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Sostenibilità

Sostenibilità, Cino (Centromarca): “Per brand è...

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Sostenibilità, Cino (Centromarca): “Per brand è elemento competitivo per fare innovazione”

"Oggi consumatori più attenti a sostenibilità e qualità che le grandi marche possono offrire"

Vittorio Cino

"La sostenibilità è prima di tutto un elemento di competitività. La marca e il brand sono sempre stati all'avanguardia dell'innovazione, in tutti i campi, incluso in quello della sostenibilità. La sostenibilità è un elemento competitivo perché i brand, per rimanere tali, devono avere nella sostenibilità uno degli strumenti principali per fare innovazione. E per porsi anche in termini di reputazione all'avanguardia del fenomeno, per esempio, del largo consumo in cui il Centromarca opera. Quindi innovazione, brand, sostenibilità sono tre elementi, tre parole che si uniscono, si devono unire in maniera molto forte perché hanno degli elementi in comune, ovvero il rapporto con i consumatori". Lo ha detto Vittorio Cino, direttore generale Centromarca, intervenendo all’appuntamento di Adnkronos Q&A ‘Le nuove strade della sostenibilità’ presso il Palazzo dell’Informazione.

Per Cino "i consumatori oggi cercano la sostenibilità nei prodotti ma anche l'innovazione e la qualità che le grandi marche possono offrire. Quindi unire marchi, qualità, innovazione e sostenibilità rappresenta un po' la formula del successo per tutti, per tutte le aziende ma soprattutto per le aziende di marca".

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Sostenibilità

Resiliente, verde e accessibile, ecco l’ospedale del futuro

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Al Forum Compraverde il decalogo di strategie in linea con l’Oms

Resiliente, verde e accessibile, ecco l’ospedale del futuro

Sostenibile, verde, accessibile, con un ruolo all’interno del territorio, con un’infrastruttura solida e flessibile, con un ambiente salubre e che soddisfi aspetti economici e sociali. È l’ospedale del futuro disegnato all’interno di un documento presentato al Forum Compraverde Buygreen, in corso a Roma in questi giorni, da Stefano Capolongo direttore del Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito del Politecnico di Milano. Si tratta di un documento tecnico, in linea con le raccomandazioni progettuali dell’Oms per i nuovi ospedali, strutturato come un contributo per guidare i progettisti e i pianificatori di infrastrutture sanitarie su come migliorare la sicurezza, il comfort e l'efficienza nei nuovi progetti ospedalieri in tutta la regione europea dell'Oms.

Le sfide globali dell'invecchiamento della popolazione, dell'inclusione, della digitalizzazione e del cambiamento climatico trovano sintesi nel progetto di architettura. Nel decalogo di strategie progettuali per ospedali resilienti vengono indicati due differenti punti di analisi: fuori e dentro l’ospedale. In primo luogo la scelta della posizione dell’ospedale, con una funzione differente se ubicato in centro città o nelle periferie (in quest’ultimo caso in grado di servire aree più vaste). L’attenzione poi si sposta sull’importanza delle aree verdi a beneficio di pazienti e personale medico e sul benessere dei lavoratori. Un design accessibile degli spazi invece può soddisfare i bisogni di tutte le fasce della popolazione, lavorando anche sull’estetica, sia all’interno che all’esterno dell’ospedale.

La sinergia tra i cosiddetti servizi territoriali (comunità o cure primarie a livello locale o regionale) e le organizzazioni ospedaliere (strutture per acuti) svolge un ruolo cruciale nella promozione della salute. L'intera rete deve essere ripensata in base al panorama attuale, adattandola agli sviluppi della sanità digitale e alle esigenze di dematerializzazione. Una rete sanitaria di successo incoraggia la popolazione ad accedere alle cure di cui ha bisogno. La creazione di una rete di assistenza sanitaria può ridurre la necessità di trasferimento dei pazienti da una regione all'altra. Gli spazi progettati per il benessere psicofisico influenzano positivamente le prestazioni del personale medico: il massimo beneficio si ottiene lavorando in ambienti verdi. La disponibilità della natura e il design del paesaggio danno ai pazienti un senso di intimità e di comfort spaziale.

Lo sviluppo sostenibile è un importante prerequisito per garantire la salute, che a sua volta ha ricadute sulle dimensioni sociale, economica ed ecologica (ambientale) della sostenibilità. L’impatto ambientale dei sistemi edilizi comprende il consumo energetico, le fonti energetiche, il comfort termico, l'uso dell'acqua, la gestione dei rifiuti, l'efficienza dei sistemi di riscaldamento, ventilazione e condizionamento e l'efficienza dell'illuminazione. La sostenibilità dei componenti dell'edificio comprende la sostenibilità dei materiali, con materiali riciclati, riutilizzabili e locali e scelte costruttive accurate.

I flussi di rifiuti infettivi in tutte le funzioni, compresi i tessuti umani e i rifiuti di laboratorio direttamente collegati al trattamento dei campioni, devono aderire a politiche incentrate sulla minimizzazione, la separazione e la raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento e smaltimento dei rifiuti, al fine di ridurre efficacemente il rischio di infezioni correlate all’assistenza. Infine la prevenzione e la sicurezza sono essenziali, sia dal punto di vista della sicurezza generale che del rischio di incendi e di eventi sismici; un tema che va affrontato a 360°: progettazione e costruzione, manutenzione, formazione e preparazione alle emergenze.

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Sostenibilità

L’Intelligenza Artificiale e il futuro del Lavoro: lo studio

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La maggioranza degli intervistati pensa che l’impatto dell’Ai possa essere dirompente, nel momento in cui determinerà un nuovo rapporto tra uomo e tecnologia

Mano di un robot e mano di un uomo - - Canva

Come cambierà il lavoro con l’Intelligenza artificiale? Questo è uno degli interrogativi più diffusi negli ultimi anni. A differenza dei cambiamenti tecnologici avvenuti nel passato, l'Ai presenta dei tratti del tutto peculiari: espande in modo significativo la gamma di attività che può essere automatizzata, interessando anche quelle di carattere cognitivo e si pone come innovazione trasversale, manifestando un potenziale applicativo in tutti i settori e professioni, ad una velocità di sviluppo che non ha precedenti.

Secondo un campione di 116 ‘testimoni privilegiati’, chiamati a partecipare all’indagine ‘L’impatto dell’Ai sul mondo del lavoro’, promossa dalla Fondazione studi consulenti del lavoro in occasione della 15esima edizione del Festival del Lavoro, in programma dal 16 al 18 maggio a Firenze, presso la Fortezza da Basso, la maggioranza (55,2%) pensa che l’impatto dell’Ai possa essere dirompente, nel momento in cui determinerà un nuovo rapporto tra uomo e tecnologia nel lavoro, che avrà rilevanti implicazioni a livello economico e sociale. Scopriamo insieme cos’è emerso dall’indagine.

Ai: quali ricadute sul lavoro

Dall’indagine della Fondazione è emerso che il 34,5%, pur collocando l’avvento dell’intelligenza artificiale in continuità con i cambiamenti avvenuti negli ultimi anni, pensa che tale innovazione abbia comunque dei tratti distintivi rispetto alle più recenti, per la trasversalità dell’impatto (interessa anche le funzioni cognitive e quindi una platea molto più estesa di lavoratori) e la velocità del cambiamento prodotto.

Solo il 10,3% guarda invece all’Ai come a una delle tante innovazioni avvenute negli anni più recenti, che necessiterà, come già avvenuto per altre, di tempi fisiologici di adattamento. Un cambiamento epocale, quindi, che potrà avere riflessi evidenti sul lavoro, migliorando l’organizzazione, eliminando compiti pericolosi o noiosi, creandone di più complessi e interessanti, aumentando il coinvolgimento dei lavoratori e dando loro una maggiore autonomia.

Quali opportunità?

Non solo dubbi, ma anche tante opportunità. Interrogati su questo tema, la maggioranza (66,7%) ha risposto che l’Ai contribuirà all’ampliamento delle competenze dei lavoratori e alla creazione di nuove occupazioni, in ambito specialistico, ma non solo, dal momento che l’Ai richiede lo sviluppo di nuove skills e attitudini in campo etico, umanistico, relazionale, finalizzate alla definizione di un nuovo rapporto tra uomo e tecnologia. È questa l’opportunità maggiore, seguita, a distanza dall’aumento della produttività, indicato dal 47% degli intervistati, e da una maggiore qualità del lavoro, derivante dalla possibilità di ridurre i tempi, attività ripetitive e di concentrarsi su contenuti più stimolanti: indica tale punto il 45,3%. Meno incisivi i risvolti positivi di questa tecnologia riferita alla sicurezza sul lavoro, con la riduzione di compiti gravosi e rischiosi, la personalizzazione delle misure e della formazione (indica tale item il 34,2% dei rispondenti) così come alla possibilità di una più efficace gestione del personale, indicata dal 30,8%.

Infine, solo il 17,1% individua, tra le principali opportunità dell’Ai, la possibilità che le nuove tecnologie possano supplire alla carenza di lavoratori che sempre più connoterà il mercato del lavoro nei prossimi anni, mentre è del tutto residuale (4,3%) la quota di quanti vi vedono un’opportunità per ridurre iniquità e discriminazioni nel mercato del lavoro.

Competenza: la sfida del futuro

La sfida che dovranno affrontare i lavoratori è quella delle competenze. Questa, infatti, è tra le principali criticità individuate: il 60,7% indica al primo posto proprio il rischio di un’accelerazione nell’obsolescenza delle competenze dei lavoratori e l’esigenza di un reskilling continuo, che interesserà non solo attività a bassa qualificazione, ma l’intera piramide professionale, coinvolgendo anche professioni intellettuali, tecniche, ad elevata specializzazione.

Così come, a impattare negativamente, si preannuncia essere l’utilizzo degli algoritmi che preoccupa soprattutto per i riflessi in termini di privacy e di possibili decisioni discriminanti derivanti dall’Ai: indica tale item, a seguire, il 53,8% degli intervistati. Al terzo posto (46,2%) gli esperti indicano il possibile ampliamento delle disuguaglianze, con il rischio di alimentare divari crescenti a diversi livelli: tra lavoratori “digitalizzati” e no, giovani e anziani, grandi e piccole imprese. Circa un terzo (33,3%) reputa poi che, alla lunga, lo sviluppo dell’Ai possa determinare una perdita di professionalità dei lavoratori, derivante dalla tendenza a delegare alla tecnologia sempre più funzioni, tra cui quelle di carattere cognitivo, analitico, e decisionale. È invece una minoranza del campione a indicare tra le principali criticità dell’Ai altri aspetti, quali l’incremento dei rischi alla salute e dello stress per i lavoratori, sottoposti alla pressione psicologica derivante dall’utilizzo di sistemi di gestione Hr basati su Ai (indica l’item il 16,2%), la riduzione della qualità del lavoro dovuta al deterioramento delle relazioni interpersonali (14,5%), l’indebolimento dei diritti dei lavoratori (13,7%), la distruzione di posti di lavoro e la riduzione dei livelli occupazionali: solo il 12,8% dei rispondenti indica tale item, collocandolo all’ultimo posto tra le principali criticità derivanti dalla diffusione dell’IA.

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Sostenibilità

Sostenibilità, acquisti pubblici verdi non decollano, Pa...

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E' il quadro che emerge dal VII rapporto 2024 'I numeri del Green Public Procurement in Italia' dell’Osservatorio Appalti Verdi di Legambiente e Fondazione Ecosistemi presentato oggi a Roma al Forum Compraverde Buygreen 2024

Sostenibilità, acquisti pubblici verdi non decollano, Pa ferma al 62%

In Italia freno a mano tirato sull’applicazione del Green Public Procurement (acquisti pubblici verdi) e dei Criteri Ambientali Minimi che, a otto anni dall’entrata in vigore, faticano a decollare in maniera strutturata. E' il quadro che emerge dal VII rapporto 2024 'I numeri del Green Public Procurement in Italia' dell’Osservatorio Appalti Verdi di Legambiente e Fondazione Ecosistemi presentato oggi a Roma al Forum Compraverde Buygreen 2024, giunto alla sua XVIII edizione.

Obiettivo del rapporto, in partnership con Assosistema, Università degli Studi di Padova, AdLaw Avvocati Amministrativisti, il dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino e la Rete dei Comuni Sostenibili, raccontare come l’Italia stia affrontando la sfida della sostenibilità che passa anche dagli acquisti promossi dalle amministrazioni pubbliche e dall’applicazione dei Criteri Ambientali Minimi. Attraverso la somministrazione di un questionario online, sono 126 le Pa che hanno risposto nel merito dell’applicazione delle politiche necessarie al Green Public Procurement nelle gare di appalto avvenute nel 2023, tra cui la conoscenza dello strumento, la formazione del personale, il plastic free e il gender procurement, e sull’adozione dei Criteri Ambientali Minimi, la cui obbligatorietà vige dal 2016.

Su un campione di 126 amministrazioni pubbliche, tra cui 14 Centrali di Committenza Regionali, 64 enti gestori di 148 aree protette, 41 Asl e 7 Città metropolitane, nel 2023 l’indice medio di performance del campione indagato è pari al 62%, con un valore massimo del 79% raggiunto dai Comuni metropolitani e un minimo, pari al 56%, toccato dagli Enti gestori di aree protette. L’indice rappresenta una valutazione complessiva sull’attuazione di politiche necessarie per il Gpp e sull’applicazione dei Cam. Nota dolente, la percentuale relativa al monitoraggio degli acquisti, una pratica effettuata solo dal 17% del campione. Dall’altro lato, i dati migliori riguardano invece la 'conoscenza del Green Public Procurement' ormai ben consolidata: per il 98% delle amministrazioni pubbliche la conoscenza di tale strumento è diffusa, assicurando un primo passo fondamentale per la sua applicazione; seguono, tra le politiche più conosciute e applicate, quelle sul 'Plastic free' (57%) e la 'Formazione' (56%); più indietro, ma altrettanto importanti, sono i 'Criteri Sociali' (47%) e il 'Gender Procurement' (46%).

Oggi in Italia a pesare sui ritardi nell’applicazione del Gpp e soprattutto dei Cam è per il 53% delle stazioni appaltanti intervistate la difficoltà 'di stesura dei bandi', seguita dalla 'mancanza di formazione' adeguata (41%) e dalla mancanza di imprese con requisiti idonei (34%). Per questo l’Osservatorio Appalti Verdi chiede che "le azioni principali da cui partire riguardino in primis la formazione del personale competente e qualificato sul tema dei Cam, seguita dal controllo dell’esito delle gare d’appalto".

“Il dato complessivo sull’applicazione del Green Public Procurement in Italia ci indica che gli acquisti verdi, sebbene la loro utilità sia ampiamente riconosciuta, subiscono ancora troppi rallentamenti - dichiara Andrea Minutolo, responsabile scientifico Legambiente - Il Rapporto dell’Osservatorio Appalti Verdi serve a puntellare i punti di debolezza su cui intervenire per rendere il Gpp maggiormente efficace e praticato dalle Pa, in modo che possa diventare uno strumento strutturale. La promozione di un sistema di acquisti ambientalmente e socialmente preferibili può davvero generare un miglioramento in termini ambientali e di diffusione di tecnologie verdi”. Per Silvano Falocco, direttore Fondazione Ecosistemi, "i dati del Rapporto fanno emergere l’urgenza di rafforzare, con azioni specifiche, lo strumento del Gpp. Sono necessarie 3 azioni: ogni pubblica amministrazione deve avere un referente del Gpp; serve un programma nazionale per formare e affiancare le PP.AA. nell'inserimento dei criteri ambientali e sociali; serve una Task Force nazionale che sia in grado di verificare il rispetto dei diritti umani e sociali lungo le filiere di produzione, per evitare il dumping sociale".

Tra tutte le prestazioni monitorate nelle quattro stazioni appaltanti, si sottolinea la presenza, in otto enti gestori di aree protette sui 64 totali, di un referente per il Green Public Procurement, così come era stato chiesto nelle proposte avanzate nel Rapporto dello scorso anno dall’Osservatorio Appalti Verdi. "Centralizzare la pratica del Gpp attraverso una persona più competente che sappia mettere in rete gli uffici, è infatti uno dei nodi da sciogliere e su cui insistere anche per la diffusione e applicazione del Gpp in generale", si rileva nel report. Sempre sul versante degli enti gestori delle aree protette, il rapporto ha registrato percentuali basse per quanto riguarda l’applicazione di strategie migliorative per la raccolta differenziata (solo il 39% le mette in pratica) e iniziative per il risparmio energetico e la nascita di Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali (solo il 44% le promuove).

Tra le 41 Asl che hanno risposto al questionario dell’Osservatorio, si apre una lacuna nel sistema di monitoraggio degli acquisti, con solo il 5% di attuazione. Un dato che fa accendere una spia rossa e richiama la ricerca di soluzioni utili per capire come si effettuano gli acquisti e come poter razionalizzare le spese, anche alla luce dei numeri contenuti nell’ultimo Documento di Economia e Finanza che certifica per l’anno 2023 una spesa sanitaria di oltre 131 miliardi di euro, con un rapporto spesa sanitaria/Pil del 6,3%.

Alla luce di tutto, l'analisi indica due priorità su cui intervenire immediatamente, per permettere una crescita più veloce ed efficace del Gpp nel nostro Paese. La maggiore difficoltà che ancora oggi registrano le pubbliche amministrazioni, infatti, riguarda la carenza di supporto tecnico alla stesura dei documenti di gara, un aspetto fondamentale visto che, ad esempio, molti Cam non prevedono un’applicazione automatica ma richiedono una personalizzazione in fase di progettazione della gara, necessaria anche in alcuni servizi (come quelli sulla gestione energetica degli edifici o del verde pubblico). È necessario quindi dotare ogni amministrazione di personale specifico, formato, che sappia indirizzare e seguire in tutte le sue fasi la partita degli acquisti.

È ancora del tutto assente invece, l’attività di monitoraggio dello stato di adozione del Green Public Procurement all’interno delle singole stazioni appaltanti. Questo rende impossibile la corretta valutazione dei feedback delle procedure di gara in merito ai criteri ambientali da integrare. Anche in questo caso, il monitoraggio è realisticamente possibile solo se viene individuato un referente specifico del Gpp. Un referente che dovrebbe essere il soggetto in grado connettere le varie policy dell’amministrazione (piani d’azione climatica, della mobilità, per l’economia circolare e la prevenzione dei rifiuti, piani di rigenerazione urbana, consigli del cibo, ecc...) con l’uso dello strumento del Gpp.

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