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Cronaca

Carcinoma uroteliale, nuovi dati confermano terapia...

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Carcinoma uroteliale, nuovi dati confermano terapia mantenimento con avelumab

Lo anticipa Merck, in occasione del Simposio annuale sui tumori genitourinari della American Society of Clinical Oncology (Asco), in programma a San Francisco dal 25 al 27 gennaio

Un laboratorio

Nuovi dati real-world, cioè dalla pratica clinica, rafforzano ulteriormente il regime terapeutico che prevede una chemioterapia di prima linea a base di platino, seguita da una fase di mantenimento con avelumab come standard di cura per i pazienti eleggibili affetti da carcinoma uroteliale localmente avanzato o metastatico, che non sono andati in progressione dopo la chemioterapia di prima linea. Lo anticipa Merck, in occasione del Simposio annuale sui tumori genitourinari della American Society of Clinical Oncology (Asco), in programma a San Francisco dal 25 al 27 gennaio.

I dati - spiega una nota - includono studi real-world che confermano, come nello studio clinico 'Javelin Bladder', una sopravvivenza globale mediana di circa 30 mesi nei pazienti senza progressione dopo la chemioterapia di prima linea. Ulteriori analisi effettuate su dati real-word offrono per la prima volta spunti circa i risultati di sopravvivenza globale ottenuti proponendo una sequenza terapeutica che prevede, per pazienti in progressione dal regime di trattamento 'Javelin Bladder', l'utilizzo di anticorpi farmaco-coniugati (Adc, Antibody-drug conjugate) come enfortumab vedotin. Alcuni dati preliminari suggeriscono che nei pazienti che hanno ricevuto la terapia con un Adc, dopo il regime 'Javelin Bladder', la sopravvivenza mediana dall'inizio della chemioterapia di prima linea ha raggiunto i 40 mesi.

"Avelumab, nel trattamento di mantenimento di prima linea - afferma Philippe Barthélémy dell'Institut de Cancérologie Strasbourg Europe, Francia - è diventato lo standard of care per i pazienti con tumore della vescica localmente avanzato o metastatico, con un profilo di efficacia e sicurezza ben consolidato e supportato da anni di esperienza nella pratica clinica quotidiana. Queste nuove analisi si aggiungono all'ampio corpus di evidenze scientifiche che dimostrano come il trattamento di mantenimento con avelumab possa contribuire a prolungare la sopravvivenza globale e offrire potenzialmente una qualità di vita migliore". Inoltre, aggiunge l'esperto, "l'analisi dello studio real-world 'Avenance', attualmente in corso, potrebbe fornire nuove indicazioni secondo le quali l'uso iniziale del regime 'Javelin Bladder', seguito da un trattamento di seconda linea con un Adc come enfortumab vedotin, potrebbe migliorare notevolmente gli esiti di sopravvivenza globale dei pazienti. Questi risultati sottolineano l'importanza di un trattamento strategico di sequenza per ottimizzare i risultati dei pazienti".

"Lo studio 'Javelin Bladder 100' - osserva Tamas Sütö, Senior Vice President e Head of Medical Unit Oncology di Merck - ha contribuito a trasformare lo standard di cura per i pazienti con tumore della vescica in stadio avanzato in un momento in cui, da decenni, non si vedevano importanti progressi. Continuando a condividere le nuove ricerche su avelumab, compresi i dati sulla qualità della vita correlata alla salute, sulle popolazioni 'chiave' di pazienti e sulla sequenza terapeutica, possiamo aiutare ulteriormente i clinici a prendere decisioni consapevoli circa il trattamento di ogni singolo paziente".

Il tumore della vescica è il decimo tumore più comune al mondo, ricorda la nota. Nel 2020 sono stati diagnosticati oltre mezzo milione di nuovi casi, con circa 200mila decessi per questa malattia a livello globale. Il carcinoma dell'uretra, che rappresenta circa il 90% di tutti i tumori della vescica, diventa più difficile da trattare man mano che avanza, diffondendosi attraverso gli strati della parete della vescica. Solo il 25%-55% dei pazienti riceve una terapia di seconda linea dopo la chemioterapia di prima linea.

Avelumab è un anticorpo monoclonale umano contro il ligando del recettore di morte programmata (Programmed cell death) PD-L1. Bloccando l'interazione ligando-recettore, rispettivamente tra PD-L1 e PD-1, ha dimostrato in modelli preclinici di agire sbloccando la soppressione della risposta antitumorale immunitaria mediata dalle cellule T.

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Cronaca

Caso Yara, difesa di Bossetti visiona i reperti:...

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In uno scatolone con gli effetti personali della ragazza anche 54 provette con le tracce genetiche precedentemente conservate in frigo a 80 gradi sotto zero

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Due ore e quarantacinque minuti. Tanto è durata l'udienza in cui, per la prima volta a quasi 14 anni dall'omicidio di Yara Gambirasio, la difesa di Massimo Bossetti ha potuto visionare (ma non fotografare) i reperti che hanno portato alla condanna in via definitiva all'ergastolo dell'imputato. Nel pomeriggio, davanti ai giudici della corte d'Assise di Bergamo, in un'udienza a porte chiuse a cui Bossetti ha partecipato in video collegamento dal carcere a Bollate, gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, insieme ai consulenti che hanno lavorato al caso, hanno potuto guardare quanto rimasto sigillato a lungo in uno scatolone.

Tra i reperti, ancora ben conservati, gli slip su cui è stata trovata la traccia genetica mista, della vittima e dell'allora Ignoto 1, considerata la prova regina contro Bossetti; la felpa che Yara indossava il 26 novembre 2010, giorno della scomparsa; il giubbotto che aveva nel campo di Chignolo d'Isola dove è stata trovata senza vita tre mesi dopo. E anche le 54 provette di Dna - trasferite da un frigorifero dell'ospedale San Raffaele di Milano all'Ufficio corpo di reati del tribunale di Bergamo - che hanno acceso un aspro scontro tra difesa e accusa.

"Finalmente dopo 5 anni dall'autorizzazione abbiamo avuto la possibilità di vedere i reperti, ma lascia davvero tanto amaro in bocca vedere le 54 provette di Dna, più altri 23 campioni diluiti, in una scatola, senza la giusta conservazione (prima del trasferimento era conservati in un frigo a una temperatura di 80 gradi sotto zero). In quella scatola c'è tutto il processo, c'è la vita di un uomo e l'hanno distrutta" spiega Salvagni, interpellato dall'Adnkronos. L'udienza di oggi è, per ora, l'ultima mossa difensiva prima di altre iniziative per provare a chiedere la revisione del processo.

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Cronaca

Studenti pro Palestina, Viminale: “Particolare...

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E' quanto si è deciso nel corso del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica

Manifestazione pro Palestina - Fotogramma

Particolare attenzione a impedire che persone estranee al mondo universitario possano infiltrarsi nelle manifestazioni al solo scopo di strumentalizzare il dissenso, alimentando forme di violenza che, per loro natura, sono incompatibili con la libera manifestazione del pensiero. E' quanto stabilito nel corso del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, che si è svolto questo pomeriggio al Viminale, presieduto dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, alla presenza del ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini. Al vertice hanno partecipato il vicepresidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, Francesco Bonini, i vertici delle Forze di polizia e delle agenzie di informazione e sicurezza.

È stato effettuato un attento monitoraggio delle numerose manifestazioni che, dopo la crisi in Medio Oriente, stanno interessando gli atenei italiani, e nel corso delle quali solo in un numero limitato di casi si sono registrate criticità. Durante l’incontro è stata evidenziata anche la proficua collaborazione tra rettori e rappresentanti delle forze dell’ordine, grazie alla quale è stato possibile limitare le tensioni. Anche alla luce di quanto finora emerso, è stata inoltre condivisa la necessità di proseguire con le efficaci attività di mediazione da parte dei responsabili delle università e delle forze di polizia per prevenire ripercussioni sull’ordine pubblico.

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Cronaca

Caso Iovino, Fedez indagato per rissa e lesioni

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La decisione della procura di Milano, il fascicolo riguarda il personal trainer aggredito nella notte tra il 21 e il 22 aprile scorso dopo una lite in discoteca. Da quanto si apprende i denunciati sarebbero cinque o sei, alcuni non ancora identificati

Fedez - Fotogramma /Ipa

La procura di Milano ha iscritto Fedez, all'anagrafe Federico Lucia, per rissa, lesioni e percosse in concorso, nel fascicolo che riguarda l'episodio che avrebbe visto come vittima il personal trainer Cristiano Iovino, aggredito nella notte tra il 21 e il 22 aprile scorso davanti alla sua abitazione, dopo una lite in una discoteca in zona corso Como. I motivi della rissa, che avrebbero coinvolto il cantante e marito dell'influencer Chiara Ferragni, non sono ancora chiari. Da quanto si apprende i denunciati sarebbero 5-6, alcuni non ancora identificati.

Fedez: "Io non c'ero, dalla telecamera non si vede niente"

"Io non c'ero. E dalla telecamera non si vede niente", aveva detto Fedez soltanto ieri a La Stampa online, prima di intervenire al Salone del Libro di Torino, in merito al caso del pestaggio del personal trainer.

"Si parla di 9 persone che hanno massacrato una persona, tutti ultras del Milan", si leggeva nella ricostruzione del cantante pubblicata sul sito del quotidiano torinese. "La persona viene aggredita, arriva l’ambulanza ma non viene portata in ospedale. Tutti parlano di un massacro, ma se questa persona non è stata portata in ospedale non c’è un referto medico e non ha denunciato, di cosa stiamo a parlare? Oltretutto poco dopo è andato a ballare a Ibiza … Se non ci fosse il mio nome in mezzo non ci sarebbe la notizia", ha concluso.

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