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Salute e Benessere

Diagnosi tumore fa paura a 6 famiglie su 10, Veronesi:...

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Diagnosi tumore fa paura a 6 famiglie su 10, Veronesi: “Problema culturale”

L'oncologo al MetLife Summit: "15mila casi in più nel 2023 ma cala la mortalità e si cronicizza la malattia"

Diagnosi tumore fa paura a 6 famiglie su 10, Veronesi:

Le patologie più gravi rappresentano una delle maggiori fonti di preoccupazione per una famiglia su tre (32,5%). Più di una su due (63,3%) cita il cancro come timore più diffuso; seguono l'ictus con il 10,9%, l'infarto con il 10,7% e la sclerosi multipla con il 10,1%. Sono i dati di una survey su cui si sono confrontati gli esperti che hanno partecipato al MetLife Human Health Summit, organizzato a Milano da MetLife, compagnia leader globale nell'offerta di prodotti assicurativi, sul tema 'Innovazione e scienza incontrano le persone'.

Grazie ai progressi della medicina, all'aumento delle diagnosi precoci e alla qualità delle cure - ricorda una nota - pur aumentando le diagnosi di tumore, anche in persone giovani, si muore di meno o si cronicizza la patologia. Eppure, ancora oggi una diagnosi è considerata spesso una sorta di condanna. "In realtà non è così, il problema è anche culturale - spiega Paolo Veronesi, professore ordinario in Chirurgia all'Università degli Studi di Milano, direttore del Programma Senologia e della Divisione di Senologia dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) e presidente di Fondazione Umberto Veronesi Ets - Sono 3,6 milioni le persone con diagnosi di cancro in Italia che hanno superato questa malattia. Si assiste a una maggiore incidenza legata all'aumento dell'aspettativa di vita: si pensi che in Italia nel 2023 i casi sono stati 395mila, 15mila in più rispetto all'anno precedente". Certo aumentano le diagnosi in età più giovane, "ma è altrettanto assodato che oggi si fanno spesso esami molto precisi un tempo impensabili", scoprendo la patologia molto prima.

Sul calo della mortalità, secondo Veronesi incidono "due fattori principali: diagnosi più precoce e terapie mediche molto avanzate, come quelle a bersaglio molecolare che ogni anno si arricchiscono di nuovi farmaci. Curiamo quindi malattie anche avanzate, con metastasi in altre sedi, grazie a una serie di farmaci che alternano e spesso sostituiscono la chemioterapia evitandone gli effetti collaterali". Inoltre, "indagando la predisposizione genetica allo sviluppo del tumore, ritengo che un giorno sarà possibile testare la predisposizione di ognuno di noi a sviluppare un cancro. Oggi, per esempio, sappiamo che l'8-10% dei casi di tumore alla mammella ha alle spalle una mutazione genetica". Un ruolo importante è riservato all'intelligenza artificiale, sia in fase di diagnosi sia in quella di cura. "Si pensi alla diagnosi precoce aumentata - sottolinea Federico Cabitza professore di Interazione uomo-macchina e supporto decisionale all'Università degli Studi di Milano-Bicocca e senior researcher Irccs Ospedale Galeazzi Sant'Ambrogio di Milano - L'Ai addestrata sulle immagini è in grado di identificare segni subclinici difficili da vedere nel normale iter diagnostico. Questo consente di individuare dei pattern, degli schemi ricorrenti".

Al momento sul mercato "ci sono circa 700 dispositivi medici etichettabili come Ai - illustra Cabitza - La maggior parte riguardano la radiologia e quindi diagnosi oncologica, per l'individuazione o caratterizzazione di tumori anche molto piccoli. Certo è molto difficile fare previsioni: questo genere di sistemi cambia a un ritmo senza precedenti", ma l'intelligenza artificiale è davvero "in grado di migliorare la vita delle persone". In ogni caso, "la relazione fra medico e paziente è multidimensionale - avverte l'esperto - non può essere surrogata mettendo al suo posto uno schermo di un pc".

Il tumore - prosegue la nota - interferisce su tutti gli ambiti della vita quotidiana del paziente, dalle relazioni amicali e familiari a quelli finanziari e lavorativi. Severi livelli di disagio psicologico, con sintomi ansioso-depressivi, interessano dal 10-15% al 20-40% dei casi. "La parola cancro fa ancora molta paura, la diagnosi genera uno shock simile a quello successivo a una forte scossa di terremoto - osserva Sabina Rasia, psicologa della Fondazione Ant Italia Onlus, specializzata nell'assistenza domiciliare gratuita ai malati oncologici - La crisi emotiva può assumere la forma di un trauma: il dolore oncologico impatta sulla psiche e implica dei cambiamenti radicali. Anche la cronicizzazione rappresenta una sfida" con cui si deve convivere. "Anche la famiglia viene impattata. In Italia, su 7 milioni di caregiver, 3 assistono malati con patologia oncologica - precisa l'esperta - Si diventa caregiver per necessità e non tutti hanno una disposizione naturale ad essere accanto al malato". Il problema nel problema sono le persone sole "di cui la società deve farsi carico" con un impegno che "chiamiamo 'eubiosia', cioè una vita dignitosa garantita dalla continuità di ascolto, la presenza e quel sostegno alla speranza che dobbiamo assicurare anche quando non si può più parlare di guarigione".

Accanto ai progressi della medicina, c'è però un welfare che fa fatica a coprire tutte le esigenze di una popolazione sempre più bisognosa di risposte immediate. "MetLife non è solo una compagnia assicurativa - dichiara Maurizio Taglietti, General Manager di MetLife in Italia - ma un'azienda che si fonda su valori immutati nel tempo: esperienza, solidità, costanza, integrità, prevenzione, responsabilità. Con 150 anni di storia, assicuriamo 100 milioni di clienti nel mondo e siamo presenti in 40 Paesi compresa l'Italia dove operiamo da 30 anni. Ascoltando i consumatori e considerando i cambiamenti sociali e demografici, abbiamo deciso di rafforzarci sull'offerta malattia con un focus in particolare su quelle gravi che purtroppo colpiscono indistintamente uomini, donne, giovani e anziani. E proprio dall'attenzione rivolta al tema salute nasce l'idea di questo evento culturale e di divulgazione scientifica su tematiche legate alla prevenzione e alle nuove cure, il tutto nel rispetto della nostra mission 'stare vicino alle persone per costruire un futuro più sicuro e sereno'".

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Smog, Consulcesi: “Fare di più per raggiungere...

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'Milano si conferma prima città italiana a chiedere misure più incisive per ridurre l'inquinamento atmosferico'

Foto di repertorio - FOTOGRAMMA

"E' necessario fare di più per ridurre l'inquinamento atmosferico, puntando a raggiungere almeno i nuovi limiti Ue, senza ricorrere alle possibili deroghe contemplate nella nuova normativa". E' il commento dei legali Consulcesi, il network europeo promotore dell'azione collettiva 'Aria Pulita', al nuovo piano Milano Futura Ora. Dal capoluogo lombardo e non solo continuano a giungere richieste di informazione sull'azione collettiva volta a difendere il diritto alla salute e a vivere in un ambiente sano dei residenti in Italia lanciata lo scorso giugno da Consulcesi, ricorda il gruppo. "Sempre più cittadini preoccupati che vivono a Milano chiedono misure più incisive per l'inquinamento dell'aria e decidono di unirsi alla nostra iniziativa", riferisce Bruno Borin, a capo del team legale Consulcesi.

Solo da inizio anno - riporta una nota - con circa 135mila persone che hanno mostrato interesse all'azione collettiva, su oltre 180mila giunte complessivamente dalla regione, Milano si conferma apripista nella battaglia contro l'inquinamento atmosferico. "Non solo, Milano - evidenzia Borin - è anche la prima città in cui è stata depositata l'iscrizione a ruolo della prima azione collettiva per violazione dei limiti di Pm10 e di NO2. Ora il giudizio è pendente dinanzi al tribunale di Milano e siamo in attesa dell'esito della prima udienza". Il nuovo piano sulla mobilità e sulla qualità dell'aria per Milano è "certamente un passo importante verso una città più verde e sicura - dichiara Borin - Tuttavia, è necessario inseguire gli obiettivi Oms, abbandonando l'idea di ricorrere alle possibili deroghe contenute nella nuova direttiva europea, come più volte e da più parti auspicato per il bacino padano. Qualunque ulteriore ritardo nel raggiungimento degli obiettivi sulla qualità dell'aria 2030, si traduce in altre migliaia di morti e malati che possono e devono essere evitati".

Secondo le stime dell'European environmental bureau (Eeb) - si legge nella nota - l'applicazione delle deroghe previste dalla nuova direttiva Ue sulla qualità dell'aria, che permetterebbe a Regioni quali Veneto, Piemonte e Lombardia di spostare al 2040 il raggiungimento dei livelli di inquinamento atmosferico, potrebbe causare circa 120mila morti premature in più nel nostro Paese.

I dati su Milano, come sul resto della Pianura Padana, affermano i legali Consulcesi, mostrano una situazione critica che perdura ormai da anni, continuando ad esporre la popolazione a significativi rischi per la salute. Nel nostro Paese milioni di persone si vedono ancora negato il diritto alla salute, riconosciuto a livello internazionale, nazionale e regionale. Lo ha confermato in passato anche la Corte Ue, richiamando e poi condannando l'Italia per aver superato i limiti dei valori di Pm10 e NO2 nell'aria, danneggiando l'ambiente e mettendo a rischio la salute dei cittadini.

Secondo Consulcesi, oltre 40 milioni di persone, su un totale di 3.384 Comuni italiani, hanno respirato e continuano a respirare aria avvelenata da concentrazioni elevate di particelle inquinanti, come il particolato atmosferico (Pm10) e il biossido d'azoto (NO2), e per questo potrebbero aderire all'azione collettiva per richiedere un risarcimento allo Stato e alle Regioni. Per aderire basta dimostrare, attraverso un certificato storico di residenza, di aver risieduto tra il 2008 e il 2018 in uno o più dei territori coinvolti. Per scoprire se e come partecipare all'azione legale, Consulcesi mette a disposizione il sito di Aria Pulita: www.aria-pulita.it.

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Covid, aumenta rischio cardiovascolare nei 3 anni dopo...

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Lo studio condotto dall'Irccs San Raffaele in collaborazione con La Sapienza e Federico II

Medico visita paziente (Foto )

L'aumento del rischio cardiovascolare che si registra per i pazienti Covid-19 potrebbe non essere limitato alla fase acuta dell'infezione, ma estendersi nel tempo, almeno per 3 anni. Sono questi i risultati dello studio, pubblicato su 'Cardiovascular Research', condotto dai ricercatori dell'Irccs San Raffaele di Roma in collaborazione con colleghi delle università di Roma Sapienza e Federico II di Napoli. L'indagine è stata realizzata su un campione di circa 229mila pazienti, tra cui circa 32mila che hanno avuto una diagnosi molecolare di Covid-19, in una regione - la Campania - a rischio cardiovascolare moderato secondo la classificazione europea Score.

Rischio infarto e ictus

Diversi studi, su un numero limitato di persone ospedalizzate, hanno dimostrato che l'infezione da Sars-CoV-2 è molto spesso associata allo sviluppo di eventi cardiovascolari e cerebrovascolari. L'importanza di questo nuovo lavoro sta nel fatto che prende in esame una popolazione reale di grandi dimensioni. Coinvolge infatti persone provenienti da un database dei medici di medicina generale della Asl 1 di Napoli, seguite per 3 anni, durante la pandemia nel periodo 2020-22, e confrontate con una popolazione pre-pandemia derivata dallo stesso database nel periodo 2017-19. "I risultati hanno dimostrato che il gruppo infettato dal virus ha avuto circa il doppio dei casi di infarto del miocardio, ictus cerebrale, scompenso cardiaco, fibrillazione atriale e miopericarditi", ha spiegato Massimo Volpe, responsabile del Centro per la diagnosi e cura dell'ipertensione arteriosa e delle complicanze cardiovascolari del San Raffaele, tra i firmatari dello studio.

Un rischio aumentato, insomma, che "nella popolazione colpita dal virus pandemico si protrae per almeno 3 anni. La rilevante ricaduta clinica e sociale impone quindi un'attenzione particolare nei confronti dei soggetti colpiti dal Covid-19 che devono essere seguiti nel tempo, per il possibile sviluppo di malattie cardiovascolari", ha aggiunto Volpe. I ricercatori, in base ai risultati dello studio, invitano quindi alla pianificazione di un follow-up più lungo per i pazienti con Covid-19, per prevenire e gestire tempestivamente possibili eventi cardiovascolari e cerebrovascolari gravi.

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Ospedale del futuro, Petralia (Fiaso): “Con...

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Al congresso Aiic, 'digitalizzazione e Ai per una presa in cura unitaria'

Ospedale del futuro, Petralia (Fiaso):

Il futuro dei nostri ospedali "parte qui e ora, da ciascuno di noi che ci aspettiamo di essere presi in cura, prima ancora che essere curati. Gli ospedali non sono stati sempre soltanto luoghi di auspicabile guarigione, di cura di malattie, ma sono nati come luoghi di accoglienza, di ospitalità per viandanti e pellegrini. Con l'avanzare della tecnologia e della scienza sono diventati percorsi, spazi, prospettive di presa in carico e di cura", e in questo "un ruolo importante è giocato dalla digitalizzazione e dall'intelligenza artificiale". Così Paolo Petralia, vicepresidente vicario Fiaso e direttore generale Asl 4 Liguria, questa mattina a Roma, ha descritto l'evoluzione dell'assistenza ospedaliera al Convegno nazionale dell'Associazione italiana ingegneri clinici (Aiic) in corso nella Capitale fino a sabato.

Si tratta di "un modello di ospedale che sempre di più va verso il territorio - continua Petralia - e di territorio che va verso l'ospedale in una logica di circolarità e non di esclusività", che supera il concetto di "integrazione ospedale-territorio. Abbiamo bisogno di parlare di un percorso per le persone, di una presa in cura unitaria e che vada dall'ospedale al setting assistenziale intermedio e al domicilio, in una logica di continuità di assistenza e cura". Oltre ad essere un luogo "bello", nell'ospedale del futuro "non si è costretti a dover condividere la camera con altre persone e, grazie alla tecnologia", ci sarà "la virtualizzazione dei posti letto - spiega l'esperto - e non sarà più necessario dover dormire in ospedale per essere curati" perché, con la condivisione dei dati, "l'assistenza sarà fornita al bisogno, a domicilio". A livello tecnologico, "l'intelligenza artificiale potrà affiancare e sostenere gli operatori, ma anche i pazienti nell'esperienza di permanenza in ospedale per ottenere risposte che sono avanzate dal punto di vista dei contenuti clinici, ma anche sostenibili e gradevoli dal punto di vista della modalità con cui vengono erogati".

A fronte di un patrimonio edilizio ospedaliero spesso obsoleto, "possiamo immaginare, nel tempo, di riuscire" a lavorare per trasformare gli edifici attuali in "building adeguati in termini di struttura - conclude Petralia - che risparmino energia, che siano green, automatizzati, efficienti dal punto di vista dei percorsi, ma anche degli spostamenti, in una logica che dal monoblocco ritorna a padiglioni piccoli, immersi nel verde, capaci di essere flessibili nel loro utilizzo, come la pandemia ci ha insegnato".

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