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Salute e Benessere

Vita da centenari nella Zona blu. Caccia ai segreti della...

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Vita da centenari nella Zona blu. Caccia ai segreti della longevità

Il racconto della demografa Graziella Caselli che li ha studiati per anni: "Fra gli over 100 una 'valanga rosa'". Ecco cosa mangiano e come vivono i super anziani. "Dagli studi emerge una trasmissione per via materna, ma anche la bassa mortalità cardiovascolare e l'effetto positivo del benessere economico e della sanità per tutti"

Graziella Caselli, 85 anni, demografa, è fra gli scienziati che hanno studiato per anni i super nonni d'Italia

Sono "soprattutto donne" e l'ultimo figlio lo hanno avuto molto tardi. Sono cresciuti e invecchiati a cavallo fra un mondo antico e il benessere portato dalla modernità. In comune hanno "una vita attiva", trascorsa perlopiù "in zone di collina e di montagna". Nei loro piatti c'è "poca carne e tanti ortaggi dell'orto di casa". Eccola la vita di un centenario nella Blue Zone d'Italia, la Sardegna. Anzi, la vita da centenaria, perché dopo i 100 anni è una 'valanga rosa'. A dipingere il ritratto dei super anziani della Penisola, campioni di longevità e di saggezza, è Graziella Caselli, professore onorario di Demografia all'Università La Sapienza di Roma, che ha studiato le popolazioni longeve delle Zone Blu contribuendo a rivelare gli elementi chiave che favoriscono una vita lunga e sana.

"Le Blue Zone devono avere caratteristiche precise, nel mondo sono 5", spiega l'esperta all'Adnkronos Salute in occasione del primo incontro (dedicato ai centenari) del Milan Longevity Summit, che dal 21 al 27 marzo riunirà nel capoluogo lombardo i più noti studiosi mondiali pronti a confrontarsi sul tema della longevità e dell'Healthy Aging. Un evento che prevede più di 40 incontri gratuiti e aperti al pubblico di tutte le età. Una di queste zone blu è in Sardegna. Inizialmente identificata nel Nuorese, con cuore nell'Ogliastra, in una zona di collina e di montagna, studiando le nuove generazioni di over 100 i suoi confini sono stati rimodulati e la patria dei 'Matusalemme' "si è allargata un po' verso Sud e verso Nord, non verso Ovest". Quella sarda è la prima, ripercorre la demografa che ha lavorato con gli scienziati pionieri: "Quando studiavamo i centenari li contavamo e li segnavamo sulla cartina dei Comuni sardi con un pennarello azzurro e blu. Più centenari c'erano più il colore blu aumentava d'intensità. Alla fine abbiamo visto che c'era una zona completamente blu. Perciò è stata chiamata Blue zone".

Si parte proprio da qui, dall'isola tricolore. "Poi di zone blu nel mondo ne abbiamo trovate altre: Okinawa in Giappone - elenca - Nicoya in Costa Rica, Icaria in Grecia, Loma Linda negli Usa". E "ne sta per arrivare un'altra che è nella Martinica francese". Gli scienziati contano i centenari, ma non solo: li 'validano'. Cioè indagano ogni aspetto biografico, ricostruiscono le loro storie. Dai dettagli di queste vite straordinarie arrivano input fondamentali per la ricerca. "Noi abbiamo bisogno di conoscere i loro certificati di nascita - racconta Caselli - la storia del loro stato civile, i certificati di matrimonio e di residenza per vedere se il luogo di nascita è diverso dal luogo dove vivono. I registri parrocchiali sono stati importantissimi per identificare anche eventuali matrimoni tra consanguinei, che dovevano avere una dispensa papale". Questo lavoro certosino è stato mirato anche a capire le caratteristiche del territorio degli over 100. Si è visto che "gli uomini erano pastori o contadini, le donne casalinghe. Vivere su un territorio di collina e montagna significa camminare, fare tanta attività fisica. E questi centenari hanno stili di vita e abitudini alimentari simili, condividono un ambiente sano per aria, acqua e così via".

Nel piatto degli over 100 poca carne e ortaggi a km 0 - E' il quadro che emerge dall'indagine demografica. Nella dieta, "oltre a poca carne e tanti ortaggi" a chilometro zero, "ci sono dei formaggi, del latte di capra, di pecora, qualche bicchiere di cannonau". Gli over 100 della zona blu, che si conferma tale anche nelle generazioni successive, "sono mediamente in buona salute". Altro aspetto "a cui nessuno aveva pensato - dice Caselli - è che sono entrati in età senile quando in Italia e in tutto il mondo occidentale è arrivata la rivoluzione cardiovascolare e anche quando è arrivata la sanità per tutti. Quindi alle caratteristiche 'antiche' sommano anche l'effetto positivo di una medicina contemporanea e moderna" e della copertura sanitaria universale "che ha permesso loro di affrontare la vecchiaia in modo migliore".

Caselli ha poi studiato, insieme al team multidisciplinare che comprende biologi, genetisti e altre figure, "tutti i centenari sardi, cioè un campione di over 100 viventi. Sono stati coinvolti 377 comuni della Sardegna per la validazione, i medici di base e un gruppo di camici bianchi dell'università di Sassari che mensilmente li ha visitati. In totale la nostra indagine ha preso in esame circa 200 centenari, oltre 100 donne e meno di 90 uomini. Sono state fatte analisi del sangue per verificare la presenza di eventuali stati morbosi e l'esame del Dna, nel quale i colleghi hanno trovato effettivamente dei marcatori di longevità".

"E' stato interessante - rimarca l'esperta - perché abbiamo preso anche dei gruppi di controllo e abbiamo sempre visto i nostri centenari in relazione al luogo di nascita, al genere. Il confronto è stato fatto con persone che non avevano legami familiari di parentela, nate nello stesso luogo, più o meno nelle stesse settimane, perché secondo la letteratura scientifica anche il mese di nascita influisce sulla longevità". I mesi teoricamente propizi? "Credo siano quelli invernali-primaverili", sorride. I ricercatori hanno analizzato dunque, a mo' di confronto, i 'centenari mancati'. Circa 500 tra 85-95enni e anche 60-70enni, "morti prima" di raggiungere quota 100. "Questo è il controllo più interessante perché ti dice se ciò che stai studiando ha senso o no per la longevità. Cosa abbiamo scoperto? Niente di significativo per gli uomini", anticipa. "Abbiamo analizzato ogni aspetto, indagando anche nelle linee di parentela, sulla fecondità delle madri. Abbiamo 25mila genealogie familiari. Di significativo c'era la trasmissione della longevità per via materna", da donna a donna: gli esperti hanno visto nonne, madri e figlie longeve.

L'elisir di lunga vita di madre in figlia - E i genetisti hanno subito concentrato la loro attenzione sul Dna mitocondriale, che è di origine materna. "Noi invece abbiamo ragionato sul fatto che una madre trasmette alla figlia anche abitudini e stili di vita", approfondisce Caselli. Perché una lunga vita non è solo questione di geni. C'è di più. Altri segni particolari? "Rispetto a chi è morto prima dei 100 anni le nostre centenarie hanno avuto un padre più giovane, che ha potuto mantenerle più a lungo, hanno avuto anche 4-5 figli, l'ultimo dei quali dato alla luce alle soglie della menopausa, quindi frutto di una fecondità tardiva. E in relazione a tale caratteristica ricorrente, al di là del valore biologico di questo dato, abbiamo osservato che i centenari spesso non vivono in Rsa, ma sono quasi sempre a casa della figlia o del figlio ultimi nati, 50enni che possono essere a lungo validi caregiver" per i loro super anziani di famiglia.

Questo si ricollega al tema generale del benessere. "Avere una buona pensione, potersi pagare una badante, porta a longevità", ragiona l'esperta. Insomma, l'elisir di lunga vita non è uno solo. "Non c'è una ricetta, un segreto di longevità, ce ne sono tanti". E gli esperti per scoprirli hanno dato ognuno il loro contributo. "Noi demografi - riporta Caselli - per esempio abbiamo fatto notare che la Blue Zone dei centenari sardi corrispondeva alla Blue Zone della bassa mortalità per malattie cardiovascolari. I biologi sono tornati ad analizzare le analisi del sangue e hanno trovato che i loro processi infiammatori erano bassi". Altro esempio: "Dai questionari spiccava il fatto che molti over 100 avevano avuto la malaria". Analizzando a livello molecolare questi sopravvissuti, "si è identificato un marcatore di longevità. Sono molti i risultati ottenuti da questi studi", per avvicinare il sogno di decifrare il codice dell'eternità.

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Salute e Benessere

Da uova a noci cibi ‘dimenticati’che fanno...

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Foto di repertorio - FOTOGRAMMA

Non solo olio extravergine di oliva, legumi, frutta e verdura di stagione. La dieta mediterranea è fatta di molti altri alimenti salutari troppo spesso trascurati. Uova, latticini, noci, semi, spezie e anche vino rosso sono componenti 'vitali' della dieta mediterranea ma trascurati, secondo una review pubblicata sul 'Journal of Translational Medicine', condotta da un gruppo di università dei Paesi del Mediterraneo: gli atenei di Catania, di Parma, la Politecnica delle Marche, l'Irccs Neuromed di Pozzilli e l'Universidad Europea del Atlántico in Spagna. Gli alimenti 'Cenerentola' saranno al centro dell'attenzione dei tanti protagonisti - medici, artisti, sportivi, associazioni e Istituzioni - presenti alla seconda edizione del Festival dei cinque colori, che si apre oggi al Maschio Angioino di Napoli e che si concluderà il prossimo 19 maggio.

"Il numero 'cinque' è il simbolo ricorrente del Festival perché è il numero che rappresenta i cinque colori del benessere: rosso, verde, viola, bianco e arancione, legati agli alimenti che non possono mancare in un'alimentazione equilibrata e le cui sfumature coprono l'intera gamma delle componenti della dieta mediterranea", commenta Maria Teresa Carpino, presidente associazione Pancrazio e ideatrice del Festival dei cinque colori. I risultati della review "mostrano la necessità di promuovere una piena e corretta conoscenza della dieta mediterranea", ricorda Giuseppe Morino, pediatra, dietologo dell'ospedale Bambino Gesù e direttore scientifico del Festival dei cinque colori.

"Sono moltissimi gli studi che ne hanno evidenziato l’efficacia protettiva contro malattie come il diabete, l’obesità, le patologie cardiovascolari e persino il cancro. Tuttavia, un’ampia varietà di alimenti è rimasta inesplorata durante lo studio dell’aderenza a questa dieta. Gli studi che decifrano l’impatto sulla salute di una dieta mediterranea infatti si sono concentrati principalmente sul consumo di frutta e verdura, olio d’oliva e cereali. I fattori dietetici rimasti inesplorati includono il consumo di cereali integrali, legumi, noci, semi, erbe e spezie, uova e latticini e vino rosso. Altri fattori inesplorati che possono avere un impatto significativo sull’aderenza alla dieta includono i metodi di cottura, di produzione, di lavorazione e di conservazione degli alimenti".

Più nel dettaglio: le uova sono ampiamente percepite come una delle principali fonti di colesterolo e un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari. In realtà, l’uovo è una fonte economica e nutriente di proteine, vitamine e minerali. Le evidenze scientifiche indicano che le proteine dell’uovo sono facilmente digeribili e forniscono molti aminoacidi essenziali. Il latte e i suoi prodotti, come burro, yogurt, cagliata e latticello, fanno parte di una dieta tipica nelle regioni mediterranee da almeno 9.000 anni. Tuttavia, gli acidi grassi saturi presenti nei latticini ne hanno limitato il consumo nel corso del tempo a causa del rischio colesterolo. Le evidenze scientifiche, tuttavia, indicano che gli acidi grassi saturi derivati dai latticini possono aumentare solo parzialmente i livelli circolanti di colesterolo Ldl.

Noci e semi. Alcuni tipi di frutta secca, come mandorle, noci e pistacchi, nonché semi, come semi di lino, semi di zucca e di girasole, fanno parte della dieta tipica delle regioni mediterranee da migliaia di anni. Un’ampia serie di evidenze scientifiche suggerisce che il consumo di noci è associato a un minor rischio di malattie cardiometaboliche. Tuttavia, i risultati degli studi clinici indicano che la frutta secca può aumentare i livelli di Ldl nel sangue. Al contrario, solo pochi studi hanno analizzato gli effetti dei semi sulla salute e hanno prodotto risultati contrastanti. Per quanto riguarda il consumo di erbe e spezie è documentato da tempo nelle regioni mediterranee. Le evidenze scientifiche indicano che ridurre il rischio di malattie non trasmissibili. Sono ricchi di sostanze fitochimiche con proprietà antiossidanti, antinfiammatorie, antitumorali, ipolipemizzanti e ipotensive. Possono migliorare la digestione ed esercitare effetti neuroprotettivi.

Infine il vino rosso. Il consumo moderato di vino è parte integrante della dieta mediterranea tradizionale. Tuttavia, le attuali linee guida dietetiche consigliano di escludere l’alcol dalla dieta a causa dei suoi effetti cancerogeni e di altri effetti dannosi sulla salute. Molti studi osservazionali indicano che un consumo moderato di alcol può ridurre il rischio di malattie cardiovascolari e di mortalità per tutte le cause.

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Salute e Benessere

Malattie rare, Rossi (Alexion): “Con campagna...

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'Con 3 guide informative per alunni, famiglie e insegnanti vogliamo sensibilizzare su patologia disabilitante, inclusione e rispetto della diversità'

Malattie rare, Rossi (Alexion):

"La nostra missione in Alexion da oltre 30 anni consiste nel trasformare la vita delle persone colpite dalle malattie rare. Cerchiamo di farlo in due modi. Innanzitutto tramite la ricerca e lo sviluppo, mettendo a disposizione delle persone dei farmaci trasformativi e davvero efficaci. Però sappiamo che il farmaco, nonostante rappresenti comunque un grande passo avanti per un paziente raro, non è risolutivo. Quindi il secondo aspetto fondamentale per noi è quello di lavorare in collaborazione con tutto l'ecosistema che ruota attorno al mondo delle malattie rare per cercare di identificare quelli che sono gli aspetti ancora irrisolti. Ecco, questa campagna per sensibilizzare sulla malattia complessa come la neurofibromatosi di tipo 1 (Nf1) rappresenta esattamente la nostra filosofia". Così all'Adnkronos Salute Anna Chiara Rossi, Vice President & General Manager di Alexion Italia, durante la presentazione - oggi a Roma - di 'Siamo iNFinite sfumature. Oltre i segni della neurofibromatosi', progetto promosso da Ananas (Associazione nazionale aiuto per la neurofibromatosi amicizia e solidarietà), Anf (Associazione Neuro Fibromatosi) e Associazione Linfa (Lottiamo insieme contro le neurofibromatosi), in collaborazione con Alexion, AstraZeneca Rare Disease.

"Abbiamo lavorato a stretto contatto con l'associazione dei pazienti e la comunità scientifica per cercare di capire quali fossero i bisogni inespressi di questa comunità - spiega Rossi - in particolare la comunità pediatrica. E uno degli aspetti che è emerso maggiormente è il fatto che questa malattia rara è altamente disabilitante dal punto di vista funzionale e dal punto di vista estetico, quindi ha un impatto sociale molto importante. Non solo, ma la Nf1 è spesso causa di una mancanza di inclusione e di accettazione da parte dei compagni di scuola. E chiaramente questo è un aspetto drammatico perché la scuola, l'istruzione, la crescita sono dei momenti fondamentali per la vita dei bambini".

Da qui l'idea di "lavorare tutti insieme su alcuni materiali - 3 guide per alunni, famiglie e insegnanti - che potessero dare delle informazioni precise ai compagni dei bambini colpiti dalla patologia - sottolinea Rossi - ma anche agli insegnanti e alle famiglie. Questi libretti sono stati prodotti e creati proprio dai pazienti che hanno raccontato le loro esperienze, hanno descritto quello che è l'impatto della patologia sulla loro vita quotidiana e adesso sono stati finalmente realizzati e sono pronti per la distribuzione. Per noi questo rappresenta davvero un progetto importantissimo perché, in linea con la nostra filosofia, va a rispondere a quello che è un bisogno importantissimo, inespresso e non risolto per questa comunità, con l'aiuto di tutti". L'auspicio per Rossi è che questo progetto "possa essere ampiamente adottato da tutte le scuole e ci auguriamo che la campagna possa davvero contribuire a migliorare la quotidianità dei piccoli colpiti da questa patologia", conclude.

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Salute e Benessere

Malattie rare, Malatesta (Ananas Aps):...

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‘Sulla loro psiche sin dal momento della diagnosi e in ogni fase della malattia’

Malattie rare, Malatesta (Ananas Aps):

“Sin dal momento della diagnosi e poi in ogni fase della malattia, la neurofibromatosi ha un impatto psicologico molto importante sui bambini. Parliamo di una patologia dalle mille sfaccettature e manifestazioni diverse, di conseguenza dall’evoluzione imprevedibile. Un problema molto importante per i genitori che dovranno far capire ai loro figli in che modo convivere con la malattia, ma soprattutto per i bambini poiché la loro socialità sarà inevitabilmente coinvolta. Quindi immaginate quanto sia importante e difficile per un bambino dover affrontare il mondo della scuola, dello sport o della socialità in generale, trovandosi magari con delle complicanze dovute alla malattia molto importanti, non soltanto sul piano estetico ma anche sul piano fisico”. Così all’Adnkronos Salute Maria Malatesta, presidente dell’Associazione nazionale aiuto per la neurofibromatosi amicizia e solidarietà (Ananas Aps) in occasione della presentazione – oggi a Roma – di “Siamo infinite sfumature. Oltre i segni della neurofibromatosi”, progetto promosso dalle Associazioni Ananas (Associazione nazionale aiuto per la neurofibromatosi amicizia e solidarietà), Anf (Associazione Neuro Fibromatosi), e Associazione Linfa (Lottiamo insieme contro le neurofibromatosi), in collaborazione con Alexion, AstraZeneca Rare Disease.

“Pensiamo ad esempio ai neurofibromi plessiformi che, oltre ad essere esteticamente evidenti possono comportare delle limitazioni sul piano fisico perché molto dolorosi o invalidanti - spiega Malatesta - Tutto questo comporta una serie di problematiche per cui è importantissimo un supporto psicologico sin dalla più tenera età”. Diventa molto importante “portare avanti campagne di questo tipo proprio per favorire l'inclusione dei bambini all'interno del tessuto sociale: fondamentale partire dal mondo della scuola educando tutti gli operatori scolastici e le famiglie in modo che siano informati su ogni aspetto della malattia – sottolinea Malatesta - E lanciare questo progetto in occasione proprio a pochi giorni di distanza dalla Giornata internazionale della Neurofibromatosi (il 17 maggio) è molto significativo. La giornata è stata infatti istituita proprio per sensibilizzare le istituzioni e l'opinione pubblica sulla malattia e quindi la campagna è un punto di partenza importante per salvaguardare i nostri bambini”.

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