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Sostenibilità

A2a: piano strategico 2024-2035, 22 miliardi di...

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A2a: piano strategico 2024-2035, 22 miliardi di investimenti in 12 anni

Il 44% sono focalizzati su business a bassa volatilità

 - (Fotogramma)

Il nuovo piano industriale 2024-2035 di A2a prevede investimenti per 22 miliardi di euro in 12 anni, di cui 6 per l'economia circolare e 16 per la transizione energetica. Oltre il 70% degli investimenti previsti entro il 2030 - evidenzia il gruppo in una nota - è autorizzato o già in corso di realizzazione.

Dei complessivi 22 miliardi di investimenti, il 44% sono focalizzati su business a bassa volatilità. Per il primo periodo 2024-2026 sono previsti capex cumulati pari a 5,1 miliardi di euro corrispondenti a una media annuale di 1,7 miliardi di euro, in aumento di 0,2 miliardi di euro rispetto al periodo 2021-2023. Escludendo gli effetti dell’operazione straordinaria e partnership, il valore medio annuo 2024-2026 è pari a 1,5 miliardi di euro.

Il periodo successivo 2027-2030 vede un cumulato di circa 6,9 miliardi di euro, pari ad una media annuale di 1,7 miliardi di euro, mentre per gli anni 2031-2035 si prevedono complessivamente 9,6 miliardi di euro corrispondenti a una media annuale pari a 1,9 miliardi di euro.

In particolare, dei 22 miliardi di investimenti previsti da A2a al 2035, alla business unit Energia sono destinati circa 7,8 miliardi, di cui 1,6 miliardi attesi nel periodo 2024-2026, 2,7 miliardi tra il 2027 e il 2030 e 3,5 miliardi nel 2031-2035. Allo sviluppo delle rinnovabili sarà dedicato il 34% nel periodo 2024-2026 per crescere poi fino al 64% nel periodo 2031-2035.

Nel comparto della distribuzione elettrica, A2a - evidenzia la nota - "concretizzerà un’importante crescita dimensionale attraverso un’operazione straordinaria da circa 1,2 miliardi di euro, per l’acquisizione di gran parte della rete della provincia di Milano e, nel bresciano, della Valtrompia: 17 mila chilometri di rete elettrica, su cui sono dislocati 800 mila Pop e 60 cabine primarie. L’operazione - viene evidenziato - risulta particolarmente strategica per il gruppo, in quanto focalizzata su asset future-fit in linea con la tassonomia Ue, in territori contigui a quelli già gestiti e in cui è possibile attivare sinergie operative. L’operazione permetterà, inoltre, di realizzare maggiori investimenti per circa 1,4 miliardi di euro entro il 2035 sulla rete di distribuzione elettrica".

Sulla business unit Ambiente vengono investiti 4,3 miliardi di euro in arco piano, di cui 0,9 miliardi tra il 2024 e il 2026, 1,3 miliardi tra il 2027 e il 2030 e 2,1 miliardi nel periodo 2031-2035. Lo sviluppo di nuovi impianti WtE tra il 2024 ed il 2035 rappresenta complessivamente il 43%, mentre il recupero di materia e il trattamento dei rifiuti il 34%. Per le smart infrastructures sono previsti 9,1 miliardi di euro tra il 2024 e il 2035, di cui 2,9 miliardi tra il 2024 e il 2026, 2,6 miliardi tra il 2027 e il 2030 e 3,6 miliardi tra il 2031 e il 2035. Circa l’80% degli investimenti in arco piano è destinato alle reti di distribuzione.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Sostenibilità

Saremo scartati o assunti dall’intelligenza artificiale? Le...

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Il 97% degli HR a livello globale (il 94% in Italia) ha già utilizzato le nuove tecnologie digitali, tra cui l’Ai

Robot HR - Canva

Per molti, l’Intelligenza artificiale è e sarà sempre di più indispensabile per lavorare. Meno persone sanno, però, che l’Ai sarà sempre centrale per trovare le giuste risorse e per essere assunti, in un mercato sempre più competitivo.

Per il 76% dei Direttori del personale l’Ai, insieme ai Big Data, sta già influenzando la gestione dei talenti nelle aziende, nelle decisioni su assunzioni, promozioni, formazione e sviluppo. D’altronde, il 97% degli HR a livello globale (il 94% in Italia) ha già utilizzato le nuove tecnologie digitali, tra cui l’AI, per migliorare le tre fasi cruciali per ogni recruiter: attrarre, coinvolgere e fidelizzare i talenti. Questa tecnologia apre le porte anche a un percorso professionale più dinamico e in linea con le proprie competenze e il 65% ha investito in strumenti digitali per favorire la mobilità interna dei talenti.

Per ora, a un anno e mezzo dal boom dell’Ai con ChatGPT, ancora pochi HR utilizzano l’Intelligenza Artificiale direttamente per identificare profili ad alto potenziale e ricercare competenze specifiche: il 30% a livello mondiale e il 14% in Italia. Quest’ultimo dato dovrebbe far scattare un primo campanello d’allarme sulla reattività del nostro sistema, ora che siamo ancora nella prima fase di questa travolgente tecnologia.

I dati emergono dal Talent Trends Report, l’indagine di Randstad Enterprise attraverso un sondaggio su un campione di oltre 1000 human capital leader di grandi organizzazioni nei settori più diversi in 21 Paesi del mondo, tra cui l’Italia dove il problema delle competenze richieste dalle imprese e quelle offerte

“Il Talent Trends Report rivela che è ufficialmente iniziata l’era dell’intelligenza ‘umana e artificiale’ in tutto il ciclo di vita dei talenti, un nuovo approccio per affrontare la scarsità di profili e migliorare l’efficienza operativa delle organizzazioni”, dice Fabio Costantini, AD Randstad HR Solutions che aggiunge: “Si conferma, a livello globale, e in particolar modo nel nostro Paese, la difficoltà delle imprese ad attrarre candidati qualificati e una vera e propria concorrenza tra i migliori talenti per le competenze di più difficile reperibilità. Per le aziende cresce ulteriormente l’importanza di investire nel migliorare l’esperienza di lavoro e la cultura organizzativa per attrarre e trattenere le migliori risorse, mentre per le persone restano al centro smartworking e progetti di diversity, equity e inclusion”.

Le sfide per l’HR del futuro

Secondo la ricerca Randstad, gli HR di tutto il mondo individuano due grandi sfide per il futuro. Entrambe riguardano le competenze:

- maggiore concorrenza per le competenze di difficile reperibilità;

- crescente carenza delle competenze specialistiche.

Emerge poi una sfida di più ampio respiro, che tocca le radici del sistema lavoro italiano, ovvero l’incapacità di attrarre candidati qualificati. Questa problematica, unita alle previsioni future fatte dagli HR, rischia di rendere poco efficiente la ricerca di personale in un Paese che già adesso registra una delle più basse produttività dell’area Ocse e una profonda crisi di competenze.

La situazione nel Belpaese è delicata anche a causa della crisi demografica incide sulla situazione economica e da essa, almeno in parte, dipende.

Insomma, le persone con le competenze richieste dal mercato saranno poche ed è vietato lasciarsele sfuggire. Per questo, diventa cruciale l’utilizzo dell’Intelligenza artificiale, mentre agli HR viene chiesto di fare sempre di più, ma con meno budget e meno personale, come testimoniato dal 64% degli intervistati (stessa percentuale in Italia).

I 10 trend HR del 2024

La ricerca Randstad evidenzia i 10 trend più importanti nella gestione delle risorse umane del 2024:

1- L’intelligenza artificiale sta già ridefinendo il modo di lavorare e gli HR evidenziano vantaggi tangibili come aumento della produttività, automazione del flusso di lavoro, maggiore scalabilità e migliore identificazione delle competenze. I datori di lavoro che utilizzeranno l’intelligenza artificiale responsabilmente, potranno differenziarsi;

2- L’acquisizione digitale dei talenti è al centro della strategia HR. Aumentano gli investimenti nelle tecnologie per la mobilità interna dei talenti e le ricerche di personale basate sull’Ai e su strumenti di matching e valutazione dei candidati tramite messaggi/chatbot;

3- Non solo assunzione, anche la gestione dei talenti fa passi avanti con l’Ia. Grazie a piattaforme di analisi delle informazioni su retribuzione, abbandono, coinvolgimento e competenze, le risorse umane riescono a prendere decisioni migliori su assunzioni, promozioni, formazione e sviluppo. Gli HR possono anche guidare i singoli lavoratori nell’acquisizione delle competenze necessarie all’avanzamento della carriera e alle opportunità interne in linea con le proprie aspirazioni;

4- L’Ia può mostrare il potenziale delle persone. Questa tecnologia sta già muovendo i primi passi nell’identificazione dei dipendenti ad alto potenziale, nella gestione della carenza di lavoratori qualificati e nel miglioramento della mobilità;

5- Un nuovo approccio. Per affrontare la carenza di lavoratori qualificati, si affermerà un sistema di selezione innovativo, basato sulle competenze e sulle motivazioni, che consente di attingere a un pool più ampio di risorse, andando oltre alle tradizionali qualifiche dei candidati. L’IA viene utilizzata per analizzare le job description, i profili dei lavoratori e i dati di mercato selezionando i candidati con le giuste competenze in modo efficiente;

6- Le difficoltà degli HR, di cui si è parlato sopra, possono essere calmierate dall’Ai. Sulle nostre pagine abbiamo già visto che l’intelligenza artificiale può aiutare la demografia e la produttività di un Paese. Randstad evidenzia come la necessità di un miglior equilibrio casa-lavoro e le stesse preoccupazioni relative all’impatto dell’IA, spingano gli addetti HR ad approfondire questa tecnologia per usarla in maniera efficiente e responsabile;

7- Proseguono, seppure non allo stesso modo ovunque, i vantaggi del lavoro ibrido non solo per i dipendenti, ma anche per le aziende. Le modalità di lavoro a distanza e ibrido rappresentano oggi una importante leva attrarre e fidelizzare le risorse. Il rapporto, inoltre, evidenzia come queste modalità di lavoro offrano anche una maggiore agilità e produttività e una migliore diversità, equità e inclusione (si pensi per esempio ai problemi di spostamento per i soggetti diversamente abili);

8- La cultura organizzativa è uno stimolo per i talenti, secondo gli HR sarà una priorità per il futuro. Come la si promuove? Affermando valori aziendali solidi, dando importanza al benessere personale e all’orientamento alle prestazioni. Il calo dei livelli di coinvolgimento dei dipendenti, rilevato in maniera macroscopica dalla Great Resignation, evidenzia la necessità di risvegliare il senso di inclusione e appartenenza;

9- Calano gli investimenti in diversità, equità e inclusione. In contrasto con la maggiore sensibilità di questi tempi, si evidenzia un calo degli investimenti nei programmi di DEI e un approccio più cauto tra le aziende. Alla base ci sono: insufficienza delle competenze interne, instabilità economica e insufficienza di risorse. Si conferma però il legame tra diversità, innovazione e successo finanziario, a sottolineare l’importanza di queste iniziative anche per migliorare le prestazioni aziendali;

10- Per migliorare la produttività, si parte dal potenziale delle persone. Si affermano strategie di mobilità interna dei talenti, semplificazioni nella mappatura delle possibilità di carriera e strumenti per individuare l’alto potenziale. Seguendo un trend già presente da qualche anno, nei colloqui si analizzano sempre di più potenziale di crescita, pensiero critico, intelligenza emotiva e motivazione. Gli HR utilizzano nuove tecnologie per creare programmi di formazione personalizzati e costruire una cultura basata sull’apprendimento e lo sviluppo. Anche qui, l’Ai gioca un ruolo fondamentale.

In molti di questi punti emerge come l’Ai, se usata correttamente, aiuti e supporti l’essere umano, senza rimpiazzarlo. Come scrive Randstad presentando la ricerca: “Combinare intelligenza umana e artificiale, in tutto il ciclo di vita dei talenti, è la chiave per affrontare la scarsità di profili e migliorare l’efficienza operativa delle organizzazioni”. Dall’intelligenza artificiale che ci ruba il lavoro, all’Intelligenza artificiale che ci dà il lavoro.

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Sostenibilità

Fondi ESG, raccolta in aumento in Europa

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10,9 miliardi di dollari nel primo trimestre 2024

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Se il 2023 si era chiuso piuttosto male con valori negativi, il primo trimestre del 2024 segna per i Fondi ESG un aumento nella raccolta. Se infatti, negli ultimi tre mesi dell'anno passato i fondi sostenibili avevano registrato deflussi pari a 88 milioni di dollari, l'anno in corso si è aperto in controtendenza con afflussi netti a livello globale pari a 900 milioni di dollari. Da sottolineare, però, che se da una parte si registra un forte aumento della raccolta in Europa, pari a 10,9 miliardi di dollari, circa il doppio rispetto all'ultimo trimestre 2023, dall'altra parte i flussi sono stati decisamente negativi negli USA con -8,8 miliardi di dollari. Flussi negativi anche in Giappone con -1,7 miliardi di dollari, mentre risultano in leggero aumento in Asia e Canada ambedue con +0,2 miliardi e invariati in Australia/Nuova Zelanda. Dunque, l'Europa attualmente è leader nella raccolta dei fondi ESG rappresentando circa l'84% degli asset in fondi sostenibili globali, mentre gli USA rappresentano solo l'11%. Sono questi i dati registrati da Morningstar nel rapporto Global Sustainable Fund Flows: Q1 2024.

Patrimonio ESG e situazione europea

Nonostante l'aumento dei flussi complessivi di fondi ESG, il lancio di fondi globali è in continuo calo con solo 97 nuovi fondi sostenibili introdotti a livello globale, contro i 176 del quarto trimestre 2023. Leader nel settore degli investimenti sostenibili è BlackRock, società di investimento con sede a New York, che vanta 368 miliardi di dollari di asset, compresi gli ETF. Alle spalle del colosso americano, si trovano Amundi, il più grande gestore europeo, con 177,2 miliardi di dollari di asset e UBS con 171,2 miliardi di dollari.

Il patrimonio complessivo dei fondi ESG in Europa è pari a 2,5 trilioni di dollari, che come detto costituisce l'84% degli asset in fondi sotenibili globali, ma la crescita percentuale è stata minima, +1,6%. Nonostante i nuovi afflussi pari a 22 miliardi di dollari, i fondi ESG non hanno retto il confronto con i fondi tradizionali, che hanno attirato 45 miliardi di dollari di investimenti. Un dato che fa riflettere, visto che nelle analisi trimestrali dell'andamento dei fondi, è solo la terza volta dal 2021 che i fondi sostenibili hanno registrati flussi peggiori rispetto ai fondi convenzionali. In fatto di differenti classi di asset, il comparto delle azioni ha registato uno stop con deflussi tra i fondi azionari ESG per complessivi 1,3 miliardi di dollari. Parallelamente, sono cresciuti i fondi azionari convenzionali che hanno attirato 12 miliardi di dollari di nuovi investimenti nel primo trimestre del 2024. Sul mercato dei bond, si segnala un incremento considerevole per i fondi obbligazionari sostenibili, +244% rispetto al trimestre precedente per complessivi 19,6 miliardi di dollari. In definitiva, Morningstar sottolinea come, nonostante il rialzo dei primi tre mesi dell'anno, i modesti afflussi complessivi siano un segnale del debole appeal attuale dei fondi ESG per gli investitori. Tra le cause del momento delicato dei fondi ESG, il difficile quadro macroeconomico contrassegnato da tassi d'interesse elevati, inflazione e rischio recessione per diversi Paesi del mondo.

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Sostenibilità

Dl Agricoltura, stop all’agrivoltaico se non permette...

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Dopo un lungo confronto, il compromesso: pannelli solari nei campi agricoli solo se sollevati da terra

Agrivoltaico pannelli solari nei campi - Canva

La decisione sull’agrivoltaico è arrivata: non si potranno installare nuovi impianti fotovoltaici a terra sui terreni agricoli tranne “i pannelli che permettono di coltivare al di sotto”. Lo ha ribadito il ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida nella conferenza stampa sul decreto agricoltura.

Restano esclusi dalle nuove regole sui pannelli fotovoltaici agricoli:

- i progetti già presentati;

- le comunità energetiche finanziate con i soldi del Pnrr;

- i progetti che saranno realizzati in aree in concessione a Ferrovie dello Stato e ai concessionari aeroportuali;

- aree di rispetto della fascia autostradale;

- aree sulle quali già insistono impianti per rifacimento, modifica, revisione purché non comporti un incremento della superficie già utilizzata.

Inoltre, il ministro Fratin ha precisato che il decreto concordato in CdM concede di installare i pannelli in terreni agricoli “compromessi, come quelli a 300 metri dalle autostrade o fra autostrade e ferrovie”.

Per tutti gli altri casi sì ai pannelli solari sui terreni coltivati, ma solo se sollevati da terra, in modo da permettere l'attività agricola sotto. Chiaramente, gli impianti potranno essere realizzati senza particolari vincoli, invece, in cave e vicino ad autostrade. L’accordo si inserisce nell’ambito del decreto legge che introduce disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale.

Per il ministro Lollobrigida l’obiettivo è quello di non sottrarre all’agricoltura terreni di pregio, punto di riferimento della produzione Made in Italy. L’accordo è arrivato dopo un lungo confronto con il dicastero dell’Ambiente presieduto da Gilberto Pichetto Frattin.

Inizialmente, la bozza del provvedimento prevedeva di fatto un divieto totale per l’agrivoltaico, cioè il fotovoltaico sui terreni agricoli, a prescindere dal fatto che lasciasse o meno spazio per la coltivazione al di sotto dei moduli. “Le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici sono aree non idonee all’installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra”, ha spiegato il ministro Lollobrigida che ha da sempre condiviso la richiesta fatta da Coldiretti.

Il contrasto agricoltura-energia green

Se per una parte la priorità è tutelare la produzione agricola italiana, per un’altra è fondamentale aumentare l’energia sostenibile del Paese. D’altronde, i dati dicono che di questo passo non si raggiungeranno gli obiettivi green 2030.

L’energia solare e l’agrivoltaico sono considerati strategici dal Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica per aumentare la diffusione delle fonti rinnovabili in Italia. Non a caso, quando la bozza ha cominciato a girare la scorsa settimana, il Ministero guidato da Gilberto Pichetto ha fatto subito sapere che il divieto dell’agrivoltaico “non era condiviso”.

E non potrebbe essere altrimenti dopo che a febbraio il Mase ha varato un decreto da 30 milioni all’anno per vent’anni da dedicare a questo settore. L’obiettivo è arrivare a oltre 1 Gigawatt di potenza installata già nel 2026. Dalla fine della scorsa settimana, è partita una trattativa fra i due ministeri per arrivare a un compromesso, raggiunto in CdM.

Giorgia Meloni esprime soddisfazione per l’accordo trovato nel decreto agricoltura: “Stop al fotovoltaico senza regole e più energia pulita senza consumare suolo agricolo, più aiuti alle imprese in difficoltà con la moratoria sui mutui e il sostegno alle filiere, 130 milioni di euro di credito d'imposta per chi investe nel Mezzogiorno e sgravi contributivi e fiscali per i lavoratori agricoli nelle zone alluvionate, controlli più rigidi e norme più efficaci contro la concorrenza sleale, misure per contrastare la siccità e le emergenze sanitarie e climatiche”, scrive il presidente del Consiglio sui social.

Freno alla transizione energetica?

Per nulla soddisfatti, invece, i componenti dell’Alleanza per il Fotovoltaico, che rappresenta le imprese italiane del settore, che ha definito l’accordo come una mossa che rallenterà la transizione energetica.

Seppure su aspetti diversi, la protesta degli agricoltori aveva già evidenziato la distanza tra la categoria e le norme green, che spesso richiedono un cambiamento dello status quo. Tra i bersagli principali della protesta vi era il cibo sintetico, suggerito dall’Ue per la decarbonizzazione della produzione alimentare. I dati sulle emissioni di gas serra suggeriscono un cambio di rotta soprattutto nella produzione di carne, cacao e anche in quella della bevanda più amata dagli italiani, dato che presto saremo “costretti” a bere caffè sintetico.

Sull’energia solare, però, l’Alleanza ritiene che la spaccatura tra lo sviluppo del fotovoltaico e gli interessi agricoli sia solo politica e non concreta.

Il fotovoltaico in Italia

Nel corso del 2023, in Italia le rinnovabili sono cresciute come mai nell’ultimo decennio arrivando a coprire il 43,8% della domanda di energia, ben oltre le medie della Ue, anche se al di sotto delle altre potenze europee. La crescita si è registrata anche nei primi mesi del 2024.

La cattiva notizia è che anche se continuasse con questo ritmo, il Belpaese non riuscirebbe comunque a raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione che l’Unione europea ha fissato per il 2030 e che il governo italiano ha confermato alla Cop 28 di Dubai e di recente al G7 dell’Energia che si è tenuto a Torino.

Inoltre, non sarà facile tenerlo questo ritmo soprattutto per quanto riguarda l’energia eolica e il fotovoltaico. L’obiettivo fissato da Bruxelles è ottenere il 70% di elettricità da fonti rinnovabili entro il 2030. Per raggiungerlo, la produzione eolica e solare italiana dovrà crescere del 17% all’anno, rispetto al 13% circa del 2023. E qui arrivano le criticità.

In particolare, per l’energia solare va tenuto che conto che le nuove installazioni sono per il 90% piccoli impianti fotovoltaici destinati all’autoconsumo, mentre per raggiungere i grandi numeri, occorrono distese di pannelli solari grandi almeno come 2-3 campi di calcio. Scenari ancora rari in Italia, seppure le distese e il sole non manchino.

Discorso analogo per l’energia eolica, anche se i siti più ventosi sulle creste dell’Appennino sono già stati occupati e per aumentare la produzione serviranno operazioni di “repowering”. In pratica, più che fare nuovi impianti bisognerà rinforzare quelli esistenti con impianti più alti, pale più grandi e rotori più efficienti.

Bisogna poi considerare che la percentuale di energia green raggiunta nel 2023 rispetto al fabbisogno è stata spinta dal drastico calo della domanda e della produzione di energia, stimata sotto i 260 Gw, ai minimi dal 1999. Inoltre, nel Piano per il Clima il governo ha previsto un obiettivo di appena 2 Gigawatt per il 2030, ben distante dalla Germania che punta a 30 Gw, dal Regno Unito (obiettivo 50 Gw) e dalla Cina addirittura (obiettivo 60 Gw) che pure sono molto più avanti dell’Italia nella produzione di energia green (qui per approfondire).

Le agevolazioni all’agrivoltaico

Non mancano le agevolazioni all’agrivoltaico: un impianto standard fino 1Mw di potenza è oggetto di agevolazione del 40% a fondo perduto e di un incentivo sull’energia prodotta fino a 10 centesimi per chilowattora. Insomma, bastano due ettari di terreno per realizzarlo e il guadagno è molto interessante, garantendo un rientro dell’investimento in meno di 6 anni e creando ricavi fino a 5 milioni di euro in vent’anni.

Ci sono poi soluzioni private come quella offerta da GIFT Solutions che investe insieme all’imprenditore agricolo sostenendo metà delle spese, una formula destinata a incontrare sempre più il favore delle aziende che devono investire, perché sostanzialmente dimezza costi e rischi riconoscendo all’imprenditore agricolo una somma pari a quella della propria quota di incentivo. In questo modo l’agricoltore ottiene sia la sua quota di contributo del 40% sia la quota del 40% riconosciuta da GIFT Solutions, arrivando così all’80% di contributo.

Insomma, le soluzioni non mancano e vanno incentivate perché che la transizione energetica non può rallentare.

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