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Sostenibilità

Barilla aderisce alla campagna ‘M’illumino di...

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Barilla aderisce alla campagna ‘M’illumino di meno’ 

Domani in occasione della XX Giornata Nazionale del Risparmio Energetico e degli Stili di Vita Sostenibili

Barilla aderisce alla campagna 'M'illumino di meno' 

Domani, in occasione della XX Giornata Nazionale del Risparmio Energetico e degli Stili di Vita Sostenibili, Barilla promuove la cultura della sostenibilità spegnendo simbolicamente i luoghi iconici del proprio Headquarter di Parma e aderendo alla campagna 'M’illumino di meno'. Un gesto che risponde alla purpose del Gruppo 'La gioia del cibo per una vita migliore' finalizzata a offrire prodotti buoni, fatti con ingredienti di qualità e provenienti da filiere sostenibili, senza mai tralasciare l’impegno per le persone e per il pianeta.

In questa occasione, l’azienda di Parma vuole promuovere l’importanza di una cultura della sostenibilità e del risparmio energetico sia a livello locale, sia nazionale. Barilla, presente in oltre 100 paesi con le sue marche e con 29 siti produttivi, nel corso del 2022 ha investito oltre 10,9 milioni di euro per la tutela e la protezione ambientale. In particolare, negli ultimi anni più di 3milioni sono stati investiti per l’installazione di impianti fotovoltaici che raggiungeranno una potenza complessiva di 4MWp e una produzione annua di quasi 4,5 GWh, destinati a coprire circa il 6% dell’energia usata dai plant presso cui queste tecnologie sono operative.

Ad oggi il 64% dell’energia elettrica acquistata dal Gruppo proviene da fonti rinnovabili ed è dotata di certificazione d’origine, inoltre il 100% dell’energia elettrica utilizzata per i prodotti da forno: Mulino Bianco, Wasa, GranCereale e Pan di Stelle proviene da fonte i rinnovabili. Inoltre, lo stesso Rapporto di Sostenibilità pubblicato nel 2023 registra che, rispetto al 2010, sono calate del 32% le emissioni di gas a effetto serra e del 24% (con un miglioramento di 6 punti percentuali rispetto all’anno scorso) i consumi idrici per tonnellata prodotto finito.

Non solo. Barilla ha investito 9,4 milioni di euro per l’istallazione di un impianto di trigenerazione di ultima generazione presso il pastificio di Foggia in sostituzione del cogeneratore esistente giunto a fine vita. Il nuovo impianto, che entrerà in funzione prima dell’estate 2024, sarà in grado di produrre il 90% del fabbisogno elettrico del sito, l’85% del fabbisogno termico e il 50% di quello frigorifero: la produzione congiunta di energia elettrica, termica e frigorifera permetterà di ridurre dell’11% le tonnellate di CO2 emesse.

Nella stessa direzione va il progetto di revamping dell’impianto di trigenerazione dello stabilimento Barilla di Marcianise (CE), il primo Pastificio Barilla che ha adottato questa tecnologia che alimenta oggi il 100% dei consumi termici, circa il 95% dei consumi elettrici e circa il 30% dei consumi di energia frigorifera. Si tratta di interventi che puntano a migliorare ulteriormente le performance energetiche dell’impianto, garantendo un ulteriore risparmio energetico di circa il 20% dell’energia primaria. Impianti di trigenerazione sono presenti in tutti i pastifici Barilla italiani, quindi anche nei plant di Pedrignano (Parma) e Muggia (Trieste).

Non solo, il gruppo ha investito 1,65 milioni di euro per l’installazione di un nuovo impianto fotovoltaico presso lo stabilimento di Rubbiano, il più grande sughificio d'Europa, che con una potenza di 1,5MWp sarà operativo da questa settimana per produrre il 10% dell’energia elettrica consumata dal plant. A questi si aggiungono 520mila euro impiegati nell’installazione dell’impianto di Rubbiano Bakery, da 320 KWp, che coprirà circa il 3% dei consumi del plant e che entrerà in funzione prima dell’estate 2024.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Sostenibilità

Cresce l’impegno delle imprese quotate verso l’ESG

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Il rapporto di Deloitte sulle azioni delle società italiane quotate nel promuovere la sostenibilità e affrontare il cambiamento climatico

Finanza sostenibile

Il tessuto imprenditoriale italiano sta vivendo una fase di trasformazione sempre più improntata alla sostenibilità ambientale e alla responsabilità sociale d'impresa. Questo cambiamento è evidente nel crescente interesse delle aziende quotate nel riorientare i propri modelli di business verso una transizione energetica più sostenibile e nella volontà sempre più diffusa di rendicontare in modo trasparente gli sforzi e i risultati conseguiti in questo ambito.

Un recente rapporto curato da Deloitte, intitolato 'L’attuazione delle Raccomandazioni Tcfd nelle società quotate italiane', offre uno sguardo approfondito su come le società italiane quotate hanno affrontato le sfide legate al cambiamento climatico e alla transizione energetica nel corso del 2023. Attraverso l'analisi di documenti pubblici, obbligatori o volontari, il rapporto evidenzia sia i progressi compiuti sia le aree in cui c'è ancora spazio per migliorare.

Uno dei punti focali del rapporto è l'implementazione delle raccomandazioni del Task Force on Climate-related Financial Disclosures (Tcfd), concentrandosi su quattro principali aree tematiche:

  • governance;
  • strategia;
  • gestione del rischio;
  • metriche e obiettivi.

Governance e strategie aziendali

La governance rappresenta un pilastro fondamentale per l'integrazione della sostenibilità nelle strategie aziendali. Il rapporto rivela un aumento significativo nel numero di società che attribuiscono responsabilità specifiche in materia di sostenibilità a comitati interni e che includono membri del consiglio di amministrazione con competenze specifiche in ambito ESG e cambiamento climatico. Un significativo 69% delle società ha ora un comitato dedicato alla sostenibilità, in aumento rispetto al 60% dell'anno precedente. Inoltre, il 41% ha almeno un membro del consiglio con competenze specifiche su temi ESG, un dato che è più che raddoppiato rispetto all'anno precedente.

Un'altra area di miglioramento riguarda l'analisi strategica del cambiamento climatico e dei suoi impatti sull'azienda e sulla sua catena di valore. Un numero sempre maggiore di aziende riconosce il cambiamento climatico come un tema materiale e rilevante, e sta sviluppando analisi di scenario per prevederne gli impatti futuri e adeguare di conseguenza le proprie strategie.

La consapevolezza del cambiamento climatico come un tema materiale è in costante aumento, con il 94% delle aziende che lo riconoscono come tale. Tuttavia, c'è ancora spazio per miglioramenti nella formulazione di strategie di adattamento e mitigazione del rischio. Solo il 25% delle società ha sviluppato un'analisi di scenario per prevedere gli impatti del cambiamento climatico sul proprio business, ma ciò rappresenta comunque un miglioramento rispetto agli anni precedenti.

Gestione del rischio e metriche di sostenibilità

La gestione del rischio climatico è un'altra area di interesse crescente. Un numero considerevole di società sta integrando i rischi e le opportunità derivanti dal cambiamento climatico nei propri processi decisionali, sebbene vi sia ancora spazio per migliorare la quantificazione di tali rischi e opportunità. L'87% delle società analizzate considera ora questi fattori nei propri processi decisionali, rispetto al 70% dell'anno precedente. Inoltre, sempre più aziende stanno quantificando i rischi e le opportunità climatiche, sebbene in modo non sistematico.

Infine, il rapporto mette in luce l'importanza di definire e utilizzare metriche e obiettivi per monitorare i rischi climatici, l'impatto ambientale delle attività aziendali e i progressi nella riduzione delle emissioni e nell'uso sostenibile delle risorse. Il 72% del campione ha condotto analisi del proprio "Carbon Footprint" e ha adottato obiettivi quantitativi di riduzione delle emissioni, mentre il 36% ha aderito al questionario Cdp Climate Change, che valuta l'impatto delle attività aziendali sul cambiamento climatico, dimostrando un impegno concreto verso la neutralità carbonica.

Il rapporto di Deloitte evidenzia una tendenza positiva verso una maggiore consapevolezza e azione delle imprese quotate italiane in materia di sostenibilità e cambiamento climatico. Tuttavia, ci sono ancora aree in cui le aziende devono fare progressi, come l'implementazione di strategie di adattamento più avanzate e la quantificazione sistematica dei rischi e delle opportunità climatiche. Questi risultati indicano la direzione verso la quale il mondo imprenditoriale italiano si sta dirigendo, sempre più consapevole dell'importanza di integrare la sostenibilità nelle proprie strategie aziendali per affrontare le sfide del futuro.

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Sostenibilità

Il 61% degli italiani non è preparato sul tema...

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A usarla sono i giovani. Disoccupati e pensionati pensano non sia utile nel quotidiano. Ecco cosa ne pensano i lavoratori. I dati nel sondaggio realizzato da YouTrend per Fondazione Pensiero Solido

Robot al pc  - - Canva

Il 61% degli italiani non è preparato sul tema dell’Intelligenza Artificiale. Questo è il grande dato emerso in un sondaggio realizzato da YouTrend per Fondazione Pensiero Solito e presentato a Milano nell’ambito di un incontro pubblico al Cefriel dal titolo 'Intelligenza artificiale e lavoro, Come cambia, come dobbiamo cambiare noi'. Il dato è in crescita rispetto all’anno scorso, con un +6%. A sentirsi preparata, invece, è la maggior parte degli under 35 (54%). Ma vediamo cosa è emerso tra lavoro, Ai, e prospettive future.

Giovani e ChatGpt

Per quanto riguarda l’uso di ChatGpt tra i giovani, dal sondaggio è emerso che è il 67% l'ha usato almeno una volta. Numero che si riduce al 36% tra chi ha età compresa tra 35 e 54 anni. Per gli over 55, invece, è pari solo al 23%. Chat-Gpt rimane l’app di Ai più usata e più conosciuta: chi già l’ha conosciuta è il 69%, il 37% l'ha usata almeno una volta. Sconosciute, invece, Microsoft Copilot (47% la conosce), gemini (41%) e Midjourney (30%). Anche in questo caso, le applicazioni menzionate sono più conosciute dai giovani.

Intelligenza artificiale e lavoro

Disoccupati e pensionati rappresentano la maggioranza degli inattivi. Questi ritengono che non sia utile nelle mansioni quotidiane. Per i lavoratori, invece, le percentuali evidenziano una sensibilità maggiore. Il 50% ritiene utile un affiancamento sul lavoro, ma il 46% è più negativo sotto questo aspetto.

Regolamentazione statale

Il 59% è favorevole alla creazione di un'azienda pubblica europea che competa con le aziende americane del settore dell'Ai. Un consenso che si riduce del 7% nel caso in cui l'azienda sia italiana e finanziata dallo Stato italiano. Sul ruolo dello Stato, gli italiani sono ancora più nettamente a favore di un intervento per regolare lo sviluppo dell'Ai rispetto a un anno fa (67%, +8%), ma la frazione che considera anche di vietarne l'uso è stabile al 16%.

Ai: quale prospettiva per i dipendenti

Ricevere istruzioni dall’Intelligenza artificiale al lavoro? Questo è uno degli scenari possibili nel prossimo futuro anche se gli italiani, in merito, si dividono: il 45% sarebbe disposto a farlo, il 44% no. Si riduce inoltre la percentuale di chi vede nel controllo e nella valutazione automatica un vantaggio per i lavoratori. Il dato cala del 10% rispetto al 2023. Si arriva così a una parità tra chi lo ritiene un vantaggio e chi uno svantaggio. Cresce anche la percentuale di persone che ritengono che l'IA porterà a una diminuzione dei posti di lavoro e circa la metà dei lavoratori non si sente né aiutata né minacciata dai cambiamenti portati dalle nuove tecnologie. I giovani sono più ottimisti: un under35 su tre si sente aiutato dai cambiamenti portati da queste tecnologie.

I mestieri del futuro?

Un altro grande dibattito è quello emerso sui lavori che potrebbero essere sostituiti dall’Intelligenza artificiale. Anche su questo tema, YouTrend ha interrogato il campione del sondaggio e dalla domanda è emersa che i mestieri più sostituibili secondo gli italiani rimangono l'impiegato d'ufficio (per il 62% l'IA svolgerebbe i suoi compiti altrettanto bene), l'operario (53%) e il commesso (51%). I meno sostituibili sono invece il camionista (25%), il medico (24) e l'imprenditore (23%).

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Sostenibilità

Caldo killer, Lancet: “Europa responsabile del cambiamento...

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Aumenta dell’11% la vulnerabilità al caldo: rischio disuguaglianze tra paesi che emettono e paesi svantaggiati

Caldo termometro - Canva

Le temperature in Europa si stanno riscaldando a un ritmo doppio rispetto alla media globale, minacciando la salute delle popolazioni di tutto il continente e portando a inutili perdite di vite umane. A diramare l’allarme è il Lancet Countdown in Europe, istituito nel 2021, valuta le conseguenze sanitarie e occupazionali dei cambiamenti climatici per stimolare azioni politiche e sociali in direzione opposta.

Un nuovo rapporto ha evidenziato gli impatti negativi dei cambiamenti climatici sulla salute umana, sul ritorno dei Paesi europei e sulle opportunità mancate. Scopriamo insieme cos’è emerso.

Crisi climatica: “Non è il futuro”

Secondo quanto è emerso dal report, si stima che i decessi legati al caldo siano aumentati in gran parte dell’Europa. L’aumento medio è di 17,2 decessi ogni 100mila abitanti tra il 2003-2012 e il 2013-2022. Le ore a rischio per l'attività fisica si sono diffuse oltre le parti più calde della giornata e in un futuro non molto lontano potrebbero “indurre le persone a ridurre la loro attività fisica complessiva e quindi ad aumentare il rischio di malattie non trasmissibili. L’esposizione al calore può minare ulteriormente la salute delle persone incidendo sui determinanti sociali ed economici della salute”, scrive il Lancet.

La vulnerabilità al calore, infatti, è aumentata del 9% dagli anni ’90 ad oggi in Europa, con un aumento di circa il 4% (oggi pari al 41,2%). La più alta vulnerabilità è stata osservata nell’Europa occidentale. Tuttavia, l’aumento relativo più elevato della vulnerabilità (1990-2022) “è stato osservato nell’Asia occidentale (11,6%) e nell’Europa meridionale (11%), mentre il più basso nell’Europa settentrionale e occidentale (entrambi intorno al 5%).

Lavoro e sanità, rischio disuguaglianze

Per quanto riguarda le ricadute che il caldo che avrà sul lavoro, ad esempio, il Lancet stima che l’offerta è già stata sostanzialmente inferiore nel periodo 2016-2020 rispetto al periodo di riferimento 1965-1994. L’Europa occidentale, meridionale e orientale ha registrato un aumento sostanziale delle condizioni di siccità estrema dal 2000-2009 al 2010-2019. Inoltre, nel 2021, il cambiamento climatico ha provocato quasi 12 milioni di persone in più colpite da insicurezza alimentare moderata o grave in Europa con ricadute sulle possibilità lavorative.

E per quanto riguarda gli aspetti sanitari la condizione non è differente. L’Europa meridionale tende a essere maggiormente colpita da malattie legate al caldo, incendi, insicurezza alimentare, siccità e leishmaniosi, mentre l’Europa settentrionale è ugualmente o più colpita da Vibrio e zecche. All’interno dei paesi, le minoranze etniche e le popolazioni indigene, le comunità a basso reddito, i migranti e gli sfollati, le persone con minoranze sessuali e di genere e le donne in gravidanza e durante il parto tendono a essere le categorie più gravemente colpite dagli impatti sulla salute legati al clima.

“Strategie di adattamento mal progettate, come soluzioni basate sulla natura o meccanismi per migliorare il comfort termico che non considerano adeguatamente l’equità, possono perpetuare le disuguaglianze ambientali e sanitarie – denuncia il Lancet -. Poiché non tutti gli indicatori possono incorporare analisi su diversi gruppi di popolazione, il nostro rapporto offre solo uno sguardo al quadro molto più ampio e sottolinea l’importanza di una ricerca più approfondita per approfondire gli impatti diseguali dei cambiamenti climatici sulla salute per informare le misure di protezione sanitaria per tutti. popolazioni. Nonostante il cambiamento climatico esacerba le disuguaglianze esistenti, gli indicatori sulla governance e sulla politica mostrano uno scarso coinvolgimento con gli aspetti di uguaglianza, equità o giustizia nella ricerca, nella politica e nei media su clima e salute. Inoltre, l’equità ambientale, compresa la gestione della distribuzione socio-spaziale sproporzionata dell’esposizione ai cambiamenti climatici e dei rischi per la salute, non è un obiettivo esplicito delle attuali politiche dell’Ue”.

Responsabilità e azione

Sulle responsabilità dei Paesi e dei governi, i ricercatori sono estremamente critici. Se da un lato denunciano chi si è arricchito con le emissioni, dall’altro non possono fare a meno di sottolineare che “Il cambiamento climatico è un problema di giustizia sociale e ambientale. Nel 2021, le emissioni derivanti dalla combustione di combustibili fossili ammontavano a 5,4 tonnellate di Co2 pro capite in Europa, sei volte quella dell'Africa e quasi tre volte quella dell'America centrale e meridionale. Il ritmo con cui i paesi europei si stanno muovendo verso l’azzeramento delle emissioni nette rimane tristemente inadeguato, con l’attuale traiettoria dell’Europa coerente con il raggiungimento della neutralità del carbonio solo entro il 2100. È importante sottolineare che, con il consumo europeo di beni e servizi prodotti in altre parti del mondo, i paesi europei continuano a esercitare pressioni ambientali e i relativi impatti avversi sul clima e sulla salute in altre parti del mondo”.

Dal report è emerso, inoltre, che si stima che il settore sanitario abbia contribuito con 330 megatonnellate di emissioni di Co2 nel 2020. Inoltre, l’uso del carbone è aumentato fino al 13% dell’approvvigionamento energetico totale dell’Europa nel 2021 e 29 paesi su 53 forniscono ancora sussidi netti per i combustibili fossili.

Quali conseguenze

L’assenza di un’azione coraggiosa, spiegano i ricercato, rischia di:

  • esacerbare ulteriormente gli impatti dei cambiamenti climatici che stanno già accadendo
  • far perdere l’opportunità di apportare considerevoli benefici collaterali alla salute a breve termine

“Mentre l’impegno scientifico e quello aziendale continuano a crescere – denunciano i ricercatori -, si sono registrati bassi livelli di impegno da parte dei media, politico e individuale rispetto al clima. Dato che il quadro sanitario potrebbe rafforzare il sostegno pubblico e politico all’azione per il clima e la necessità per le società europee di adattarsi agli impatti sulla salute dei cambiamenti climatici, promuovere la consapevolezza della salute climatica tra gli attori politici e le istituzioni è essenziale per stimolare ulteriormente l’azione.

Per soddisfare le raccomandazioni dell’ultimo rapporto del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici sull’azzeramento delle emissioni nette entro il 2040, le emissioni dei sistemi energetici europei dovrebbero diminuire di tre volte rispetto al tasso attuale. “Riconoscendo gli impatti dei cambiamenti climatici all’interno e al di fuori dell’Europa e il ruolo dell’Europa nel creare la crisi climatica, l’Europa dovrebbe impegnarsi in una transizione ambientale giusta e sana, che includa l’assunzione di responsabilità globale e il sostegno alle comunità più colpite”, ha concluso il Lancet.

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