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Expo 2030, architetti Italia del Museo di Riad: “Cambiato quadro, in A.Saudita trasformazione reale’
"Parlare di petrodollari per spiegare la sconfitta della candidatura di Roma è non voler accettare la realtà e rendersi conto fino in fondo di quello che sta accadendo nel mondo. Ci sono al momento logiche a livello globale che non sono quelle che stiamo seguendo. Confrontando le due città, Roma e Riad, ci si trova di fronte a realtà totalmente opposte. Noi viviamo in una sorta di comfort zone, il cambiamento ci spaventa"

Parlare di petrodollari per spiegare la batosta della candidatura di Roma a Expo 2030 è non voler accettare la realtà, non rendersi conto "fino in fondo che il quadro è cambiato". Professionisti italiani che da anni lavorano in Arabia Saudita, e hanno assistito alla trasformazione del Paese in corso tuttora, al cambiamento che coinvolge la società nel suo insieme, e in modo particolare i giovani, spiegano in altro modo la vittoria schiacciante di Riad. Lo studio di architettura Schiattarella Associati, basato a Roma, ha firmato il progetto per il Diriyah Art Futures di Riad, il Centro per le arti digitali che sarà inaugurato il prossimo marzo, un grande hub di 6.550 metri quadrati vicino al sito archeologico di al Turaif, residenza originaria della famiglia reale degli al Saud, con spazi per residenze, formazione, produzione e vendita, oltre che espositivi. Il cantiere ha lavorato in parallelo a quello di un intero Paese. In una intervista all'Adnkronos, Amedeo Schiattarella, il fondatore dello studio, e il figlio Andrea, socio insieme alla sorella Paola, raccontano in altro modo la differenza fra le candidature di Riad e Roma all'esposizione universale che inaugurerà il prossimo decennio.
"L'Italia continua a ritenere di essere al centro della cultura mondiale. In parte è vero ma il mondo sta cambiando rapidamente e dobbiamo prenderne atto. Ci sono al momento logiche a livello globale che non sono quelle che stiamo seguendo - afferma Amedeo Schiattarella - L'Italia protegge il suo patrimonio e salvaguarda la sua cultura, ma ci sono Paesi, come l'Arabia Saudita, che da anni puntano verso il futuro e impiegano risorse spaventose per trasformare".
"Bisogna stare attenti a non demonizzare il vincitore o a sottovalutare gli aspetti positivi della proposta saudita. Confrontando le due città, Roma e Riad, ci si trova di fronte a realtà totalmente opposte. Noi viviamo in una sorta di comfort zone, il cambiamento ci spaventa. Non c'è una intera società mobilitata per obiettivi chiari. L'Arabia Saudita inoltre è un Paese più giovane mentre l'Italia ha una popolazione più anziana. Una distanza così importante non può essere spiegata solo in termini di marketing o di petrodollari", aggiunge Andrea Schiattarella, paragonando il fermento in atto nel Regno, lo slancio per rinnovare e sperimentare nuove strade, all'Italia del dopoguerra, degli anni Sessanta. "Si tentano mille percorsi e se ne azzeccano alcuni. L'Arabia Saudita ora sta individuando la propria strada per la modernità, trovandola nelle proprie radici. E' una sfida complessa a cui sta partecipando in modo deciso anche una nuova generazione di artisti, fotografi e architetti sauditi".
Con il programma Vision 2030, lanciato nel 2016 da Mohammad bin Salman per sganciare il Paese dalla dipendenza dal petrolio e innescare un'economia incentrata su turismo e innovazione, il Paese si "è dato degli obiettivi che, da prima della candidatura all'Expo, cerca in vario modo di raggiungere. Una visione a lungo termine per il sistema Paese", precisa Andrea che, come il padre, si reca in Arabia Saudita per lavoro dal 2012, e ha vissuto direttamente i cambiamenti, "percepibili da qualche anno". Gli esempi, oltre ai cantieri aperti? La fine della divisione fra i sessi sul lavoro, il diritto di guidare alle donne e l'inserimento delle nuove generazioni, "partecipi e protagoniste del cambiamento, in punti chiave del Paese, nei ministeri, nell'establishment. Dopo una prima fase di attesa quando, cinque o sei anni fa, sembrava tutto fermo ora il Paese brulica di cantieri e iniziative". La candidatura di Expo è il frutto di questo movimento.
"Anche nel progetto di Roma c'è una visione per il futuro. La differenza è il contesto. Un Paese che si sta mobilitando completamente per arrivarci, per trasformarsi radicalmente in qualcosa d'altro. Noi invece abbiamo strategie poco attente a un cambiamento radicale delle nostre prospettive", aggiunge Amedeo Schiattarella, sottolineando "l'emozione di partecipare a un fenomeno, a un movimento, di grande rilievo, a qualcosa che accade". "Un fatto piuttosto raro, perlomeno rispetto all'Italia, dove non partecipiamo quasi più a concorsi". Perché? "Qui le opportunità non si colgono fino in fondo".
Un altro aspetto del cambiamento saudita percolato nella candidatura a Expo 2030 sono "i programmi molto ambiziosi di trasformazione non solo delle infrastrutture, ma anche delle altre opere pubbliche, come i musei, quando l'arte, così come la vediamo noi, non era consentita" fino a non molto tempo fa. "Oggi invece stanno nascendo musei di tutti i generi, gallerie d'arte, edifici che non si pensava sarebbero stati possibili, perché l'Arabia Saudita era un Paese molto tradizionalista, ancorato a valori di tipo etico religioso", sottolinea Amedeo Schiattarella. Il Paese, che ora si è aperto al turismo, è sconosciuto e molto bello perché intoccato e fuori da qualsiasi circuito turistico". Ed ecco forse un'altra antinomia con l'Italia. (segue)
La candidatura a Expo 2030 di Riad si inserisce fra l'altro nel processo di recupero dell'identità che per anni era stata messa da parte, di cui quasi ci si vergognava, perché considerata come troppo antica e non adatta alla modernità, in favore di una omologazione all'Occidente che ha portato, fra l'altro, alla demolizione per esempio di parti della Riad storica. Anche questo è cambiato: sono stati ritrovati siti "intatti e incontaminati "che testimoniano un passato diverso dal nostro".
"Noi non siamo andati a cercare i segni del passato, sarebbe stato un errore, ma abbiamo cercato di capire quella era il senso della città saudita e del vivere in comunità della società per riprodurre i meccanismi logici, attraverso segni che si ispirano alla vecchia tradizione". Come architetti questo significa andare a cercare pietre locali, terra armata, tecniche tradizionali, dimenticate dalle maestranze, che rendevano possibile vivere in modo gradevole nel deserto, quindi profondamente sostenibili, da usare in modo contemporaneo". Niente aria condizionata quindi al Diriyah Art Futures? "L'aria condizionata ci sarà, ma il fabbisogno sarà limitato. Grazie a pareti profondamente chiuse verso sud, aperte verso nord. con una ventilazione che viene dalla parte verde e naturale".
In Arabia Saudita stanno lavorando ora i maggiori studi di architettura internazionali, a cui viene lasciata libertà, nell'ambito però della cultura del Paese e della ricerca di una strada saudita verso il contemporaneo. "La scommessa su un futuro che hanno fatto è molto interessante, non solo per il suo valore economico e finanziario ma per le modalità in cui avviene questo cambiamento che ci coinvolge non solo come professionisti ma anche come intellettuali. Non è una questione puramente tecnica, ma una attività che si è messa al servizio di questa volontà di cercare il futuro attraverso il riconoscersi in alcune radici e diversità culturale che deve diventare molla verso nuova direzione. C'è una fortissima componente finanziaria, grossi interessi ma a noi viene chiesto di lavorare molto rigorosamente sul piano dell'azione culturale e della ricerca di valori architettonici contemporanei e ancorati alla tradizione".
Una operazione a tavolino per dare al Paese una nuova immagine, come alcuni dicono? "Forse. Ma i cambiamenti sono effettivi". E sul fronte dei diritti umani? Il cambiamento si vive per il momento nell'atmosfera di grande positività che si respira. "All'inizio eravamo intimiditi da una cultura molto diversa dalla nostra, basata su principi che noi occidentali non consideriamo in modo positivo. Ora siamo meno cauti"
"Prima si notava un ambiente molto bloccato, rigido, dominato da principi stringenti. Oggi le diversità fra il vivere in un paese occidentale e vivere a Riad sono molto meno percepibili. I ragazzi vanno in giro normalmente, ci sono cinema, luna park. tutto quello che sembrava impossibile c'è e fa parte della vita quotidiana". L'entusiasmo "in certi momenti assume il carattere di una vera e propria esaltazione perché quello che sta succedendo non ha precedenti nella storia del Paese", conclude.
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Kissinger, Fulvio Conti: “Scompare una mente unica al...

Ex ad di Enel presente ad audizione al Copasir dell'ex segretario di Stato

Con l'ex segretario di Stato americano Henry Kissinger "scompare una mente unica al mondo che ha permesso soluzioni di crisi tra occidente ed oriente". Così l'ex ad di Enel ed ex presidente di Tim, Fulvio Conti, interpellato dall'Adnkronos ricorda Kissinger scomparso all'età di 100 anni. Conti era presente alla seduta del 30 giugno 2008 del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) che aveva audito proprio l'ex segretario di Stato americano.
L'organismo, presieduto da Francesco Rutelli, lo aveva invitato a partecipare alla seduta del Comitato nella quale erano state affrontate le principali tematiche concernenti le relazioni internazionali, al fine di acquisire elementi utili per un'analisi sull'adeguatezza dei sistemi di informazione per la sicurezza. Oltre a Kissinger e a Conti, che era all'epoca amministratore delegato dell'Enel, erano stati sentiti anche il direttore generale di Finmeccanica, Giorgio Zappa e il direttore delle strategie e sviluppo di Eni, Leonardo Maugeri.
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Uganda, 70enne partorisce due gemelli

E' la più anziana d'Africa

Una donna ugandese di 70 anni ha dato alla luce due gemelli, un maschio e una femmina, grazie alla riproduzione assistita. Sia la madre che i bambini sono in buona salute e sono ancora sotto osservazione in una struttura della capitale Kampala. Safina Namukwaya vive abitualmente nella zona rurale di Masaka, a circa 120 chilometri a ovest della capitale. Solo tre anni fa, la 70enne era riuscita a dare alla luce una figlia, dopo essere stata descritta a lungo come una "donna maledetta" in quanto nullipara.
Con il primo marito, morto nel 1992, non aveva avuto figli. L'attuale compagno della signora Namukwaya, conosciuto nel 1996, non ha partecipato al parto, e con suo grande disappunto e ancora non è andato a trovarla.
"Questa storia non è solo un successo medico, ma dimostra la forza e la resilienza dello spirito umano", ha proclamato il Kampala International Women's Hospital and Fertility Center, che ha condiviso i video della donna, Safina Namukwaya, prima e dopo il parto. L'ospedale ha assicurato che si tratta di un traguardo senza precedenti in Africa a causa dell'età avanzata della madre. Namukwaya ha ammesso in dichiarazioni alla rete Ntv di aver sofferto di alcune complicazioni durante la gravidanza e ha ammesso di non sapere come potrà crescere i suoi figli, tra le altre ragioni perché il padre li ha abbandonati. "Agli uomini non piace sapere che avrai più di un figlio. Anche dopo che sono stata ricoverata, il mio uomo non si è mai fatto vivo", ha detto.
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Kissinger e la sua sorprendente vita sentimentale

Nei salotti di Washington era anche noto come "il playboy della West Wing"

Quando si parla di Henry Kissinger, la prima cosa che viene in mente non è la sua vita sentimentale. Eppure, negli anni in cui il suo nome era sinonimo di politica estera americana, nei salotti di Washington Kissinger era anche noto come "il playboy della West Wing", l'ala ovest della Casa Bianca. E sui tabloid la relazione con Jill St. John, prima Bond girl americana, tenne a lungo banco. Anche perché i due una notte misero inavvertitamente in funzione l'allarme della villa di lei a Hollywood mentre uscivano dalla piscina. "Cosa pensate? Le insegno a giocare a scacchi", rispose il diplomatico. Poi entrambi furono costretti a negare di essersi sposati segretamente.
Consigliere per la sicurezza nazionale e poi segretario di Stato fra il 1969 e il 1977, Kissinger approdò nell'amministrazione Nixon poco dopo aver rotto un primo matrimonio, negli anni della rivoluzione sessuale. E malgrado non avesse proprio il "phisique du role", si fece una fama di seduttore seriale, che si divertiva lui stesso ad alimentare. "Esco con le attrici perché non sono pronto a sposarne una", rispose a Time nel 1972. Frequentatore assiduo di party, arrivò una volta ad un ricevimento con un documento riservato in una busta chiusa, affermando che era una copia di "Playboy". Hugh Hefner, il patron della rivista, si divertì così tanto che gli regalò un abbonamento premio.
"E' l'unico uomo interessante dell'amministrazione Nixon", diceva di lui la femminista Gloria Steinman. "E' mondano, divertente, sofisticato e molto cavaliere con le signore", scriveva la giornalista Joyce Haber. "E' molto intelligente, affascinante", raccontava l'attrice Candice Bergen, lamentando però una mancanza di romanticismo. Marsha Metrinko, un'attrice con cui Kissinger uscì una dozzina di volte, si lamentava che comunque bisognava sempre essere a casa a mezzanotte. E che c'era sempre una crisi internazionale di mezzo.
Celebre fu il bacio mancato con Zsa Zsa Gabor, che Kissinger riaccompagnò a casa dopo una cena di stato alla Casa Bianca. Lei poi raccontò che lui chiese se poteva entrare a bere qualcosa e si protese per un bacio. Ma in quel momento suonò il bip del presidente Nixon che richiedeva la sua presenza immediata. Kissinger propose un nuovo appuntamento, ma poi fu costretto ad annullarlo all'ultimo. "Non posso venire perché domani invadiamo la Cambogia. E' un segreto, sei la prima a saperlo fuori dalla Casa Bianca", le avrebbe detto. Ma questo lo racconta la Gabor.
Nel 1974, Kissinger chiuse con le avventure e sposò in seconde nozze Nancy Maginess, a lungo collaboratrice del governatore dello stato di New York Nelson Rockefeller. E quando anni dopo il Washington Post le chiese se suo marito era stato un playboy, lei negò con una risata: Henry? Ma è così quadrato".