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Barbara De Rossi si è sposata: nozze in Toscana con...

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Barbara De Rossi si è sposata: nozze in Toscana con l’imprenditore fiorentino Simone Fratini

Rito civile a Montevarchi, dove la coppia vive

Barbara De Rossi   e Simone Fratini insieme alla sindaca di Montevarchi Silvia Chiassai - Foto da pagina Facebook del sindaco Chiassai

L'attrice Barbara De Rossi, 63 anni, si è sposata in Toscana con l'imprenditore fiorentino Simone Fratini, 52 anni. Le nozze, con rito civile, sono state celebrate a Montevarchi, in provincia di Arezzo. La cerimonia si è svolta nella sede storica dell'Accademia Valdarnese del Poggio e a officiare il matrimonio è stata la sindaca Silvia Chiassai, che ha condiviso su Facebook uno scatto di lei con i due neo sposi subito dopo la cerimonia. "E' stato un grande piacere celebrare l'unione tra due persone veramente speciali, Barbara e Simone. Un momento di grandi emozioni, vere e profonde", ha scritto Chiassai.

Barbara De Rossi e Simone Fratini sono legati da sei anni e abitano da tempo nel Valdarno aretino e hanno deciso di festeggiare in uno dei locali della vallata più conosciuti: amici e parenti sono stati a pranzo all'Osteria dell'Acquolina dello chef Paolo Tizzanini a Terranuova Bracciolini (Arezzo).

Barbara De Rossi è diventata una valdarnese di adozione e molto spesso i cittadini l'hanno vista fare la spesa a Montevarchi. Simone Fratini è un imprenditore nel settore dell’hair style, con base a Firenze, proprietario di un'azienda che si occupa di prodotti per capelli e protesi capillare.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Salute e Benessere

Il fisiatra: “Infortuni all’anca in aumento,...

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Addio al torneo Atp 1000 di Madrid da parte di Jannik Sinner. “La mia anca mi ha dato fastidio questa settimana e sta lentamente diventando più dolorosa”, ha annunciato il tennista sui social, riaccendendo i timori su una articolazione che vede in crescita il numero degli infortuni tra chi pratica il tennis ad altissimo livello. “Il dolore all’anca e gli infortuni a tale livello sono un problema crescente per i tennisti. Sebbene molto spesso siano altre le strutture coinvolte dal sovraccarico tipico del tennis, in realtà le problematiche all’anca sono state segnalate in una percentuale che varia dall’8% al 27% dei giocatori di tennis”, spiega all’Adnkronos Salute Andrea Bernetti, vice presidente della Società italiana di medicina fisica e riabilitativa (Simfer).

Il numero di infortuni all’anca nei giocatori di tennis professionisti maschili “è aumentato da meno di 10 nel 2012 a oltre 150 nel 2016. Nella storia dell’Atp Tour, diversi famosi giocatori professionisti classificati tra i primi 10 (tra cui Magnus Norman, Gustavo Kuerten, Lleyton Hewitt, Andy Murray, Bob Bryan e Tommy Haas) hanno subito infortuni all’anca”, ricorda Bernetti.

“Il caso di Sinner però non è classificabile. Al momento sappiamo solo che ha un dolore all’anca, non meglio specificato, che lo ha costretto al ritiro dal torneo di Madrid – chiarisce il vice presidente dei medici fisiatri – Ci auguriamo che sia una problematica transitoria e che abbia deciso insieme al suo fantastico staff di preservarsi per i prossimi tornei” – tra poco inizieranno gli Internazionali Bnl d’Italia a Roma – “soprattutto in considerazione dell’elevato numero di partite che i tennisti professionisti giocano ogni anno”.

Ma per quale motivo l’anca è diventata un problema per i tennisti? “Il tennis – risponde Bernetti – è uno sport che induce un alto carico sull’articolazione dell’anca perché comporta movimenti di inizio e arresto rapidi, intensi e ripetuti, durante i quali i giocatori effettuano cambi di direzione improvvisi mentre corrono e colpiscono la palla ad alta velocità. In particolare, il diritto impone un elevato carico su anche e ginocchia. Durante il diritto i giocatori possono usare diversi tipi di posizioni, che si riferiscono alla posizione dei piedi e delle anche durante il colpo: le posizioni neutrale, semiaperta e aperta. Per la posizione neutrale – illustra l’esperto – i piedi e le anche del giocatore sono perpendicolari alla rete, mentre sono paralleli alla rete per la posizione aperta ‘open’. La posizione semiaperta descrive qualsiasi posizione dei piedi tra le posizioni neutrale e aperta. Attualmente, a causa dell’accelerazione del gioco negli ultimi decenni, i giocatori di tennis di alto livello assumono maggiormente la posizione open, per risparmiare tempo durante i colpi di diritto dalla linea di fondo”.

“Si ipotizza che la prevalenza del colpo di diritto in posizione open possa spiegare almeno in parte l’aumento degli infortuni all’anca nei giocatori di tennis di alto livello. Una delle patologie dell’anca più frequenti nel tennis d’élite è l’impingement femoroacetabolare (Fai), caratterizzato da un contatto anomalo della porzione prossimale del femore con l’acetabolo. Con il carico ripetitivo, questo conflitto può provocare danni all’articolazione. Alcuni studi hanno mostrato che fino al 62% dei giovani tennisti d’elite possa essere a rischio per l’impingement femoroacetabolare”, conclude il fisiatra.

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Cronaca

Aviaria prossima pandemia, il timore dei virologi:...

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Il presidente Arnaldo Caruso: "Epidemia tra i mammiferi è un passo avanti verso l'uomo, non uno ma più ceppi si stanno adattando"

Controlli per l'aviaria - (Fotogramma)

L'aviaria sarà la prossima pandemia? "E' fortemente possibile" secondo Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv), che in un'intervista all'Adnkronos Salute non usa mezzi termini sui timori suscitati dall'epidemia che cresce tra i bovini da latte negli Usa, a causa di un ceppo altamente patogeno di virus H5N1 ritrovato in frammenti anche nel latte pastorizzato in commercio Oltreoceano. Nella comunità scientifica "la preoccupazione è grande", spiega l'esperto appena rientrato da Barcellona, dove ha partecipato al Congresso della Società europea di microbiologia clinica e malattie infettive (Escmid). "Il passaggio dell'aviaria nei mammiferi e la circolazione in questi animali - avverte - è un passo avanti verso l'uomo".

"Quadro pessimistico"

Lo specialista, ordinario di microbiologia e microbiologia clinica all'università di Brescia e direttore del Laboratorio di microbiologia dell'Asst Spedali Civili, traccia un quadro "forse pessimistico - ammette - ma purtroppo non dobbiamo mettere la testa sotto la sabbia. Bisogna invece essere realisti e prepararsi", ammonisce Caruso. Pensando a una futura emergenza pandemica, sottolinea, "il virus aviario è l'unico che preoccupa realmente" per più di una ragione. Innanzitutto perché "è un virus influenzale che in quanto tale si trasmette per via aerea, la più efficace in termini di contagio". Il patogeno, poi, è estremamente diffuso: "Lo stanno portando dappertutto le anatre selvatiche, che ormai vediamo anche nelle nostre città, nei nostri stagni, nei nostri corsi d'acqua". E sta mutando: "Non solo l'H5N1 - precisa l'esperto - ma diversi ceppi di virus aviario si stanno modificando, a livello di più recettori di superficie, per potersi adattare all'uomo. Un salto sempre più facile, dopo che è passato ai mammiferi e tra i mammiferi circola".

Siamo dunque di fronte "non a una aviaria, ma a più aviarie - puntualizza Caruso - che hanno fatto il loro ingresso nel mammifero e sono tutte potenzialmente pericolose per l'uomo. Preoccupano perché la circolazione nei mammiferi indica che il virus sta evolvendo in una direzione chiara: ha imboccato una strada che inevitabilmente, prima o poi - prospetta il presidente dei virologi italiani - porterà all'arrivo nell'uomo il quale potrà diventarne serbatoio e diffusore".

Trasmissione del virus da uomo a uomo?

Arriveremo alla trasmissione del virus dell'influenza aviaria da uomo a uomo? "E' inevitabile - risponde Caruso - che quando il virus entrerà più e più volte nell'uomo potrà assumere quella 'fitness', cioè quella capacità di adattamento alle cellule umane, che permetterà all'uomo di fare da reservoir e quindi da diffusore per altri uomini".

Al di là dei casi noti per esposizione, professionale o meno, ad animali infetti, "chissà quante volte l'uomo è già stato infettato, magari senza presentare sintomi importanti - ragiona il presidente Siv-Isv - Chissà quanti virus aviari stanno cercando di entrare nell'uomo e quante volte ci sono riusciti". Pertanto, se è vero che ad oggi per il virus aviario il contagio uomo-uomo non è mai stato confermato, "non è detto che una trasmissione uomo-uomo non sia già possibile - osserva Caruso - o che quantomeno qualche ceppo non si sia già stabilizzato nell'uomo".

Insomma, "la situazione è veramente preoccupante - è il messaggio - ed esige una sorveglianza stringente sugli animali, non soltanto i volatili, sugli alimenti di origine animale consumati dall'uomo e sugli uomini stessi. E' indispensabile farci trovare pronti, preparati a una nuova possibile futura pandemia".

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Salute e Benessere

Aviaria prossima pandemia, il timore dei virologi:...

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L’aviaria sarà la prossima pandemia? “E’ fortemente possibile” secondo Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv), che in un’intervista all’Adnkronos Salute non usa mezzi termini sui timori suscitati dall’epidemia che cresce tra i bovini da latte negli Usa, a causa di un ceppo altamente patogeno di virus H5N1 ritrovato in frammenti anche nel latte pastorizzato in commercio Oltreoceano. Nella comunità scientifica “la preoccupazione è grande”, spiega l’esperto appena rientrato da Barcellona, dove ha partecipato al Congresso della Società europea di microbiologia clinica e malattie infettive (Escmid). “Il passaggio dell’aviaria nei mammiferi e la circolazione in questi animali – avverte – è un passo avanti verso l’uomo”.

Lo specialista, ordinario di microbiologia e microbiologia clinica all’università di Brescia e direttore del Laboratorio di microbiologia dell’Asst Spedali Civili, traccia un quadro “forse pessimistico – ammette – ma purtroppo non dobbiamo mettere la testa sotto la sabbia. Bisogna invece essere realisti e prepararsi”, ammonisce Caruso. Pensando a una futura emergenza pandemica, sottolinea, “il virus aviario è l’unico che preoccupa realmente” per più di una ragione. Innanzitutto perché “è un virus influenzale che in quanto tale si trasmette per via aerea, la più efficace in termini di contagio”. Il patogeno, poi, è estremamente diffuso: “Lo stanno portando dappertutto le anatre selvatiche, che ormai vediamo anche nelle nostre città, nei nostri stagni, nei nostri corsi d’acqua”. E sta mutando: “Non solo l’H5N1 – precisa l’esperto – ma diversi ceppi di virus aviario si stanno modificando, a livello di più recettori di superficie, per potersi adattare all’uomo. Un salto sempre più facile, dopo che è passato ai mammiferi e tra i mammiferi circola”.

Siamo dunque di fronte “non a una aviaria, ma a più aviarie – puntualizza Caruso – che hanno fatto il loro ingresso nel mammifero e sono tutte potenzialmente pericolose per l’uomo. Preoccupano perché la circolazione nei mammiferi indica che il virus sta evolvendo in una direzione chiara: ha imboccato una strada che inevitabilmente, prima o poi – prospetta il presidente dei virologi italiani – porterà all’arrivo nell’uomo il quale potrà diventarne serbatoio e diffusore”.

Arriveremo alla trasmissione del virus dell’influenza aviaria da uomo a uomo? “E’ inevitabile – risponde Caruso – che quando il virus entrerà più e più volte nell’uomo potrà assumere quella ‘fitness’, cioè quella capacità di adattamento alle cellule umane, che permetterà all’uomo di fare da reservoir e quindi da diffusore per altri uomini”.

Al di là dei casi noti per esposizione, professionale o meno, ad animali infetti, “chissà quante volte l’uomo è già stato infettato, magari senza presentare sintomi importanti – ragiona il presidente Siv-Isv – Chissà quanti virus aviari stanno cercando di entrare nell’uomo e quante volte ci sono riusciti”. Pertanto, se è vero che ad oggi per il virus aviario il contagio uomo-uomo non è mai stato confermato, “non è detto che una trasmissione uomo-uomo non sia già possibile – osserva Caruso – o che quantomeno qualche ceppo non si sia già stabilizzato nell’uomo”.

Insomma, “la situazione è veramente preoccupante – è il messaggio – ed esige una sorveglianza stringente sugli animali, non soltanto i volatili, sugli alimenti di origine animale consumati dall’uomo e sugli uomini stessi. E’ indispensabile farci trovare pronti, preparati a una nuova possibile futura pandemia”.

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