Cronaca
Educazione alle relazioni a scuola, Valditara: “Tre...
Educazione alle relazioni a scuola, Valditara: “Tre donne garanti del progetto”, ecco chi sono
Il ministro: "Provenienza culturale molto diversa. I contenuti fanno capo al Ministero"
Avanti con il progetto di educazione alle relazioni nella scuola contro la violenza sulle donne. E come garanti il ministro dell'Istruzione sceglie di mettere tre donne "di provenienza culturale molto diversa".
Lo spirito del progetto e le tre garanti
"'Educazione alle relazioni' - chiarisce Giuseppe Valditara - non consiste in corsi di educazione sessuale, non consiste nella educazione di genere, ma nell'educazione a comportamenti rispettosi verso la donna. Ho deciso di scegliere tre donne di provenienza culturale molto diversa come garanti del progetto che abbiamo definito e avviato come Ministero dell'istruzione al termine di un ampio confronto: si tratta di suor Monia Alfieri, Paola Concia e Paola Zerman. I contenuti del progetto fanno capo allo stesso Ministero".
Gruppi di discussione
"Il progetto - aggiunge ancora il ministro - prevede la costituzione di gruppi di discussione tra studenti moderati da docenti delle stesse classi, formati dall'Ordine degli psicologi, che avranno esclusivamente ad oggetto la lotta alla discriminazione e alla violenza verso le donne. È un tema drammatico che interroga l'intera società e su cui occorre lavorare uniti a prescindere dalle differenze culturali e politiche", conclude Vadlitara.
Cronaca
Covid fattore di rischio per Alzheimer, l’analisi
"Va ancora capito se può causarlo o solo accelerarlo", ma gli scienziati suggeriscono "antivirali anche nei casi moderati di infezione"
"L'infezione da Sars-CoV-2 dovrebbe essere considerata un fattore di rischio per l'Alzheimer, anche se la distinzione tra causalità e accelerazione della malattia non è chiara". Va ancora capito, in altre parole, se Covid può causare la demenza oppure velocizzarne la comparsa e l'evoluzione. E' la conclusione a cui sono giunti gli autori di un approfondimento sul virus 'Sars-CoV-2 come causa di neurodegenerazione', pubblicato su 'The Lancet Neurology'.
Gli scienziati partono dal presupposto che "le malattie infettive sono una" possibile "causa di neurodegenerazione" già "stabilita, "benché il pericolo neurologico legato alle infezioni virali sia difficile da quantificare". In generale, sottolineano gli esperti, "finora il rischio cumulativo stimato di demenza dovuta a un ricovero ospedaliero per qualsiasi infezione virale nel corso della vita è di 1,48 (intervallo di confidenza 95% 1,15-1,91)". Riguardo al Covid, "uno studio longitudinale sulle conseguenze dell'infezione da Sars-CoV-2 nei decenni" successivi "non è ovviamente disponibile", considerando che la malattia è 'nata' per quanto si sa nel 2019. Tuttavia, i ricercatori citano degli studi i cui risultati indicano che "Covid-19 può determinare un rischio di demenza superiore rispetto all'influenza" e che, "a breve termine, il rischio di danni neurologici gravi come sequela di Sars-CoV-2 è significativo, guidato da meccanismi vascolari e probabilmente da altri processi complessi" che possono coinvolgere la proteina amiloide. Quella che si accumula nelle placche cerebrali caratteristiche dei malati di Alzheimer.
"Una correlazione diretta tra precedente infezione Sars-CoV-2 e aumento del rischio Alzheimer è stata segnalata" e appare "robusta", proseguono gli autori, però "rimane difficile - puntualizzano - distinguere tra casi di demenza ipoteticamente scatenati o solamente accelerati" da Covid. Alcuni punti chiave dell'analisi vengono evidenziati via social dallo scienziato americano Eric Topol, vice presidente esecutivo Scripps Research, fondatore e direttore Scripps Research Translational Institute, che ne pubblica il testo in chiaro rimarcandone in particolare la chiusa: "La terapia antivirale - ritengono i firmatari dell'articolo - dovrebbe essere presa in considerazione anche per le infezioni da Sars-CoV-2 moderate, per ridurre la gravità dei sintomi e limitare la probabilità di sequele".
Cronaca
Chico Forti trasferito oggi da Rebibbia al carcere di Verona
Rientrato ieri in Italia dopo 24 anni di carcere negli Usa, il 65enne trentino ha lasciato il penitenziario romano
Chico Forti trasferito oggi nel carcere di Verona. Rientrato ieri in Italia dopo 24 anni di carcere negli Usa, il 65enne trentino ha lasciato, a quanto si apprende, il penitenziario romano di Rebibbia per raggiungere Verona su un mezzo della polizia penitenziaria.
Il detenuto è atterrato ieri mattina con volo dell’Aeronautica Militare all'aeroporto militare di Pratica di Mare, dove ha incontrato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni che lo scorso marzo, in occasione della sua missione negli Stati Uniti, aveva ottenuto il consenso al trasferimento del connazionale ai sensi della Convenzione di Strasburgo. "Chico Forti è tornato in Italia. Fiera del lavoro del Governo italiano. Ci tengo a ringraziare nuovamente la diplomazia italiana e le autorità degli Stati Uniti per la loro collaborazione", ha poi scritto la premier sui social allegando un'immagine dell'incontro.
"Ho sognato ogni giorno questo momento", ha commentato ieri Forti in un'intervista esclusiva al Tg1 al suo arrivo in Italia."Mi sono mantenuto così solo per mia madre, spero di vederla presto e darle un grande abbraccio" ha detto. "Rientrare in Italia per me è un passo positivo, cambia tutto, dal personale, la direttrice, le guardie, i vestiti che indosso, che sono italiani. Vorrei ringraziare tante persone, mio zio, Giorgia Meloni, che è stata fantastica, tutto il governo indipendentemente dalle ideologie politiche mi ha aiutato". Fra le persone che vuole ringraziare, ha sottolineato “non possono non menzionare Andrea, Veronica e Virginia Bocelli perché sono stati incredibili”.
“Per la prima volta non ho un numero, né le manette, è un’altra atmosfera” ha detto. Al conduttore che gli ricorda come si sia sempre dichiarato innocente, risponde: "Certo, è l’unico motivo per cui ho accettato l’estradizione ora, perché all’inizio per avere estradizione dovevo dichiararmi colpevole e non l’avrei mai fatto. E’ contro il mio principio. Vedo sempre il bicchiere mezzo pieno, mai mezzo vuoto, sono positivo e sono convinto che il mio futuro a breve sia come io auspico. Accetto questo passo – conclude - so che è un passo obbligatorio”.
Cronaca
Valanga sulle Alpi svizzere, morti 2 scialpinisti lombardi
Le due vittime travolte sul Pigne d'Arolla, tra il Cervino e il Grand Combin
Tragedia sulle Alpi svizzere. Due scialpinisti italiani sono morti travolti da una valanga sul Pigne d'Arolla, tra il Cervino e il Grand Combin. Le due vittime abitavano nella provincia di Lecco.