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Salute e Benessere

Cancro, l’effetto del ‘digiuno’ sulle...

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Cancro, l’effetto del ‘digiuno’ sulle terapie: il primo studio è italiano

Per la prima volta la valutazione della 'restrizione calorica' sulle terapie contro il tumore

Un laboratorio

Il potere terapeutico del digiuno contro il cancro. Parte in Italia "il primo studio al mondo" che valuterà gli effetti della restrizione calorica - confrontata con un'alimentazione sana e bilanciata, ma non restrittiva - sulle pazienti candidate a ricevere un trattamento chemio-immunoterapico pre-chirurgico contro il tumore al seno triplo negativo.

Il più cattivo dei carcinomi mammari, che colpisce il 10-15% delle malate di cancro al seno. Il trial permetterà di chiarire non solo l'impatto della restrizione calorica sul tumore, rispetto a uno schema dietetico differente, ma consentirà anche di analizzare come il 'simil-digiuno' influenza gli esiti delle cure farmacologiche. Lo studio, coordinato dall'Istituto nazionale tumori (Int) di Milano, durerà 2 anni; si chiama Breakfast-2 e arruolerà circa 150 donne dai 18 ai 75 anni. Dodici i centri coinvolti nella Penisola. Fra le peculiarità del progetto c'è anche l'utilizzo di una web-app che manterrà pazienti e medici in contatto diretto via chat.

"L'avvio di questo studio rappresenta un momento storico importante per il nostro team di ricerca - afferma Filippo de Braud, direttore del Dipartimento di Oncologia ed Ematologia dell'Int, professore ordinario all'università Statale di Milano - Lo schema nutrizionale di restrizione calorica è sempre il medesimo dal 2016 e in questi 8 anni è stato l'oggetto di studi che hanno coinvolto in totale più di 250 pazienti, prevalentemente con tumore al seno. Abbiamo dimostrato che con questo approccio è possibile ottenere una rimodulazione favorevole non solo del metabolismo, ma anche del sistema immunitario, 'potenziando' le cellule immunitarie con attività antitumorale. Ora siamo in una fase successiva della sperimentazione, in cui stiamo valutando l'impatto di questo programma nutrizionale sull'attività antitumorale dei trattamenti farmacologici". Nel caso specifico, di un trattamento a base di 4 chemioterapici e un immunoterapico, somministrato prima dell'intervento chirurgico a pazienti con cancro al seno triplo negativo in stadio precoce (II-III).

"Lo studio Breakfast-2 rappresenta una sfida interessante perché, per la prima volta - evidenzia Giovanni Apolone, direttore scientifico della Fondazione Irccs Int - l'approccio nutrizionale viene valutato in uno studio che prevede un braccio di controllo, come comunemente effettuato negli studi. E' fondamentale sottolineare anche la presenza della web-app, che recepisce il concetto dei patient-reported outcomes, essenziali per il nostro istituto, che ha da sempre nella sua missione il benessere del paziente".

Come funziona il digiuno contro il cancro

Lo schema di restrizione calorica ciclica - ricordano dall'Int - prevede 5 giorni di regime alimentare a base di cibi e grassi di origine vegetale e un basso contenuto di carboidrati e proteine, che viene ripetuto ogni 3 settimane. Nel braccio di controllo del nuovo trial, l'alimentazione raccomandata è basata invece sull'utilizzo di un'ampia varietà di cereali non raffinati, prevalentemente vegetariana, come da indicazioni delle principali società scientifiche internazionali (Word Cancer Research Fund; European Code Againist Cancer; America Cancer Society). Tutte le pazienti di Breakfast-2 seguiranno la chemio-immunoterapia pre-chirurgica.

"E' la prima volta che combiniamo uno schema terapeutico così complesso con un programma nutrizionale che prevede la restrizione calorica - dice Claudio Vernieri, medico oncologo presso la Breast Unit del Dipartimento di Oncologia ed Ematologia dell'Int, ricercatore di UniMi e Istituto Firc di oncologia molecolare (Ifom) - Lo scopo è di valutare se l'approccio di restrizione calorica è sicuro, ben tollerato e, soprattutto, se è in grado di aumentare l'attività antitumorale della chemioimmunoterapia. Alle donne arruolate nel braccio di controllo verrà proposto un programma nutrizionale che è il miglior comportamento alimentare ad oggi noto. Queste pazienti - precisa - verranno monitorate dal punto di vita oncologico e nutrizionale con la stessa frequenza e modalità delle pazienti arruolate nel braccio sperimentale. Dunque anche queste pazienti trarranno beneficio dall'adesione allo studio".

Tutte le pazienti reclutate nello studio Breakfast-2 verranno seguite anche tramite una web-app realizzata dai ricercatori dell'Int in collaborazione con Eurama Precision Oncology. "La web-app è stata disegnata sulla base dell'esperienza maturata con le donne coinvolte nei nostri precedenti studi - illustra Francesca Ligorio, oncologo medico presso la Breast Unit del Dipartimento di Oncologia ed Ematologia dell'Int e ricercatrice Ifom - Alla app possono avere accesso anche i diversi team dei centri coinvolti, ma è l'Int a prestare l'assistenza alle pazienti in caso di necessità o dubbi", con i suoi oncologi e nutrizionisti. "Il vantaggio è che ci permette di avere in tempo reale un'idea globale sull'andamento dello studio, sull'aderenza delle pazienti al trattamento, sugli eventuali effetti collaterali e sullo stato di salute di ogni persona coinvolta, senza passaggi intermedi".

Gli obiettivi dello studio

Tra gli obiettivi dello studio c'è anche la ricerca di biomarcatori molecolari. "Valutiamo l'evoluzione dei profili genomici e di espressione genica a livello del tessuto tumorale, e l'associazione tra questi e la risposta del tumore ai trattamenti sperimentali - conclude Giancarlo Pruneri, direttore del Dipartimento di Diagnostica avanzata dell'Int e presidente di Eurama Precision Oncology - Le eventuali caratteristiche biologiche che emergeranno ci consentiranno di identificare possibili biomarcatori di sensibilità o resistenza ai trattamenti proposti e, dunque, anche di ipotizzare meccanismi di resistenza del tumore da studiare nei nostri laboratori per migliorare l'efficacia di questo approccio terapeutico".

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Aviaria: in Usa positivo 1 campione di latte su 5,...

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Presentazione nuova linea produttiva nella Centrale del Latte con Il Ministro Maurizio Martina,Brescia 09 Giugno 2015 ph. andrea campanelli fotogramma/brescia (andrea campanelli, BRESCIA - 2015-06-09) p.s. la foto e' utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e' stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate - FOTOGRAMMA

"La settimana scorsa la Food and Drug Administration ha pubblicato alcuni risultati allarmanti sulla diffusione dell'epidemia di influenza aviaria H5N1 tra le mucche da latte. Si è scoperto che 1 campione su 5 di latte prelevato dai negozi conteneva frammenti virali dell'influenza. Ma non c'è motivo di smettere di consumare il latte pastorizzato, perché questo processo uccide i batteri e i virus. Questo vuol dire che anche il formaggio e lo yogurt a base di latte pastorizzato sono sicuri. Naturalmente, solo perché il latte rimane sicuro da bere non significa che l'influenza aviaria non sia una potenziale minaccia per la salute umana". A fare il punto, rispondendo anche ad alcune domande dei lettori proprio sul consumo del latte e il rischio di contaminazioni da H5N1, è Leana S. Wen, professoressa del Milken Institute School of Public Health della George Washington University.

E' la stessa esperta a ribadire che, rispetto al latte, "non modificherò il mio consumo e non consiglio nemmeno ad altri di farlo". Sul tema del latte artificiale, invece, chiarisce che "la Fda ha testato diversi campioni di prodotti venduti al dettaglio e non ha trovato frammenti del virus dell'influenza aviaria".

Sulla pericolosità del virus e il rischio di un salto finale nell'uomo, Wen ricorda che "la diffusione dell'H5N1 dagli uccelli ai mammiferi è stata documentata da tempo", anche se "non avevamo mai osservato in precedenza un'epidemia di questa portata tra i mammiferi". I funzionari sanitari "non sanno come le mucche si trasmettono reciprocamente il virus e se potrebbe esserci una trasmissione asintomatica. E si teme - prosegue la docente - che alcune aziende agricole potrebbero non collaborare con le linee guida federali per testare e isolare i capi contagiati". In conclusione, secondo Wen "dovremmo tenere presente che non si sono ancora verificati casi di trasmissione da uomo a uomo durante questa epidemia di influenza aviaria. E rimango fiduciosa sul fatto che, nel caso in cui l'influenza aviaria diventasse la prossima pandemia, le autorità federali abbiano un piano per la produzione e la distribuzione di cure e vaccini".

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Mappa del Long Covid nei bimbi, da irritabilità a fobie e...

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Foto di repertorio - Fotogramma

Da strascichi respiratori a problemi di sonno e di appetito. Ma anche ripercussioni psicologiche che vanno dalla semplice irritabilità a nuove fobie, fino ad arrivare all'attacco di panico. Ogni età ha il suo Long Covid, almeno tra i bambini. Una ricerca presentata al Meeting Pas - Pediatric Academic Societies 2024, che si apre oggi a Toronto in Canada, 'mappa' i sintomi della sindrome post-virus nei neonati, nei bimbi, negli adolescenti e nei giovani adulti. Saperli permetterà ai medici di riconoscere il Long Covid e di gestirlo meglio, in modo mirato, auspicano gli autori del lavoro che si basa su interviste a 7.229 operatori sanitari e pazienti arruolati nello studio Recover-Pediatrics dei National Institutes of Health (Nih) americani, il 75% dei quali ha riferito di avere avuto un'infezione da Sars-CoV-2.

Lo studio ha caratterizzato i sintomi pediatrici del Long Covid e il modo in cui le manifestazioni della sindrome post-coronavirus cambiano in base all'età. Neonati e bimbi under 5, 6-11enni, 12-17enni e 18-25enni sono le fasce considerate dagli scienziati, che hanno confrontato i sintomi persistenti nei bambini e nei ragazzi con o senza una precedente infezione Covid, proprio per identificare i disturbi maggiormente associati al Long Covid.

Ed ecco i risultati. I piccoli da zero a 5 anni che avevano avuto il Covid, rispetto ai coetanei per i quali non era stata riferita l'infezione, avevano più probabilità di presentare "sintomi generali tra cui scarso appetito, disturbi del sonno, irritabilità e sintomi respiratori prolungati come naso chiuso e tosse", elencano i ricercatori. Passando alle fasce d'età superiori, bambini in età scolare dai 6 agli 11 anni, teenager 12-17enni e giovani adulti dai 18 ai 25 anni con una storia di Covid alle spalle presentavano "molti sintomi in comune tra cui poca energia; stanchezza dopo avere camminato; mal di testa, dolori al corpo, ai muscoli e alle articolazioni; vertigini o sensazione di svenimento; difficoltà di concentrazione o di focalizzazione; sintomi gastrointestinali come nausea e vomito". Altri disturbi, invece, variavano in base all'età: dopo l'infezione, i 6-11enni mostravano "fobie, paure di cose specifiche e rifiuto scolastico più prolungati" rispetto ai coetanei che non avevano avuto Covid-19; i 12-17enni riferivano più spesso "paura della folla o degli spazi chiusi e attacchi di panico", mentre tra i giovani adulti, rispetto a bambini e adolescenti, dopo il Covid erano più frequenti "cambiamenti dell'olfatto o del gusto, dolore toracico e palpitazioni".

"Questi risultati sottolineano l'importanza di caratterizzare il Long Covid nei bambini, mentre i ricercatori stanno ancora scoprendo gli effetti a lungo termine del Covid in questa fascia di età", afferma Rachel Gross, professore associato di pediatria e salute della popolazione alla New York University - Grossman School of Medicine, l'autrice che ha presentato lo studio al congresso.

"Questa ricerca è importante - aggiunge - perché i medici possono diagnosticare e trattare adeguatamente il Long Covid quando comprendono meglio come la sindrome colpisce i diversi gruppi di età".

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L’indagine, solo per 1 italiano su 2 lavare le mani è...

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L'indagine, solo per 1 italiano su 2 lavare le mani è importante dopo Covid

Dopo la pandemia di Covid cala l'attenzione degli italiani verso l'igiene delle mani. "Solo un italiano su due (54%) dichiara che lavarsi le mani è divenuto più importante con la pandemia e il 45% degli intervistati afferma di lavarle più frequentemente, contro il 55% dello scorso anno". E' il quadro che emerge da un'indagine su 800 persone sulla consapevolezza dell'importanza dell'igiene delle mani per gli italiani, svolta per il secondo anno consecutivo dall'Osservatorio Opinion Leader 4 Future nato dalla collaborazione tra Gruppo Credem e Alta Scuola in media comunicazione e spettacolo (Almed) dell'Università Cattolica. L'analisi condotta dai ricercatori della Cattolica e dell'istituto Bilendi, in collaborazione con gli specialisti della Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma, sarà presentata martedì 7 maggio alle 10 nel corso di un evento scientifico al Gemelli per la celebrazione della Giornata mondiale dell'igiene delle mani (5 maggio) promossa dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms).

Dall'indagine emergono ulteriori segnali della flessione del grado di attenzione su questi temi. In particolare, si legge, "il 22% degli intervistati dichiara di aver ridotto il lavaggio delle mani. Il sapone è utilizzato dal 97% degli intervistati, con una maggiore diffusione del sapone liquido (87%) rispetto alla classica saponetta (32%). L'utilizzo di gel e salviette risulta meno frequente: il 25% degli intervistati usa gel igienizzante e il 7% le salviette. Il 16% delle persone è a conoscenza dell'esistenza di una Giornata mondiale dedicata all'igiene mani, dato incoraggiante se confrontato con il 13% registrato lo scorso anno. Altrettanto positivo è il dato sulla consapevolezza legata all'igiene respiratoria (il 77% della popolazione è a conoscenza del fatto che la corretta etichetta per l'igiene respiratoria consiste nel tossire nella piega del gomito) e all'igiene del cellulare. Il 65% della popolazione lo identifica infatti come potenziale veicolo di germi, contro il 63% precedente. A fronte di queste evidenze, però, solo il 37% dichiara di disinfettare lo smartphone con prodotti specifici, di cui il 25% almeno una volta al giorno".

Permangono le differenze legate al genere e all'età. "Le donne si lavano le mani più spesso degli uomini - evidenzia l'indagine - con una media di 7,1 volte al giorno rispetto alle 6,3 degli uomini. Inoltre, gli over 65 tendono a lavarsi le mani meno frequentemente rispetto ai più giovani, con una media di 6,2 volte al giorno contro il 7,14 della fascia d'età compresa tra i 45 e i 64 anni".

'Segnale di stanchezza verso misure sostenibili di comprovata efficacia per la prevenzione'

"Il calo dell'attenzione verso l'igiene delle mani è un preoccupante segnale di 'stanchezza' verso misure sostenibili di comprovata efficacia per la prevenzione delle infezioni dovute a pericolosi microrganismi antibiotico-resistenti in grado di mettere a serio rischio la salute delle persone più fragili. Ma è proprio questo il valore delle misurazioni condotte con metodi rigorosi e riproducibili: continuare a misurare ci consente di cogliere tempestivamente segnali di calo dell'attenzione da presidiare con interventi mirati, continuativi, sostenibili e credibili perché tarati sui reali bisogni (di conoscenze, di refresh della motivazione e altro), da presidiare con azioni di miglioramento continuo che i dati evidenziano poiché diventano informazioni utili ad orientare decisioni di best practice", afferma Patrizia Laurenti, professoressa associata di Igiene generale e applicata all'Università Cattolica, campus di Roma, e direttrice Uoc Igiene ospedaliera Policlinico Gemelli.

"I dati rilevati dall'Osservatorio Opinion Leader 4 Future riferiscono una diminuzione preoccupante dell'attenzione delle italiane e degli italiani al tema dell'igiene delle mani. Tale diminuzione è strettamente connessa alla progressiva diminuzione dello spazio riservato al tema nell'agenda pubblica e mediale. La Giornata mondiale dell'igiene delle mani, indetta dall'Oms, rappresenta in questo senso un'opportunità preziosa per riportare sotto il cono di luce questo presidio tanto semplice quando decisivo per la tutela della salute personale e pubblica", spiega Mariagrazia Fanchi, direttrice Almed.

"La prevenzione è senza dubbio uno degli strumenti più importanti per poter mantenere uno stato di salute sano e favorire il benessere individuale e collettivo - dichiara Luigi Ianesi, responsabile Relazioni esterne di Credem - L'iniziativa dell'Osservatorio Opinion 4 Future rappresenta per Credem un'opportunità per creare consapevolezza, a partire dai nostri colleghi, su temi che hanno un elevato impatto sulla vita di tutti e a cui spesso non destiniamo una giusta considerazione. Siamo certi che attraverso la buona informazione si possano sensibilizzare le persone ad attuare e a stimolare negli altri il rispetto di quelle pratiche, anche semplici come l'igiene delle mani, in grado di salvare vite ed avere un impatto concreto sulla società".

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