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Le gemelle Chiara e Bianca D’Ambrosio si raccontano in esclusiva su Sbircia la Notizia Magazine: «Siamo grandi sostenitrici dell’antibullismo»
Recitano fin da quando sono bambine. Hanno infatti esordito in Febbre d’Amore e da allora non si sono più fermate. Parliamo delle gemelle, di origine italiana, Chiara e Bianca D’Ambrosio. Una carriera ancora tutta da scrivere, ma costellata già di grandi successi. Chiara ha vinto infatti il Daytime Emmy Award 2021, nella categoria Miglior Giovane Attore in una Fiction dal Daytime, per il ruolo Regan Sanders nella sesta stagione di The Bay, la serie digitale di grandissimo successo dove ha recitato insieme a Bianca, anche lei candidata per il premio. Un percorso artistico di cui, entrambe, ci hanno parlato su Sbircia la Notizia Magazine.
Con la collaborazione di Roberto Mallò per Massmedia Comunicazione
Ciao Chiara e Bianca. Siete diventate attrici fin da giovanissime. Avete mai hai pensato a quale lavoro avresti potuto fare se non aveste iniziato a recitare?
Chiara: Onestamente non credo che vorrei far parte di nessun altro settore, a parte quello dell’intrattenimento. Mi piace recitare, ma se avessi un lavoro diverso, forse sarei nel settore immobiliare o nel giornalismo.
Bianca: No, non proprio. Ho conosciuto solo l’industria dello spettacolo. Anche per quelle che mi vengono a mente, non riesco mai a vedermi in nessun’altra professione.

Che cosa ricordate dell’esperienza in Febbre d’Amore, la soap dove avete esordito?
Chiara: Ho imparato tanto partecipando a Febbre d’Amore. Ho imparato fin dalla giovane età come prepararmi per trasmettere tutta la profondità di un personaggio.
Bianca: Mi sono divertita molto a lavorare sul set, è stata la base per l’inizio della mia carriera. Sarò eternamente grata perché mi ha aperto la strada per il mondo dove sono ora.
Non avete sempre lavorato insieme. Quali esperienze, tra quelle fatte da sole, vi sono rimaste di più nel tuo cuore?
Chiara: Una delle mie esperienze preferite in cui ho lavorato da sola è quella su Disney+ in Diary of a Future President. È stato molto divertente lavorare con il cast e la troupe. Non vedo l’ora che tutti conoscano il mio personaggio.
Bianca: Una delle mie esperienze preferite su cui ho lavorato individualmente è stato un film chiamato Call Jane. Parla di una donna negli anni ’60 prima di Roe vs Wade. Cerca l’aborto ma non riesce ad abortire. Trova un gruppo clandestino di donne disposte ad aiutarla e lei trova poi la forza di aiutare le altre che hanno attraversato situazioni simili alla sua Il film è interpretato da Elizabeth Banks, Sigourney Weaver e io interpreto la figlia di Kate Mara. È stata un’esperienza incredibile. Non vedo l’ora che tutti vedano questo film.

E quali, invece, sono stati i lavori più importanti che avete fatto insieme?
Chiara: Io e mia sorella abbiamo lavorato insieme nella serie yA ed è stato un vero spasso. Abbiamo anche avuto modo di lavorare insieme in un episodio pilota Disney e ad uno spettacolo Nickelodeon chiamato See Dad Run. Noi amiamo lavorare insieme perché abbiamo tanta chimica sul set.
Bianca: Chiara e io abbiamo lavorato a un film horror chiamato Slapface in cui interpretavamo Donna e Rose. che sono stati classificate come bulle. Questo è l’esatto opposto di ciò che siamo, ma abbiamo trovato stimolante lavorare insieme per lo studio dei personaggi. Slapface è sicuramente uno dei miei progetti preferiti al quale abbiamo lavorato in team.
Se vi dico yA, cosa mi rispondete?
Chiara: yA mi ricorda due serie tv, Beverly Hills 90210 con Riverdale. Lascia le persone incuriosite e all’erta!
Bianca: yA è una serie che segue le adolescenti Frankie e Regan Sanders mentre si trasferiscono nel loro nuova vita a Bay City. Appena arriveranno lì accadranno un sacco di situazioni drammatiche e loro continueranno a pensare anche al passato nella loro vecchia casa.

Avete sempre sostenuto temi importanti, come il bullismo. Come mai?
Chiara: Siamo grandi sostenitrici dell’antibullismo. Poiché i social media sono ai massimi storici, il cyberbullismo può essere un problema enorme. Per questo continuiamo a sensibilizzare sul tema delle piattaforme social il più possibile.
Bianca: Quando Chiara ed io siamo stati iscritti a scuola, abbiamo sperimentato il bullismo, motivo per cui abbiamo pensato fosse importante sensibilizzare l’opinione pubblica contro questo fenomeno. Anche aiutare per aiutare gli altri in situazioni simili come la nostra.
Avete anche ricevuto il Gracie Award per la tua battaglia contro il bullismo. E’ stato sicuramente un onore…
Chiara: Sì, decisamente. Crescendo, ho avuto modo di abbracciare l’importanza del Gracie Award e sono stata onorata di riceverlo.
Bianca: Sì, lo è assolutamente. È stato un onore incredibile avere un riconoscimento per la nostra battaglia contro il bullismo in così giovane età.

Amate anche gli animali. Da dove viene questo vostro amore?
Chiara: Quando siamo nate, avevamo già sei cani di grossa taglia. Avevamo un Samoiedo, quattro Terranova e un cane dei Grandi Pirenei. Siamo grandi sostenitrici di Adopt, Don’t Shop e la passione che abbiamo per i cani da salvataggio continua a crescere ogni giorno. In futuro, mi piacerebbe aprire il mio rifugio per gli animali.
Bianca: La mia famiglia è grande amante degli animali. Quando i miei genitori mi hanno portato a casa dall’ospedale, la mia casa era già accompagnata da 6 cani di grossa taglia. Mia mamma e mio papà sono molto appassionati di salvataggio degli animali e cerchiamo di fare tutto il possibile per aiutare gli animali nella nostra zona e in tutti gli Stati Uniti. Aiutiamo a raccogliere fondi per associazioni di beneficenza e cerchiamo di adottare o salvare animali. Troviamo questa causa molto importante.
Ci sono progetti futuri di cui potete parlarci?
Chiara: Bianca ed io stiamo scrivendo e dirigendo i nostri mini film, ma speriamo di riuscire, entro il prossimo anno, a produrre il nostro primo lungometraggio.
Bianca: Chiara ed io siamo appena tornate dal Connecticut, dove abbiamo girato un film di cui non possiamo ancora svelare i dettagli ma che verrà annunciato presto. Girerò poi un film alla fine di questo mese, ma anche qui non posso dire nulla sul progetto, tranne che sarà fantastico. In realtà, abbiamo un po’ progetti imminenti su cui lavoreremo insieme e separatamente. Consiglio a tutti ci controllare i nostri social media per tenersi aggiornato su ciò che ci coinvolgerà.

Siete molto attive sui social network?
Chiara: Estremamente attiva. Sono su Tik Tok e Instagram tutto il giorno e mi diverto a pubblicare contenuti per ascoltare tutti i nostri follower. È una priorità principale far sapere ai nostri sostenitori cosa stiamo facendo.
Bianca: Sì, abbiamo un profilo Instagram (@dambrosiotwins) dove pubblichiamo contenuti molto frequentemente. Oltre a Twitter, Facebook e un canale Youtube dove pubblichiamo un nuovo video ogni venerdì. Ci piace connetterci con i nostri sostenitori su tutte le nostre piattaforme di social media.
Cosa fate nel tempo libero?
Chiara: Sono un’appassionata lettrice. Ad oggi, ho letto un totale di 118 libri. Quest’anno, spero di arrivare a 150 entro la fine. Mi piace giocare con i miei cani e passare il tempo con la famiglia e gli amici.
Bianca: Sono un’appassionata lettrice. Cerco di leggere più libri che posso. Nel tempo libero amo stare con la mia famiglia e i miei amici guardando film e rilassandomi all’aria aperta.

Avete mai praticato qualche sport?
Chiara: Amo nuotare e giocare a tennis per divertimento.
Bianca: Non professionalmente, ma nel tempo libero mi piace nuotare e giocare a tennis con mia sorella.
Che programmi guardate in televisione? Qual è il vostro genere televisivo preferito?
Chiara: One Tree Hill, That’s 70s Show, On my Block, Parks and Recreation, Stranger Things e Santa Clarita Diet sono quelli che mi piace guardare di più. Come scrittura, amo i misteri perché… mi fanno pensare e sfidano la mia prospettiva su ciò che sto guardando. I miei generi preferito sono romanzi, drammi e commedie per adolescenti.
Bianca: I miei programmi TV preferiti da guardare sono Stranger Things, Killing Eve, On my Block e One Three Hill. Per quanto riguarda i generi, amo i drammi, le commedie, i gialli e il musical.

C’è qualcosa che proprio non vi piace della televisione di oggi?
Chiara: Penso che ci siano alcuni progetti che non sono troppo legati alla vita di tutti i giorni e che non danno modo agli adolescente di capire come crescere nella nostra società attuale.
Bianca: Penso che alcuni contenuti siano troppo maturi per essere guardati dai bambini. Al giorno d’oggi, un sacco contenuti etichettati come televisione per ragazzi e bambini sono molto per adulti. Se questo è il modo in cui il Direttore e gli scrittori vedono il progetto, va benissimo, ma penso personalmente che alcuni diventino un po’ troppo maturi.
C’è un regista o un attore con cui vi piacerebbe lavorare?
Chiara: Mi piacerebbe lavorare con Greta Gerwig, che è la regista e scrittrice di Piccole donne, Lady Bird. Ha un talento straordinario. Mi piacerebbe anche lavorare con Jodie Comer, perché è un’attrice straordinaria e lavorare con lei sarebbe un onore immenso.
Bianca: Sì, Jodie Comer che interpreta Villanelle in Killing Eve. Killing Eve è uno dei miei show preferiti di tutti i tempi e lei è anche una delle mie attrici preferite di tutti i tempi. Lavorare con lei sarebbe un sogno diventato realtà.

Qual è il vostro sogno più grande?
Chiara: Scrivere i miei progetti e vederli un giorno sul grande schermo. Oltre a recitare, vorrei calarmi nella produzione a tempo pieno.
Bianca: Essere un regista e produttore. Adoro recitare, ma in più mi piacerebbe avere una carriera dietro la macchina da presa.
L’Italia è parte di voi. Se si presentasse un’opportunità, verreste qui a lavorare?
Chiara: Assolutamente, adoro andare in Italia. Sfortunatamente in questi 18 mesi passati, non ho avuto la possibilità di viaggiare ma, soprattutto per lavoro, accetterei in un battito cardiaco.
Bianca: Al 100%. Sia mia madre che mio padre sono italiani, quindi amo il cibo, le persone e, soprattutto, la cultura. Se avessi l’opportunità di lavorare in Italia, la coglierei assolutamente.

C’è qualcuno di speciale nel vostro cuore?
Chiara: La mia famiglia e i miei amici perché continuano a sostenere me e i miei sogni, non importa cosa sono. Mia sorella, che è sempre lì per me, e anche mia cugina Ava. Lei è sempre lì quando ho bisogno di chiamarla per qualsiasi cosa al mondo e mi dà ottimi consigli.
Bianca: I miei genitori, mia sorella, mia cugina Ava, i miei amici e tutti i miei sostenitori. Li amo tutti così tanto.
Se doveste descrivervi con qualche aggettivo, quali usereste?
Chiara: Userei leale, creativa, artistica, responsabile e ambiziosa.
Bianca: Direi determinata, compassionevole, ambiziosa e “topo” di biblioteca.

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Interviste
Cosimo Alberti: Teatro, TV e il sogno del cinema –...

Ciao Cosimo, ben ritrovato sulle pagine virtuali di Sbircia la Notizia Magazine!
Sono trascorsi quasi tre anni dalla nostra ultima chiacchierata. Ora sei di nuovo qui con noi e ne siamo davvero entusiasti! In questo frattempo, il tuo percorso si è arricchito di nuovi capitoli e chissà quante altre cose hai da raccontarci. Dunque, rompendo gli indugi, partiamo subito con questa nuova intervista!


Negli ultimi anni ti sei dato molto da fare in ambito teatrale. Hai portato in scena spettacoli di grande successo al “Teatro Sannazaro”, allo ” IAV – In arte Vesuvio” e in altri luoghi storici di Napoli. Qual è stata l’emozione più forte di questa nuova fase?
“In realtà, non è poi tanto nuova, perché faccio teatro da trentadue anni ormai. Nasco attore teatrale e, quando ho iniziato a respirare la polvere del palcoscenico, non sono più riuscito a farne a meno. Le tavole del palcoscenico e la sua polvere sono una droga per me, nonostante io lavori in televisione e mi cimenti nel cinema. Però, in effetti, una nuova fase c’è, ed è quella che sto sperimentando in questi ultimi anni nei miei lavori teatrali, ovvero l’abbattimento della “quarta parete”: arrivare al proscenio, scendere nel golfo mistico, giungere in platea e unirmi allo spettatore, facendolo diventare parte integrante dello spettacolo. Lo spettatore diventa protagonista e, insieme a me, formiamo la compagnia che si esibisce quella sera; ed ogni sera è una compagnia diversa. È una formula che funziona molto e diverte tutti, a cominciare da me. Si tratta di una messa in scena prevalentemente comica, ma con piccole incursioni drammatiche, che abbraccia tanti generi teatrali come il “Varietà”, la “Farsa”, l’avanspettacolo, e diversi stili di interpretazione come il “Macchiettista”, il “Cantante di giacca”, il “Cantatore popolare”. Lo spettacolo ha per titolo Il grande artista ed è dedicato ai capolavori di quei maestri che hanno reso celebre Napoli nel mondo. Siamo arrivati alla seconda edizione con nuovi e accattivanti quadri, ed è già pronta la terza.“



Il tuo personaggio, Salvatore Cerruti, sembra essersi evoluto parecchio di recente. In che modo la scrittura della soap ha influenzato la tua recitazione e ci sono state caratteristiche inedite che ti hanno permesso di andare oltre la comicità?
“La mia recitazione, in generale, è improntata sulla spontaneità e, nello specifico, per Sasà Cerruti cerco di recitare nel modo più naturale possibile. Desidero creare un personaggio che possa sembrare vero agli occhi dei telespettatori, permettendo a molti di identificarsi in lui e a tanti altri di riconoscere nell’interprete televisivo un parente, un amico, un collega. A volte, il mio personaggio si trova in dinamiche comiche che potremmo definire sopra le righe, difficilmente realizzabili nella realtà, ma non bisogna dimenticare che Sasà appartiene alla linea Comedy della soap.“



Che ruolo hanno i social nella tua comunicazione e nel tuo modo di essere artista?
“Hanno un ruolo importantissimo. Sono il mezzo di comunicazione più veloce e divulgativo in assoluto. Ti danno una forte visibilità e, per chi fa un mestiere come il mio, basato proprio sulla visibilità, è indispensabile avere un profilo social. Io sono iscritto a tutte le piattaforme più importanti. Pubblicizzo i miei percorsi artistici, ho un folto numero di follower e un pubblico che partecipa ai miei spettacoli. Mi permette di seguire i miei colleghi, le loro carriere e di essere sempre aggiornato su tutto ciò che accade nel mondo. Uso i social solo per lavoro. Non condivido i miei stati d’animo, se non in sporadici momenti di gioia. Non mi piace assillare le persone con i miei problemi, che – ti assicuro – affliggono anche me come tutti. Perché, quindi, continuare ad affliggerli? Non giudico chi lo fa, ma a me non piace. A volte i social ci sfuggono di mano: molti non capiscono che postare un pensiero è come aprire la finestra e urlarlo in piazza. Inutile poi dilungarmi sui danni causati dai social quando non vengono usati correttamente: vedi il cyberbullismo e il body shaming. Insomma, credo fortemente che bisognerebbe introdurre una nuova materia: Educazione ai Social!“



In passato avevi espresso il desiderio di cimentarti in parti drammatiche, lontane dalla vena comica. Hai avuto occasioni in questi ultimi mesi per metterti alla prova in ruoli più impegnati a livello emotivo?
“Nel corso delle mie dieci edizioni in Un posto al sole non sono mancate scene drammatiche che mi hanno permesso di dimostrare che so recitare anche al di fuori dell’ambito comico. Le caratteristiche inedite, a cui facevi riferimento nella domanda precedente, le ho potute far emergere, ad esempio, quando il mio personaggio voleva compensare il suo senso paterno fingendo di essere il padre naturale del figlio di Mariella. Altre occasioni ci sono state quando Sasà ha dovuto affrontare la vergogna di essere stato scoperto omosessuale nel suo ambiente di lavoro, un comando di polizia municipale. In seguito, ha dovuto far fronte all’omofobia del padre, che lo detestava, e alla debolezza del fidanzato, che non riesce a fare coming out e che, per questo, decide di lasciarlo.“



Ogni artista ha un sogno nel cassetto: un ruolo particolare, un palco prestigioso o magari un film in arrivo. Svelaci qualcosa di ciò che bolle in pentola e che ancora non hai avuto modo di realizzare...
“Voglio diventare un attore affermato di cinema. Ogni tanto ottengo qualche ruolo che non definirei nemmeno secondario. Mi è capitato di rifiutarne qualcuno perché, oltre a essere secondari, erano personaggi davvero brutti. Ho passato lunghi periodi senza neanche una convocazione per un provino su parte. La mia agenzia dice che è difficile lavorare nel mondo dell’audiovisivo: in Italia esistono troppi attori e si è formata una casta. Io aggiungo che, se è per questo, anche nel teatro è difficile, specialmente a Napoli, dove siamo tutti attori e lavorano sempre gli stessi! Io non demordo, credo fortemente nel mio sogno nel cassetto di diventare un attore affermato di cinema. Infatti, all’inizio della risposta alla tua domanda, non ho usato il condizionale “vorrei diventare…”, ma l’indicativo presente “Voglio”.“



La tua città ha un fascino unico. C’è un angolo di Napoli a cui sei particolarmente legato in questo momento, un luogo che ti ispira nuove idee o un rifugio in cui ti ricarichi?
“Sono tantissimi i luoghi di Napoli che mi piacciono, ma ce ne sono due in particolare che mi affascinano e catturano. Uno è la Pignasecca e il suo mercato. Credo che, in una vita passata, io abbia abitato nella piazza nei pressi della stazione di Montesanto, perché ne subisco un fascino ancestrale. Il luogo in cui, invece, vorrei abitare è Santa Lucia, all’ultimo piano di uno di quei bei palazzi sul lungomare che porta a Castel dell’Ovo. Lì ho visto la luna specchiarsi sul mare, con dietro il Vesuvio, creando il panorama più bello al mondo che io abbia mai visto nella mia vita, finora.“




Siamo arrivati alla fine e che dire… grazie, Cosimo. Ogni volta riesci a trasmettere qualcosa di unico, quasi magico. Ascoltare i tuoi racconti è come entrare in un mondo fatto di passione, emozioni e vita vera. Aspetteremo con ansia il momento in cui ti ritroveremo nei commenti sui social, con la tua allegria e il tuo calore. A presto, Cosimo… e grazie per la simpatia con cui ci contagi ogni giorno!
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Interviste
Intervista esclusiva a Marzio Honorato: frammenti di una...

Marzio Honorato. Basta pronunciare il suo nome e subito ti ritrovi immerso nel profumo del teatro di Napoli, nei racconti del cinema più vero e nella lunga storia di una televisione che lo ha visto diventare una figura familiare per tutti.
Dal 1996 è Renato Poggi in Un Posto al Sole. Pensa: quasi trent’anni di vita intrecciati a quel personaggio. Renato è cresciuto con lui, si è trasformato, è diventato un amico per milioni di persone che si affezionano ogni giorno di più. Ma dietro quegli occhi che sorridono c’è molto altro: una carriera vissuta con passione e difficoltà, scelte coraggiose e una forza che continua a brillare. Oggi ci regala ricordi e verità, con una sincerità che arriva dritta al cuore.
La nostra intervista esclusiva
Nel tuo percorso teatrale hai iniziato con il teatro d’avanguardia a Napoli e Milano. Quali sono stati gli insegnamenti più significativi che hai tratto da quell’esperienza e come hanno plasmato il tuo approccio alla recitazione?
“La mia esperienza con il Teatro d’avanguardia è nata da una “fortunata” bocciatura al Liceo che frequentavo. Mio padre, per punizione, mi mandò a fare le pulizie in un “locale” vicino casa. Solo che in quel locale facevano teatro d’avanguardia! Ne rimasi affascinato e, oltre alle pulizie, iniziai a partecipare ad alcuni spettacoli. In seguito, in una tournée in giro per alcuni teatri d’avanguardia in Italia, capitammo a Milano al Teatro Uomo e rimasi lì per qualche mese scritturato nella loro compagnia teatrale. La paga era di 5000 lire al giorno. Dormivo e mangiavo dove capitava, ma riuscii a mettere da parte una somma che mi permise di comprare una Fiat 1300, naturalmente usata, per tornare a Napoli alla fine della stagione teatrale. Avevo 20 anni. Ricordo ancora quei tempi e già allora capii che fare il mestiere di “attore” significava rischiare una vita difficile e piena di punti interrogativi. Ma in realtà avevo già scelto. Ero molto timido e forse lo sono tutt’ora, ma mettersi nei panni di altri personaggi mi dava sicurezza.”

Cosa hai imparato da Eduardo?
“Eduardo è stato tutto per me. L’emozione di essere preso per mano da lui nei ringraziamenti alla fine degli spettacoli non penso di provarla mai più. Lui era un direttore d’orchestra e gli attori erano i suoi orchestrali. Ci dirigeva modulando i volumi e i toni delle nostre voci e limitando la nostra gestualità all’essenziale, senza mai esagerare. Da lui ho imparato l’arte di stare e camminare sul palcoscenico, il rispetto per il pubblico e per le rigorose battute del testo che si metteva in scena. Ogni virgola, pausa o fiato aveva un preciso significato. Da non tradire.”

Quali sono le differenze fondamentali tra cinema e teatro?
“Ho fatto tanto cinema, sicuramente più film che testi in teatro, specie dopo l’esperienza con Eduardo. Mi è sempre piaciuto tanto, perché il cinema si racconta con gli occhi e con l’espressione del viso, mentre il teatro più con il corpo e la voce.”
Raccontaci come è nato il tuo personaggio in Un Posto al Sole.
“Quando seppi che al Centro Rai di Napoli avrebbero fatto dei provini per un esperimento produttivo di una lunga serialità, voluto fortemente da Giovanni Minoli, ho fatto in modo di partecipare ai provini. E poi è andata come è andata… sono ancora lì, a Un Posto al Sole e non avverto stanchezza.”

Ti occupi anche di produzione. Vuoi raccontarci qualcosa su questo tuo interesse?
“Molti attori della mia generazione, più o meno di base a Napoli, negli anni ’80 costituivano società produttive teatrali. Dato che ne fiorivano tante, decisi di costituire una società di produzioni audiovisive: cortometraggi, documentari, progetti video-sociali… Poi, anche grazie alla sicurezza economica che mi dava Un Posto al Sole, ho iniziato a produrre qualche film. Distribuire lavoro per giovani autori, attrici e attori e validissime risorse umane tecniche che vivono nel nostro territorio era doveroso per me. Napoli mi ha dato tutto.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma. Foto di Giuseppe D’Anna.
Interviste
Intervista esclusiva a Fabrizio Eleuteri: successi in TV,...

Sono tre gli importanti progetti che vedono attualmente impegnato Fabrizio Eleuteri. Formatosi al laboratorio Don Bosco diretto dal rettore Carlo Nanni, l’attore romano fa parte del cast fisso di Citofonare Rai 2, il programma della domenica condotto da Paola Perego e Simona Ventura, e prossimamente sarà al cinema con The Contract, il film internazionale prodotto da Massimiliano Caroletti che segna il debutto alla sceneggiatura di Eva Henger. Lavori che vanno ad aggiungersi all’impegno in Vita da Carlo, la serie con protagonista Carlo Verdone. Tra sogni e progetti, Eleuteri ci ha spiegato come è nata la sua passione per la recitazione, svelandoci la sua passione per il ‘regista del brivido’ Alfred Hitchcock.
a cura di Roberto Mallò
Fabrizio, ogni domenica i telespettatori possono vederla, in diretta, a Citofonare Rai 2. Che tipo di esperienza è? Come si trova all’interno del cast?
“Citofonare Rai2 per me è partito in maniera sperimentale, con la doppia conduzione di Paola Perego e Simona Ventura. Sono entrato a far parte del cast a partire dalla seconda edizione ed ora mi ritrovo alla quarta stagione, la mia terza consecutiva. All’inizio mi avevano prospettato un ruolo del portiere che entrava, faceva il suo balletto fintamente sexy e non si curava delle due conduttrici. Le stesse che, ogni volta, mi rimproveravano simpaticamente in diretta: ‘Guarda che non sei qua nello spazietto tuo, che fai il sexy e così via. Qui hai un ruolo, devi portare le cose che ti chiediamo. Abbiamo bisogno dei tuoi servigi per sbrigare le cose della giornata. Se arriva un ospite lo fai entrare, se c’è una cosa da portare dentro lo fai tu’. Io, per tutta risposta d’accordo con gli autori, entravo con le noci e le olive, le mangiavo e non lasciavo loro niente. All’inizio, insomma, ero questo portiere un po’ matto e sciocco che faceva danni”.

E pian piano il personaggio si è evoluto…
“Esattamente. Dallo scorso anno ho iniziato ad annunciare qualche servizio, oltre che inserire qualche curioso aneddoto su qualche personaggio piuttosto che un altro. In questa edizione affianco Gene Gnocchi nelle sue follie estemporanee. Sono il suo ‘partner in crime’. Il mio personaggio è diventato quasi una spalla per Gene. All’interno della trasmissione mi trovo molto bene, c’è molto feeling con tutti, in special modo con l’autrice Serena Costantini, che è un pezzo di cuore. E non posso negare di trovarmi molto bene con Paola Perego. Oltre alla professionista che tutti conosciamo, lei è sempre dolcissima con tutto il cast. Si prende sempre cura di qualsiasi persona all’interno di Citofonare Rai 2 e del cast stesso. E Simona Ventura è sempre il solito uragano che va a destra e sinistra e stravolge tutto e tutti. Citofonare Rai 2 è davvero una delle poche trasmissioni in cui ci divertiamo anche nel backstage”.
Per chi fa il suo mestiere, un programma in diretta come Citofonare Rai 2 insegna tanto, no?
“Sì. E’ un discorso completamente diverso dalla formazione che uno può avere o al teatro o al cinema. In quest’ultimo ti prepari un determinato ruolo e sai che devi girare una determinata scena con altri attori, che comunque puoi ripetere qualora qualcosa non andasse bene. Al contrario, nella diretta deve filare tutto liscio. Si respira la tensione che è tipica del teatro, ma è diverso, a partire dalle telecamere che ti circondano. Ovviamente, tu cerchi sempre di fare il tutto in maniera egregia. Le aspettative sono abbastanza alte e cerchi di fare di più. Nonostante tutto è però bello avere quell’adrenalina tipica della diretta. Soprattutto considerando il fatto che Citofonare Rai 2 è una diretta nazionale, che tiene compagnia ai telespettatori per tante ore e li accompagna in tutta la domenica mattina fino all’ora di pranzo”.

A cosa si deve, dal suo punto di vista, il grande successo del programma? Cresce negli ascolti di anno in anno..
“La trasmissione conserva degli abiti molto leggeri, non parla di fatti di cronaca nera. Se ci pensa, nei primi appuntamenti, Paola e Simona venivano un pochino prese in giro quando cantavano insieme, ora è diventato un vero e proprio must atteso e coinvolgiamo gli ospiti a cantare con loro di volta in volta.. Il programma ha sempre avuto come obiettivo principale quello di mettere in risalto i personaggi che hanno fatto parte della televisione italiana. Gli ospiti spaziano dal comico, come Lopez e Solenghi che parlano del trio, Lino Banfi, Al Bano con le figlie, solo per fare alcuni esempi, che ti raccontano come è stato vivere con un gigante della musica italiana così in casa. Gli aneddoti, gli spazi qua e là, il collegamento di Antonella Elia e le gag di Gene Gnocchi danno poi al programma quell’atmosfera leggera e spiritosa della quale abbiamo bisogno adesso più che mai”.
La trasmissione di Rai2 non è l’unico progetto che la vede coinvolta in questo periodo. C’è anche il film internazionale The Contract, nel quale ha recitato al fianco di Jane Alexander.
“Esatto, interpreto il migliore amico del personaggio interpretato da Jane. Il film, come è stato detto all’anteprima mondiale de Il Cairo, è un thriller psicologico. Non di certo un action thriller. Al centro della scena c’è l’attore Eric Roberts, che interpreta un giornalista caduto in disgrazia che prova a intrufolarsi nella scena del crimine di un suo collega. Da lì cerca dunque di ricostruire tutto il puzzle che ha portato a questo efferato omicidio. Si rivolge così a tante personalità e personaggi diversi tra loro: ci sono il caporedattore, un prete e una ragazza che lavora in un night, interpretata da Jane Alexander e che fa parte della trama che mi vede coinvolto, dato che cammino al suo fianco in diverse situazioni. Più Roberts indaga, più c’è questa scia di sangue che si va piano piano ad allargare. E lui ha questo testimone, interpretato da Kevin Spacey, all’interno di una sorta di riformatorio/manicomio, che sembra abbia delle chiavi di interpretazione di questo omicidio ben più profonde di quanto non stia dicendo. Quindi man mano che accadono le cose, Eric Roberts torna a chiedere conto a Kevin Spacey di quello che sta accadendo. A volte questo personaggio dà di matto e non si capisce cosa voglia dire. Le altre volte cerca di infilare delle pulci nelle orecchie a Eric Roberts per dare un diverso punto di vista di ciò che sta accadendo. Era da parecchio che non si vedeva un film simile in Italia, dove per vedere un thriller bisogna ritornare ai tempi di Dario Argento. Ed è credo la primissima volta che un produttore indipendente come Massimiliano Caroletti annoveri nel cast due attori internazionali del calibro di Spacey, che ha vinto due premi Oscar, e Roberts. Da questo punto di vista, The Contract è un esperimento già riuscito”.

C’è molta curiosità attorno al film perché rappresenta anche il debutto alla sceneggiatura di Eva Henger.
“Sì, c’è davvero molta curiosità. Ne hanno parlato anche varie testate americane. Forse in Italia siamo cintura nera nello scetticismo, magari però stavolta non trionferà il pregiudizio. Personalmente, ho avuto la fortuna di assistere all’anteprima ed è piaciuto molto. Tuttavia, sono curioso di capire come verrà accolto negli Stati Uniti e ovviamente qui da noi in Italia”.
Jane Alexander la conosceva già o vi siete incontrati per la prima volta su questo set?
“Avevo visto i lavori precedenti di Jane, tra cui quelli diretti da Cinzia TH Torrini. Non l’avevo mai incontrata prima, ma è stata davvero carina e siamo rimasti amici. E’ una di quelle persone che ti aiutano davvero sul set, che ti danno la loro energia. Al termine di una scena straziante di The Contract mi ha dato un abbraccio capace di trasmettermi davvero una grossa energia. Credo sia, davvero, una professionista di una caratura internazionale.

C’è anche un terzo lavoro: Vita da Carlo. La serie di Carlo Verdone. Il suo personaggio, nella terza stagione, è stato ampliato rispetto a quello che abbiamo visto nella seconda.
“Sì, il personaggio di Riccardo, il fidanzato di Sandra (Monica Guerritore), ha uno sviluppo carino. Viene coinvolto in una cena, in casa Verdone, nella settima puntata. E lì accade di tutto, nel buon segno della commedia italiana. C’è al centro un grande equivoco, condito da una rivelazione, e scoppia un vero e proprio parapiglia. Il tutto ha come sfondo la Santa Notte di Natale. Scherzi a parte, lavorare su un set con Verdone, Guerritore, Stefania Rocca e Filippo Contri è stata una bella opportunità da una parte ed un continuo divertimento dall’altra”.
Parlando un po’ di lei. Quando è nata la sua passione per il mondo della recitazione?
“Sono il terzo di quattro figli, tutti maschi. Nessuno aveva mai lavorato nel mondo dell’arte nella mia famiglia. Mi ricordo che, con le prime paghette, quando avevo circa 11 anni, mi andavo a comprare in edicola i film in bianco e nero di Alfred Hitchcock. Settimana dopo settimana investivo lì la mia paghetta. E mia madre non riusciva a capire cosa me ne importasse di quei film lì, dato che poi nel mio tempo libero andavo a giocare a calcetto con i miei amici. Tuttavia, ero totalmente folgorato da Hitchcock: andavo ad informarmi su ogni scena e ogni aspetto dei suoi lavori, compresi gli interpreti e i vari registi, passando per il trucco, il montaggio, gli effetti speciali. Avevo una passione dentro che è venuta fuori, senza che nessuno la sollecitasse. Pensi che una volta ho chiesto a mia madre quanto pagassero Bud Spencer e Terence Hill per fare uno dei loro film che trovavo bellissimi. E lì lei mi ha detto: ‘No, amore di mamma, questi sono attori ed è un lavoro. Loro interpretano una parte e vengono pagati per questa cosa’. Una cosa che a me non tornava, non pensavo che fosse un mestiere e che venissero pagati. Per me poter recitare era già di per sé un premio. Anche perchè poi io ho mosso i primi passi in teatro e lì, quando hai il fuoco sacro della recitazione dentro, non stai tanto a guardare la remunerazione. E il lavoro dell’attore in sé è abbastanza precario, ci sono dei periodi in cui lavori tantissimo e in altri poco e niente. Se non sei abituato a prendere le porte in faccia stai malissimo. Ci saranno sempre delle persone che ti diranno che non sei in grado, che non sei preparato. Sei non hai una buona corazza o una famiglia che ti sostiene non riesci ad andare avanti. Potresti mollare, soprattutto quando ti sei preparato per un ruolo che sentivi davvero tuo e invece non ti prendono minimamente in considerazione. Per fortuna, oltre ai miei fratelli con i quali ho un bellissimo rapporto, ho una moglie e una figlia che mi supportano tantissimo e a cui devo praticamente tutto”.
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