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Elezioni in Egitto, terzo mandato scontato per al-Sisi: Gaza ‘oscura’ crisi economica

Nessuno sfidante può impensierire il presidente uscente, bloccato anche l'unico 'vero' candidato. Sulla corsa tagliata su misura pesa il peggioramento senza precedenti dell'economia egiziana, ma la crisi in Medio Oriente è l'argomento dell'unico comizio

Cartelloni elettorali per al-Sisi in Egitto - Afp

Acque agitate in Egitto dove da domani al 12 dicembre si terranno elezioni presidenziali dall'esito scontato, con la conferma del terzo mandato per Abdel Fattah al-Sisi, ma in un contesto regionale ad altissima tensione, con la guerra a Gaza e migliaia di palestinesi accalcati al valico di Rafah, e gravi problemi interni, con il Paese in crisi economica. Il voto, secondo gli analisti, sarà poco di più di una formalità per al-Sisi, che dallo scoppio della guerra nella Striscia è in 'gara' con il Qatar per la guida dei negoziati ed il titolo di 'difensore' dei palestinesi.

I contraccolpi della guerra al di là del confine stanno oscurando le presidenziali e convinto gli egiziani a mettere da parte per il momento i loro problemi economici, mentre al Cairo solo i cartelloni giganti con il volto sorridente di al-Sisi affissi nelle piazze e lungo le strade principali ricordano le elezioni, che gli attivisti all'estero reputano "un inutile spreco di denaro pubblico". Una corsa tagliata su misura, dove gli altri tre candidati non hanno una base popolare e sono in gran parte sconosciuti al pubblico. E mentre tutte le televisioni del Paese sono sintonizzate sulle immagini della devastazione nell'enclave palestinese, il voto appare a molti egiziani come un non-evento.

Al-Sisi, che dal 2 ottobre - giorno in cui ha ufficializzato la sua candidatura - non ha partecipato ad alcuna intervista televisiva, ha taciuto su tutte le questioni interne e anche sul suo programma di governo, si trova in una situazione complicata. La causa palestinese resta un argomento altamente infiammabile per l'opinione pubblica egiziana ed il regime deve oscillare tra la fermezza nei confronti di Israele e la sua alleanza strategica con lo Stato ebraico, senza essere visto come complice delle sofferenze dei palestinesi.

Non è un caso che la crisi di Gaza è stata al centro dell'unico comizio elettorale di al-Sisi, salito sul palco il 23 novembre allo stadio del Cairo. Nel suo discorso, il leader egiziano ha ribadito l'appello al cessate il fuoco, la denuncia della "macchina di morte" israeliana e "la punizione collettiva" inflitta agli abitanti di Gaza, nonché la sua ferma opposizione ai piani di sfollamento forzato dei palestinesi verso il Sinai, per il Cairo una "linea rossa".

Ansioso di elevare il suo status a livello internazionale, in questi mesi il presidente egiziano ha vestito i panni del capo di Stato corteggiato dai leader mondiali che si sono in successione recati al Cairo per chiedere i suoi buoni uffici su questioni spinose: dall'esfiltrazione dei cittadini stranieri da Gaza al rilascio degli ostaggi fino all'organizzazione della risposta umanitaria. Su quest'ultimo punto, L'Egitto critica apertamente i blocchi israeliani che ostacolano la distribuzione degli aiuti umanitari, ma mantiene uno stretto controllo sugli ingressi e sulle uscite da Rafah.

Secondo gli osservatori, se Abdel Fattah al-Sisi intende fare della crisi di Gaza il suo cavallo di battaglia, è anche per evitare di parlare di un'altra crisi: il peggioramento senza precedenti dell'economia egiziana, per il quale era stato molto criticato prima del 7 ottobre e lo scoppio della guerra. Oltre al debito record, l'Egitto - secondo la Banca Mondiale - è uno dei 10 Paesi più colpiti dall'inflazione, che ha raggiunto quasi il 40% a settembre e il 70% sui prodotti alimentari. Un'ulteriore svalutazione della lira sembra inevitabile nei prossimi mesi.

Imparando dagli errori delle ultime elezioni presidenziali - che all'epoca furono denunciate come "una farsa" dalle organizzazioni egiziane e internazionali per i diritti umani - questa volta le autorità egiziane hanno cercato di dare una parvenza di democrazia. Se alle scorse consultazioni al-Sisi si era 'scontrato' con Moussa Mostafa Moussa, un architetto sconosciuto prestato alla politica, alle prossime elezioni competerà con tre candidati. Tuttavia, il fatto che tutti i suoi sfidanti non siano militari ha indotto molti egiziani a dubitare sulla loro reale forza. Le forze armate, l'istituzione da cui è emerso ogni leader egiziano in epoca moderna - ad eccezione dell'ex presidente dei Fratelli Musulmani Mohamed Morsi, che è stato estromesso con la forza dall'esercito nel 2013 - ha dimostrato di non essere disposto a cedere il potere a un governo civile.

Sull'autenticità del processo elettorale pesa molto il fatto che l'unico serio sfidante di al-Sisi, Ahmed al-Tantawy, ex deputato ed ex capo del partito di sinistra Karama (Dignità), sia stato costretto a rinunciare alla sua candidatura poche ore prima della scadenza dei termini. Molti suoi sostenitori sono stati arrestati e lo stesso al-Tantawy è stato denunciato. Amnesty International, ha dichiarato il mese scorso che "ai veri candidati dell'opposizione è stato impedito di competere", aggiungendo che dal primo ottobre le autorità egiziane "hanno arrestato e interrogato almeno 196 persone a causa della loro partecipazione a proteste non autorizzate". I tre candidati ammessi sono Farid Zahran, del Partito Socialdemocratico di sinistra e all'opposizione (forse il più conosciuto), Abdel-Sanad Yamama, che rappresenta il Partito Wafd e Hazem Omar, candidato del Partito Repubblicano Popolare.

Nelle ultime due elezioni presidenziali, nel 2018 e nel 2014, l'affluenza alle urne è stata decisamente bassa, attestandosi rispettivamente intorno al 40% e al 47,5%. Molti egiziani non si sono presentati ai seggi, ritenendo che i risultati fossero già decisi. Per gli analisti, la legittimità di al-Sisi verrebbe minata se dovesse confermarsi l'apatia degli elettori. Questo è il motivo per cui il governo ha fatto di tutto per inserire altri candidati, seppur di facciata: una grande affluenza alle urne dissiperebbe i dubbi sulla popolarità del leader. I risultati ufficiali sanno annunciati il 18 dicembre.

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Ostaggi Israele, vertice domenica a Roma e nuove condizioni...

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Il summit per cercare di chiudere l'accordo per il cessate il fuoco a Gaza. Parteciperanno Cia e Mossad

Soldati israeliani - (Afp)

Vertice a Roma, domenica 28 luglio, per cercare di chiudere l'accordo per il cessate il fuoco a Gaza e far tornare gli ostaggi israeliani a casa. E' quanto rivelano Axios e Walla, che citano fonti israeliane e americane. A partecipare saranno il direttore della Cia Bill Burns, il capo del Mossad Dedi Barnea, il primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdel Rahman al-Thani e il capo dell'intelligence egiziana Abbas Kamal.

Il nuovo round di negoziati avviene in un momento cruciale, sottolinea Axios, ricordando che venerdì Benjamin Netanyahu ha incontrato Joe Biden che considera l'accordo fondamentale per la sua "legacy". Alle famiglie degli ostaggi ha infatti ribadito che continuerà a spingere verso questo obiettivo fino alla fine del suo mandato, e queste, dopo l'incontro, a cui ha partecipato anche Bibi, si sono dette più ottimiste.

Le nuove richieste di Netanyahu

L'incontro di venerdì è stato anche l'occasione per discutere le nuove richieste, più severe, di Netanyahu: l'istituzione di un meccanismo di monitoraggio di armi e militanti dal sud al nord di Gaza e il mantenimento del controllo israeliano del confine tra Gaza e l'Egitto. Bibi si è impegnato a far avere entro due giorni una proposta aggiornata ai mediatori degli Usa, Qatar e Egitto per passarla ad Hamas. Le fonti di Axios, però, sottolineano come, anche dopo 3 ore di colloqui, Biden e i suoi consiglieri non sanno ancora se Bibi voglia veramente l'accordo o stia solo guadagnando tempo per evitare il collasso del suo governo.

Riguardo all'incontro di Roma, fonti informate spiegano che non si ritiene che vi saranno negoziati dettagliati sui punti ancora aperti, ma si concentrerà ad individuare una strategia per procedere. Negoziatori israeliani non sperano quindi che a Roma si possa arrivare a una svolta, dubitando che la pressione di Biden abbia convinto il premier ad alleggerire alcune delle sue nuove, severe richieste. "Netanyahu vuole un accordo impossibile, al momento non è disposto a muoversi e quindi potremo andare incontro a una crisi dei negoziati piuttosto che ad un accordo", conclude una fonte israeliana di Axios.

Il team negoziale israeliano dal canto suo è preoccupato che le condizioni aggiuntive recentemente aggiunte dal primo ministro israeliano all'attuale bozza di accordo siano "destinate a causare una crisi", affermano l'emittente Kan e il sito di notizie Ynet citando fonti ben informate. "Lui pensa che se indurisce le posizioni di Hamas le spezzerà, ma sta facendo una scommessa pericolosa sulle vite degli ostaggi. Non c'è più tempo", hanno detto le fonti.

Netanyahu, hanno proseguito le fonti, aveva ''creato aspettative prima del suo viaggio negli Stati Uniti in modo che potessimo migliorare la nostra posizione in seguito''. Il discorso del premier israeliano al Congresso ha deluso i parenti degli ostaggi tenuti in ostaggio da Hamas a Gaza dal 7 ottobre, che speravano si impegnasse a raggiungere un accordo di cessate il fuoco per gli ostaggi.

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Israele, Netanyahu ospite a casa Trump. Il tycoon attacca...

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L'ex presidente Usa: “Non sono stati molto gentili nei confronti di Israele. In realtà non so come una persona ebrea possa votare per lei, ma questo dipende da loro”

Benjamin Netanyahu e Donald Trmp - (Fotogramma)

"Irrispettosa". Così Donald Trump ha definito la dichiarazione di Kamala Harris sulla guerra di Gaza prima di un incontro con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu in Florida per discutere del conflitto. Per la vicepresidente degli Stati Uniti e presunta candidata democratica alla presidenza è "tempo che la guerra finisca": "Non possiamo permetterci di restare insensibili di fronte alla sofferenza e non resterò in silenzio", le parole di Harris nella conferenza stampa dopo l'incontro con il primo ministro israeliano.

Cosa ha detto Trump

Il tycoon ha criticato Harris prima dell'incontro nella sua casa di Mar-a-Lago, definendo le sue osservazioni “irrispettose” e prendendola di mira su una questione che ha diviso il partito democratico si legge sul Guardian. “Non sono stati molto gentili nei confronti di Israele”, ha detto Trump. “In realtà non so come una persona ebrea possa votare per lei, ma questo dipende da loro”, ha aggiunto.

Le fotografie hanno mostrato Trump che salutava calorosamente Netanyahu, che sta concludendo una visita di una settimana negli Stati Uniti. Prima dell'incontro, il premier israeliano ha dichiarato di ritenere che la pressione militare su Hamas abbia creato un “movimento” nei colloqui per il cessate il fuoco e che invierà una squadra a un prossimo round di negoziati a Roma. “Il tempo ci dirà se siamo più vicini a un accordo per il cessate il fuoco”, ha dichiarato.

L'incontro è il primo da quando Trump ha lasciato la Casa Bianca nel 2020. I due uomini hanno avuto rapporti tesi in passato dopo che Netanyahu si è congratulato con Joe Biden per la sua vittoria alle elezioni del 2020, un voto che Trump ha sostenuto, senza prove, essere stato manipolato. “Bibi avrebbe potuto rimanere in silenzio. Ha commesso un terribile errore”, aveva detto Trump all'epoca. “Che si fotta”. I due sembrano essersi riconciliati ora. “Abbiamo sempre avuto un buon rapporto”, ha detto l'ex presidente Usa ai giornalisti prima dell'incontro.

I due erano alleati politici in passato. Trump ha dato ampiamente carta bianca a Netanyahu durante il suo primo mandato. Questa settimana ha detto a Fox News che Israele dovrebbe finire la guerra e riportare indietro gli ostaggi “velocemente”. “Stanno venendo decimati da questa pubblicità, e sapete che Israele non è molto bravo nelle relazioni pubbliche”, ha detto Trump all'emittente.

Cosa ha detto Harris

Harris dal canto suo ha cercato di portare avanti la politica di sostegno a Israele dell'amministrazione Biden e al contempo di placare la crescente rabbia dei democratici per il bilancio umanitario del conflitto che ha ucciso 39.000 palestinesi. Quasi la metà dei Democratici al Congresso ha saltato il discorso di Netanyahu alla Camera dei Rappresentanti e decine di persone hanno dichiarato apertamente di volerlo boicottare a causa della guerra.

Harris ha incontrato Netanyahu giovedì alla Casa Bianca, poco dopo che il primo ministro aveva visto Joe Biden. Gli incontri separati hanno evidenziato come la presunta candidata democratica sia diventata sempre più indipendente da quando ha lanciato la sua campagna presidenziale. Allo stesso tempo, gli assistenti hanno cercato di minimizzare il potenziale di cambiamento tra Biden e Harris su Israele. “Il messaggio di Biden e di Harris al premier Netanyahu è stato lo stesso: è ora di concludere l'accordo sugli ostaggi e il cessate il fuoco”, ha scritto Phil Gordon, consigliere per la sicurezza nazionale di Harris.

Harris ha definito l'incontro “franco e costruttivo” e ha affermato che “Israele ha il diritto di difendersi e il modo in cui lo fa è importante”. Ha dichiarato che non interromperà gli aiuti militari a Israele perché “farà sempre in modo che Israele sia in grado di difendersi”. “Quello che è successo a Gaza negli ultimi nove mesi è devastante: le immagini di bambini morti e di persone disperate e affamate che fuggono per salvarsi, a volte sfollate per la seconda, terza o quarta volta. Non possiamo distogliere lo sguardo di fronte a queste tragedie. Non possiamo permetterci di diventare insensibili alla sofferenza. E io non resterò in silenzio”, ha detto.

Harris non ha detto come Netanyahu abbia risposto all'offerta dell'amministrazione Biden di un cessate il fuoco in tre parti che inizierebbe con il ritiro delle Forze di Difesa Israeliane dai centri abitati e con il rilascio di alcuni ostaggi. Non ha risposto alle domande dei giornalisti dopo le osservazioni.

“C'è stato un movimento di speranza nei colloqui per assicurare un accordo su questo accordo”, ha detto Harris. “E come ho appena detto al Primo Ministro Netanyahu, è ora di concludere questo accordo. Quindi, a tutti coloro che hanno chiesto un cessate il fuoco e a tutti coloro che desiderano la pace, vi vedo e vi sento”. Ha detto di aver espresso la sua “seria preoccupazione per l'entità delle sofferenze umane a Gaza, compresa la morte di troppi civili innocenti, e ho espresso chiaramente la mia seria preoccupazione per la terribile situazione umanitaria”.

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Trump riceve Netanyahu a Mar a Lago: “Se non vinco si...

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L'ex presidente: "Non ci siamo mai stati così vicini dalla Seconda Guerra Mondiale"

Trump e Netanyahu - La foto condivisa su X dal premier israeliano

Se non vinco le elezioni a novembre, si rischia una "Terza Guerra Mondiale" in Medio Oriente. Lo ha detto Donald Trump accogliendo oggi, 26 luglio, a Mar a Lago il premier israeliano Benjamin Netanyahu e la moglie Sarah.

Il candidato repubblicano alla Casa Bianca ha salutato calorosamente il leader israeliano e la moglie sulla soglia della sua residenza, con baci e strette di mano prima di posare dicendo ''facciamoci una bella foto'' insieme ai due ospiti. "Che onore. Entrate, entrate", ha detto Trump a Netanyahu e alla moglie. "Ci sei mancato", ha commentato Sara Netanyahu, mentre Trump ha parlato della "cena più bella che abbia mai fatto", forse riferendosi a un precedente incontro mentre lui era alla Casa Bianca.

Trump e Netanyahu hanno poi guardato la foto di uno dei bambini Bibas, rapiti dal kibbutz Nir Oz il 7 ottobre da Hamas, su richiesta del loro nonno Eliyahu Bibas. "Ci occuperemo di questo", ha commentato Trump.

"Se vinciamo, sarà semplice, tutto funzionerà e sarà molto veloce - ha quindi affermato l'ex presidente ai giornalisti all'inizio dell'intervento - se non vinciamo, finiremo per avere grandi guerre in Medio Oriente forse una Terza Guerra Mondiale".

"Siamo più vicini ad una Terza Guerra Mondiale oggi di ogni altro momento dopo la Seconda Guerra Mondiale, non lo siamo mai stati così vicini, perché abbiamo persone incompetenti che guidano il nostro Paese", ha detto ancora Trump. Quindi ha aggiunto: "Non so come un ebreo possa votare" per Kamala Harris. "Non sono stati molto gentili nei confronti di Israele".

Riguardo poi alla sua relazione con Netanyahu, che sarebbe stata abbastanza fredda negli ultimi anni, il tycoon ha detto "nessun presidente ha fatto quello che ho fatto io per Israele". Lo ha affermato l'ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump incontrando il primo ministro israeliano Benjamin 'Bibi' Netanyahu e sua moglie Sarah nella sua residenza di Mar-a-Lago, in Florida. "Abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto e se non l'ho avuto, ho un'arma segreta. Sai qual è? Sarah", ha aggiunto Trump appoggiando le mani sulle spalle della moglie di Netanyahu. "Ho Sarah. Finché avrò Sarah, questo è tutto ciò che conta", ha continuato Trump. E infine ha affermato che "non è una situazione accettabile" quella degli ostaggi ancora in mano ad Hamas: "Devono essere riconsegnati immediatamente".

Netanyahu: "Spero troveremo accordo, manderò delegazione a Roma"

"Spero che troveremo un accordo" sulla Striscia di Gaza e il rilascio degli ostaggi, "il tempo ce lo dirà", ha dichiarato il primo ministro israeliano durante l'incontro con Trump al quale ha confermato che invierà un team a Roma all'inizio per colloqui sull'accordo sugli ostaggi.

"Siamo certamente ansiosi di avere un accordo e ci stiamo lavorando. C'è stato qualche movimento dopo la nostra pressione militare. Spero che ci saranno sufficienti movimenti per concludere un accordo", ha detto Netanyahu.

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