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Israele-Gaza, Netanyahu: “Elimineremo Hamas e nessuno...

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Israele-Gaza, Netanyahu: “Elimineremo Hamas e nessuno ci fermerà”

Il consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, sarà oggi e domani in Israele. Usa: "Sostegno a Israele non è diminuito"

Truppe israeliane (Afp)

''Continueremo fino alla fine, fino alla vittoria, fino all'eliminazione di Hamas''. Così il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu incontrando alcuni militari dell'unità di intelligence che sta interrogando i miliziani di Hamas detenuti nel sud di Israele. ''Niente ci fermerà'', ha aggiunto Netanyahu riferendosi alle pressioni internazionali.

"Non penso che abbiamo un'alternativa'' alla guerra e anche se sarà ''difficile'' c'è la ''determinazione a continuare fino alla fine'', ha poi detto Netanyahu al capo dello Shin Bet Ronen Bar. ''Dovremo occuparci dell'Iran e soprattutto impedire che l’Iran si doti di armi nucleari'', ha sottolineato il primo ministro israeliano ribadendo che Israele non fermerà la sua offensiva militare a Gaza finché Hamas non sarà ''eliminato''.

Casa Bianca

Da parte degli Stati Uniti "il sostegno a Israele non è diminuito'', ha dichiarato in conferenza stampa il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby. Riferendosi al fatto che martedì Joe Biden aveva detto che Israele sta perdendo il sostegno del mondo a causa della guerra a Gaza, Kirby ha precisato che ''il presidente rifletteva la realtà dell'opinione globale, che conta anch'essa. Il nostro sostegno a Israele non è diminuito''. Kirby ha poi aggiunto con i giornalisti: ''Abbiamo avuto delle preoccupazioni riguardo al proseguimento di questa campagna militare e le abbiamo espresse''.

Il consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, sarà oggi e domani in Israele. Lo ha reso noto la portavoce, Adrienne Watson, in una nota, precisando che Sullivan incontrerà Netanyahu, il suo gabinetto di guerra e il presidente Isaac Herzog "per discutere degli ultimi sviluppi in Israele e a Gaza".

Ostaggi

Ieri Biden ha incontrato "i familiari degli americani presi in ostaggio da Hamas per ascoltare le loro storie. Li ho rassicurati che continuerò a fare tutto il possibile per garantire il rilascio dei loro familiari. E che non rinunceremo alla speranza", ha scritto su X il presidente Usa.

Intanto il capo del Mossad David Barnea non si recherà in Qatar, dove era stato invitato, per portare avanti gli sforzi di mediazione per il rilascio di ostaggi nelle mani di Hamas nella Striscia di Gaza. Lo ha deciso il gabinetto di guerra israeliano dopo dissensi al suo interno sulla questione, come riporta l'emittente Channel 13 citando un funzionario diplomatico a condizione di anonimato.

In particolare il ministro del gabinetto di guerra Benny Gantz era favorevole alla missione del capo del Mossad per cercare di raggiungere un nuovo accordo sugli ostaggi, mentre Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant erano contrari. Secondo loro, infatti, Israele dovrebbe attendere un segnale da Hamas che è davvero interessato a un altro accordo dopo le pressioni militari sul gruppo.

Hamas

Il leader di Hamas Ismail Haniyeh ha ringraziato l'Assemblea generale delle Nazioni Unite per aver sostenuto il cessate il fuoco immediato. Inoltre ''Hamas è grata per la posizione assunta dal segretario generale dell'Onu'' Antonio Guterres ''che ha più volte chiesto il cessate il fuoco''.

“Siamo aperti a discutere qualsiasi idea o iniziativa che possa portare alla fine dell’aggressione" contro la Striscia di Gaza, ha affermato il leader di Hamas riportato dalla emittente Al Jazeera. Haniyeh, tuttavia, ritiene che “qualsiasi scommessa su accordi a Gaza” dopo la guerra “senza Hamas e le altre fazioni della resistenza è una mera illusione”. Hamas, ''la resistenza'', continuerà a guidare la Striscia di Gaza dopo che la ''brutale aggressione'' finirà, ha dichiarato Haniyeh, aggiungendo che i combattenti dell'ala armata del gruppo sono impegnati sul terreno e stanno infliggendo ''pesanti perdite'' ai soldati israeliani.

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Esteri

Ucraina, il piano del Cremlino per Mariupol: sarà una...

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La città, nelle mani russe dal maggio di due anni fa e indissolubilmente legata all'assedio dell'acciaieria Azovstal, ora vede spuntare 'Gli appartamenti di Putin' per le vacanze

Macerie del teatro di Mariupol - Fotogramma /Ipa

Da 'città martire' a località turistica. E' il piano messo a punto dal Cremlino per Mariupol, la città dell'Ucraina meridionale quasi completamente distrutta dai bombardamenti e caduta nelle mani dei russi nel maggio di due anni fa. Ora, secondo quanto riporta il corrispondente locale di Bfmtv, Mosca - malgrado la città sia indissolubilmente associata al drammatico assedio all'acciaieria Azovstal - intende farne un luogo di vacanze e ha già avviato un piano di ricostruzione dei suoi quartieri e del centro storico da finalizzare entro il 2035.

Nelle strade di Mariupol, riporta l'emittente francese, sono già stati realizzati degli appartamenti completamente bianchi, ribattezzati 'Gli appartamenti di Putin'. Si tratte di case che sono state ricostruite molto rapidamente dopo l'assedio con l'obiettivo di mostrare agli abitanti che la situazione sta migliorando. Secondo le Nazioni Unite, quando Mariupol cadde, il 90% dei suoi edifici residenziali era stato distrutto o danneggiato.

La scommessa degli acquirenti russi: tra 10 anni sarà meta per le vacanze

Oltre alla russificazione della città, il Cremlino vuole fare di Mariupol, situata sulla riva del Mar d’Azov, una vera e propria località balneare. Questo progetto ha avuto già l'effetto di far registrare un forte aumento dei prezzi degli immobili. Perché queste nuove unità abitative non vengono consegnate agli abitanti che ne hanno bisogno, ma vengono acquistate da russi che scommettono sul fatto che forse tra 10 anni Mariupol sarà una città meta di vacanze come tante altre.

Uno di loro ha rilasciato un'intervista alla Bbc lo scorso agosto. "Ho acquistato una proprietà. Mariupol diventerà una bellissima città", spiegava Vladimir, originario della città di Murmansk, nella regione dell'Artico. "L'importante è che la città sia in riva al mare", ha aggiunto, spiegando all'epoca di aver investito grazie ai prezzi decisamente bassi. Secondo i media britannici, decine di persone hanno pubblicato annunci sul social network VKontakte in cui affermano di cercare un immobile a Mariupol. Ma un'inchiesta del Financial Time ha messo in luce tutti i difetti della ricostruzione ordinata da Putin, denunciando come gli abitanti vivano in condizioni deplorevoli, in "case costruite a metà", "appartamenti pericolosi con perdite d'acqua" e dove "i lavori di ristrutturazione sono stati pasticciati".

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Ucraina, anche l’Estonia valuta l’invio di...

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Il governo di Tallin sta "seriamente" valutando l'ipotesi per "ruoli non di combattimento" ma nelle "retrovie" in modo da poter liberare truppe ucraine da inviare al fronte

Soldati in Ucraina - Fotogramma /Ipa

Non solo la Lituania, c'è un altro paese pronto a inviare soldati in Ucraina. Anche il governo dell'Estonia sta infatti "seriamente" valutando la possibilità di inviare truppe nella parte occidentale del Paese per dei ruoli non di combattimento, nelle "retrovie" in modo da poter liberare truppe ucraine da inviare al fronte in un momento cruciale della guerra.

La Russia ha lanciato un'offensiva nella regione di Kharkiv, con l'obiettivo di creare una zona cuscinetto per isolare i propri territori dagli attacchi di Kiev. L'obiettivo di Mosca è anche spingere l'Ucraina a riposizionare uomini e mezzi attualmente schierati sul fronte orientale, che diventerebbe più attaccabile dagli invasori.

La posizione estone è stata illustrata al portale Breaking Defense da Madis Roll, consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Alar Karis: per quanto Tallinn preferirebbe fare qualsiasi mossa nell'ambito di una piena missione Nato - "per mostrare una più ampia forza combinata e determinazione" - non si esclude la possibilità di partecipare ad una coalizione più piccola.

Lituania e soldati a Kiev, cosa ha detto la premier

Il messaggio dell'Estonia arriva a pochi giorni dal segnale inviato da un altro paese baltico. La premier della Lituania Ingrida Simonyte aveva reso noto l'8 maggio scorso di essere pronta a inviare i suoi militari in missione di addestramento in Ucraina. La presa di posizione del paese baltico era arrivata malgrado le minacce di Mosca: il ministero della Difesa aveva infatti annunciato esercitazioni nucleari tattiche ordinate da Vladimir Putin in risposta alle dichiarazioni sull'invio di truppe da parte di Emmanuel Macron.

La linea Macron, il 'no' dell'Italia all'invio di truppe

Il presidente francese, dopo le prime esternazioni di febbraio, negli ultimi giorni è tornato a prospettare l'ipotesi di inviare soldati in Ucraina se la Russia dovesse sfondare la linea del fronte e se Kiev dovesse chiedere apertamente il sostegno diretto dei partner occidentali: si tratta di due condizioni, ha evidenziato Macron, che allo stato attuale non si sono concretizzate.

In una intervista al Financial Times, Simonyte ha spiegato che "se pensassimo solo alla risposta di Mosca, non invieremmo nulla. Una settimana sì e una no, si sente parlare di attacchi nucleari contro qualcosa". L'Ucraina non ha chiesto alla Lituania come ad altri Paesi in modo ufficiale di poter ricevere soldati di Paesi alleati sul suo territorio.

Numerosi paesi hanno intanto detto e ribadito che non invieranno personale militare in Ucraina. L'Italia ha chiarito ripetutamente la propria posizione in relazione al dibattito. "Non manderemo nessun militare italiano in Ucraina. Ho appena terminato una riunione con tutti i nostri ambasciatori delle aree di crisi: Ucraina, Medio Oriente, Mar Rosso. Ho ribadito la nostra posizione in difesa dell’indipendenza territoriale dell’Ucraina ma non siamo in guerra con la Russia", ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani.

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Gaza, Usa: “Nessun genocidio”. Ma Casa Bianca...

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Il consigliere per la Sicurezza Nazionale Sullivan: "Stato ebraico deve fare di più per proteggere i civili. Operazione a Rafah? Sarebbe un errore"

Il consigliere per la Sicurezza Nazionale Usa, Jake Sullivan - Fotogramma /Ipa

Gli Usa credono che "Israele possa e debba fare di più per proteggere la vita di civili innocenti", ma non credono "che quello che sta succedendo a Gaza sia un genocidio". Così il consigliere per la Sicurezza Nazionale, Jake Sullivan, durante un briefing in cui ha ricostruito per punti la posizione dell'amministrazione Biden sul conflitto a Gaza, ricordando che gli Stati Uniti hanno "fermamente e pubblicamente respinto" le accuse di genocidio.

Sullivan ha ricordato che la guerra è iniziata a causa degli attacchi del 7 ottobre di Hamas, "gruppo terroristico che ha come obiettivo di distruggere Israele", e che gli israeliani hanno un "peso insolito e senza precedenti in questa guerra, perché Hamas usa ospedali, scuole e altre infrastrutture civili per usi militari ed ha costruito tunnel sotto aree civili, mettondo così in civili in mezzo al fuoco".

Questo non toglie ad Israele "la responsabilità di fare tutto il possibile per proteggere civili innocenti", ha detto ancora Sullivan sottolineando che per i civili palestinesi "questa guerra è un inferno, il livello di morte e trauma che stanno subendo è inimmaginabile, la loro pena e sofferenza sono immense, nessun civile dovrebbe subirle. Il presidente - ha spiegato ancora - ha questo nei suoi pensieri ogni giorno".

"Errore lanciare operazione a Rafah

"Continuiamo a credere che sia un errore lanciare un'operazione militare di vasta scala nel cuore di Rafah, operazione che esporrebbe al rischio un grande numero di civile senza un guadagno strategico", ha ribadito Sullivan.

Nel criticare la scelta strategica di Israele di attaccare Rafah, Sullivan ha poi ricordato che i militari israeliani sono già entrati a Gaza City ed altri centri della Striscia "e si sono visti sempre i terroristi uscire dalle macerie perché secondo noi non c'è integrazione sufficiente tra piano militare e piano politico".

"Siamo preoccupati per questo - ha aggiunto il consigliere per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, che più volte nel corso del briefing ha ribadito il "ferreo" sostegno di Washington all'alleato israeliano - abbiamo sollevato queste preoccupazioni, non con rancore, ma perché vogliamo vedere guerra concludersi con successo, vogliamo vedere Hamas sconfitta, vogliamo vedere i suoi leader consegnati alla giustizia".

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