, collocandolo all’ultimo posto tra le principali criticità derivanti dalla diffusione dell’IA.

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Sostenibilità

Sostenibilità, acquisti pubblici verdi non decollano, Pa...

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E' il quadro che emerge dal VII rapporto 2024 'I numeri del Green Public Procurement in Italia' dell’Osservatorio Appalti Verdi di Legambiente e Fondazione Ecosistemi presentato oggi a Roma al Forum Compraverde Buygreen 2024

Sostenibilità, acquisti pubblici verdi non decollano, Pa ferma al 62%

In Italia freno a mano tirato sull’applicazione del Green Public Procurement (acquisti pubblici verdi) e dei Criteri Ambientali Minimi che, a otto anni dall’entrata in vigore, faticano a decollare in maniera strutturata. E' il quadro che emerge dal VII rapporto 2024 'I numeri del Green Public Procurement in Italia' dell’Osservatorio Appalti Verdi di Legambiente e Fondazione Ecosistemi presentato oggi a Roma al Forum Compraverde Buygreen 2024, giunto alla sua XVIII edizione.

Obiettivo del rapporto, in partnership con Assosistema, Università degli Studi di Padova, AdLaw Avvocati Amministrativisti, il dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino e la Rete dei Comuni Sostenibili, raccontare come l’Italia stia affrontando la sfida della sostenibilità che passa anche dagli acquisti promossi dalle amministrazioni pubbliche e dall’applicazione dei Criteri Ambientali Minimi. Attraverso la somministrazione di un questionario online, sono 126 le Pa che hanno risposto nel merito dell’applicazione delle politiche necessarie al Green Public Procurement nelle gare di appalto avvenute nel 2023, tra cui la conoscenza dello strumento, la formazione del personale, il plastic free e il gender procurement, e sull’adozione dei Criteri Ambientali Minimi, la cui obbligatorietà vige dal 2016.

Su un campione di 126 amministrazioni pubbliche, tra cui 14 Centrali di Committenza Regionali, 64 enti gestori di 148 aree protette, 41 Asl e 7 Città metropolitane, nel 2023 l’indice medio di performance del campione indagato è pari al 62%, con un valore massimo del 79% raggiunto dai Comuni metropolitani e un minimo, pari al 56%, toccato dagli Enti gestori di aree protette. L’indice rappresenta una valutazione complessiva sull’attuazione di politiche necessarie per il Gpp e sull’applicazione dei Cam. Nota dolente, la percentuale relativa al monitoraggio degli acquisti, una pratica effettuata solo dal 17% del campione. Dall’altro lato, i dati migliori riguardano invece la 'conoscenza del Green Public Procurement' ormai ben consolidata: per il 98% delle amministrazioni pubbliche la conoscenza di tale strumento è diffusa, assicurando un primo passo fondamentale per la sua applicazione; seguono, tra le politiche più conosciute e applicate, quelle sul 'Plastic free' (57%) e la 'Formazione' (56%); più indietro, ma altrettanto importanti, sono i 'Criteri Sociali' (47%) e il 'Gender Procurement' (46%).

Oggi in Italia a pesare sui ritardi nell’applicazione del Gpp e soprattutto dei Cam è per il 53% delle stazioni appaltanti intervistate la difficoltà 'di stesura dei bandi', seguita dalla 'mancanza di formazione' adeguata (41%) e dalla mancanza di imprese con requisiti idonei (34%). Per questo l’Osservatorio Appalti Verdi chiede che "le azioni principali da cui partire riguardino in primis la formazione del personale competente e qualificato sul tema dei Cam, seguita dal controllo dell’esito delle gare d’appalto".

“Il dato complessivo sull’applicazione del Green Public Procurement in Italia ci indica che gli acquisti verdi, sebbene la loro utilità sia ampiamente riconosciuta, subiscono ancora troppi rallentamenti - dichiara Andrea Minutolo, responsabile scientifico Legambiente - Il Rapporto dell’Osservatorio Appalti Verdi serve a puntellare i punti di debolezza su cui intervenire per rendere il Gpp maggiormente efficace e praticato dalle Pa, in modo che possa diventare uno strumento strutturale. La promozione di un sistema di acquisti ambientalmente e socialmente preferibili può davvero generare un miglioramento in termini ambientali e di diffusione di tecnologie verdi”. Per Silvano Falocco, direttore Fondazione Ecosistemi, "i dati del Rapporto fanno emergere l’urgenza di rafforzare, con azioni specifiche, lo strumento del Gpp. Sono necessarie 3 azioni: ogni pubblica amministrazione deve avere un referente del Gpp; serve un programma nazionale per formare e affiancare le PP.AA. nell'inserimento dei criteri ambientali e sociali; serve una Task Force nazionale che sia in grado di verificare il rispetto dei diritti umani e sociali lungo le filiere di produzione, per evitare il dumping sociale".

Tra tutte le prestazioni monitorate nelle quattro stazioni appaltanti, si sottolinea la presenza, in otto enti gestori di aree protette sui 64 totali, di un referente per il Green Public Procurement, così come era stato chiesto nelle proposte avanzate nel Rapporto dello scorso anno dall’Osservatorio Appalti Verdi. "Centralizzare la pratica del Gpp attraverso una persona più competente che sappia mettere in rete gli uffici, è infatti uno dei nodi da sciogliere e su cui insistere anche per la diffusione e applicazione del Gpp in generale", si rileva nel report. Sempre sul versante degli enti gestori delle aree protette, il rapporto ha registrato percentuali basse per quanto riguarda l’applicazione di strategie migliorative per la raccolta differenziata (solo il 39% le mette in pratica) e iniziative per il risparmio energetico e la nascita di Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali (solo il 44% le promuove).

Tra le 41 Asl che hanno risposto al questionario dell’Osservatorio, si apre una lacuna nel sistema di monitoraggio degli acquisti, con solo il 5% di attuazione. Un dato che fa accendere una spia rossa e richiama la ricerca di soluzioni utili per capire come si effettuano gli acquisti e come poter razionalizzare le spese, anche alla luce dei numeri contenuti nell’ultimo Documento di Economia e Finanza che certifica per l’anno 2023 una spesa sanitaria di oltre 131 miliardi di euro, con un rapporto spesa sanitaria/Pil del 6,3%.

Alla luce di tutto, l'analisi indica due priorità su cui intervenire immediatamente, per permettere una crescita più veloce ed efficace del Gpp nel nostro Paese. La maggiore difficoltà che ancora oggi registrano le pubbliche amministrazioni, infatti, riguarda la carenza di supporto tecnico alla stesura dei documenti di gara, un aspetto fondamentale visto che, ad esempio, molti Cam non prevedono un’applicazione automatica ma richiedono una personalizzazione in fase di progettazione della gara, necessaria anche in alcuni servizi (come quelli sulla gestione energetica degli edifici o del verde pubblico). È necessario quindi dotare ogni amministrazione di personale specifico, formato, che sappia indirizzare e seguire in tutte le sue fasi la partita degli acquisti.

È ancora del tutto assente invece, l’attività di monitoraggio dello stato di adozione del Green Public Procurement all’interno delle singole stazioni appaltanti. Questo rende impossibile la corretta valutazione dei feedback delle procedure di gara in merito ai criteri ambientali da integrare. Anche in questo caso, il monitoraggio è realisticamente possibile solo se viene individuato un referente specifico del Gpp. Un referente che dovrebbe essere il soggetto in grado connettere le varie policy dell’amministrazione (piani d’azione climatica, della mobilità, per l’economia circolare e la prevenzione dei rifiuti, piani di rigenerazione urbana, consigli del cibo, ecc...) con l’uso dello strumento del Gpp.

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Sostenibilità

Fiere, sostenibilità grande protagonista alla terza...

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L'evento è in programma dal 29 al 31 maggio negli spazi del Piacenza Expo

Fiere, sostenibilità grande protagonista alla terza edizione del Pipeline&Gas Expo

La sostenibilità ambientale e le innovazioni che renderanno possibile la transizione ecologica verso un sistema 'net-zero' nella creazione e sostituzione delle reti esistenti saranno grandi protagoniste della terza edizione del Pipeline&Gas Expo (Pge), la mostra-convegno interamente dedicata ai settori del 'Mid-Stream' e delle reti distributive di Oil&Gas, del Power Generation ma anche di quelle idriche, in programma dal 29 al 31 maggio 2024 negli spazi del Piacenza Expo. La tre giorni piacentina, organizzata da Mediapoint&Exhibitions, è il principale evento a livello nazionale ed europeo espressamente dedicato al settore. E infatti raccoglie i maggiori player attivi nella progettazione, costruzione e manutenzione di gasdotti, oleodotti, metanodotti e acquedotti, reti distributive del gas (sia primarie che secondarie) e idriche, con i relativi fornitori di impianti, macchine, attrezzature, materiali e software a loro necessari.

Alla kermesse sarà dedicato ampio spazio alle tecnologie no-dig o trenchless technology, che permettono di effettuare la posa, l’esercizio e la manutenzione delle reti dei sottoservizi riducendo al minimo, o eliminando del tutto, lo scavo a cielo aperto. Da qui la stretta collaborazione con l’Italian Association for Trenchless Technology (Iatt), l’associazione senza fini di lucro, che promuove l’avanzamento delle conoscenze scientifiche e tecniche nel campo delle tecnologie trenchless, per favorirne la diffusione presso enti ed amministrazioni pubbliche, aziende di gestione delle reti di servizi, imprese, tecnici, ricercatori e studenti.

“Diversi processi in atto a livello nazionale ed europeo spingono oramai sull’adozione di strategie, progetti e soluzioni in favore della sostenibilità. Quella sostenibilità ambientale che la nostra Associazione promuove da trent’anni, attraverso lo sviluppo e l’applicazione di soluzioni tecnologicamente avanzate per la posa, riparazione e sostituzione delle reti del sottosuolo: le tecnologie trenchless (no dig)”, spiega il presidente di Iatt, Paolo Trombetti.

“Il processo di Transizione ecologica verso il sistema ‘net-zero’ immaginato a livello nazionale ed europeo per il 2050, avrà bisogno di ingenti investimenti per lo sviluppo e lo ammodernamento delle reti esistenti”, continua Trombetti, “Non solo quelle del gas, considerato il vettore principale, ma anche dei nuovi gas quali biometano ed idrogeno, che si stima potranno coprire gran parte del fabbisogno energetico entro il 2050 con una riduzione notevole delle emissioni di CO2. Investimenti che, inevitabilmente, dovranno essere guidati dal faro della sostenibilità ambientale, sociale ed economica; un’equazione che può essere facilmente risolta attraverso l’applicazione delle trenchless technology. La nostra partecipazione al Pge promuove da un lato un momento di accurato approfondimento su tali tematiche con primari operatori del settore, con lo scopo di mettere in luce tutti i vantaggi e le potenzialità del no dig nel sistema multigas, in un convegno organizzato per il giorno 30 maggio. Dall’altro la possibilità di venire in contatto con una rappresentanza di imprese specialistiche del settore”.

Il riferimento è all’incontro 'Soluzioni no dig per le reti multigas posa e risanamento trenchless delle condotte di metano, biometano e idrogeno', organizzato da Iatt per giovedì 30 maggio (9.30, Sala B). Tra i relatori, Paola Finocchi, segretario generale Iatt, Andrea Castellaneta, Head Construction di Snam Rete Gas, Pierpaolo Torelli, direttore operativo di 2I Rete Gas, Francesco Vitolo, settore Energia Utilitalia, e Stefano Cogoli Energy&Carbon Manager di Atlante Group. Non solo, la III edizione del Pge dedicherà un’apposita area al no-dig, nella quale saranno presenti gli ultimi sviluppi della tecnologia senza scavo, organizzata in collaborazione con (Iatt).

In contemporanea alla III edizione del Pipeline&Gas Expo si terrà anche la I edizione della Cybsec Expo, la mostra-mercato, sempre organizzata da Mediapoint&Exhibitions, dedicata alla sicurezza informatica, alla protezione dei dati e delle infrastrutture critiche. Come tradizione per tutti gli eventi organizzati da Mediapoint&Exhibitions, si terrà nella serata di mercoledì 29 maggio (giornata inaugurale delle manifestazioni) presso la Sala degli Arazzi della Galleria Alberoni di Piacenza, la cena di gala riservata ai partecipanti dei due eventi.

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