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Migranti, Emergency: “Accordo con Albania? Approccio...

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Migranti, Emergency: “Accordo con Albania? Approccio securitario e violazione diritti”

Francesca Bocchini: "Costi ingenti ed esternalizzazione frontiere, ma soluzione passa da vie legali di accesso in Ue". Dallo scorso dicembre oltre 1.200 persone soccorse da Life Support

Soccorso Life Support  - Foto di Gabriele Micalizzi

Costi "estremamente ingenti" per un'intesa che "non fa altro che fomentare un approccio di esternalizzazione delle frontiere", con il "rischio di ulteriori violazioni dei diritti umani". All'indomani del via libera del Consiglio dei ministri al disegno di legge di ratifica dell’intesa tra Italia e Albania sui migranti, Emergency, impegnata da dicembre 2022 nelle attività di ricerca e soccorso in mare con la Life Support, esprime più di una perplessità sull'accordo. "Non è una soluzione e, a fronte di costi estremamente ingenti, non viene in alcun modo affrontato il problema alla radice - dice Francesca Bocchini, referente Advocacy dell'ong -. Il tema per noi è creare vie di accesso legali in Europa, perché oggi è sempre più difficile per i cittadini stranieri ottenere un visto e avere la possibilità di lavorare, studiare o di ricevere protezione in Ue. Ancora una volta, invece, l'approccio al fenomeno migratorio resta securitario e non garante dei diritti umani delle persone che cercano protezione in Europa".

In Albania saranno creati un hotspot, ossia un centro di prima accoglienza e screening dei migranti soccorsi, e una struttura simile ai Cpr già presenti in Italia per le procedure successive utili all'eventuale riconoscimento della protezione internazionale o al rimpatrio di coloro che non hanno il diritto di restare in Italia. "Anche nel nostro Paese, come dimostra la recente ispezione al Cpr di via Corelli a Milano, abbiamo esperienza di importanti violazioni dei diritti umani in questi centri - sottolinea Bocchini -. Di certo non immaginiamo una maggiore garanzia per chi viene trattenuto in Albania". Altra criticità per Emergency sono le udienze a distanza e degli incontri in videoconferenza con i difensori di ufficio. "Questo aspetto solleva dei dubbi rispetto all'effettivo accesso di diritto al sostegno legale e alla difesa qualora dovesse essercene la necessità", dice la referente Advocacy di Emergency. Infine, la possibilità da parte di organizzazioni internazionali di un'effettiva tutela dei diritti delle persone trattenute. "Quanto potrà essere continuativo e periodico il monitoraggio? Abbiamo forti perplessità e preoccupazioni rispetto agli standard che ci saranno in questi centri". 

Ancora una volta, insomma, quello che emerge dalla nuova intesa ratificata ieri dal Cdm è "un potenziamento dell'ottica securitaria". "Non è una novità - spiega Bocchini -. Abbiamo visto negli anni una riconferma costante di questo approccio: all'inizio con gli accordi con la Turchia, poi con la Libia, ora con la Tunisia, presto con l'Egitto". Anche il nuovo Patto Ue su migranti e asilo in discussione in questi giorni "conferma questa direzione", dimostrando che "non c'è nessun passo avanti, ma un'involuzione rispetto alla garanzia dei diritti umani delle persone in movimento". "Continuano a mancare attenzione e, soprattutto, fondi dedicati non solo a una cooperazione internazionale verso i Paesi di origine che effettivamente crei delle condizioni migliori a livello sociale ed economico in quei contesti, ma anche all'istituzione di vie sicure, stabili e numerose per arrivare in Europa in cerca di lavoro, istruzione e anche di protezione".

Con il decreto Piantedosi, convertito in legge, si è registrata una stretta nei confronti dell'azione della flotta civile. "Abbiamo assistito a un aumento di detenzioni amministrative nell'ultimo anno", dice Bocchini, per la quale anche "l'assegnazione di porti distanti nasconde una precisa volontà: allontanare le ong dalla zona di ricerca e soccorso, limitando la loro capacità operativa". La Life Support, che nei giorni scorsi ha concluso la sua quindicesima missione, ha impiegato circa un centinaio di giorni per raggiungere i Pos assegnati dal Viminale e tornare in zona operativa. "Giorni sottratti alle operazioni di soccorso", spiegano dall'ong. In un anno di attività la nave di Emergency ha tratto in salvo oltre 1.200 persone. "Un tratto comune nelle loro storie? Le violenze e gli abusi subiti durante la rotta migratoria, le detenzioni arbitrarie in Libia e in Tunisia, gli episodi di razzismo e discriminazione, le minacce da parte dei trafficanti alle loro famiglie per estorcere più soldi. Ognuna di queste persone ha lasciato il proprio Paese per motivi diversi, ma tutte sono state vittime di tratta durante il viaggio". Un dato ancora più allarmante se si considera che s empre più spesso a partire sono minori. "Lo sono circa il 20-25 per cento dei naufraghi soccorsi dalla Life Support, la maggior parte dei quali soli. Sta crescendo il numero dei minori non accompagnati, anche con età inferiore ai 16 anni".

Resta l'amarezza per la "forte criminalizzazione" nei confronti delle ong. "Il nostro operato continua a non essere visto come un'azione umanitaria, ancora troppo spesso siamo assimilati a 'trafficanti di esseri umani', ancora una volta siamo costretti a ribadire che le nostre missioni hanno un solo obiettivo tutelare la vita di chi rischia di perderla in quella che è la rotta più mortale al mondo". Dall'11 al 17 dicembre allo Spazio di Natale di Emergency, in via Umberto I, a Catania, si potrà salire virtualmente a bordo della Life Support grazie a dei visori a 360°. Sarà possibile assistere a un’operazione di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale e vivere in prima persona un salvataggio in mare, sia dal punto di vista delle persone soccorse che di chi soccorre. Il video in realtà virtuale è stato, infatti, realizzato durante una missione della nave. "Ci sono tutte le fasi di ricerca e soccorso e la possibilità di ascoltare le testimonianze del personale di bordo", spiegano da Emergency.

E per sostenere i progetti dell'associazione in Italia e nel mondo Emergency ha lanciato in 450 piazze in Italia la campagna il 'Panettone fatto per bene'. "Con un contributo di 20 euro si potrà acquistare il tipico dolce natalizio e sostenere i nostri progetti sia in Italia che all'estero. E' una raccolta fondi destinata alla nostre attività che vanno avanti tutto l'anno", conclude Bocchini. (di Rossana Lo Castro)

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Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa...

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"A viale Mazzini dovrebbero fare una statua a me accanto al cavallo, ho salvato Rai Way dai piani della sinistra"

Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa non si farà mai

L’ipotesi di privatizzazione della Rai? “Le norme per farlo esistono da 20 anni, sono nella legge che porta il mio nome. Ma cedere Rai1, Rai2, e Rai3, non accadrà mai”. Esordisce così con l’Adnkronos il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia. Che, da ministro delle Comunicazioni del governo Berlusconi, preparò il disegno di legge sul sistema radiotelevisivo italiano approvato dal Parlamento nell’aprile 2004. “Ci sono due possibilità: o una quotazione in borsa, e all’epoca la strada fu esplorata tanto che con l’amministratore delegato Flavio Cattaneo andammo a parlarne con i vertici di Borsa Italiana; oppure la cessione di rami d’azienda. Non bisogna dimenticare che la Rai ha più di dieci canali: oltre ai tre generalisti, ci sono quelli dedicati a storia, cinema, bambini, sport… Nulla vieta, se serve fare cassa, di cedere quelli, in tutto o in parte, o magari di fare delle joint venture con altri editori. Non mi pare che la Rai verrebbe meno al suo ruolo di servizio pubblico se Rai YoYo facesse un accordo con una società che produce contenuti per bambini”.

In un articolo del ‘Foglio’ si fa riferimento alla cessione di un 50% della società per abbattere il debito e gli oneri per le casse dello Stato. “Per un simile scenario ci vorrebbe una quotazione. E' vero, non serve avere il 50+1 di una società per controllarla, basta vedere cosa è successo con Enel, Eni e Leonardo. Ma attenzione: per portare in borsa un asset come la Rai bisogna prima valorizzarlo, renderlo appetibile per investitori e risparmiatori. E al momento mi sembra un compito difficile”. Altro discorso la cessione di rami d’azienda. “A viale Mazzini dovrebbero installare una statua dedicata a me, accanto a quella del cavallo. Fui infatti io nel 2001, da ministro, a oppormi all’operazione che era stata predisposta dal precedente governo di sinistra. Il piano era di cedere a una società privata un pezzo di Rai Way, ovvero le antenne e le infrastrutture di trasmissione, ma la Rai in cambio avrebbe avuto solo la minoranza nel consiglio di amministrazione. Dissi di no a questa idea balzana, sollevando grandi polemiche. Invece fu la scelta giusta: Rai Way è stata quotata anni dopo e ha garantito un ricco assegno per le casse pubbliche. Che hanno potuto monetizzare un asset strategico senza però perderne il controllo. Dico strategico perché con il Covid abbiamo avuto la dimostrazione del fatto che lo Stato deve avere il controllo sulle infrastrutture di comunicazione essenziali come quelle televisive. Durante i lockdown internet non arrivava ovunque, ma i canali del digitale terrestre sì, e hanno potuto informare anche quei cittadini che non sono dotati di smartphone o connessione veloce. Ora si parla di una possibile fusione con Ei Tower, su cui viaggiano le tv private. Non ho nulla in contrario, basta che alla fine dell’operazione la maggioranza di controllo resti in mano pubblica”.

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La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa,...

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Gli uffici di Viale Mazzini da mesi preparano il terreno per una possibile assunzione a tempo indeterminato del direttore generale

La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa, Rossi stabilizzato?

L’ipotesi di una privatizzazione della Rai, che oggi è tornata nel dibattito politico, ha fatto molto rumore a Viale Mazzini, rimettendo in moto un progetto che è sul tavolo da circa 30 anni, con altrettante declinazioni e ipotesi. Staccare un solo canale? Tenere Rai1, Rai2 e Rai3 ma cedere tutti gli altri, in blocco o creando delle joint venture con altri editori e produttori? Fare una ‘bad company’ da lasciare in mano pubblica, con i programmi del servizio pubblico che hanno minore ritorno commerciale, mentre una ‘newco’ con i pezzi più pregiati potrebbe essere messa sul mercato? I rumor sono ripartiti a partire dall’articolo di prima pagina del “Foglio” di oggi, che parlava della cessione di un 50% degli asset della tv e radio pubblica.

Come sottolinea Claudio Cerasa, la privatizzazione sarebbe una grande mossa politica, soprattutto in risposta a chi accusa la premier di aver messo in piedi ‘TeleMeloni’. Il problema è che il nuovo assetto sarebbe accolto con ostilità da Mediaset e gruppo Cairo: con l’abbandono dei tetti pubblicitari, la Rai privata sottrarrebbe inserzionisti agli altri broadcaster.

Il dossier è complicato inoltre dal rinnovo dei vertici: mercoledì 31 luglio il parlamento potrebbe (potrebbe) finalmente votare i componenti del cda che sostituiranno gli attuali, scaduti da due mesi. Nel frattempo sono arrivate le dimissioni della presidente Marinella Soldi (che non aveva alcuna possibilità di riconferma) e si aspetta la nomina dei nuovi membri votare al suo posto Simona Agnes, in quota Forza Italia.

Il rischio è però che anche l’appuntamento di mercoledì non sia risolutivo e che tutto slitti a settembre. Anzi a ottobre, mese in cui è attesa la sentenza del Tar sul ricorso contro l’attuale procedura di selezione per il cda. Sarebbe infatti inutile trovare l’accordo per poi rischiare di dover ripartire da capo con la scelta dei candidati.

Lo stallo sul rinnovo si spiega con le tensioni tra Lega e Fratelli d’Italia. Il partito della premier vorrebbe promuovere Giampaolo Rossi, attuale direttore generale, ad amministratore delegato. I salviniani temono però che una mossa simile darebbe troppo potere agli alleati di governo, e finora hanno preso tempo, sapendo di non poter imporre un nome alternativo. Nel frattempo, risalgono le quotazioni di Roberto Sergio, attuale ad, che non avendo appartenenze (se non quella, filosofica, alla regola democristiana) è l’unico nome in grado di tutelare tutte le parti in causa.

Una conferma di Sergio per il prossimo mandato potrebbe scatenare una reazione negativa di Rossi? Non necessariamente: l’Adnkronos può confermare che negli uffici della Rai da mesi si studia il modo per consolidare il suo ruolo in azienda, ad esempio con un’assunzione a tempo indeterminato nel ruolo di direttore generale, così da non essere più in balìa delle tempeste politiche ma in grado di restare a lungo ai vertici di un’azienda con cui in questi anni ha creato un rapporto sempre più stretto.

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Giovanni Toti si è dimesso, Liguria alle urne entro 90...

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Il governatore ha inviato una lettera all'ufficio protocollo della Regione

Con una lettera fatta pervenire all'ufficio protocollo della Regione Liguria il presidente Giovanni Toti ha rassegnato le sue irrevocabili dimissioni. L'addio del presidente comporta automaticamente lo scioglimento della del Consiglio ligure. Nuove elezioni dovranno avvenire entro 90 giorni.

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