Cronaca
Tumori, leucemia linfatica cronica può regredire con dieta...
Tumori, leucemia linfatica cronica può regredire con dieta mima-digiuno
Lo studio condotto da un gruppo di ricercatori dell'Ifom di Milano, guidati da Valter Longo
La dieta mima digiuno, abbinata a una terapia farmacologica mirata, può contribuire alla regressione della leucemia linfatica cronica (Llc), il tipo di leucemia più diffuso nei Paesi occidentali (15-20% di tutti i casi di leucemia), con un'incidenza di 1-2 casi all'anno ogni 100.000 persone.
E indicazioni di questa alleanza 'promettente fra dieta e terapie mirate arrivano da uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell'Ifom di Milano, guidati da Valter Longo, 'papà' di questo schema alimentare, con la collaborazione del gruppo di ricerca di Claudio Vernieri di Ifom e Istituto nazionale tumori (Int) del capoluogo lombardo, Dipartimento di oncologia diretto da Filippo de Braud. I risultati del lavoro, sostenuto da Fondazione Airc, sono pubblicati sulla rivista 'Cancer Research'.
Cos'è la leucemia linfatica cronica
La leucemia linfatica cronica è "una malattia complessa - premette Longo - con forme indolenti e aggressive che richiedono approcci terapeutici distinti". I pazienti che manifestano una forma indolente mostrano una progressione lenta, quelli che affrontano una variante aggressiva hanno un accumulo rapido di linfociti leucemici nel midollo osseo e nei tessuti linfoidi.
L'accumulo sostituisce progressivamente le normali cellule ematopoietiche, portando a una citopenia ematica, ossia a una carenza di tutti gli altri tipi di cellule e componenti essenziali del sangue, tra cui un'estrema riduzione dei livelli di piastrine e dell’emoglobina, con effetti potenzialmente letali.
Mentre la forma aggressiva dev'essere trattata immediatamente, per quella indolente i medici spesso seguono una strategia di 'watch and wait' (in italiano, letteralmente, 'osservare e attendere'), approccio che consente di monitorare l'evoluzione clinica dei pazienti e iniziare trattamenti farmacologici solo in caso di segni di peggioramento. Esistono diverse opzioni, che vanno dalla chemio all'immunoterapia a diverse terapie mirate.
Nonostante i progressi compiuti negli ultimi 10 anni, la ricerca di nuovi approcci sostenibili ed efficaci resta importante, evidenziano gli esperti, soprattutto per un sottogruppo di pazienti che presenta forme particolarmente insidiose caratterizzate da alterazioni del gene p53. In questo contesto alcuni farmaci sperimentali, come bortezomib, stanno emergendo come promettenti.
L'importanza dell'alimentazione
La tavola può dare un contributo? Già in passato i ricercatori del laboratorio 'Longevità & Cancro', guidato da Longo all'Ifom, avevano dimostrato che la dieta mima digiuno rende chemio, immunoterapia e altri trattamenti più efficaci contro vari tipi di tumori solidi.
"In questo nuovo studio - spiega lo scienziato - ci siamo invece focalizzati sulla ricerca di una terapia che fosse meno tossica per il trattamento di un tumore del sangue. Grazie al lavoro condotto da Franca Raucci e Claudio Vernieri, i due primi autori dell'articolo, abbiamo osservato, in esperimenti con topi affetti da leucemia, che la dieta mima digiuno può neutralizzare in parte i linfociti tumorali. Ciò sembra avvenire in parte grazie alla riduzione dei livelli di fattori di crescita, che di per sé pare rallentare la progressione tumorale".
Lo studio e i dati raccolti
"In questo studio - precisa Vernieri - sono anche stati esaminati gli effetti di 8 cicli consecutivi di dieta mima digiuno in 2 pazienti affetti da leucemia linfatica cronica. Abbiamo osservato che, dopo 5-6 anni di approccio watch and wait, per nessuno dei due è stato necessario iniziare un trattamento farmacologico. Si tratta di un risultato preliminare ma promettente". I dati raccolti dovranno essere confermati in studi molto più ampi, sia di laboratorio sia clinici, puntualizzano gli esperti. Per il momento indicano che il digiuno ciclico o la dieta mima-digiuno in topi di laboratorio contrastano o rallentano la patologia.
"Tuttavia - prosegue Raucci - abbiamo notato che utilizzando la dieta mima digiuno o il digiuno come unico intervento si ottiene, sì, un rallentamento nella progressione tumorale ma le cellule tumorali continuano comunque a crescere piuttosto rapidamente. Pertanto abbiamo combinato cicli di dieta mima digiuno o di digiuno con due farmaci mirati, il bortezomib e il rituximab, ottenendo un forte potenziamento dell’effetto dei cicli di dieta contro la patologia". Questa combinazione sembra agire bloccando le 'vie di fuga' che si attivano durante il digiuno, attivando l'apoptosi, ovvero la morte cellulare programmata, aumentando significativamente la sopravvivenza dei topi affetti da Llc.
I risultati, fanno notare i due primi autori dell'articolo, "suggeriscono che l'integrazione del digiuno ciclico con farmaci mirati non chemioterapici, come bortezomib e rituximab, potrebbe essere una strategia terapeutica efficace e innovativa". Se sarà validata in studi clinici con ampie casistiche, la strategia potrebbe essere utilizzabile per il trattamento della leucemia linfatica cronica e potrebbe portare beneficio a un certo numero di pazienti oncologici in terapia, soprattutto più anziani e sottoposti a molti farmaci che attivano il sistema immunitario e che causano forti effetti collaterali, concludono gli esperti.
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In uno scatolone con gli effetti personali della ragazza anche 54 provette con le tracce genetiche precedentemente conservate in frigo a 80 gradi sotto zero
Due ore e quarantacinque minuti. Tanto è durata l'udienza in cui, per la prima volta a quasi 14 anni dall'omicidio di Yara Gambirasio, la difesa di Massimo Bossetti ha potuto visionare (ma non fotografare) i reperti che hanno portato alla condanna in via definitiva all'ergastolo dell'imputato. Nel pomeriggio, davanti ai giudici della corte d'Assise di Bergamo, in un'udienza a porte chiuse a cui Bossetti ha partecipato in video collegamento dal carcere a Bollate, gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, insieme ai consulenti che hanno lavorato al caso, hanno potuto guardare quanto rimasto sigillato a lungo in uno scatolone.
Tra i reperti, ancora ben conservati, gli slip su cui è stata trovata la traccia genetica mista, della vittima e dell'allora Ignoto 1, considerata la prova regina contro Bossetti; la felpa che Yara indossava il 26 novembre 2010, giorno della scomparsa; il giubbotto che aveva nel campo di Chignolo d'Isola dove è stata trovata senza vita tre mesi dopo. E anche le 54 provette di Dna - trasferite da un frigorifero dell'ospedale San Raffaele di Milano all'Ufficio corpo di reati del tribunale di Bergamo - che hanno acceso un aspro scontro tra difesa e accusa.
"Finalmente dopo 5 anni dall'autorizzazione abbiamo avuto la possibilità di vedere i reperti, ma lascia davvero tanto amaro in bocca vedere le 54 provette di Dna, più altri 23 campioni diluiti, in una scatola, senza la giusta conservazione (prima del trasferimento era conservati in un frigo a una temperatura di 80 gradi sotto zero). In quella scatola c'è tutto il processo, c'è la vita di un uomo e l'hanno distrutta" spiega Salvagni, interpellato dall'Adnkronos. L'udienza di oggi è, per ora, l'ultima mossa difensiva prima di altre iniziative per provare a chiedere la revisione del processo.