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Sostenibilità

La COP28 Dubai Ocean Declaration allerta i leader mondiali

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Organizzazioni da tutto il mondo chiedono di aumentare la tutela e il monitoraggio degli oceani

Scioglimento ghiacciai - Canva

Nel dibattito sul cambiamento climatico, è ancora sottostimato il ruolo degli oceani e quanto la loro trasformazione incida sulla vita dell’uomo e di diverse specie animali.

Per questo, alla Cop28 di Dubai, che finisce oggi, Ioc/Unesc e tutti i partner dell’Ocean Pavilion hanno presentato la “COP28 Dubai Ocean Declaration” con l’obiettivo di portare le sfide e le soluzioni relative all'oceano e al clima al centro dei negoziati, facilitando la collaborazione a livello nazionale, regionale e globale. Aspetto portante della proposta è anche il monitoraggio dello stato di salute degli oceani che va rafforzato e reso più frequente.

La presenza alla Cop28 della commissione oceanografica intergovernativa (Ioc) dell’Unesco che promuove la ricerca marina e coordina il Decennio delle scienze del mare per lo sviluppo sostenibile (2021-2030) delle Nazioni Unite ha rafforzato queste istanze, chiedendo ai leader mondiali di intervenire prontamente.

“È fondamentale concentrare l’attenzione della politica e dei media sulle soluzioni necessarie per proteggere gli ecosistemi marini, ad esempio attraverso il monitoraggio e la ricerca sull’acidificazione, la deossigenazione e il riscaldamento dell’oceano e i loro impatti, sottolineando l’importanza di dare accesso a tutti a queste informazioni”, spiega Francesca Santoro, Senior Programme Officer per Ioc/Unesco e responsabile a livello mondiale dell’Ocean Literacy.

Perché gli oceani sono importanti

Il ruolo degli oceani è ben riassunto da alcuni dati emblematici:

- rappresentano il 70% della superficie terrestre;

- ospitano l’80% delle specie viventi;

- producono il 50% dell’ossigeno che respiriamo;

- assorbono circa il 25%-30% dell’anidride carbonica emessa ogni anno dall’uomo (hanno una capacità di immagazzinare CO2 50 volte superiore a quella delle foreste tropicali).

Tutti numeri che dovrebbero spingere cittadini, enti e istituzioni a tutelare questo prezioso ecosistema. Eppure, l’aumento delle emissioni di gas serra e della temperatura su scala globale generati dall’uomo sta deteriorando sempre di più gli oceani.

Come rilevato dal Programma europeo di osservazione della Terra Copernicus, il 1° novembre 2023, è stata registrata la più alta temperatura media della superficie degli oceani, ben 20,79°C (0,4 gradi sopra le medie del periodo). Pochi giorni dopo sarebbe arrivato un altro risultato negativo, speculare a quello degli oceani: il 17 novembre, per la prima volta nella storia, il surriscaldamento globale ha superato la soglia dei +2°C rispetto al periodo preindustriale. Un ‘traguardo’ da scongiurare secondo gli accordi di Parigi frutto della Cop21 che invitava gli Stati a contenere questa soglia al di sotto del +1,5°C.

Eppure, a distanza di 7 Conferenze mondiali sul clima e a pochi giorni dalla rilevazione, questo record negativo non ha creato particolare apprensione durante le discussioni della Cop28 di Dubai.

A rendere ancora più importante il ruolo di questo ecosistema c’è il rapporto biunivoco tra gli oceani e le temperature dato che l’oceano svolge un ruolo fondamentale nella regolazione del clima terrestre e ha assorbito oltre il 90% del calore in eccesso e quasi il 30% dell’eccesso di anidride carbonica causato dalle attività umane.

Quali sono gli effetti del surriscaldamento degli oceani

Il surriscaldamento climatico ha conseguenze devastanti sugli oceani, come:

- innalzamento del livello del mare e quindi inondazioni e tsunami;

- eventi meteorologici estremi;

- stravolgimento delle correnti oceaniche;

- l’acidificazione degli oceani;

- abbattimento della biodiversità;

- sviluppo delle alghe nocive;

- aumento delle zone a basso ossigeno;

Per molti queste conseguenze sono poco tangibili, ma non per chi si trova ad affrontarle ormai quotidianamente come i cittadini di Tuvalu.

L’arcipelago di Tuvalu rischia di scomparire

Nell’area del Pacifico lo stato di salute degli oceani non è sono solo una questione ambientale ma è già diventata una questione politica e di giustizia sociale. Non a caso l’ambito Esg parte dall’ambiente (E, environment) per poi arrivare alle persone (S, society) e alle aziende (G, governance) in un rapporto osmotico dove ogni campo influenza l’altro.

Nel Pacifico piccole isole paradisiache stanno lentamente scomparendo a causa dell’innalzamento del livello delle acque, dell’intrusione salina nelle falde costiere e degli eventi meteorologici estremi sempre più frequenti.

È il caso dell’arcipelago di Tuvalu e delle sue 11 mila persone che vivono a soli 4,6 metri di altitudine massima sul livello del mare e la cui sopravvivenza è costantemente minacciata dalle conseguenze del surriscaldamento climatico.

Situato a metà tra l’Australia e le Hawaii e con una superficie di 26 Km², Tuvalu è il quarto Stato più piccolo al mondo, e rischia di diventare inabitabile già nei prossimi ottant’anni. Difronte a questo scenario, come riportato da economiacircolare.com, le autorità avevano lanciato una provocazione già alla Cop27: “La nostra terra, il nostro oceano, la nostra cultura sono i beni più preziosi del nostro popolo e per tenerli al sicuro da ogni pericolo, qualunque cosa accada nel mondo fisico, li trasferiremo nel cloud”, aveva dichiarato il ministro degli Esteri, Simon Kofe facendo riferimento al Metaverso.

Passando ai provvedimenti più concreti, a ottobre di quest’anno lo Stato di Tuvalu ha cambiato la propria costituzione mettendo in discussione il diritto internazionale e il suo concetto di nazione (che non può prescindere dall’esistenza di territorio). Ogni cittadino, verosimilmente, dovrà lasciare l’arcipelago ma Tuvalu invece esisterà a prescindere dagli effetti che il cambiamento climatico avrà sulle sue isole. Resta da vedere se la comunità internazionale riconoscerà mai uno Stato che non avrà più un proprio territorio.

Nel frattempo, con la “COP28 Dubai Ocean Declaration”, le organizzazioni a tutela degli oceani chiedono di intervenire prima che sia troppo tardi.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Sostenibilità

Obiettivo Net Zero, meno di due aziende su 10 sulla buona...

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I report di Accenture 'Destination Net Zero' e 'Powered for Change'

Investimenti green - (Fotolia)

Le grandi aziende, in Italia e nel mondo, stanno affrontando sfide significative nel tentativo di ridurre le proprie emissioni di CO2. Solo il 19% delle grandi imprese italiane (18% nel mondo) è attualmente sulla buona strada per raggiungere zero emissioni nette nelle proprie attività entro il 2050. Il 50% sta riducendo le emissioni ma non abbastanza rapidamente, mentre il 31% ha visto le proprie emissioni crescere nell’ultimo anno. E a livello mondiale la situazione è ancora più critica: la metà delle aziende che divulga dati sulle emissioni ha registrato un aumento delle stesse dal 2016. Queste sono alcune delle principali evidenze emerse dall’ultima edizione dei report di Accenture 'Destination Net Zero' e 'Powered for Change', che identificano anche i passi cruciali per accelerare la transizione sostenibile.

Investimenti per la decarbonizzazione, Europa in prima linea

Nonostante il quadro descritto, è previsto un significativo aumento degli investimenti nella transizione energetica e nella decarbonizzazione, che vede l'Europa in prima linea: nel 2023, il 61% delle grandi imprese europee ha fissato obiettivi Net Zero, oltre il doppio rispetto al 2022 e alla quota statunitense, e il 74% prevede investimenti in questa direzione nei prossimi tre anni, oltre il doppio rispetto alla media globale.

“Da qualche tempo, si sta osservando un'importante spinta verso la transizione energetica, sia a livello normativo che sociale. Oggi, le aziende e gli investitori sono sempre più consapevoli del valore di business che la sostenibilità può creare, con un significativo ritorno degli investimenti. La vera sfida attuale consiste nell'integrare appieno la sostenibilità nella strategia e nel business, accelerando il percorso verso l'obiettivo Net Zero. È fondamentale, però, che le iniziative aziendali siano parte di una collaborazione più ampia tra diversi settori e ambiti di mercato. Solo così la decarbonizzazione industriale potrà trasformarsi da una barriera insormontabile a una forza economica in grado di accelerare le azioni necessarie per raggiungere gli obiettivi”, afferma Sandro Orneli, responsabile Sustainability di Accenture.

Il ruolo dell'industria pesante

L'industria pesante svolge un ruolo cruciale per superare lo stallo nella decarbonizzazione, a patto di vincere la sfida più impegnativa secondo i leader del settore: l’approvvigionamento energetico. Otto su 10 sostengono, infatti, che impiegheranno più di 20 anni per ottenere energia elettrica a zero emissioni in quantità sufficiente per le proprie attività.

In Italia, la maggior parte dei fornitori delle grandi aziende è costituito da Piccole e Medie Imprese, il cui ingaggio, attraverso programmi di sensibilizzazione, supporto e formazione sulla sostenibilità, è fondamentale ai fini della decarbonizzazione. Per poter supportare la transizione a livello di Sistema Paese, le grandi aziende dovranno quindi fornire strumenti per la collaborazione e l’evoluzione congiunta delle pratiche di business in chiave sostenibile. “È necessario muoversi da una logica di azienda 'silos' verso una concezione di 'rete' e di 'Sistema Paese' che faccia leva sulla collaborazione a livello di filiere industriali per la progressiva rotazione verso modelli di business sostenibili e a bassa impronta carbonica. Per questo, Accenture sta collaborando con aziende italiane e internazionali a numerosi programmi di decarbonizzazione, anche sfruttando l’utilizzo di piattaforme digitali abilitanti. Tra queste iniziative di ecosistema si distingue Open-es, di cui Accenture è partner, che già vede la partecipazione di oltre 16.000 aziende appartenenti a più di 70 settori”, aggiunge Orneli.

"L'industria pesante gioca un ruolo fondamentale per accelerare il processo di decarbonizzazione - è l'analisi di Accenture - sia in quanto maggiore responsabile delle emissioni a livello globale (il 40% delle emissioni totali di CO2) sia a causa dell’interdipendenza delle aziende di questo settore con le aziende dell'industria manifatturiera più 'leggera': il mancato raggiungimento degli obiettivi Net Zero nell’industria pesante potrebbe avere effetti a cascata su tutti gli ambiti industriali cui è correlata, in quanto le sue emissioni dirette sono le emissioni indirette Scope 3 di tutte le altre industrie di cui è fornitore".

I costi della decarbonizzazione

Oltre alla difficoltà di accesso a energia a basse emissioni che sia anche a basso costo, i leader dell’industria pesante condividono una certa sfiducia nella propria capacità di offrire prodotti o servizi competitivi a zero emissioni, a cui si aggiungono preoccupazioni legate ai costi: il 40% delle aziende in questi settori afferma di non poter sostenere ulteriori investimenti nella decarbonizzazione nell’attuale contesto economico e il 63% è convinto che le misure di decarbonizzazione prioritarie non saranno economicamente vantaggiose prima del 2030.

Secondo Accenture, i tre passi cruciali da intraprendere entro i prossimi anni sono: "Scalare l’adozione di tecnologie a basse emissioni, facendo leva su quelle già industrialmente validate come l’idrogeno; ridurre i costi legati alle infrastrutture a basse emissioni; e ampliare l’adozione di piattaforme tecnologiche e digitali che aggreghino e attivino intere filiere nella sfida della decarbonizzazione. Questi passi devono essere intesi dalle organizzazioni come un’opportunità unica di reinventare se stesse e le proprie catene del valore, allineando la crescita del business agli obiettivi di decarbonizzazione".

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Sostenibilità

Sostenibilità, imballaggi: Altroconsumo presenta...

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Sono 80 milioni le tonnellate di rifiuti da imballaggi prodotti in Europa ogni anno, circa 177,2 kg di rifiuti per abitante dell’Ue in media

Sostenibilità, imballaggi: Altroconsumo presenta 'Sceglilo Sfuso o Riciclabile'

Altroconsumo presenta 'Sceglilo Sfuso o Riciclabile', progetto che ha l’obiettivo di promuovere l’informazione e la formazione dei consumatori e sensibilizzarli rispetto alla riduzione degli imballaggi attraverso il riutilizzo, il riciclo, la semplicità di smaltimento e la comprensione delle etichette, finanziato dal Mimit (D.M. 6/5/2022 art. 5).

"Sono infatti 80 milioni le tonnellate di rifiuti da imballaggi prodotti in Europa ogni anno, circa 177,2 kg di rifiuti per abitante dell’Ue in media. Inoltre, un’indagine condotta sugli imballaggi alimentari di 11 paesi europei ha identificato la gestione dei rifiuti come una delle aree in cui i consumatori sembrano essere più motivati e pronti a giocare un ruolo attivo impegnandosi al massimo per cercare di evitare gli imballaggi di plastica e mostrando propensione a scegliere imballaggi riutilizzabili o riciclabili (Eurostat, 2020). Gli imballaggi, poi, rappresentano il 36% dei rifiuti solidi urbani", spiega Altroconsumo.

L'organizzazione dei consumatori ha interrogato più di 1000 rispondenti della community AC Makers, la piattaforma collaborativa che permette ai cittadini di partecipare alle inchieste di Altroconsumo, dai quali è emerso come le etichette siano il principale mezzo che i consumatori utilizzano per informarsi sull’impatto ambientale degli imballaggi e sulle corrette modalità di conferimento. Inoltre, una delle principali ragioni per le quali i consumatori preferiscono i prodotti sfusi è per acquistare solo il quantitativo che occorre e ridurre la produzione di rifiuti da imballaggio. Mentre, tra le motivazioni che disincentivano l’adozione di questa pratica, vengono evidenziati dubbi relativi all’igiene dei prodotti e la mancanza di punti vendita di prodotti sfusi vicino casa. "In questo scenario, riutilizzo, riciclo, comprensione dell’etichetta e identificazione delle comunicazioni ingannevoli sono comportamenti virtuosi essenziali che hanno un forte impatto nell’intraprendere percorsi di consumo sostenibile secondo le logiche di economia circolare, e possono ridurre l’impatto ambientale generato dai consumi", osserva Altroconsumo.

Per coinvolgere anche i più giovani, Altroconsumo organizzerà un’attività di formazione e workshop in collaborazione con Osservatorio Innovazione Packaging - Advanced Design Unit-Università di Bologna, Archeoplastica ed IlVespaio che esplorerà il tema del packaging speculativo, invitando i partecipanti a immaginare scenari futuri e ad interrogarsi sulle abitudini di consumo. Concentrandosi sulla sperimentazione, l'iniziativa stimolerà un pensiero critico sul progresso tecnologico e sulle sue implicazioni ambientali.

Negli spazi della Triennale di Milano, il 17 e il 18 maggio 2024 dalle 11 alle 18, prenderà così forma 'Sceglilo Sfuso o Riciclabile - the experience', l'attività esperienziale gratuita che mira a sensibilizzare i partecipanti sul loro ruolo di consumatori e sulla gestione dei rifiuti. Si potranno osservare trenta tra i diversi reperti di plastica arrivati dal mare e raccolti sulla spiaggia del litorale adriatico pugliese da Archeoplastica, e vedere con i propri occhi come funziona il processo di riciclo degli imballaggi di plastica grazie alle macchine Precious Plastic installate da IlVespaio, o dialogare con chi di imballaggi se ne intende e può condividere preziose informazioni. Due i momenti di incontro e scambio: venerdì 17 maggio, dalle 17 alle 18, con Unibo, IlVespaio, Re-Circle; sabato 18 maggio, dalle 11 alle 12, con: Semiamo Sfuseria e Iulm. L’experience sarà curata dagli studenti del Corso di Laurea Magistrale in Advanced Design dei Servizi dell’Università di Bologna, mentre gli studenti dell’Università Iulm hanno collaborato alla progettualità della campagna digital.

Nei prossimi mesi Altroconsumo in collaborazione con Mercato Circolare testerà sul campo attraverso i propri rappresentanti regionali la possibilità di esercitare il diritto dei consumatori a farsi servire prodotti sfusi in contenitori portati da casa, e rendersi così co-protagonisti nella sfida globale della riduzione degli imballaggi.

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Sostenibilità

Italiani sempre più attenti a salute, nutrizione e...

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Per 2 italiani su 3 il packaging ha un ruolo decisivo nelle scelte d’acquisto

Carrello della spesa - Fotogramma

Mentre l'inflazione mostra segni di rallentamento, la maggior parte degli italiani adotta strategie di risparmio per fronteggiare l'aumento dei prezzi nel settore alimentare. Ma quali sono le tendenze emergenti dietro questa cautela nei consumi? È quanto emerge dall'aggiornamento dell’osservatorio packaging del largo consumo curato da Nomisma. Al centro del focus la presentazione dei risultati dell’indagine sui comportamenti di consumo degli italiani, sempre più attenti ai temi della salute, della nutrizione e della sostenibilità, con una particolare affondo sul ruolo svolto dal packaging.

Cambiamenti nei comportamenti di spesa degli italiani

Nonostante gli ultimi mesi abbiano visto un rallentamento dell'inflazione, gli italiani persistono nel rivedere con cautela i propri comportamenti di spesa. Un chiaro segnale di questa prudenza è rappresentato dall'88% di coloro che hanno adottato strategie di risparmio per far fronte all'aumento dei prezzi nel settore alimentare. Queste strategie spaziano dall'eliminazione del superfluo all'acquisto mirato di prodotti in promozione, evidenziando una crescente consapevolezza del valore del denaro tra i consumatori.

Parallelamente, si osserva un interesse crescente verso il contenimento degli sprechi e verso tematiche legate alla salute e alla sostenibilità. Questi fattori stanno diventando determinanti nella scelta dei prodotti, influenzando direttamente il carrello alimentare degli italiani nel 2024. La tendenza generale è verso una selezione di alimenti e bevande più sobri, salutari e sostenibili, riflettendo un cambio di paradigma nel modo in cui i consumatori approcciano l'acquisto e il consumo di prodotti quotidiani.

La crescente attenzione verso la salute e la sostenibilità si manifesta nel carrello alimentare degli italiani. Per il 46% dei connazionali, l'alimentazione corretta e uno stile di vita sano hanno un impatto significativo sulla salute fisica e mentale. Per 1 italiano su 2 il motivo principale che spinge a seguire un’alimentazione sana, salutare ed equilibrata è il sentirsi bene con se stessi, mentre per il 42% dei rispondenti è legato alla prevenzione di malattie o disturbi di salute, o al mantenersi in forma (41%).

Questo interesse si traduce in una domanda in costante crescita di prodotti alimentari "free from", trainata in particolare dai prodotti senza zuccheri aggiunti.

Il packaging come fattore determinante

La sostenibilità del packaging gioca un ruolo cruciale nelle scelte di acquisto degli italiani. Per il 62% dei consumatori, la sostenibilità è un elemento fondamentale da considerare, e per quasi un terzo di loro influisce direttamente sulle decisioni di spesa. La ricerca evidenzia che il 66% degli italiani considera il packaging un fattore decisivo nelle loro scelte d'acquisto di cibi e bevande, mentre per il 50% rappresenta un aspetto cruciale per rendere i prodotti più rispettosi dell'ambiente.

Le famiglie italiane cercano principalmente un packaging che presenti un eccesso di imballaggio limitato (45%), che sia completamente riciclabile (43%), compostabile/biodegradabile (38%), realizzato con materiali riciclati (35%), o privo di plastica (29%). Inoltre, c'è un'attenzione crescente per le confezioni riutilizzabili e prodotte con un uso responsabile delle risorse.

l packaging riveste un ruolo chiave anche nel settore dell’healthy food, ossia gli alimenti e bevande salutari, e vegan. Nei prodotti vegani e vegetariani i consumatori cercano certificazioni che attestino l'origine vegetale degli ingredienti (54%), oltre a una sostenibilità ambientale della confezione (51%), informazioni nutrizionali dettagliate (44%), presenza di immagini che richiamano il mondo veg (32%) e materiali del packaging (32%).

La ricerca condotta da Nomisma rivela un duplice orientamento degli italiani quando si tratta di acquistare prodotti alimentari orientati alla salute e al benessere. Da un lato, vi è una marcata preferenza per la presenza di specifici ingredienti con effetti benefici, come antiossidanti, fibre e vitamine, sottolineata dal 42% dei consumatori. Dall'altro, emerge un interesse altrettanto significativo per l'assenza o la riduzione di ingredienti indesiderati, come zuccheri, additivi e conservanti, indicato dal 37% degli intervistati.

Inoltre, la presenza sempre più diffusa di alimenti e bevande "rich-in" e "free from" nel carrello degli italiani testimonia un cambiamento tangibile nelle abitudini di consumo. Queste tendenze sono particolarmente evidenti tra le donne e i consumatori under 45, sottolineando una crescente consapevolezza e una maggiore attenzione alla qualità e alla sostenibilità dei prodotti alimentari.

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