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Chi era Henry Kissinger, tessitore della politica estera...

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Chi era Henry Kissinger, tessitore della politica estera Usa per oltre mezzo secolo

Prima sul proscenio dell'amministrazione e poi dietro le quinte, ha lavorato fino all'ultimo tra premi Nobel contestati ed accuse di aver appoggiato dittatori e guerre in tutto il mondo

Henry Kissinger - (Afp)

Aveva compiuto 100 anni lo scorso 27 maggio, Henry Kissinger, il Grande Vecchio della politica estera americana che per oltre mezzo secolo, prima sul proscenio dell'amministrazione e poi dietro le quinte, ha lavorato fino all'ultimo, ha orientato tra luci ed ombre, tra premi Nobel contestati ed accuse di aver appoggiato, con l'esercizio spregiudicato della sua realpolitik, dittatori e guerre in tutto il mondo.

Kissinger, che ancora lavorava 15 ore al giorno del suo studio, aveva recentemente rivendicato di conservare un ruolo a livello globale in un'intervista con Cbsnews. Dopo aver spiegato che "ci sono buone probabilità" che Xi Jinping e Vladimir Putin avessero preso una sua chiamata, alla domanda se sarebbe stato pronto, dietro la richiesta di un presidente, "a volare a Mosca per parlare con Putin", rispose: "sarei propenso a farlo, ma lo farei come consigliere non come persona attiva".

E riguardo poi allo scenario ucraino, il grande tessitore dei rapporti con Pechino aveva le idee chiare: "Ora che la Cina è entrata nei negoziati, ne verremo a capo, penso entro la fine dell'anno - disse sempre nell'intervista - parleremo di un processo negoziale e persino di veri e propri negoziati".

Non erano mancati poi nell'intervista i riferimenti alla politica interna americana con il centenario Kissinger che si era mostrato scettico su un possibile, nuovo, duello per la Casa Bianca tra l'80enne Joe Biden e il 76enne Donald Trump. "Ci vuole una certa capacità, a livello fisico. Ci sono alcuni vantaggi nella maturità, ma pericoli nella stanchezza ed una limitata capacità di lavorare", spiegò Kissinger che, segretario di Stato tra il 1969 e il 1977, prima al fianco di Richard Nixon e poi di Gerald Ford, fu invitato alla Casa Bianca da tutti i presidenti degli ultimi 50 anni tranne che da Biden.

Il rapporto con Trump

Con Donald Trump lo statista repubblicano ebbe un rapporto particolare, svolgendo un ruolo di consigliere ombra del tycoon, che incontrò diverse volte prima e dopo la sua vittoria elettorale, tessendo poi le lodi della sua politica estera. "Il presidente Trump unisce un grande spirito decisionale ad una personalità vibrante: è un fenomeno unico nella politica estera americana", diceva sempre al Post Kissinger che del resto apprezzava anche Barack Obama per "l'alto livello della sua intelligenza".

Giudizi che confermano come in questi anni, nonostante l'età avanzata, Kissinger abbia continuato ad essere non solo un osservatore attento delle vicende globali, ma continuava a partecipare al dibattito, a dare la linea con interventi e consigli diretti ai leader.

Come quando nell'aprile del 2020, con il mondo paralizzato per il Covid 19, esortava, dalle colonne del Wall Street Journal, Trump e gli altri leader mondiali a combattere insieme contro la "ferocia" del virus, lanciando l'allarme sul rischio che la pandemia potesse "cambiare per sempre l'ordine mondiale".

Posizione sull'Ucraina

Ma l'esempio di questo ruolo sono le posizioni, anche controverse, che negli ultimi anni ha avuto sull'Ucraina. Provocarono un'alzata di scudi a Kiev le dichiarazioni che a maggio dello scorso anno, quando la guerra infuriava da due mesi e la Russia sembrava ancora avere l'iniziativa, Kissinger fece sulla necessità di avviare "negoziati di pace entro i prossimi due mesi prima che si creino tensioni che non si potranno superare facilmente".

Di fatto l'ex segretario di stato consigliava di "tornare allo status quo ante" in Crimea e Ucraina orientale, suggerendo quindi a Kiev una cessione di territori in cambio di pace. D'altra parte già nel 2016, Kissinger - descritto come uno dei pochi americani che ha avuto contatti frequenti con Vladimir Putin - aveva presentato, secondo quanto rivelato allora dalla stampa, all'allora candidato Trump un piano per l'Ucraina che comprendeva l'accettazione dell'annessione russa della Crimea del 2014, con la sospensione delle sanzioni in cambio di un ritiro delle truppe russe dal Donbass.

Un piano in linea con la posizione che aveva assunto pubblicamente sulla neutralità che l'Ucraina avrebbe dovuto adottare tra Russia ed Occidente "se vuole sopravvivere e prosperare", esprimendo quindi contrarietà all'idea di un suo ingresso nella Nato. Su questo però Kissinger ha recentemente cambiato idea, come lui stesso annunciò sempre a Davos, lo scorso gennaio, ritenendo che dopo l'invasione russa è diventato "appropriato" l'ingresso di Kiev nell'Alleanza.

"Prima di questa guerra io temevo che da questo ingresso potesse iniziare esattamente il processo a cui noi stiamo assistendo, ma ora l'idea di un'Ucraina neutrale in queste condizioni non ha più senso", disse, dimostrando ancora una volta l'adesione ai principi della realpolitik. Parole sicuramente gradite a Kiev, che invece a maggio dello scorso anno aveva tuonato contro Kissinger, con Volodymyr Zelensky che l'aveva descritto come una voce che "emerge da un profondo passato", con un calendario che "non è del 2022 ma del 1938", accusandolo di pensare di "parlare non a Davos ma a Monaco di Baviera".

Origini e vita

Parole che sembravano fare riferimento, in modo indelicato, alla storia stesso del centenario statista di origini ebraiche, nato il 27 maggio 1923 a Furth in Germania da dove nel 1938 fuggì con la famiglia per sfuggire alla persecuzione dei nazisti. La famiglia Kissinger si stabilì a New York dove Henry frequentò prima il liceo e poi i corsi universitari serali, lavorando la mattina come operaio.

Nel 1943 venne arruolato nell'esercito e durante l'addestramento Kissinger, che intanto era diventato cittadino americano, venne notato per la sua conoscenza del tedesco e per la sua intelligenza ed assegnato alla sezione controspionaggio dell'intelligence militare. "Tutte le persone in gamba hanno iniziato con l'intelligence, anche io", disse Kissinger ad un giovane, ed ancora poco conosciuto Vladimir Putin, che, incontrato il leggendario ex segretario di Stato, si presentò spiegando di aver lavorato del Kgb.

Finita la guerra, Kissinger - che come tutti ricordano non ha mai perso un particolare accento tedesco - tornò agli studi, laureandosi nel 1950 a Harvard in scienze politiche e poi, nel 1954 prese il dottorato, sempre nell'ateneo dell'Ivy League, con una dissertazione sul Congresso di Vienna dal titolo "Pace, legittimità ed equilibrio".

Rimasto come docente ad Harvard, Kissinger iniziò a lavorare come consulente di diverse istituzioni, compreso il dipartimento di Stato, e centri di ricerca e think tank. Il primo impegno politico arriva nel 1960 quando diventa consigliere di politica estera della campagna presidenziale di Nelson Rockfeller con il quale continuerà a lavorare anche per le presidenziali del 1964 e del 1968. Fu proprio durante queste ultime primarie che avvenne il suo primo incontro con Richard Nixon che Kissinger all'inizio definì, forse con una certa lungimiranza, "l'uomo più pericoloso da candidare alla presidenza".

Ma una volta che Nixon vinse la nomination, fu lo stesso Kissinger a contattare la sua campagna per offrire il suo aiuto e così, dopo la vittoria a novembre, divenne prima consigliere per la Sicurezza Nazionale e poi segretario di Stato. Carica che mantenne anche dopo che, nell'agosto del 1974, Nixon fu costretto, per evitare l'impeachment per lo scandalo Watergate, a dimettersi, lasciando la Casa Bianca a Gerald Ford, fino ad allora suo vice presidente.

Kissinger ha giocato un ruolo dominante nella politica estera Usa dal 1969 al 1977, ispirandosi ai principi della Realpolitik e della distensione che portarono ad una riduzione delle tensioni con l'allora Unione Sovietica ed alla firma nel 1972 del Salt (Strategic Arms Limitation Talks, Trattato per la limitazione degli armamenti strategici) e dell'Abm (Trattato Anti Missili Balistici).

Kissinger lavora anche sul fronte di un 'nemico comunista': la Cina dove nel luglio 1971 compie una missione segreta sospendendo, con la scusa di un malore, il programma di una visita in Pakistan, ma in realtà spostandosi a Pechino per 48 ore di colloqui con il premier cinese Zhou Enlai. Era la famosa "Operazione Marco Polo", che permise preparare il terreno allo storico viaggio che, sette mesi dopo, Nixon fece in Cina per riaprire i rapporti diplomatici tra Stati Uniti e Cina.

Rapporti privilegiati con Pechino che fino all'ultimo Kissinger ebbe fino all'ultimo, come dimostra l'incontro avuto lo scorso luglio nella residenza Diaoyutai, nella capitale cinese, con Xi Jinping. Un incontro che si tenne all'indomani della conclusione della missione nel gigante asiatico dell'inviato Usa per il clima, John Kerry, che non incontrò Xi. Durante la sua visita in Cina, l'ex segretario di Stato vide anche il capo della diplomazia Wang Yi e il ministro della Difesa Li Shangfu, sotto sanzioni americane.

Intanto gli Stati Uniti continuano ad essere nel "pantano" della guerra del Vietnam, e anche su questo fronte Kissinger avvia trattive segrete che portarono agli accordi di Parigi per un cessate il fuoco, il ritiro delle forze militari americani e la riunificazione pacifica del Vietnam. Per questo accordo, a Kissinger viene conferito quell'anno il premio Nobel della pace insieme al nordvietnamita Le Duc Tho che rifiutò il premio perché lo scontro tra il Nord e il Sud continuava a dilaniare la sua terra.

Due membri del comitato del Nobel si dimisero per protesta contro la decisione di premiare Kissinger ed in tutto il mondo venne, e viene ancora criticata, la scelta di conferire il riconoscimento per la pace al maestro della 'realpolitik'. Soprattutto da parte di chi ricordava e ricorda il ruolo che Kissinger ha avuto su un altro fronte caldo della politica estera americana, quella del cosiddetto "back yard", il cortile di casa, l'America Latina dove Washington ha appoggiato golpe e giunte militari sanguinarie.

A partire da quello con cui, l'11 settembre proprio dell'anno in cui Kissinger vinceva il Nobel, il generale Augusto Pinochet rovesciò il governo democraticamente eletto del socialista Salvador Allende. In molti sostengono che Kissinger abbia avuto pesanti responsabilità nel sostenere Pinochet ed abbia avuto un ruolo nella triste stagione delle dittature latino-americane. In particolare nel cosiddetto Plan Condor, un'operazione a cui partecipavano le giunte militari di Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Paraguay e Uruguay per sopprimere i dissidenti all'interno dei loro Paesi ed all'estero.

Nel 2001 il famoso giornalista Christopher Hitchens ha pubblicato il libro 'The trial of Henry Kissinger', in cui accusa l'ex segretario di Stato di "crimini di guerra, contro l'umanità, violazioni delle leggi internazionali", facendo un lungo elenco di crimini in Vietnam, Bangladesh, Cipro e Timor est, bollando il diplomatico come "un fantastico bugiardo con una memoria prodigiosa".

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Esteri

Ucraina, pressing di Macron per invio truppe europee: la...

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Il presidente francese insiste: "Non escludo nulla, perché siamo di fronte a qualcuno che non esclude nulla"

Emanuel Macron

Emmanuel Macron torna a "porre la questione" di un invio di truppe occidentali in Ucraina se la Russia dovesse sfondare la linea del fronte nella guerra in corso da oltre 2 anni. In un'intervista all'Economist, che solleva lo stesso polverone già provocato nelle settimane scorse, con gli alleati europei contrari a questa ipotesi, il presidente francese ribadisce che "nulla può essere escluso".

Perché il messaggio di Macron pesa di più adesso

Le parole di Macron assumono un significato particolare in un momento cruciale del conflitto. L'Ucraina, che attende di sfruttare le armi stanziate dagli Usa nell'ultimo pacchetto approvato dal Congresso, negli ultimi mesi è stata costretta a ripiegare per gestire la carenza di armi e munizioni.

La Russia, secondo analisti e esperti, potrebbe sferrare una nuova massiccia offensiva tra la fine della primavera e l'inizio dell'estate: la pressione di Mosca sul fronte orientale è costante, il ministero della Difesa russo rivendica progressi quasi quotidiani dopo la presa di Avdiivka, la città al centro delle ostilità durante l'inverno. L'ipotesi che la nuova spallata dell'esercito di Vladimir Putin si riveli efficace non può essere esclusa.

La situazione sul campo

Il ministero della Difesa russo nelle ultime ore ha annunciato di aver assunto il controllo di due villaggi situati vicino ad Avdiivka, nell'oblast di Donetsk, nell'Ucraina orientale. Le truppe di Mosca hanno conquistato Berdychi e Ocheretyne. Il primo è situato a circa 10 chilometri a nord-ovest di Avdiivka (da cui gli ucraini si sono ritirati a febbraio), il secondo è poco più distante, ma nella stessa direzione.

Le news dal campo confermano in sostanza le previsioni del comandante in capo delle forze ucraine, Oleksandr Syrsky, che pochi giorni fa haaveva anticipato il ritiro da Berdychi e da altri due villaggi vicini per proteggere "la vita dei nostri difensori". Fonti militari ucraine, citate dall'agenzia Dpa, hanno precisato che ora gli scontri più pesanti nel Donetsk si registrano nelle zone di Pokrovsk e Kurakhove. Pezzo dopo pezzo, il muro dell'Ucraina rischia di sfaldarsi. Il cedimento spalancherebbe alla Russia le porte verso il cuore dell'Ucraina.

Analisi Usa conferma l'allarme di Macron

La prospettiva non può essere esclusa, come dice Avril Haines, direttrice della National Intelligence, alla Commissione Forze Armate del Senato a Washington. C'è la possibilità che i russi mettano a segno "break tattici".

"Le tattiche sempre più aggressive di Putin contro l'Ucraina, compresi gli attacchi alle infrastrutture elettrice, mirano a impressionare l'Ucraina: portare avanti la guerra", è il messaggio del Cremlino, "porterà altri danni all'Ucraina senza dare speranza di vittoria a Kiev. Queste strategie aggressive sono destinate a proseguire, la guerra non finirà presto". Inutile, dice, sperare per ora in negoziati produttivi: "La Russia negli ultimi mesi ha mostrato disponibilità a discutere con Kiev e Washington sul futuro dell'Ucraina. Ma difficilmente farà concessioni significative".

Le parole di Macron e la reazione di Mosca

"Se i russi dovessero sfondare le linee del fronte, se ci fosse una richiesta ucraina - cosa che oggi non avviene - dovremmo legittimamente porci la domanda", dice Macron, secondo cui "escluderlo a priori significa non imparare la lezione degli ultimi due anni", con i Paesi della Nato che avevano inizialmente escluso l'invio di carri armati e caccia a Kiev prima di cambiare idea.

"Come ho detto, non escludo nulla, perché siamo di fronte a qualcuno che non esclude nulla", ribadisce Macron al settimanale britannico, in un riferimento a Putin. "Probabilmente siamo stati troppo esitanti nel fissare dei limiti alla nostra azione nei confronti di qualcuno che non ne ha più e che è l'aggressore", afferma il presidente, indicando il suo "chiaro obiettivo strategico: la Russia non può vincere in Ucraina".

"Se la Russia vince in Ucraina, non avremo più sicurezza in Europa - scandisce - Chi può pretendere che la Russia si fermi lì? Quale sicurezza ci sarà per gli altri Paesi vicini, la Moldavia, la Romania, la Polonia, la Lituania e tanti altri? E oltre a questo, che credibilità abbiamo noi europei che avremmo speso miliardi, che avremmo detto che era in gioco la sopravvivenza del continente e che non ci saremmo dati i mezzi per fermare la Russia? Quindi sì, non dobbiamo escludere nulla".

L'ipotesi prospettata dal leader francese non scuotono Mosca. La prima risposta ufficiale è affidata alle parole di Maria Zakharova, portavoce del ministro degli Esteri. Le dichiarazioni del presidente, dice, "sono in qualche modo legate ai giorni della settimana, è una sorta di ciclo".

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Macron e l’invio di soldati in Ucraina, cosa dice...

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Le reazioni alle parole del presidente francese

Matteo Renzi e Matteo Salvini

Emmanuel Macron unisce Matteo Renzi e Matteo Salvini. Il presidente della Francia, a The Economist, non esclude l'invio di soldati in Ucraina: la presenza di truppe occidentali, dice il capo di stato, sarebbe legata ad una situazione particolare. "Se i russi dovessero sfondare le linee del fronte, se ci fosse una richiesta ucraina - cosa che oggi non avviene - dovremmo legittimamente porci la domanda", dice Macron con dichiarazioni che, ovviamente, alimentano un dibattito articolato.

"L'Italia ha una posizione equilibrata" e "pur sostenendo il diritto dell'Ucraina a rimanere un Paese libero, l'Italia non è in guerra con la Russia e mai invieremo militari italiani", dice il vice premier e ministro degli Esteri Antonio Tajani intervenendo al Tavolo di lavoro per le imprese italiane in Russia.

Più 'frizzanti' le reazioni di altre figure politiche e istituzionali. "Mai un soldato italiano a morire nel nome di Macron. Io la penso così", scrive sui social Matteo Salvini, leader della Lega, ribadendo una posizione netta, in dissenso dalla linea del presidente francese. Con sfumature diverse, le parole di Macron vengono bocciate anche da Matteo Renzi. "Macron? Un passo avanti eccessivo e azzardato. Non lo condivido. Il problema non è inviare le truppe. L'Europa deve mandare avanti il progetto di difesa comune e esercito comune europeo ma ci vuole anche una politica diplomatica più forte", dice il leader di Italia Viva a Metropolis sul sito di Repubblica.

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Ucraina, strage di soldati russi: il primo colpo degli...

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I missili a lungo raggio colpiscono un centro di addestramento

Una delle immagini diffuse da OSINTechnical

Una strage di soldati russi uccisi dagli Atacms. I missili a lungo raggio che gli Stati Uniti hanno fornito all'Ucraina dall'inizio di aprile lasciano un segno pesantissimo nella guerra. Analisti e esperti accendono i riflettori su un attacco portato da Kiev e documentato nelle ultime ore. Un'azione condotta con il lancio di 4 missili su un campo di addestramento nell'area di Mozhnyakivka, nell'oblast di Luhansk. L'attacco è documentato da una serie di video - che sono stati geolocalizzati - diffusi su X dal profilo OSINTechnical, una fonte di intelligence open source.

"Almeno un Atacms ha colpito un gruppo di oltre 100 soldati russi", si legge nell'analisi affidata a una serie di post. Non è chiaro quando sia stata compiuta l'azione: Newsweek ha cercato di interpellare il ministero della Difesa russo ma non ha ottenuto informazioni di nessun tipo.

L'attacco trova spazio anche nel resoconto dell'Institute for the Study of War (ISW), think tank americano che monitora la guerra quotidianamente. L'ISW fa riferimento ad un'azione che ha colpito un campo di addestramento a circa 80 km dalla linea del fronte. "Un video geolocalizzato indica che le forze armate ucraine hanno colpito un campo di addestramento russo a sudovest di Mozhnyakivka, probabilmente con 4 Atacms, e avrebbero ucciso 116 soldati russi".

L'operazione è una delle prime tracce, se non la prima, degli Atacms appena arrivati in Ucraina. Le armi sono in grado di colpire a circa 300 km di distanza, con un raggio d'azione nettamente superiore rispetto a quello che caratterizzava la versione fornita in precedenza dagli Usa. I nuovi missili consentono a Kiev di colpire in profondità, ben oltre la linea del fronte, con la possibilità di infliggere danni pesantissimi.

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