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Cronaca

Diabolik, la madre scrive a Nordio su fuga Petoku:...

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Diabolik, la madre scrive a Nordio su fuga Petoku: “Assurdo stesse in comunità”

"Assurdo il trasferimento di Petoku in comunità, bisogna appurare le motivazioni"

Il luogo dove è stato ucciso Diabolik

"Sono un’anziana madre addolorata che aspetta da oltre quattro anni che si faccia luce sui mandanti dell’omicidio di mio figlio Fabrizio ucciso il 7 agosto 2019. Esecuzione avvenuta al parco degli Acquedotti in piena estate e sotto gli occhi di tutti i presenti, bambini inclusi. Le diverse scelte di mio figlio, che sono andate ben oltre i dettami educativi della famiglia, non mi impediscono di scriverle e di rappresentarle tutto il mio sdegno in merito alla fuga dell'albanese Dorian Petoku di cui poco importa che rapporti avesse con mio figlio. Trovo allarmante invece sapere che questo soggetto dopo i faticosi tentativi per ottenere l’estradizione dall'Albania abbia ottenuto da un giudice il collocamento in comunità con dotazione del braccialetto per scontare i suoi 12 anni". Lo scrive, a quante apprende l'Adnkronos, in una lettera rivolta al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, dopo la notizia della fuga dell'albanese Dorian Petoku dalla comunità di recupero dove era stato trasferito dall’autorità giudiziaria nonostante i pareri contrari della procura capitolina, la madre di Fabrizio Piscitelli, conosciuto come Diabolik, ucciso al parco degli Acquedotti di Roma il 7 agosto del 2019.

Petoku era stato condannato a luglio del 2022 a 12 anni di carcere perché secondo l'accusa avrebbe rifornito di droga l'organizzazione capeggiata prima da Diabolik, poi da Fabrizio Fabietti.

Una decisione, quella del trasferimento in comunità, aggiunge la madre di Piscitelli, "contraria al parere sensato e significativo dei pm che ben conoscevano evidentemente la pericolosità e la caratura del soggetto".

La madre rivolge poi al ministro una serie di domande che, sottolinea, "sorgono spontanee a chi ha un modesto intelletto malgrado l’età avanzata". "Il parere dei pm della Dda che notoriamente hanno un grande spessore, preparazione e conoscenza della criminalità mafiosa a Roma, ha valore oppure è solo spunto a cui un giudice può contrapporsi? - chiede - Un Gip nella sua autonomia e discrezionalità è esonerato da un’attenta e autentica disamina di quanto emerge dagli atti di indagine relative a un individuo? Nel caso specifico un tale provvedimento palesemente inadeguato verrà posto al vaglio di un organo competente?''.

''Cosa dovrò aspettarmi come madre e cittadina che vuole giustizia per l’omicidio del figlio? Che tutti i colpevoli dall’esecutore materiale ai mandanti a cui mi auguro si arrivi se la caveranno con perizie discutibili e con giudici compiacenti? Devo attendermi prossimi soggiorni in strutture 'alberghiere' perché drogati o malati psichici ? Devo prepararmi agli stravolgimenti da parte del Tribunale e della Corte d’Appello a cui spesso attoniti assistiamo ?", chiede ancora la donna.

"Agli occhi di un ministro della Giustizia oltretutto magistrato, non può sfuggire l’assurdità di una simile decisione di un Gip, né il fatto che Roma anche in assenza di lupare, coppole e scacciapensieri sia da tempo nelle mani di mafie calabresi, camorriste, albanesi, nigeriane - scrive ancora la madre di Fabrizio Piscitelli - Se e come mio figlio ne abbia fatto parte è per me solo ulteriore fonte di dolore che però non inibisce o tacita l’aspettativa di avere giustizia. Io confido fortemente nei magistrati della Dda che seriamente si occupano del caso e che soprattutto si dedicano alla lotta contro la criminalità". "Voglio sperare che lei nei suoi pieni poteri e doveri voglia appurare le motivazioni del provvedimento emesso da questo giudice a favore di Dorian Petoku che di certo non risulta essere il povero 'tossicodipendente' ma un abile e lucido latitante proteso probabilmente a evitarsi le conseguenze di altri provvedimenti giudiziari", conclude.

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Cronaca

Depistaggio Borsellino, difesa: “Dai pm grave colpa,...

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L'avvocato Giuseppe Seminara

(dall'inviata Elvira Terranova)- I pm che si occuparono delle indagini sulla strage di via D'Amelio e che non compresero le falsità dell'ex collaboratore di giustizia Vincenzo Scarantino "non agirono con leggerezza", "ma con grave colpa" nella "valutazione degli elementi di prova". Non solo. Lo stesso Scarantino che, dopo il 2014 iniziò a fare "marcia indietro" sulle accuse ai magistrati con una "ritrosia significativa", "non fu insufflato dai tre poliziotti" che oggi sono imputati per concorso in calunnia aggravata nel processo sul depistaggio sulla strage Borsellino. E' il contrattacco della difesa di due dei tre poliziotti alla sbarra davanti alla Corte d'appello di Caltanissetta. Nell'ultima udienza, prima della sentenza, prevista con ogni probabilità per il 4 giugno, dopo le repliche eventuali, l'avvocato Giuseppe Seminara, difensore di Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei, parla del ruolo svolto dai magistrati che coordinarono l'inchiesta, negli anni, accusando il "fallimento del sistema" perché "è mancata la diga della valutazione della prova".

"E' mancato il rispetto della giurisdizione da parte dei pubblici ministeri. Che, in tante occasioni, hanno omesso di vagliare gli elementi di prova come avrebbero dovuto. E questa non è la leggerezza a cui ha fatto cenno il Procuratore generale, questa è una grave colpa", accusa. Gli imputati sono l'ex dirigente di Polizia Mario Bo e i due poliziotti Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei. Al termine della sua requisitoria il procuratore generale di Caltanissetta, Fabio D'Anna, aveva chiesto 11 anni e 10 mesi di carcere per Bo e 9 anni e mezzo a testa per gli altri due. Il tribunale di Caltanissetta, in primo grado, il 12 luglio 2022, aveva dichiarato prescritte le accuse contestate a Bo e Mattei, mentre Ribaudo venne assolto. L'avvocato, nel suo intervento, parla dei pm che gestirono dopo le stragi l'allora collaboratore di giustizia Vincenzo Scarantino che poi si rivelò falso, facendo condannare otto innocenti all'ergastolo, ma anche del falso collaboratore Salvatore Candura.

"E questa grave colpa la rivediamo in tantissimi atti portati avanti dai pubblici ministeri - dice il legale - Non mi si interpreti negativamente, non significa che ci sia stata una responsabilità da parte dei pm, ma che in quei momenti, per le ragioni storiche, per il particolare dramma che viveva l'Italia, evidentemente c'era questa necessità di procedere attraverso il canale unico che si era palesato e che, a nostro avviso, ha una ricostruzione che si lega a un elemento". E fa riferimento al furto della 126 usata per la strage. Era stato un altro falso collaboratore, come Salvatore Candura, che aveva mentito raccontando di essere stato lui a rubare la Fiat 126 poi imbottita di esplosivo ed utilizzata per compiere la strage di via D'Amelio, in cui il 19 luglio 1992 morirono il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta. Una delle bugie sulle quali era stato costruito "uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana", impedendo - ancora oggi - l'accertamento pieno della verità. Salvatore Candura confessando il furto mai commesso aveva patteggiato la pena nel 1994, era stato poi inevitabilmente assolto nel 2017 dopo la sentenza di revisione del processo sulla strage.

'Dai magistrati comportamenti irrituali e superficiali'

"Quindi- spiega l'avvocato Giuseppe Seminara - Se non avessero pensato che la macchina potesse essere rubata da uno fuori dal mandamento, probabilmente oggi non saremmo qua. La convinzione che l'auto doveva essere rubata da qualcuno dello stesso mandamento ha evidentemente fuorviato le indagini. Poi, vi sono stati comportamenti irrituali, leggeri, superficiali, speculativi, da parte di tanti soggetti intervenuti nella attività, che inizia con l'attività della Polizia giudiziaria, sempre su controllo della magistratura e finisce nella valutazione della prova del processo d'appello Borsellino-bis".

L'avvocato Giuseppe Seminara nel corso dell'arringa aggiunge: "E' un processo di fallimento di sistema, perché le responsabilità singole dei singoli soggetti sono responsabilità che è difficile o impossibile pesare". Poi il legale aggiunge: "Che vi sia stata una attività precedente è cosa diversa circa la prova che Vincenzo Scarantino sia stato diretto, insufflato, sia stato riempito da parte di La Barbera o di chi apparteneva al gruppo investigativo e sia poi arrivato alle dichiarazione del 24 giugno del 1994 nel carcere di Pianosa. Ma qualcuno ha mai guardato il verbale del 24 giugno?". "E' una cosa incredibile, non riesco a capire. Scarantino in quell'interrogatorio si accusa di 6 omicidi, e non c'è nessuno che si pone il problema dei sei omicidi? Vengono trasmessi gli atti alla Procura di Palermo, che si fa una grossa risata. Qualcuno si è fatto la domanda: 'Dove sono finiti questi omicidi?'. Se io ho un collaboratore che mi parla di sei omicidi e poi tutto questo svanisce, io ho un collaboratore che deve essere messo fortemente in discussione rispetto al suo apporto conoscitivo".

"Dopo l'interrogatorio del 14 febbraio del 2014 c'è stata da parte di Vincenzo Scarantino una sorta di regressione, una ritrosia significativa nei confronti dei magistrati". Il legale di Ribaudo e Mattei fa riferimento all'interrogatorio reso da Scarantino, il falso pentito che fece condannare con le sue accuse, rivelate calunniose, otto innocenti per la strage di via D'Amelio. Durante un interrogatorio, reso il 14 febbraio 2014 Scarantino aveva accusato anche l'ex Procuratore Giovanni Tinebra, deceduto nel 2017. "Una volta dissi al dottor Tinebra- aveva detto - che non sapevo niente (delle stragi ndr). E lui mi rispose: 'Stia tranquillo, questa cosa lei la deve prendere come se fosse un lavoro. Un lavoro vero'. Stavo male, andavo a casa, piangevo e me la prendevo con mia moglie". Ma negli interrogatori successivi aveva cambiato versione. E oggi l'avvocato Seminara parla di "regressione", mentre "nei confronti dei poliziotti c'è stata una progressione di accuse". Nel 2019, in aula, al processo di primo grado sul depistaggio, a Caltanissetta, Scarantino aveva detto: "Il dottor Di Matteo non mi ha mai suggerito niente, il dottor Carmelo Petralia neppure. Mi hanno convinto i poliziotti a parlare della strage. Io ho sbagliato una cosa sola: ho fatto vincere i poliziotti, di fare peccare la mia lingua e non ho messo la museruola...". In passato, tra una ritrattazione e l'altra, aveva detto di aver accusato dei mafiosi imputati perché "sollecitato" dai pm Antonino Di Matteo, Annamaria Palma e Carmelo Petralia ma anche da Giovanni Tinebra. Negli anni successivi, la retromarcia.

'Dopo il 2014 regressione di accuse di Scarantino sui pm'

"Il 14 febbraio 2014 abbiamo un picco, un 'Everest' - dice oggi l'avvocato Giuseppe Seminara - sulle accuse ai magistrati. Da quel giorno assistiamo a una continua regressione". Appunto, una "ritrosia significativa sui pm". Poi ribadisce: "Non vi è stata assolutamente la possibilità di insufflare Vincenzo Scarantino, che la dottoressa Ilda Boccassini definiva un 'fiume in piena', che effettivamente parlava di 6 omicidi e di altri fatti. Se tutti questi elementi sono reali qual è la posizione di Scarantino? Lui dice 'Io sono colpevole' e che appartiene " a un "ambito di mafia", come riferiva lo stesso ai magistrati". Quella di oggi è stata l'ultima udienza. Il Presidente della Corte d'Appello Giovanbattista Tona ha rinviato il processo al prossimo 4 giugno per le eventuali repliche e controrepliche di Pg e difesa. Lo stesso giorno potrebbe essere emessa la sentenza d'appello.

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Cronaca

Morta Galassia, cane dei Vigili del Fuoco in azione a...

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La femmina di border collie nel suo curriculum vanta il ritrovamento di quattro persone

Galassia con il suo conduttore

Morta Galassia, cane eroe dei Vigili del Fuoco in azione anche a Rigopiano e nella tragedia del Ponte Morandi. L'animale, una femmina di border collie di 14 anni, apparteneva alle unità cinofile della Direzione Regionale dei vigili del fuoco delle Marche e ha prestato servizio da maggio 2013 fino a ottobre 2020. Ha onorato il suo speciale percorso con quasi 150 ricerche all'attivo nell'ambito di diverse calamità fra cui il terremoto di Modena, la valanga di Rigopiano, il crollo del ponte Morandi, l'incidente dei due arei Tornado ad Ascoli Piceno. Nel suo curriculum vanta il ritrovamento di quattro persone.

La caserma dei vigili del fuoco di Fermo rivolge un sentito ringraziamento a Galassia ed al suo conduttore, Franco Alessandrini, che "grazie al lavoro svolto insieme con passione e senso del dovere, hanno costituito un valido riferimento operativo per tutti i colleghi".

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Cronaca

Appello specialisti obesità a medici famiglia:...

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Appello ai medici di famiglia dal 31esimo Congresso europeo sull’obesità - Eco 2024, in corso a Venezia

Foto di repertorio - FOTOGRAMMA

I numeri dell’obesità nel nostro Paese sono “una vera e propria emergenza: gli adulti con questa patologia sono il 10-12% della popolazione, 6 milioni circa di persone. A questi si aggiunge il 40% in sovrappeso”. Mentre “un terzo dei bambini d’Europa ha problemi di obesità e sovrappeso, e l’Italia è ai livelli più alti”. Un’emergenza, per la quale gli specialisti lanciano un appello ai medici di famiglia dal 31esimo Congresso europeo sull’obesità - Eco 2024, in corso a Venezia. "Consideriamo l’obesità come una malattia e trattiamola. Lavoriamo insieme per questo", dice all’Adnkronos Salute Luca Busetto, vicepresidente Sud Europa dell’European Association for the study of Obesity (Easo), che ha organizzato l’appuntamento scientifico.

"L'obesità - continua Busetto - ha dei numeri così elevati, dal punto di vista epidemiologico, che non può essere affrontato solo a livello specialistico. È necessaria la collaborazione dei medici di cure primarie, sia a livello dell'adulto sia a livello del bambino, per il trattamento, lo screening, la diagnosi e le cure di prima linea. Credo che i nostri colleghi medici di medicina generale e pediatri abbiano un ruolo importante e debbano, quindi, essere ancora più sensibili al problema, soprattutto oggi in cui, almeno nell’adulto, cominciamo ad avere trattamenti che sono più efficaci che in passato”, ha concluso Busetto annunciando che domani, al congresso, sarà presentato un documento per richiamare l’attenzione sull’emergenza obesità e indicare le azioni e le politiche necessarie per contrastarla. "Come società italiana dell’obesità abbiamo continui contatti con le società scientifiche di medicina generale, siamo molto vicini, organizziamo molto spesso anche eventi formativi insieme. Ma dobbiamo implementare questo lavoro”.

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