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Piazza Fontana: il racconto di Paolo Dendena, ‘mia...

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Piazza Fontana: il racconto di Paolo Dendena, ‘mia madre rifiutò il tricolore sulla bara di mio padre

All’Adnkronos parla il figlio di Pietro, morto nella strage alla Banca Nazionale dell’Agricoltura nel 1969

Piazza Fontana, il racconto di Paolo Dendena:

Esiste un’immagine iconica che racconta meglio di tutte le altre la strage di piazza Fontana, il 12 dicembre 1969. È una foto in bianco e nero, grandangolare, vecchia di quasi sessant’anni ma molto definita. È stata scattata dall’alto e riprende il grande salone circolare della Banca Nazionale dell’Agricoltura subito dopo lo scoppio della bomba. Sul pavimento ci sono centinaia di fogli di carta sparsi. E poi sedie distrutte, listelli di legno, imponenti schegge di vetro e lamine di metallo. Diversi uomini calpestano quel pavimento, sporco e devastato dai detriti. È la cristallizzazione di uno dei momenti più bui e dolorosi della storia del nostro Paese. È il 12 dicembre 1969. E da quel momento l’Italia, che aveva conosciuto la luce e la speranza col boom economico, non sarà più la stessa.

Paolo Dendena quel pomeriggio aveva soltanto dieci anni. Ma, a distanza di così tanto tempo, ha nella sua mente fissati i ricordi in modo lucido. Come se tutto fosse accaduto soltanto ieri. “Era la vigilia di Santa Lucia, ero a Lodi. All’epoca, Santa Lucia era una festa importante: era lei che portava i giocattoli in dono ai bambini, un po’ come accade oggi con Babbo Natale. Ero felice”.

Suo padre, Pietro, era un commerciante di bestiame. Era nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura di piazza Fontana, a Milano, quel venerdì pomeriggio. “Era lì -dice all'Adnkronos- perché stava contrattando. All’epoca, quella era una vera e propria Borsa, tutti dalla Lombardia la frequentavano per comprare e vendere”. Paolo era nella casa dei nonni, perché la mamma e la sorella erano uscite per fare le compere nei mercatini in vista della festività. “Ricordo che, improvvisamente, arrivò in casa un vigile urbano del comando di Lodi. E ci disse che era successo a qualcosa di grosso, in centro a Milano”. Le prime informazioni parlavano dello scoppio di una caldaia. “E sembrava che mio papà fosse tra i feriti”. Il piccolo Paolo raggiunse subito, insieme ai nonni e agli zii, l’ospedale del Fatebenefratelli. “Arrivai lì e assistetti a uno scenario di guerra: lenzuola, barelle, corpi distesi sui letti, urla strazianti”.

E poi il sangue. “Rosso, vivido, che invadeva e sporcava tutto. Un vero scenario di guerra”. La zia, che era da poco andata in pensione come infermiera in quello stesso ospedale, vide un medico. Lo riconobbe. “E chiese a lui di mio padre. Il dottore controllò la lista e lanciò uno sguardo. Da quegli occhi capii subito che mio papà era morto”. E la conferma della morte del padre arrivò pochissimo tempo dopo, da un piccolo dettaglio. “In fondo all’ospedale c’era una specie di ambulanza dove stavano caricando le barelle coi corpi. Riconobbi il tessuto della giacca di mio padre, un ‘principe di Galles’. Lo dissi a mia zia: quello era il ‘principe di Galles’ della giacca di mio padre”. Paolo, a soli dieci anni, si trovò di fronte a uno dei dolori più grande che un figlio può avere. Un evento traumatico per un ragazzino così piccolo. “Ricordo nei giorni successivi le fasi del riconoscimento dei corpi. Alcuni erano bruciati, altri dilaniati. I parenti non riuscivano a identificare i loro familiari”.

Non era stata una caldaia. A sventrare la Banca nazionale dell’Agricoltura, in piazza Fontana a Milano in quel pomeriggio piovoso di quasi inverno, erano stati sette chili di tritolo, posizionati e minuziosamente nascosti sotto una delle scrivanie al centro dello spazioso salone. La conta finale dei morti fu agghiacciante. 17 vittime. E poi 88 feriti. Una ferita profondissima per la città di Milano e per l’Italia intera.

I giorni seguenti furono quelli del lutto. Il 15 dicembre 1969 si svolsero i funerali in Duomo. “Ricordo la piazza, che era gremitissima. C’erano 300mila persone. Tutte in silenzio. Dalla massaia al dirigente, c’erano tutti. Perché tutti si chiedevano perché quella strage era accaduta. E a chi poteva giovare tutto quel sangue versato”. All’interno della grande navata centrale in stile gotico del Duomo, l’atmosfera era composta, solenne. “Per le esequie volevano avvolgere la bara di mio padre nel tricolore. Ma mia madre, insieme ad altre vedove, si oppose”. Un gesto forte. Ma motivato. “Rifiutò perché non era possibile andare in banca per lavoro e non tornare più a casa, la sera. Quello Stato, rappresentato da quella bandiera, non era stato in grado di proteggere mio padre”. Il protocollo prevedeva la presenza delle più alte cariche istituzionali. “Ricordo che aspettammo più di un’ora e mezza il presidente del Consiglio Mariano Rumor. Che si avvicinò a tutti i familiari delle vittime. Ma mia madre non volle stringergli la mano”. Il piccolo Paolo gironzolava intorno alla bara del padre quel giorno. “Rumor mi vide, mi fermò e mi fece una carezza. Col senno del poi, riconobbi fastidio in quel gesto”.

Poco dopo si aprì la grande stagione dei processi. Bisognava stabilire la verità su quello che era accaduto nel palazzo della Banca di piazza Fontana. “Inizialmente, le udienze dovevano celebrarsi a Milano. Ma il giudice esercitò quella che in latino si chiama ‘legitima suspicione’. In pratica, la città era considerata poco sicura ad ospitare il processo. Che, così, venne spostato al Sud, a Catanzaro”. Paolo, insieme alla sorella Francesca, non ha mai perso un’udienza. Ogni volta, arrivavano fino in Calabria per calcare quelle aule dove pretendevano giustizia per la morte del padre. “All’epoca, per viaggiare dalla Lombardia a Catanzaro ci volevano anche 22 ore di treno. Il giudice, guardando me e mia sorella così giovani, un giorno ci chiese perché ogni volta arrivavamo fino lì. Rispondemmo che facevamo tutti quegli oltre 1200 chilometri solo perché credevamo nella giustizia. E lui ci rispose così, in modo lapidario: ‘Cercheremo di fare del nostro meglio’”.

Quelle per piazza Fontana sono state udienze monstre. Pile di documenti, migliaia di fogli scritti a mano contenenti prove, testimonianze, accuse. “Non c’erano computer o altro, era tutto cartaceo. Facendo un paragone, credo che possano essere stati tre tir pieni zeppi di documenti. Fu anche uno dei primi processi mediatici”. La sorella di Paolo, Francesca, più grandi di lui di sette anni, una volta ebbe anche il coraggio di rivolgersi direttamente agli imputati. “Erano Freda e Ventura. Lei li guardò e disse loro che sarebbe stata anche disposta a perdonarli, se solo avessero detto perché lo avevano fatto. E se fossero stati disposti a fermare quella scia di sangue”. Scia di sangue che, però, non si fermò. Perché pochi anni dopo ci furono Piazza della Loggia a Brescia, il treno ‘Italicus’, la bomba alla stazione di Bologna e il ‘Rapido 904’. Piazza Fontana era solo l’incipit. Piazza Fontana ha dato il via alla stagione delle stragi. Piazza Fontana è la madre di tutte le stragi.

Gli anni dei processi sono stati lunghi. “Circa trentacinque”, dice Paolo. “E non sono mancati i depistaggi, perché è certo che ci sono stati”. La parola fine alla vicenda giudiziaria sull’attentato alla Banca nazionale dell’Agricoltura l’ha messa una sentenza. “Quella del 3 maggio 2005. Una sentenza tombale, praticamente. La Cassazione ha confermato le responsabilità di Freda e Ventura per le bombe, ma non sono stati condannati perché erano stati già assolti per lo stesso reato nel 1987”. ‘Ne bis in idem’, direbbero i giuristi cultori del latino. Un esito paradossale, contradditorio. E la storia processuale, diversa da quella storica, si è chiusa così, senza colpevoli dichiarati. “Siamo stati noi familiari a dover pagare le spese processuali. Fortunatamente lo Stato ci ha aiutati. Ma è una sensazione terribile. È come se tu, vittima, fossi il vero condannato all’ergastolo”.

Dopo la ‘sentenza tombale’ del 2005, è nata l’associazione dei familiari delle vittime di piazza Fontana. Prima a volerla è stata la sorella di Paolo, Francesca. “È sorta perché dovevamo far conoscere piazza Fontana, soprattutto nelle scuole, soprattutto alle nuove generazioni che spesso ne sanno pochissimo o non ne sanno nulla”, dice Paolo. Ogni anno, il 12 dicembre, i familiari si ritrovano per coltivare la memoria. E lo fanno attraverso un lungo corteo, commosso e silenzioso, che parte da piazza della Scala fino ad arrivare a piazza Fontana. “Partiamo da lì perché proprio a piazza della Scala, quello stesso giorno, era stata piazzata un’altra bomba, poi rimasta fortunatamente inesplosa”. Francesca Dendena si è sempre battuta per l’associazione. Tanto da ricevere, nel tempo, riconoscimenti e onorificenze, anche dalla presidenza della Repubblica. Il suo altissimo impegno civile è durato fino alla sua morte, nel 2010. Oggi il suo nome campeggia nel famedio del cimitero di Milano. Il suo testimone è stato raccolto dal nipote Matteo, figlio di Paolo, che sulla strage ha scritto un libro, trasformato in una docu-fiction di successo della Rai, andata in onda in occasione del cinquantenario.

Cosa lascia oggi piazza Fontana? Una delle stagioni più buie, dolorose e sanguinose per il nostro Paese”, dice Paolo. “Anche lo Stato dovrebbe chiedersi cosa è successo il 12 dicembre 1969. E dovrebbe dire perché non è stato in grado di fermare quello che è accaduto”. (di Marco Di Vincenzo)

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Caronte infiamma l’Italia, è il weekend più caldo del 2024:...

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Le temperature saliranno infatti anche al Nord, fino a sfiorare i 39°C in particolare sull’Emilia Romagna

Caronte infiamma l’Italia, è il weekend più caldo del 2024: il meteo

L’ultimo weekend di luglio sarà il più caldo del 2024, fino a oggi. Le temperature saliranno infatti anche al Nord, fino a sfiorare i 39°C in particolare sull’Emilia Romagna. Nelle precedenti ondate africane di calore il settentrione era risultato meno coinvolto. L'anticiclone africano Caronte si estende dunque su tutta l'Italia con lo zero termico oltre i 5000 metri, le notti tropicali con minime di 25°C, le massime a 40 e una previsione futura a media lunga scadenza di pochissime variazioni.

In altre parole, Caronte durerà almeno 10 giorni ma al Sud potrebbe continuare imperterrito a oltranza fa sapere iLMeteo.it. E proprio al Sud insiste la drammatica siccità di Sicilia e Calabria. Caldo a oltranza con notti tropicali (temperature minime oltre i 20 gradi) e super tropicali (minime oltre i 30 gradi): ebbene a Genova negli ultimi giorni sono stati toccati i 26°C all’alba, con 29-30°C subito verso le 8.

A fine di luglio la temperatura del mare in Italia è la seguente: Lido di Jesolo (Veneto) 30°C, San Vito lo Capo (Sicilia) 29°C, Bari 28.9°C, Viareggio e Riccione 28.8°C, Cala Mariolu (Sardegna) 28.7°C tanto per citare alcuni mari bollenti. Non è normale, il mare si riscalda e di solito raggiunge il picco termico verso la fine di agosto.

Intanto, il ritorno di Caronte porterà un nuovo primo picco di caldo lunedì 29 luglio: Agrigento, Roma, Taranto e Terni 39°C con punte di 40°C, Benevento, Caserta, Firenze, Grosseto, Oristano e Prato oltre i 38°C. Ma attenzione, anche Parma, Reggio Emilia e Bolzano oscilleranno tra 38 e 39°C! Un caldo democratico, distribuito equamente da Nord a Sud. Prepariamoci al ritorno di Caronte con la più forte ondata di caldo del 2024.

Oggi, sabato 27 luglio - Al Nord: soleggiato, caldo in aumento. Al Centro: possibile temporale sull’aquilano, sole e caldo altrove. Al Sud: soleggiato e più caldo.

Domani, domenica 28 luglio - Al Nord: soleggiato, caldo in aumento. Al Centro: sole e molto caldo. Al Sud: soleggiato e più caldo.

Lunedì 29 luglio - Al Nord: sole e molto caldo, temporali sulle Alpi occidentali. Al Centro: sole e molto caldo. Al Sud: sole e molto caldo.

Tendenza: anticiclone africano ad oltranza con caldo in ulteriore aumento.

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Ddl concorrenza, Altroconsumo: “Testo poco...

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Cavallo, 'basti pensare alla scelta di non occuparsi del fondamentale capitolo delle liberalizzazioni'

Ddl concorrenza, Altroconsumo:

''Ancora una volta il Governo perde l'occasione di assumere decisioni rilevanti e attese, presentando un testo poco coraggioso''. Lo afferma il responsabile relazioni esterne di Altroconsumo, Federico Cavallo, in una nota, commentando il via libera al ddl concorrenza. ''Basti pensare alla scelta di non occuparsi del fondamentale capitolo delle liberalizzazioni, in primis delle concessioni balneari e del settore ncc, testimoniando la non volontà, o forse l'incapacità, della politica di correggere distorsioni evidenti nel mercato e nella concorrenza, che penalizzano i consumatori, compromettono il benessere sociale e rallentano lo sviluppo economico del Paese'', osserva Cavallo.

''Partiamo dalla rumorosa assenza, ancora e purtroppo rinnovata, nel ddl della riforma delle concessioni balneari. Una misura che sarebbe necessaria ben prima e ben al di là delle mere ragioni di ottemperanza alle norme che il nostro Paese viola ormai sistematicamente da molto, troppo tempo'', scrive l'associazione. ''Sentenza dopo sentenza, sia il Consiglio di Stato sia la Corte costituzionale sia la Corte di giustizia europea hanno indicato l'unica strada da percorrere vale a dire quella della messa a gara delle concessioni, ma i governi che si sono succeduti continuano a guardare altrove e a non far seguire alle promesse, ai tavoli, alle mappature null’altro che la mancanza di una reale volontà di intervento''.

''Il tema è annoso e stratificato da interventi e segnalazioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, procedure di infrazione, sentenze di ogni ordine e grado, e non riguarda solo gare e concessioni'', osserva l'associazione. La direttiva Bolkestein prevede che, nello stabilire le regole della procedura di selezione per le gare, gli Stati possono tenere conto di "considerazioni di salute pubblica, di obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti e autonomi, della protezione dell’ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale" e quindi assumono importanza la qualità dell’offerta nelle spiagge in concessione, l’attenzione alla sostenibilità e all'ambiente, l’utilizzo di strutture leggere e non fisse e così via.

''Le gare assumono un significato completo e sopra ogni cosa non dimentichiamo la necessità di preservare le spiagge libere, l'accessibilità e di proteggere un patrimonio di tutti'', secondo Altroconsumo. ''L'Italia meriterebbe una riflessione ampia che affronti in chiave innovativa lo sviluppo di un vero e proprio asset, sia economico che culturale e ambientale, del nostro Paese. Invece, continuiamo ad assistere a tentativi di "azzeccare i garbugli" e promuovendo, semmai, istanze protezionistiche e la conservazione dello status quo volta a mantenere piccoli e circoscritti ritorni elettorali o di consenso. Chiediamo che ci sia una vera svolta e con noi anche gli oltre cinquemila firmatari della nostra petizione''.

Dal 2015 Altroconsumo sottolinea ''l'importanza di promuovere una concorrenza leale e corretta e la necessità di una riforma complessiva del settore del trasporto pubblico non di linea, che soffre di blocchi all’ingresso di nuovi soggetti con la conseguenza della mancata innovazione dei servizi e dell'assenza di benefici concreti per i cittadini sulla qualità e sui prezzi''.

''Neanche l’intervento recente della Corte Costituzionale, che ha affermato che il divieto di rilasciare nuove autorizzazioni per gli ncc compromette la possibilità di aumentare un’offerta già ampiamente insufficiente (le code di cittadini e turisti esausti in attesa di un taxi sono all’ordine del giorno), riesce a smuovere il Governo che lascia di fatto il Paese nelle mani di una piccola lobby, invece di adoperarsi per rimuovere gli ostacoli alla libera concorrenza garantendo alla collettività un servizio di trasporto pubblico efficiente e adeguato'', prosegue l'associazione.

In un quadro di grandi assenze, ''registriamo una presenza sicuramente positiva: l'intervento sul fenomeno della shrinkflation che Altroconsumo ha messo in evidenza da tempo con diverse inchieste. Pensiamo che il testo del ddl sia sicuramente migliorabile, inserendo anche i casi in cui la riduzione del contenuto riguarda prodotti che hanno una composizione o ricettazione leggermente diversa del prodotto originario, ma che mantengono lo stesso confezionamento. Per questa ragione continueremo a monitorare la situazione e a informare i consumatori.

''Bene anche l'intervento in tema di rc auto per contrastare il lock-in delle compagnie assicurative e favorire la mobilità della domanda, con il divieto di inserire clausole che impediscono o limitano il diritto dell'assicurato di disinstallare la scatola nera, senza costi, alla scadenza del contratto'', secondo Altroconsumo. ''Finalmente, anche l'intervento atteso da tempo sulla portabilità dei dati registrati dalle black box, sempre in ottica di favorire la possibilità di cambiare compagnia. Già nel 2022 l'Ivass denunciava che "la scatola nera riduce del 60% la probabilità di cambiare”, il passo in avanti fatto con l'attuale testo del Ddl era quindi doveroso per spingere i clienti con scatola nera a rivolgersi ad altre compagnie”.

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Roma, Ama-Università Tor Vergata: accordo quadro di...

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Alfonsi, 'Ama deve diventare player dell’economia circolare'. Manzi, 'Importante passo avanti per la nostra azienda

Roma, Ama-Università Tor Vergata: accordo quadro di collaborazione su ricerca e formazione

E’ stato siglato oggi un accordo quadro tra Ama e Università degli studi di Roma “Tor Vergata” che pone le basi per collaborazioni future tra i due enti, in particolare nell’ambito della ricerca e della formazione. La convenzione è stata firmata, presso la sede dell’Assessorato all’Agricoltura, Ambiente e Ciclo dei Rifiuti di Roma Capitale dal Rettore dell’Università Prof. Nathan Levialdi Ghiron e dal Presidente di Ama S.p.A. Bruno Manzi, alla presenza dell’Assessora Sabrina Alfonsi e del Direttore Generale di Ama S.p.A. Alessandro Filippi. Lo comunica Ama S.p.A. in una nota.

L’accordo quadro, che farà da base a successive iniziative e collaborazioni, prevede in prima battuta lo sviluppo una sinergia con il Dipartimento di Ingegneria dell’Impresa “Mario Lucentini, allo scopo di approfondire la ricerca negli ambiti dell’Ingegneria Sanitaria Ambientale, della tecnologia e della meccanica inerenti alla raccolta dei rifiuti e delle analisi chimiche associate al ciclo dei rifiuti. Successivamente le modalità e le forme di collaborazione congiunta e l’effettiva suddivisione di compiti e responsabilità tra Ama e Università saranno regolate attraverso la stipula di specifici atti esecutivi. La convenzione quadro si tradurrà anche in un reciproco interscambio di personale e competenze professionali attraverso cui si perseguiranno gli scopi di ricerca e formazione alla base dell’accordo.

“Questa convenzione mette Ama nella posizione di poter avere un supporto scientifico per portare sviluppo e innovazione in tutti gli ambiti di attività che quotidianamente svolge. Grazie alla sinergia con l'ambiente accademico, l’Azienda fa un importante passo in avanti nel percorso già avviato per diventare quel player di economia circolare che noi ambiamo a costruire", ha detto l’Assessora all’Agricoltura, Ambiente e Ciclo dei Rifiuti Sabrina Alfonsi. “La sottoscrizione di questo accordo rappresenta un importante passo in avanti per la nostra azienda – sottolinea il Presidente di Ama Bruno Manzi -. In particolare, questa intesa con l’Università Tor Vergata ci consente di passare ad una conoscenza scientifica di tutto il nostro lavoro sia dal punto di vista operativo che da quello gestionale”.

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