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Made in Italy, Antimo Caputo (Mulino Caputo): “Quest’anno festeggiamo i primi 100 anni, agricoltori vanno tutelati e sostenuti”

L'ntervista all'ad dello storico mulino di Napoli: "Esportiamo in tutto il mondo, serve piano Marshall per agricoltura"

Antimo Caputo,  amministratore delegato di Mulino Caputo

"Io condivido lo spirito degli agricoltori, a mio parere ci deve essere un equilibrio tra la sostenibilità economica e quella ambientale del Pianeta. Non è che per spingere la sostenibilità noi affamiamo le persone oppure non tuteliamo i sistemi agricoli più piccoli come nel nostro caso. Non entro nella discussione sul metodo, trattori o non trattori, perchè ognuno sceglie il proprio metodo di confronto con le parti interessate, ma dal mio punto di vista condivido il principio che spinge gli agricoltori a far valore le loro ragioni". Così, intervistato da Adnkronos/Labitalia, Antimo Caputo, amministratore delegato di Mulino Caputo e quarta generazione della famiglia di mugnai dello storico mulino di Napoli che è tra primi esportatori di farina nel mondo, commenta le proteste degli agricoltori.

Un anno importante, il 2024, per il Mulino Caputo. "Noi quest'anno -racconta- orgogliosamente festeggiamo i nostri primi cento anni. Un'azienda saldamente famigliare, volutamente legata al nostro sacrificio, al nostro impegno, al nostro amore, alla nostra passione. Un'azienda che da 100 anni è a Napoli, ha sempre accolto tanta conoscenza del territorio, il mondo delle ricette, della gastronomia. E che oggi esporta in tutto il mondo, arriviamo con le nostre farine in tutti i Continenti", sottolinea l'imprenditore che realizza le farine preferite dai professionisti dell'arte bianca: pizzaioli, panettieri, pasticceri, maestri della pasta.

Farine che vengono prodotte con grani di alta qualità, che ben testimoniamo il legame della famiglia e dell'azienda con l'agricoltura. "I primi clienti degli agricoltori siamo noi con il mulino", sottolinea Caputo secondo cui "il sistema agricolo italiano, purtroppo, viene molto colpito da questa ultima normativa europea. Noi condividiamo -spiega- i principi che stanno enunciando in queste ore gli agricoltori e crediamo quindi che l'agricoltura va sostenuta prima di tutto con il mercato, con la realizzazione dei giusti introiti per gli agricoltori. Il progetto agricolo italiano -spiega- deve essere sostenibile economicamente, dobbiamo quindi tutelare e sostenere gli agricoltori".

Un sostegno vero, concreto, sottolinea Caputo. "Dobbiamo sostenerli anche nell'innovazione, che non vuol dire non utilizzare alcuni mezzi tecnici, ma al contrario sostenerli nell'evoluzione tecnologica del sistema agricolo. E poi spingere verso l'accorpamento delle aziende, favorendo le cooperative, i consorzi, gli stoccaggi e gli accordi commerciali comuni, in modo da rendere il sistema agricolo italiano molto più forte. E se quindi queste nuove normative Ue squilibrano il mercato non va bene. Perchè l'agricoltura va sostenuta, non limitata, ripeto", aggiunge.

E quindi per l'imprenditore "serve un piano generale per l'agricoltura in Italia, un Piano Marshall agricolo direi. E quindi sostenere l'accorpamento delle aziende agricole per renderle più forti, più innovazione e sistemi di stoccaggio più efficienti".

"Dopo tutti questi scossoni che abbiamo avuto per il mercato -spiega- con la pandemia, la guerra in Ucraina e la guerra in Medio Oriente con le conseguenze sul Mar Rosso ci troviamo davanti a uno shock di tutti i sistemi economici. Quando avvengono questi fenomeni globali che poi intervengono sulle economie locali, in questo caso su quella italiana, ovviamente i sistemi più deboli pagano pegno. E noi -sottolinea- paghiamo pegno perchè purtroppo il sistema italiano della produzione agricola è un sistema estremamente legato a schemi ormai superati".

In particolare, per Caputo, il nostro Paese soffre perchè "abbiamo una grandissima parcellizzazione della proprietà agricola, con aziende che dal mio punto di vista sono troppo piccole. E abbiamo degli scarsi sistemi di stoccaggio della produzione agricola, che invece potrebbero essere una tutela per gli agricoltori dando loro riparo dalle estreme fluttuazioni del mercato. Nel campo dei cereali in particolare in Italia -spiega- abbiamo un sistema di stoccaggi assolutamente obsoleto. E questa è una cosa insostenibile. E poi in ultimo noi viviamo il disagio di avere una produzione effettivamente di grandissima qualità che però purtroppo non sempre ci viene riconosciuta", spiega ancora.

Qualità che Mulino Caputo insegue sempre nella sua produzione. "Il nostro Mulino -racconta Caputo- ha due stabilimenti, Napoli e Campobasso, dove c'è una doppia linea produttiva, e trasformiamo orientativamente 1000 tonnellate di cereali al giorno. Abbiamo acquisito poi un terzo stabilimento a Bergamo una decina d'anni fa dove produciamo nel mondo del senza glutine. Oltre la metà del nostro prodotto -sottolinea l'imprendiore- viene esportato fuori dall'Italia, in export, perchè c'è una grande attenzione fuori dall'Italia per i prodotti italiani, per il metodo di produzione. Con grande orgoglio -spiega ancora- raggiungiamo con le nostre farine tutti i continenti, dalla Nuova Zelanda all'Australia passando per l'India, l'Europa, Nord e Sud America. Riusciamo a coprire tutto il mondo grazie alla grande alleanza che c'è nel mondo della cucina italiana, che speriamo raggiunga il risultato di essere riconosciuta dall'Unesco", sottolinea.

E Mulino Caputo da tempo ha intrapreso una nuova strada ancora più vicina agli agricoltori. "Nel campo dell'agricoltura -spiega- con grande orgoglio noi raggiungiamo il settimo anno di filiera con 'Grano Nostrum' che prevede tutto grano del Sud Italia, che ci sta tanto a cuore perchè permette di avere soddisfazione all'agricoltore per la remunerazione del capitale. Prodotto 100% dei grani del Sud Italia. Questa è una delle strade -sottolinea- da perseguire perchè permette all'agricoltore non solo di avere un'agricoltura sostenibile ma anche di avere contatto con l'azienda per capire che direzione deve prendere il mercato. Noi siamo i primi clienti degli agricoltori, un agricoltore senza un molino non sa dove portare il grano, banalmente", aggiunge

Il motivo del successo dei propri prodotti per Caputo è chiaro. "Abbiamo un grandissimo know-how -spiega- che abbiamo tutelato e conservato nel mondo dei cereali, quindi dei grani. E in più il nostro rapporto con chef, pizzaioli e maestri pasticceri, tramandando ricette e sapori. Mettendo queste cose insieme -spiega- abbiamo realizzato un processo di macinazione lento che permette di tutelare la materia prima e quindi di non danneggiare amido e proteine e quindi realizzare un prodotto specializzato per determinare ricette. Tutte le nostre farine sono solo ed esclusivamente grano, è un prodotto molto puro, sano. Questo per noi è un caposaldo fondamentale. Tanti tipi di farine diverse ma manteniamo un prodotto di grande naturalezza", spiega ancora.

E Mulino Caputo negli anni ha allargato anche il suo mercato di riferimento. "Siamo molto specializzati nel mondo della ristorazione. Durante la pandemia con ristoranti e pizzerie chiuse abbiamo avuto un periodo di rallentamento. Allo stesso tempo però abbiamo avuto una grande opportunità con gli chef e i pizzaioli che hanno raccontato sui social i loro segreti e i loro impasti c'hanno permesso di essere conosciuti a un pubblico più casalingo, dandoci un grande spazio all'interno della distribuzione italiana. Invece di restare nelle cucine dei ristoranti siamo arrivati sulle tavole degli italiani, insomma", spiega.

"E' stata una bella cosa e una bella opportunità -aggiunge- con la capacità di fare sistema nel made in Italy, tra ricette e ingredienti. Il mulino oggi resta la cinghia di trasmissione tra il mondo dell'agricoltura, il campo di grano, e quella che è la realizzazione dei maestri dell'impasto da una parte e poi chi a casa vuole realizzare un prodotto genuino divertendosi, restando a contatto con la terra. Noi siamo in mezzo tra il campo di grano e il piatto di pasta, e non sempre ci si ricorda di questo", sottolinea l'imprenditore.

E Caputo lancia anche un appello per valorizzare sempre di più il cibo made in Italy. "Io uso sempre questa frase -spiega- che rappresenta un concetto semplice ma assolutamente importante: 'Insieme si va lontano'. Se il sistema del cibo italiano facesse molte più alleanze tra agricoltura, prima e seconda trasformazione, e soprattutto coinvolgendo cuochi e chef che oggi hanno una notorietà straordinaria, rappresentando così uniti all'estero la qualità e la genuinità del nostro cibo avremmo opportunità straordinarie, molto più di quelle che abbiamo oggi. Ma veramente dobbiamo stare insieme tutti quanti, non in contrapposizione, perchè tutti insieme si va lontano. Dove ognuno ha un ruolo, diverso dall'altro, ma che messo insieme diventa fortissimo", aggiunge ancora.

Unione che è ancora più centrale in un momento come questo in cui le tensioni internazionali influiscono anche sulle intenzioni dei consumatori. "L'effetto della siccità incrociato con l'effetto Mar Rosso ha generato un innalzamento dei costi dei trasporti e delle materie prime che in questo momento sono l'ultima cosa che ci voleva per il mercato. In questa fase c'è una grande pressione su prezzi del prodotto che stiamo cercando di limare e di contenere. Questo perchè allo stesso tempo abbiamo un consumatore estremamente impaurito e sbandato rispetto a tanti eventi, con meno propensione alla spesa, intimorito e desideroso di preservarsi perchè vede tempi difficili davanti. Speriamo che la voglia di stare sempre insieme e uscire di casa e mangiare cose semplici e genuine ci porti fortuna nei prossimi mesi", sottolinea l'imprenditore.

"Noi non pensiamo minimamente -spiega- di toccare al rialzo i nostri prezzi, anzi stiamo lavorando tantissimo con i nostri fornitori e i nostri partner commerciali per sostenere dei prezzi corretti sul mercato", conclude.

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Lavoro, D’Avenia: “E’ luogo del mettere...

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Così lo scrittore Alessandro D'Avenia, intervenendo all'evento intervenendo all'evento 'Donne, lavoro e sfide demografiche' di Fondazione Gi Group e Gi Group Holding

Alessandro D'Avenia

"I vostri figli fanno 13 anni di scuola e ne escono con una perplessità persino sul se fare o meno un'università e quale università fare. Il punto è proprio questo, li abbiamo trattati da assenti. Immaginatevi se a partire dai sei anni noi chiedessimo a questi bambini, e poi ragazzi, di giustificare la loro presenza nel mondo. Se la domanda fosse perché sei venuto al mondo, che è la domanda fondamentale, a cui se non sappiamo rispondere non possiamo dare vita a nessun altro perché non provoca vocazioni, non provoca vita a chi non ha vita in sé e ha vita in sé solo chi occupa il suo posto nel mondo, a proposito di lavoro. Ed è bello che la parola lavoro, nella mia terra, Terronia, si dica travagliu, travaglio, che è il termine che utilizziamo per il parto, cioè quindi c'è un'idea che se tu fai bene il tuo lavoro, ma soprattutto se il lavoro fa del bene a te, tu nasci e fai nascere attorno a te il mondo. Il lavoro è il luogo del mettere al mondo il mondo". Così lo scrittore Alessandro D'Avenia, intervenendo all'evento intervenendo all'evento 'Donne, lavoro e sfide demografiche' di Fondazione Gi Group e Gi Group Holding in collaborazione con Valore D.

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Lavoro, Violini (Fondaz.Gi Group): “Affrontare...

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Così la presidente Fondazione Gi Group, intervenendo all'evento 'Donne, lavoro e sfide demografiche' di Fondazione Gi Group e Gi Group Holding in collaborazione con Valore D

Chiara Violini, presidente Fondazione Gi Group

"Questo studio e questo evento rappresentano una tappa di sviluppo nel nostro lavoro di Fondazione Gi Group e Gi Group Holding nella linea di impegno per il lavoro sostenibile che è la nostra definizione di fondazione. Parlare di sostenibilità riferita al lavoro è qualcosa per noi di molto concreto, il nostro Manifesto dice che il lavoro sostenibile è sicurezza e legalità nell'ambito del lavoro, occupabilità delle persone lungo il corso di tutta la vita, superare il più possibile gli ostacoli che tengono le persone fragili fuori dal mercato del lavoro. E tutto ciò nella salvaguardia delle risorse per le generazioni future. Per me questo in sintesi significa lavorare bene è un grande bene, è molto più grande del valore economico del lavoro. Per questo esserci dedicati al lavoro sostenibile è stato un passo naturale". Così Chiara Violini, presidente Fondazione Gi Group, intervenendo all'evento 'Donne, lavoro e sfide demografiche' di Fondazione Gi Group e Gi Group Holding in collaborazione con Valore D, con la presentazione dell'omonimo studio.

"Quello di oggi -ha spiegato- è il secondo grande studio che abbiamo avviato. Il primo lo abbiamo fatto a settembre scorso sui giovani, l'altro grande tema del nostro Paese. Abbiamo quindi cercato di leggere il tema dell'occupazione femminile con la natalità perchè non possiamo permetterci di affrontare questa problemi in modo separato. Le correlazioni non sono banali, lo studio ce lo fa capire e aiuta a individuare le best practice per potere arrivare a un cambiamento. Anche questo studio applica un visione allargata, ad altri Paesi europei, e con oggi possiamo avere un ulteriore passo di quella trasformazione che è dentro la nostra missioni di fondazione", conclude.

 

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Lavoro, Falcomer (Valore D): “Collaborazione...

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Così Barbara Falcomer, direttrice generale Valore D, intervenendo all'evento 'Donne, lavoro e sfide demografiche' di Fondazione Gi Group e Gi Group Holding in collaborazione con Valore D

Barbara Falcomer, direttrice generale Valore D

"Il tema del lavoro, dello sviluppo demografico e dell'occupazione femminile lo portiamo avanti da 15 anni, dalla nostra fondazione. In questo studio noi abbiamo portato esperienze, pratiche, e si prendono in considerazione tante variabili, fa vedere che tutto è collegato. Sul tema dell'occupazione, del calo demografico il nostro compito è quello di tenere alta l'attenzione sempre, tutti i giorni di ogni singolo anno, perché è un tema di sostenibilità sociale e di sostenibilità economica per il nostro Paese". Così Barbara Falcomer, direttrice generale Valore D, intervenendo all'evento 'Donne, lavoro e sfide demografiche' di Fondazione Gi Group e Gi Group Holding in collaborazione con Valore D.

"Attualmente le aziende -continua- fanno molto, fanno quello che possono, soprattutto quelle medio grandi e le multinazionali, per le quali il tema della valorizzazione del capitale umano, il tema del divario di genere, non sono temi di oggi. Quindi sono partite prima. Cosa fanno? Fanno tantissime iniziative, dall'allungamento dei congedi alla possibilità di lavoro flessibile", spiega ancora.

"Ma le aziende da sole non ce la possono fare, serve una collaborazione sempre più stretta tra pubblico e privato. Questo studio però può rappresentare una road map, una bussola", conclude.

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