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Salute e Benessere

Cancro seno metastatico Her2 low, rimborso per anticorpo...

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Cancro seno metastatico Her2 low, rimborso per anticorpo farmaco-coniugato

Primo trattamento a migliorare sopravvivenza in questo sottogruppo riduce del 50% rischio di progressione della malattia o di morte

Una fase dell'evento organizzato a Milano

Per le pazienti con tumore al seno metastatico e bassa espressione della proteina Her2 (Her2 low) è stato approvato in Italia il rimborso per trastuzumab deruxtecan, l’anticorpo monoclonale farmaco-coniugato di Daiichi Sankyo e AstraZeneca che ha dimostrato di migliorare in modo sostanziale sia la sopravvivenza libera da progressione che la sopravvivenza globale, dimezzando il rischio di avanzamento della malattia o di morte anche in questo gruppo precedentemente escluso dai benefici delle terapie Her2 mirate. Nel 2023, in Italia, sono stati stimati 55.900 nuovi casi di tumore del seno. La sopravvivenza a 5 anni raggiunge l’88%. Diagnosi precoce e terapie mirate - è stato ricordato nel corso di un evento oggi a Milano - hanno contribuito a questo importante risultato. Attualmente, circa 52mila persone vivono con la malattia metastatica che, con un tasso di sopravvivenza a 5 anni del 25%, rimane una condizione caratterizzata da forti bisogni clinici ancora insoddisfatti. La terapia appena approvata risponde alle esigenze di circa due terzi dei tumori positivi per i recettori ormonali e negativi per Her2 e a quelle di un terzo delle forme triplo negative.

Nello specifico, l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha dato il via libera alla rimborsabilità di trastuzumab deruxtecan come monoterapia per il trattamento di pazienti adulti con cancro della mammella Her2 low (Her2 low definito come: IHC 1+ or IHC 2+/ISH-) non resecabile o metastatico, che hanno ricevuto precedente chemioterapia per malattia metastatica o che hanno sviluppato recidiva della malattia durante o entro 6 mesi dal completamento della chemioterapia adiuvante. A gennaio 2023 trastuzumab deruxtecan è stato approvato dalla Commissione europea, in questa indicazione, in base ai risultati dello studio di fase 3 Destiny-Breast04, pubblicati sul ‘New England Journal of Medicine’ che hanno registrato una sopravvivenza libera da progressione mediana di 9,9 mesi nelle pazienti trattate rispetto a 5,1 mesi con chemioterapia. Inoltre, l’anticorpo farmaco-coniugato ha ridotto del 36% il rischio di morte, con un miglioramento di oltre 6 mesi della sopravvivenza globale mediana, che ha raggiunto 23,4 mesi nel gruppo trattato rispetto a 16,8 mesi con chemioterapia.

“Trastuzumab deruxtecan - spiega Giampaolo Bianchini, professore associato e responsabile del Gruppo mammella dell’Irccs ospedale San Raffaele, Università Vita-Salute San Raffaele di Milano - appartiene alla categoria degli anticorpi farmaco-coniugati, cioè è costituito da un anticorpo diretto contro il recettore Her2, espresso sulle cellule tumorali, e da un potentissimo chemioterapico legato a questo anticorpo: il risultato è di traghettare all’interno delle cellule questo chemioterapico che porta a morte cellulare, limitando l’esposizione dei tessuti normali. Nello studio Destiny-Breast04, che ha coinvolto 557 pazienti - continua - ha ridotto del 50% il rischio di progressione rispetto alla chemioterapia e aumentato significativamente la sopravvivenza globale”.

Il tumore del seno - si è ricordato nel corso dell’incontro - viene classificato in tre principali sottotipi, fondamentali per definire la prognosi e l’approccio terapeutico: tumori con recettore 2 del fattore di crescita epidermico umano positivo (Her2+); tumori luminali con recettore ormonale (Hr) positivo (estrogeno o progesterone positivo) e contemporaneamente Her2 negativo (Hr+/Her2-) e il sottotipo triplo-negativo (Tnbc, negativo per tutti e tre i recettori). L’espressione di Her2 è definita come positiva o negativa. Viene determinata tramite un test di immunoistochimica (Ihc), che misura i livelli della proteina Her2 in una cellula tumorale (i risultati del test Ihc sono riportati come 0, 1+, 2+ o 3+), e un test di ibridazione fluorescente in situ (Fish), che conta le copie del gene Her2 nelle cellule tumorali (quest’ultimo viene effettuato solo se si ottiene un punteggio 2+ da test Ihc).

"Fino al 55% di tutti i tumori al seno esprime livelli bassi di Her2– precisa Michelino De Laurentiis, direttore del Dipartimento di Oncologia Senologica e Toraco-Polmonare, Istituto nazionale tumori Irccs Fondazione ‘G. Pascale’ di Napoli - ed è, pertanto, classificabile come Her2 low. Fino ad oggi questi tumori erano classificati semplicemente come Her2 negativi (cioè, con Her2 non iperespresso) e ricadevano, pertanto, tra i tumori luminali o tra i triplo-negativi, a seconda della presenza o meno dei recettori ormonali. Oggi, invece, visto che i tumori Her2 low possono avvalersi di questa nuova opportunità terapeutica data dal trastuzumab deruxtecan, diventa fondamentale identificarli con precisione. Per questo è quanto mai necessario il ruolo del team multidisciplinare nella valutazione dei pazienti e, in particolare, una collaborazione stretta tra oncologo e patologo che effettua i test diagnostici”.

Per le pazienti con tumore al seno Her2 low “le implicazioni terapeutiche sono importanti. – sottolinea Alessandra Fabi, responsabile Medicina di Precisione in Senologia, Fondazione Policlinico Universitario A.Gemelli Irccs di Roma - Grazie alla rimborsabilità di Aifa, possiamo trattare le pazienti precedentemente considerate Her2-negative, con un anticorpo monoclonale coniugato anti-Her2, migliorando il tempo di controllo della malattia e la sopravvivenza globale nello stadio metastatico”.

Trastuzumab deruxtecan è già stato rimborsato da Aifa, a luglio 2023, nel tumore al seno metastatico Her2 positivo. L’approvazione anche per per i casi Her2 low “ci rende molto felici - aggiunge Rosanna D’Antona, presidente Europa Donna Italia - Questo, unitamente a una presa in carico dedicata all’interno dei Centri di senologia e al lavoro congiunto del team multidisciplinare, potrà non solo aumentare la sopravvivenza di queste donne, ma anche la loro qualità di vita nel percorso di cura che le attende”.

Secondo Mauro Vitali, Head of Oncology di Daiichi Sankyo Italia, “la possibilità di candidare ad un trattamento anti-Her2 anche pazienti che esprimano bassi livelli di questa proteina rivoluziona l’attuale paradigma di diagnosi e cura del carcinoma della mammella metastatico. L’efficacia è indipendente dallo stato del recettore ormonale, pertanto sia le pazienti con tumore al seno ormono-positivo che quelle con tumore triplo negativo sono candidabili al trattamento con trastuzumab deruxtecan. L’approvazione della rimborsabilità da parte di Aifa - continua - supporta il nostro obiettivo di espandere anche a questa popolazione il beneficio che la terapia con trastuzumab deruxtecan può offrire loro”.

“Trastuzumab deruxtecan ha aperto la strada al trattamento di nuovi segmenti clinicamente significativi di pazienti oncologici la cui malattia non prevedeva opzioni terapeutiche mirate – conclude Alessandra Dorigo, Head of Oncology di AstraZeneca Italia -. Questi risultati sono il frutto della sinergia tra la competenza medico-scientifica e tecnologica di Daiichi Sankyo e la grande esperienza in oncologia e le risorse globali di AstraZeneca. Siamo orgogliosi di questa approvazione, un ulteriore tassello che ci avvicina all’obiettivo di cronicizzare il cancro e all’ambizione di eliminarlo, un giorno, come causa di morte. Il nostro impegno è sviluppare terapie innovative in grado di migliorare non solo la sopravvivenza ma anche la qualità di vita dei pazienti”.

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Covid, aumenta rischio cardiovascolare nei 3 anni dopo...

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Lo studio condotto dall'Irccs San Raffaele in collaborazione con La Sapienza e Federico II

Medico visita paziente (Foto )

L'aumento del rischio cardiovascolare che si registra per i pazienti Covid-19 potrebbe non essere limitato alla fase acuta dell'infezione, ma estendersi nel tempo, almeno per 3 anni. Sono questi i risultati dello studio, pubblicato su 'Cardiovascular Research', condotto dai ricercatori dell'Irccs San Raffaele di Roma in collaborazione con colleghi delle università di Roma Sapienza e Federico II di Napoli. L'indagine è stata realizzata su un campione di circa 229mila pazienti, tra cui circa 32mila che hanno avuto una diagnosi molecolare di Covid-19, in una regione - la Campania - a rischio cardiovascolare moderato secondo la classificazione europea Score.

Rischio infarto e ictus

Diversi studi, su un numero limitato di persone ospedalizzate, hanno dimostrato che l'infezione da Sars-CoV-2 è molto spesso associata allo sviluppo di eventi cardiovascolari e cerebrovascolari. L'importanza di questo nuovo lavoro sta nel fatto che prende in esame una popolazione reale di grandi dimensioni. Coinvolge infatti persone provenienti da un database dei medici di medicina generale della Asl 1 di Napoli, seguite per 3 anni, durante la pandemia nel periodo 2020-22, e confrontate con una popolazione pre-pandemia derivata dallo stesso database nel periodo 2017-19. "I risultati hanno dimostrato che il gruppo infettato dal virus ha avuto circa il doppio dei casi di infarto del miocardio, ictus cerebrale, scompenso cardiaco, fibrillazione atriale e miopericarditi", ha spiegato Massimo Volpe, responsabile del Centro per la diagnosi e cura dell'ipertensione arteriosa e delle complicanze cardiovascolari del San Raffaele, tra i firmatari dello studio.

Un rischio aumentato, insomma, che "nella popolazione colpita dal virus pandemico si protrae per almeno 3 anni. La rilevante ricaduta clinica e sociale impone quindi un'attenzione particolare nei confronti dei soggetti colpiti dal Covid-19 che devono essere seguiti nel tempo, per il possibile sviluppo di malattie cardiovascolari", ha aggiunto Volpe. I ricercatori, in base ai risultati dello studio, invitano quindi alla pianificazione di un follow-up più lungo per i pazienti con Covid-19, per prevenire e gestire tempestivamente possibili eventi cardiovascolari e cerebrovascolari gravi.

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Ospedale del futuro, Petralia (Fiaso): “Con...

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Al congresso Aiic, 'digitalizzazione e Ai per una presa in cura unitaria'

Ospedale del futuro, Petralia (Fiaso):

Il futuro dei nostri ospedali "parte qui e ora, da ciascuno di noi che ci aspettiamo di essere presi in cura, prima ancora che essere curati. Gli ospedali non sono stati sempre soltanto luoghi di auspicabile guarigione, di cura di malattie, ma sono nati come luoghi di accoglienza, di ospitalità per viandanti e pellegrini. Con l'avanzare della tecnologia e della scienza sono diventati percorsi, spazi, prospettive di presa in carico e di cura", e in questo "un ruolo importante è giocato dalla digitalizzazione e dall'intelligenza artificiale". Così Paolo Petralia, vicepresidente vicario Fiaso e direttore generale Asl 4 Liguria, questa mattina a Roma, ha descritto l'evoluzione dell'assistenza ospedaliera al Convegno nazionale dell'Associazione italiana ingegneri clinici (Aiic) in corso nella Capitale fino a sabato.

Si tratta di "un modello di ospedale che sempre di più va verso il territorio - continua Petralia - e di territorio che va verso l'ospedale in una logica di circolarità e non di esclusività", che supera il concetto di "integrazione ospedale-territorio. Abbiamo bisogno di parlare di un percorso per le persone, di una presa in cura unitaria e che vada dall'ospedale al setting assistenziale intermedio e al domicilio, in una logica di continuità di assistenza e cura". Oltre ad essere un luogo "bello", nell'ospedale del futuro "non si è costretti a dover condividere la camera con altre persone e, grazie alla tecnologia", ci sarà "la virtualizzazione dei posti letto - spiega l'esperto - e non sarà più necessario dover dormire in ospedale per essere curati" perché, con la condivisione dei dati, "l'assistenza sarà fornita al bisogno, a domicilio". A livello tecnologico, "l'intelligenza artificiale potrà affiancare e sostenere gli operatori, ma anche i pazienti nell'esperienza di permanenza in ospedale per ottenere risposte che sono avanzate dal punto di vista dei contenuti clinici, ma anche sostenibili e gradevoli dal punto di vista della modalità con cui vengono erogati".

A fronte di un patrimonio edilizio ospedaliero spesso obsoleto, "possiamo immaginare, nel tempo, di riuscire" a lavorare per trasformare gli edifici attuali in "building adeguati in termini di struttura - conclude Petralia - che risparmino energia, che siano green, automatizzati, efficienti dal punto di vista dei percorsi, ma anche degli spostamenti, in una logica che dal monoblocco ritorna a padiglioni piccoli, immersi nel verde, capaci di essere flessibili nel loro utilizzo, come la pandemia ci ha insegnato".

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Ospedale del futuro, l’esperto: “Flessibile,...

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Al congresso Aiic, 'organizzazione per intensità di cura'

Ospedale del futuro, l'esperto:

"L'ospedale del futuro dovrà essere flessibile, modulare - anche perché, ci ha insegnato il Covid, ci può essere necessaria una riconfigurazione rapida dei posti letto - molto digitale, con intelligenza artificiale, senza reparti, con pochi professionisti" supportati al meglio, "in modo che il lavoro che adesso viene fatto da tanti in futuro venga fatto da pochi, e accogliente", con "tanto verde". Lo ha detto Giovanni Guizzetti, ingegnere clinico e direttore sociosanitario Asst Ovest Milanese, intervenendo questa mattina alla sessione dedicata all'ospedale del futuro, durante il Convegno nazionale dell'Associazione italiana ingegneri clinici (Aiic), a Roma fino al 18 maggio.

"Per capire quale possa essere il futuro dell'ospedale - continua Guizzetti - dobbiamo capire qual sarà il futuro di tutte le assistenze sanitarie del cittadino e, quindi, anche come si arriverà alla trasformazione della sanità domiciliare e la sanità territoriale. L'ospedale del futuro dovrebbe essere un ospedale in cui, ad esempio, il paziente cronico non accede, se non in casi rarissimi". Tra le novità più importanti, spicca il fatto che non ci sarà una differenziazione fra un reparto e l'altro, ma in base all'intensità di cura. E servirà più contatto con la natura, quindi aree verdi, perché "questo, è dimostrato ampiamente, contribuisce anche al maggior benessere del paziente". Nell'ospedale del futuro "ci saranno molte camere singole", almeno la metà dei posti letto, "non solo per un maggiore comfort del paziente - precisa Guizzetti - ma anche perché questo permette di controllare meglio le infezioni ospedaliere. Soprattutto sarà un ospedale molto digitale, in cui le applicazioni di intelligenza artificiale senz'altro supporteranno tutto il processo di diagnosi e cura. Si è citato addirittura un ospedale senza posti letto, perché l'ospedale diventa il concentratore della sanità domiciliare, di pazienti che sono monitorati a casa loro e gestiti centralmente da una struttura in cui, professionisti multidisciplinari, gestiscono il paziente che si trova, invece, a domicilio".

La trasformazione "in realtà è già in corso - avvisa l'esperto - Non ce ne stiamo accorgendo, ma nel mondo ci sono già degli esempi. In Italia abbiamo tanti, troppi ospedali piccoli, che costano molti soldi di gestione e non permettono agli ospedali più avanzati di poter essere adeguatamente supportati. Certo, resta la necessità di avere una prossimità dell'ospedale, ma se consideriamo" l'evoluzione tecnologica e l'aumento "dei trasporti con mezzi a guida autonoma", è facile intuire che "anche l'accesso al luogo di cura, anche in modo autonomo", sarà una realtà.

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