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Cronaca

Carceri, dal 2023 a oggi 100 suicidi. 22 bambini dietro...

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Carceri, dal 2023 a oggi 100 suicidi. 22 bambini dietro sbarre con madri

Secondo il rapporto di Antigone oltre 61.000 i detenuti a fine marzo, in alcuni istituti tassi affollamento al 200% e celle con meno di 3 mq a persona

Un carcere - (Fotogramma)

"Continua l’emergenza suicidi in carcere: il 2024 rischia di superare il tragico record del 2022". E' quanto evidenzia l'associazione Antigone, che oggi presenta il nuovo rapporto sulle condizioni di detenzione, dal titolo 'Nodo alla gola'. Dopo il 2022, l’anno da record con 85 suicidi accertati, il 2023 e il 2024 continuano a registrare "numeri impressionanti". Nel 2023 sono state almeno 70 le persone che si sono tolte la vita all’interno di un Istituto di pena. Tra inizio gennaio e metà aprile di quest'anno, sono stati 30 i suicidi accertati. Uno ogni 3 giorni e mezzo. Sono quindi cento casi tra il 2023 e il 2024. E la maggior parte (88) sono avvenuti tramite impiccamento. Seguono i casi di asfissia da gas (5) e le morti avvenute come esito di scioperi della fame (3).

"Nel 2022 - l’anno record - a metà aprile se ne contavano 20. Se il ritmo dovesse continuare in questo modo - rileva Antigone - a fine anno rischieremmo di arrivare a livelli ancor più drammatici rispetto a quelli dell'ultimo biennio".

"Oltre al numero in termini assoluti, un importante indicatore dell’ampiezza del fenomeno - spiega Antigone - è il cosiddetto tasso di suicidi, ossia la relazione tra il numero dei decessi e la media delle persone detenute nel corso dell’anno. Nel 2023 con 70 suicidi tale tasso è pari a 12 casi ogni 10.000 persone, registrando - dopo il 2022 - il valore più alto dell’ultimo ventennio. Benché si debba attendere la fine dell’anno per scoprire il tasso del 2024, considerato il numero di suicidi già avvenuti, il valore sembrerebbe destinato a crescere rispetto a quello del 2023". Antigone inoltre snocciola dati a riprova che in carcere "ci si leva la vita ben 18 volte in più rispetto alla società esterna".

Fermo restando che "ogni caso di suicidio ha una storia a sé", nell'insieme dalle biografie di queste persone "emergono in molti casi situazioni di grande marginalità. Molte le persone giovani e giovanissime, molte le persone di origine straniera. Molte anche le situazioni di presunte o accertate patologie psichiatriche. Alcune provenivano da passati di tossicodipendenza, altre erano persone senza fissa dimora", spiega Antigone.

Identikit delle persone che si sono suicidate

Delle 100 persone che si sono tolte la vita in carcere, 5 erano donne. L’età media delle persone che si sono tolte la vita è di 40 anni. La fascia più rappresentata è quella tra i 30 e i 39 anni, con 33 casi di suicidi. Ma vi è anche la fascia dei più giovani, con 17 suicidi commessi da ragazzi con età comprese tra i 20 e i 29 anni. Le persone di origine straniera erano 42.

Dai dati a disposizione, sembrerebbe, "che almeno 22 delle 100 persone decedute soffrissero di patologie psichiatriche. Almeno 12 pare avessero già provato a togliersi la vita in altre occasioni. Emergono almeno 7 persone con un passato di tossicodipendenza. Erano invece almeno 6 le persone senza fissa dimora". Gli Istituti dove sono avvenuti il maggior numero di suicidi tra il 2023 e il 2024 sono le Case Circondariali di Roma Regina Coeli, di Terni, di Torino e di Verona. In ognuno dei quattro Istituti si sono verificati 5 casi di suicidio. In tutti questi istituti si registra "una situazione più o meno grave di sovraffollamento: a Regina Coeli del 182%, a Verona del 173%. Ma "il sovraffollamento non è solo mancanza di spazi, ma anche di risorse. In alcuni istituti si registra una significativa carenza di personale, come ad esempio a Verona dove vi è un funzionario giuridico pedagogico ogni 193 persone detenute. Vi sono poi realtà dove i servizi di salute mentale sono praticamente inesistenti, come ad esempio a Santa Maria Capua Vetere".

Oltre 61.000 detenuti a fine marzo, in alcuni istituti tassi affollamento al 200%

Al 31 marzo 2024 erano 61.049 le persone detenute, a fronte di una capienza ufficiale di 51.178 posti. Il tasso di affollamento ufficiale raggiunge a livello nazionale il 119,3%. "Nell’ultimo anno la crescita delle presenze è stata in media di 331 unità al mese, un tasso di crescita allarmante, che se dovesse venire confermato anche nel 2024 ci porterebbe oltre le 65.000 presenze entro la fine dell’anno", spiega Antigone.

I tassi di affollamento più alti a livello regionale si continuano a registrare in Puglia (152,1%), in Lombardia (143,9%) e in Veneto (134,4%). Considerando i reparti provvisoriamente chiusi il tasso di affollamento medio nazionale sale al 125,6%, in Puglia al 160,1%, in Lombardia al 151,4% e in Veneto al 141,5%. A fine marzo i singoli istituti più affollati erano Brescia Canton Monbello (209,3%), Lodi (200%), Foggia (195,6%), Taranto (184,8%), Roma Regina Coeli (181,8%), Varese (179,2%), Udine (179%).

Secondo l'analisi di Antigone, "i tassi di criminalità non giustificano l’affollamento carcerario". Dal 1 gennaio al 31 luglio 2023 sono stati commessi in Italia 1.228.454 delitti, il 5,5% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, "una proiezione di questi dati sull’intero anno ci consente di osservare che la decrescita del crimine è ripresa". In realtà, le cause del sovraffollamento possono riassumersi in "una maggiore lunghezza delle pene comminate, minore predisposizione dei magistrati di sorveglianza a concedere misure alternative alla detenzione o liberazione anticipata, introduzione nuove norme penali e pratiche di Polizia che portano a un aumento degli ingressi".

E a proposito di misure alternative, Antigone ricorda che "un detenuto in misura alternativa alla detenzione costa in media 50 euro al giorno. Un detenuto in carcere costa invece circa 150 euro al giorno. Un detenuto che ha fruito di misure alternative ha un tasso di recidiva 3 volte inferiore a chi ha scontato per intero la pena dentro. Se mandassimo in misura alternativa 12 mila persone risparmieremmo 438 milioni di euro l’anno. O comunque si potrebbe utilizzare per la prevenzione".

22 i bambini dietro le sbarre con le loro madri

Complessivamente, tra Icam e sezioni nido di carceri ordinarie, 19 donne vivono attualmente in carcere con i loro 22 bambini. Erano 20 con 20 bambini al 31 dicembre 2023, quando le detenute incinte erano 12. Tra queste, la ventiseienne che all’inizio dello scorso marzo ha perso il proprio bambino nel carcere di Sollicciano a Firenze a causa di complicazioni della gravidanza.

Era già accaduto nel luglio 2022 che una donna perdesse il bimbo dopo essersi sentita male nell’istituto milanese di San Vittore, così come nel marzo 2019 a Pozzuoli. A Rebibbia a Roma, invece, nell’agosto 2021 una donna ha partorito all’improvviso nella propria cella con il solo aiuto della compagna di stanza. "Nonostante tutto ciò - sottolinea Antigone -, il disegno di legge governativo recante 'Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario' (C. 1660) in discussione in Parlamento prevede l’abolizione del rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena per le donne incinte".

Oltre 500 minori in Ipm, effetto del dl Caivano'

"Cresce pericolosamente il numero dei detenuti negli Istituti Penali per Minorenni d’Italia. E' l'effetto del dl Caivano". Alla fine del febbraio 2024 erano 532 i giovani reclusi nei 17 Ipm. Solo due mesi prima, alla fine del 2023, si attestava sulle 496 unità. Alla fine del 2022 le carceri minorili italiane ospitavano 381 ragazzi. L’aumento, in un anno, è stato superiore al 30%. Negli ultimi dieci anni non si era mai raggiunto il numero di ingressi in Ipm registrato nel 2023, pari a 1.143.

Psicofarmaci strumento principale per 'gestire' salute mentale'

Il 12% delle persone detenute, quasi 6.000 persone, ha una diagnosi psichiatrica grave. La presenza di un diffuso disagio psichico in carcere rimane una delle problematiche più spesso segnalata all’Osservatorio di Antigone. L’uso massiccio di psicofarmaci - si legge nel rapporto Antigone - è lo strumento principale con cui viene 'gestita' la salute mentale: il 20% persone detenute (oltre 15 mila) fanno regolarmente uso di stabilizzanti dell’umore, antipsicotici e antidepressivi, cioè di quella tipologia di psicofarmaci che possono avere importanti effetti collaterali; il 40% (30 mila persone) fa uso di sedativi o ipnotici.

Nel 2023, Antigone ha registrato 122 Trattamenti Sanitari Obbligatori (Tso) effettuati in carcere: "una pratica illegale se svolta all’interno delle sezioni detentive senza ricoverare la persona in un ospedale (Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura - Spdc), come richiesto dalla legge".

Nelle 31 Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (Rems), a fine dicembre scorso erano ricoverati 577 pazienti incapaci o semi incapaci di intendere e volere, numero di poco inferiore alla capienza massima dei posti in Rems che si aggira intorno ai 600. Un ospite su 5, ovvero 157 persone prima di entrare in Rems ha trascorso un periodo in carcere: "si tratta di 'percorsi' poco in linea con il dettato normativo e potenzialmente dannosi per la salute della persona. Piuttosto problematico rimane il numero di persone ricoverate in Rems che stanno scontando una misura di sicurezza 'provvisoria': sono il 44%, cioè 244 persone".

In 28 istituti visitati celle con meno di 3 mq a persona

Nel corso del 2023 l’Osservatorio di Antigone ha visitato 99 istituti penitenziari. L’istituto più grande visitato, che ospitava in quel momento 2.022 persone detenute, è stato Poggioreale a Napoli. Il più piccolo l’Istituto a Custodia Attenuata per Madri (Icam) di Lauro, che ospitava 7 mamme con 7 bambini. La maggior parte degli istituti visitati, 51 su 99, si trova fuori dal contesto urbano, e sono di più recente costruzione, ma 21 sono stati costruiti prima del 1900.

In 28 istituti sui 99 visitati c’erano celle in cui non erano garantiti 3 mq calpestabili per ogni persona, in 9 c’erano celle senza riscaldamento e in 47 celle senza acqua calda. In 48 c'erano celle senza doccia e in 6 (Fermo, Lucera, Pordenone, Rimini, Trani e Trieste) c’erano celle in cui il wc non era in un ambiente separato, bensì in un angolo della cella. In 86 istituti su 99 non era assicurata la separazione dei giovani adulti dagli adulti. In 6 istituti, inoltre, non c’erano spazi esclusivamente dedicati alla scuola e in ben 30 non c’erano spazi per le lavorazioni. Praticamente in tutti gli istituti era presente una biblioteca, ma solo in 54 era utilizzabile anche come sala di lettura. In 29 istituti non c’era un’area verde per colloqui nei mesi estivi.

Nel 2022, ultimo anno per il quale il dato è disponibile, sono arrivate agli uffici di sorveglianza italiani 7.643 reclami ex art. 35 ter, per condizioni di detenzione in violazione dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu), ossia per mancanza di spazio vitale (3 mq calpestabili a persona). Ne sono state decise 7.859 (che comprendono anche reclami presentati negli anni precedenti) e di queste 4.514, il 57,4%, sono state accolte.

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Caso Yara, difesa di Bossetti visiona i reperti:...

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In uno scatolone con gli effetti personali della ragazza anche 54 provette con le tracce genetiche precedentemente conservate in frigo a 80 gradi sotto zero

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Due ore e quarantacinque minuti. Tanto è durata l'udienza in cui, per la prima volta a quasi 14 anni dall'omicidio di Yara Gambirasio, la difesa di Massimo Bossetti ha potuto visionare (ma non fotografare) i reperti che hanno portato alla condanna in via definitiva all'ergastolo dell'imputato. Nel pomeriggio, davanti ai giudici della corte d'Assise di Bergamo, in un'udienza a porte chiuse a cui Bossetti ha partecipato in video collegamento dal carcere a Bollate, gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, insieme ai consulenti che hanno lavorato al caso, hanno potuto guardare quanto rimasto sigillato a lungo in uno scatolone.

Tra i reperti, ancora ben conservati, gli slip su cui è stata trovata la traccia genetica mista, della vittima e dell'allora Ignoto 1, considerata la prova regina contro Bossetti; la felpa che Yara indossava il 26 novembre 2010, giorno della scomparsa; il giubbotto che aveva nel campo di Chignolo d'Isola dove è stata trovata senza vita tre mesi dopo. E anche le 54 provette di Dna - trasferite da un frigorifero dell'ospedale San Raffaele di Milano all'Ufficio corpo di reati del tribunale di Bergamo - che hanno acceso un aspro scontro tra difesa e accusa.

"Finalmente dopo 5 anni dall'autorizzazione abbiamo avuto la possibilità di vedere i reperti, ma lascia davvero tanto amaro in bocca vedere le 54 provette di Dna, più altri 23 campioni diluiti, in una scatola, senza la giusta conservazione (prima del trasferimento era conservati in un frigo a una temperatura di 80 gradi sotto zero). In quella scatola c'è tutto il processo, c'è la vita di un uomo e l'hanno distrutta" spiega Salvagni, interpellato dall'Adnkronos. L'udienza di oggi è, per ora, l'ultima mossa difensiva prima di altre iniziative per provare a chiedere la revisione del processo.

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