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Congresso Ppe a Bucarest, Tajani: “Importante dialogo...

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Congresso Ppe a Bucarest, Tajani: “Importante dialogo con Conservatori, non decidono Socialisti”

von der Leyen corre verso secondo mandato alla guida della Commissione Ue

Antonio Tajani

E' partita dalla Romexpo di Bucarest, una fiera alla periferia nord della capitale rumena che ospita il congresso del Ppe, la corsa di Ursula von der Leyen per conquistare per la seconda volta la guida della Commissione Europea. A questo giro gareggia come ‘Spitzenkandidatin’, candidata di punta, non da coniglio estratto dal cilindro dei leader a sorpresa come nel 2019, quando Emmanuel Macron e Angela Merkel la nominarono dopo aver sapientemente ‘abbattuto’ a uno a uno, come i piccoli indiani di Agatha Christie, i vari Spitzenkandidaten indicati dai partiti nel Parlamento Europeo, che speravano così di ‘incanalare’ le scelte dei leader. Un tentativo andato a vuoto, anche per le indecisioni e le rivalità dei partiti Ue. A incoronare la politica della Bassa Sassonia, nata a Bruxelles, come ‘candidata di punta’ del Ppe, sia pure atipica dato che non si candida per un seggio in Aula, il congresso del partito, guidato proprio da quel Manfred Weber, bavarese, che nel 2019 i Popolari avevano candidato alla guida della Commissione.

Tajani: "Importante dialogo con Conservatori, non decidono Socialisti"

"Il dialogo con i Conservatori è importante. I Socialisti non possono pensare di essere coloro che decidono che cosa si deve fare in Europa, non essendo il primo partito". Lo dice il ministro degli Esteri e segretario nazionale di Forza Italia Antonio Tajani, a margine del congress. "Mi auguro - continua Tajani - che si possa lavorare con l'Ecr, che si possa lavorare con i Liberali. Certamente non possiamo pensare che ci siano solo i Socialisti nelle istituzioni comunitarie. Ci sono altre forze, altre realtà: tra questi i Conservatori e i Liberali".

"Quindi vedremo: ci saranno i risultati elettorali, però bisogna, credo, avere la possibilità di confrontarci e discutere sui contenuti. Noi siamo europeisti, quindi non possiamo fare delle scelte che non siano scelte europeiste. Se i Conservatori, come dimostrato anche recentemente, sono per l'europeismo e l'atlantismo, siamo pronti a dialogare e a confrontarci", conclude.

Il programma dei lavori

Il Partito Popolare Europeo, primo partito dell’Ue e forse l’unico ad avere una robusta struttura continentale, si riunisce a congresso a Bucarest oggi e domani, per preparare le elezioni europee del 6-9 giugno, per adottare il manifesto del Ppe e per eleggere la candidata di punta del partito in vista delle europee. L’elezione è scontata: von der Leyen è l’unica candidata e sarà lei il nome del Ppe. Spazio, nel congresso, anche oer la maltese Roberta Metsola, presidente del Parlamento Europeo, che punta ad essere riconfermata alla guida dell’Aula nella prima parte della prossima legislatura.

Al di là degli Spitzen, chi ha davvero il pallino in mano delle nomine dei vertici Ue sono i capi di Stato e di governo: il Ppe ne conta dieci su 27, e presto potrebbero diventare 12, con le elezioni in Portogallo e la staffetta prevista in Bulgaria. Se le elezioni europee andranno come previsto, la riconferma di von der Leyen e di Metsola appare probabile, anche se, come insegna il 2019, non è mai detto che i leader seguano le indicazioni del Parlamento: decidere il pacchetto di punta è loro prerogativa esclusiva e hanno già dimostrato di non volersela far scippare. Cinque anni fa arrivarono al punto di indicare al Parlamento il suo presidente, raccomandando il socialista bulgaro Sergej Stanishev, propiziando così, involontariamente, l’elezione di David Sassoli.

Più interessante, probabilmente, sarà il manifesto del partito: come anticipato dal Mattinale Europeo, la bozza contiene una posizione piuttosto ‘hard’ sulle migrazioni. “Chiunque richieda asilo nell’Ue - si legge nel documento preparatorio - potrebbe anche essere trasferito in un Paese terzo sicuro e svolgere lì la procedura. In caso di approvazione, il Paese terzo sicuro darebbe protezione al richiedente asilo in loco”, cioè non nell’Ue. “Un accordo contrattuale verrebbe stipulato con il Paese terzo sicuro. I criteri usati per identificare i Paesi terzi sicuri saranno in linea con la Convenzione di Ginevra sui rifugiati e con la Convenzione europea sui diritti umani. Nessuna delle due - si sottolinea - prevede il diritto di scegliere liberamente il Paese che dà protezione”.

Ad aprire la giornata di oggi con il discorso del presidente del Pdl Nicolae Ciuca, del presidente del partito rumeno Rmdsz Hunor Kelemen e di Weber. A seguire discussioni a panel, stile Davos, su sicurezza e difesa, solidarietà tra generazioni ed economia e lavoro, dopodiché verrà presentato il manifesto del partito. Tra gli oratori si segnalano la popolare madrilena Isabel Diaz Ayuso e il lituano Andrius Kubilius, per due volte premier e oggi eurodeputato. Tra gli interventi, da segnalare quello di Antonio Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri, Esteban Gonzalez Pons (eurodeputato del Partido Popular spagnolo), il commissario al Bilancio Johannes Hahn (Oevp, Austria), l’eurodeputato Siegfried Muresan (Pnl, Romania), il portoghese Paulo Rangel (Psd), la vicepresidente della Commissione Dubravka Suica (Croazia, Hdz), l’olandese Esther De Lange (Cda) e la bulgara Mariya Gabriel (Gerb). Infine verrà votato il manifesto del partito, prima che il segretario Bakolas concluda i lavori.

La seconda giornata, giovedì, verrà dedicata, invece, all’elezione della candidata di punta, Ursula von der Leyen. Sul palco saliranno i premier e vicepremier dei Popolari, insieme ai leader nazionali di opposizione. Parleranno, tra gli altri, il maltese Bernard Grech (Partit Nazzjonalista), la cipriota Annita Demetriou (Disy), il lettone Urmas Reinsalu (Isamaa), Janez Jansa (Sds, Slovenia), Boyko Borissov (Gerb, Bulgaria), Markus Soeder (Csu, Germania), Friedrich Merz (Cdu, Germania), Alberto Nunez Feijoo (Pp, Spagna. Luis Montenegro (Psd, Portogallo), impegnato in patria, manderà un videomessaggio. Weber poi introdurrà la candidata, che terrà un discorso, dopodiché si voterà, a scrutinio segreto. Seguiranno i discorsi dei vicepremier del partito, tra cui Tajani, e poi quelli dei capi di Stato e di governo: Petteri Orpo (Finlandia), Luc Frieden (Lussemburgo), Ulf Kristersson (Svezia), Nikos Christodoulides (Cipro), Karl Nehammer (Austria), Leo Varadkar (Irlanda), Andrej Plenkovic (Croazia), Donald Tusk (Polonia) e Kyriakos Mitsotakis (Grecia). Subito dopo sarà la volta della presidente del Parlamento Metsola e del presidente rumeno Klaus Iohannis. Infine, verrà annunciato il risultato del voto e la candidata terrà un altro discorso.

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Harry e Meghan nella bufera, la fondazione Archewell...

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Non avrebbe inviato i registri annuali, obbligatori per legge, e pagato le tasse per l'attività svolta

Harry e Meghan  - (Afp)

La Archewell, la fondazione di beneficenza di Harry e Maghan, è stata dichiarata inadempiente in California a causa del mancato invio dei registri annuali, obbligatori per legge, e il pagamento delle tasse per l'attività svolta. La fondazione non può, a questo punto, "richiedere o erogare fondi di beneficenza" e la sua registrazione può essere "sospesa o revocata", è scritto nella notifica del Registry of Charities and Fundraisers della California.

La Archewell avrebbe spedito un assegno con il pagamento delle tasse via posta tradizionale, ma non sarebbe mai arrivato a destinazione, hanno riferito al New York Times fonti vicine ai Sussex. Adesso ne avrebbero emesso uno nuovo e la posizione della fondazione verra regolarizzata entro i prossimi sette giorni lavorativi.

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Così la Cina invaderà Taiwan nel 2028. Gli scenari di...

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L'autore di "World on the Brink" spiega all'Adnkronos perché quello sarà l'anno chiave per capire se gli Stati Uniti e la Cina entreranno in guerra. E come evitare il precipizio

Dmitri Alperovitch

Il 13 novembre 2028 è il giorno in cui la Cina invade Taiwan. A Washington sono le 5 di mattina, e il presidente-eletto sta dormendo in un hotel del Wisconsin. Inizia così “World on the Brink”, il mondo sull'orlo (del baratro), libro di Dmitri Alperovitch. Che in un colloquio con l'Adnkronos spiega le ragioni di questo scenario, che effetti avrebbe una guerra tra Cina e Stati Uniti su Italia ed Europa, e perché l'Occidente, nonostante tutto, può vincere anche questa Seconda Guerra Fredda.

Alperovitch ha poco più di 40 anni ed è conosciuto per essere stato uno dei pochi ad aver previsto, a fine 2021, l'invasione russa in Ucraina. Ma la sua era già una biografia da romanzo: nato in Unione Sovietica, a 13 anni si trasferisce con la famiglia prima in Canada e poi a Chattanooga, cittadina del Tennessee, profondo Sud degli Stati Uniti. Temendo una brutta reazione per le origini russe – erano gli anni Novanta ed era appena finita la (Prima) Guerra Fredda – ai suoi compagni diceva di venire dal Canada. Loro non sapevano neanche dove fosse, il Canada. Mentre è ancora al liceo, con il padre (fisico nucleare) apre una società di crittografia. Si laurea e specializza in informatica e sicurezza, e lavora per varie start-up del settore, per poi assumere un ruolo importante in McAfee nel 2008. In quegli anni scopre e fa scoprire il livello di penetrazione del cyber-spionaggio cinese ai danni dei settori strategici americani.

Nel 2011 è uno dei fondatori di Crowstrike, società di cybersecurity, di cui diventa direttore tecnico e si occupa dei maggiori casi del decennio, tra cui l'attacco della Nord Corea a Sony Pictures come vendetta per il film-parodia su Kim Jong-un, e il furto delle email del Partito Democratico da parte di hacker sostenuti dal governo russo prima del voto che porterà Donald Trump alla Casa Bianca. Durante la quotazione in borsa, nel 2019, Crowdstrike raddoppia la capitalizzazione in 24 ore, da 5 a 11 miliardi di dollari (oggi vale 78 miliardi). L'anno seguente, Alperovitch lascia l'azienda per creare Silverado, un “policy accelerator” che ha l'obiettivo di risolvere sfide geopolitiche. Nel frattempo è diventato consulente per varie istituzioni americane.

Perché proprio il 13 novembre 2028? Le ragioni sono tante, ma Alperovitch fornisce quelle essenziali: "A cavallo tra 2027 e 2028 Xi Jinping sarà rieletto presidente in un quarto e forse ultimo mandato (oltre gli 80 anni in Cina è difficile non essere pensionati dalla politica), e sarà alla ricerca della mossa che lo consegnerà alla storia; nel gennaio 2028 a Taiwan vincerà di nuovo il partito che vuole mantenere l'indipendenza dell'isola, facendo capire a Pechino che minacce, bullismo e propaganda non bastano a far capitolare la 'provincia ribelle'; il 7 novembre 2028, giorno delle elezioni presidenziali americane, la Casa Bianca sarà praticamente semi-deserta: il presidente uscente – che sia Biden o Trump – non si sarà potuto ricandidare avendo esaurito il secondo mandato", e dunque capi ed esperti di sicurezza nel suo entourage saranno usciti dalle porte girevoli che precedono ogni cambio della guardia.

Il presidente-eletto, chiunque sia, in quel momento avrà un “transition team” messo in piedi nel suo comitato elettorale, non certo il controllo della situazione globale. Dunque i giorni che seguiranno il voto sarebbero perfetti per cogliere impreparati gli Stati Uniti.

Che si troverebbero davanti alla scelta se entrare in guerra con la Cina o meno. "Biden ha ribadito in quattro occasioni che accorrerebbe in difesa di Taiwan", ricorda Alperovitch, che alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco 2023 ha organizzato un 'war game' in cui simulava la reazione internazionale alla conquista dell'isola da parte di Pechino. "I partecipanti erano diplomatici, politici ed esperti di sicurezza nazionale da tutto il mondo. Quasi tutti mi hanno detto che un simile scenario avrebbe effetti cataclismici e sarebbe il segnale del declino permanente degli Stati Uniti come potenza del Pacifico. La Cina proietterebbe un potere mai esercitato su tutto quel quadrante".

India, Giappone, Vietnam, Filippine, Corea del Sud, oggi sono partner americani "non perché ci amino o perché non abbiamo fatto errori, anzi ne abbiamo fatti molti, ma odiano e temono più Xi Jinping, le sue aggressioni nel Mar Cinese Meridionale, la sua coercizione economica, le sue campagne di influenza. E questo ci basta".

Se invece l'invasione di Taiwan filasse liscia, questi paesi avrebbero la prova che gli Stati Uniti non sono in grado di proteggerli, e finirebbero schiacciati dall'assertività cinese. Pechino conquisterebbe il controllo totale di rotte commerciali, mercato dei semiconduttori, e accesso marittimo alla regione più produttiva al mondo, e comincerebbe a regolare le sue tante dispute territoriali con la forza, convinta di non essere contrastata.

Cosa farebbe l'Europa (e dunque l'Italia) in caso di attacco cinese alle basi americane nel Pacifico, mossa inevitabile se Washington dovesse intervenire a difesa di Taiwan? Alperovitch è netto: "A livello militare poco e niente. Non ci sono paesi europei con capacità navali significative in quell'area. Anche se scattasse l'Articolo 5 del Trattato Nato, che prevede la difesa collettiva, gli Stati Uniti al massimo chiederebbero agli alleati di occuparsi in via esclusiva delle questioni militari europee, se per allora dovessero esserci ancora conflitti con la Russia. Certo, una guerra Cina-Usa vorrebbe dire la morte, in poche settimane, di un numero di soldati americani mai visto dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Davanti a ciò, l'Europa non potrebbe che far scattare un decoupling immediato dalla Cina sul piano commerciale". Con conseguenze apocalittiche per le economie di tutto il mondo.

Le conclusioni del libro non sono fosche come l'inizio: il conflitto, pur probabile, non è inevitabile. La Seconda Guerra Fredda può avere la stessa parabola della Prima. Basta aspettare. E nel frattempo continuare a camminare sul bordo del precipizio, senza passi falsi, abbassando i toni della retorica ma tenendo alta la deterrenza. "I regimi autoritari nel breve periodo sembrano forti e capaci, ma nel lungo tendono a declinare, non avendo processi di ricambio durante le crisi, al contrario delle democrazie. La Cina è ormai condannata a non raggiungere mai gli Stati Uniti in termini economici: la bolla immobiliare, il debito pubblico, la disoccupazione giovanile, la crisi demografica, sono fattori che possono solo peggiorare visto che non cambieranno le linee politiche. L'Occidente resta il luogo, fisico e ideale, più ambito per i migranti di tutto il mondo ed è ancora nettamente in vantaggio in termini di innovazione, capitali, qualità della vita".

C'è un precedente significativo, raccontato nel volume: Berlino Ovest. Nel 1961 gli Stati Uniti stavano per lanciare un attacco nucleare sulle installazioni militari dell'Unione Sovietica, convinti che Mosca stesse per conquistare quell'avamposto di democrazia liberale in mezzo al mare comunista. Invece Krusciov da un giorno all'altro si mise a costruire il muro. Kennedy tirò un sospiro di sollievo: meglio il muro della guerra. I sovietici avevano capito che la finestra per conquistare Berlino si era chiusa per sempre. Lo stesso potrà succedere, prima o poi, per Taiwan. (di Giorgio Rutelli)

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Carlo III consegna onorificenze, prima volta dalla diagnosi...

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Circa 50 persone - ma sempre meno, per non affaticare il sovrano, delle 60-70 normalmente presenti - hanno partecipato all'evento al Castello di Windsor

Re Carlo III - (Afp)

Un re Carlo sorridente ha preso parte alla prima cerimonia di concessione delle onorificenze in cinque mesi. Circa 50 persone - ma sempre meno, per non affaticare il sovrano, delle 60-70 normalmente presenti - hanno partecipato all'evento al Castello di Windsor, tra cui l'arcivescovo di Canterbury e la scrittrice Jilly Cooper. Da quando al re è stato diagnosticato il cancro all'inizio dell'anno, le onorificenze sono state in gran parte consegnate dal principe William.

L'arcivescovo di Canterbury, reverendo Justin Welby, è stato nominato Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Reale Vittoriano per il suo servizio personale alla Corona durante l'incoronazione presso l'Abbazia di Westminster un anno fa. Le onorificenze dell'Ordine Reale Vittoriano sono un dono del Re e vengono conferite indipendentemente da Downing Street a persone che hanno servito il monarca o la famiglia reale in modo personale. Dopo aver ricevuto l'onoreficenza, Welby ha ricordato come "profondamente commovente" il momento dell'incoronazione di Carlo.

Amica di lunga data della regina Camilla, Jilly Cooper, che ha ricevuto il titolo di dama per i servizi resi alla letteratura e alla beneficenza, è nota per i suoi romanzi piccanti incentrati sullo scandalo e sull'adulterio nella società dell'alta borghesia. Altre persone che hanno ricevuto le onorificenze per il loro ruolo nell'incoronazione includono il decano dell'Abbazia di Westminster, reverendo David Hoyle, che è stato nominato Cavaliere Comandante dell'Ordine Reale Vittoriano, e il tenente colonnello James Shaw, maggiore della brigata della divisione domestica, che è diventato Luogotenente dell'Ordine Reale Vittoriano.

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