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Difesa Ue, Bruxelles vorrebbe usare il Mes ma i Paesi...

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Difesa Ue, Bruxelles vorrebbe usare il Mes ma i Paesi nordici sono contrari

Lo spiegano all'Adnkronos fonti diplomatiche europee

Bandiere Ue - Fotogramma

L'idea di utilizzare il Meccanismo Europeo di Stabilità per finanziare le spese che l'Ue dovrà affrontare per la difesa comune, se dovesse davvero prendere quota, è destinata a scontrarsi con l'opposizione dei Paesi nordici. Lo spiegano all'Adnkronos fonti diplomatiche europee, dopo le indiscrezioni riportate da Politico.eu. Un'idea simile è "destinata al fallimento", per una serie di ragioni: la prima è che richiederebbe un cambiamento del trattato del Mes, una cosa che "non si fa con facilità", come si è visto con la riforma del Mes negoziata per anni nell'Eurogruppo, in particolare sotto il primo governo Conte, poi finalizzata dal Conte due con la firma dell'allora ministro dell'Economia Roberto Gualtieri e mai ratificata dall'Italia.

Per riformare il trattato del Mes serve l'unanimità dei venti Stati membri della zona euro nel Consiglio e poi la ratifica da parte di tutti i Parlamenti interessati, secondo le singole procedure nazionali. La lunghezza e complicazione dell'iter giuridico necessario non è l'unica ragione che rende questa strada quantomeno impervia: usare il Mes, si fa notare, significherebbe che i venti Paesi dell'area euro "pagherebbero per l'intera Ue", dato che il Meccanismo è finanziato esclusivamente dai Paesi dell'Eurozona. Un'eventualità che appare piuttosto "improbabile", osserva la fonte.

Pertanto, prosegue la fonte, "non credo che la Germania o l'Olanda la appoggerebbero", perlomeno non "a breve". Tuttavia, considerato il contesto geopolitico in rapido deterioramento e in vista delle elezioni presidenziali Usa in novembre, è vero che il problema di come finanziare maggiormente la difesa dell'Europa è certamente tra quelli in cima all'agenda per "tutti" i Paesi membri. Anche se, si osserva, una soluzione ci sarebbe, e pure "piuttosto semplice". Basterebbe che tutti i Paesi Ue membri della Nato, che sono ben 23 su 27, "raggiungessero l'obiettivo" di spendere un ammontare pari al 2% del Pil per la difesa, come gli alleati Nato si impegnarono a fare nel 2014 nel Galles. Solo questo porterebbe ad un aumento delle spese militari dell'ordine di "60-80 mld di euro all'anno".

Certo, ci sono Paesi, come l'Italia, che sono ancora lontani dall'obiettivo del 2% e che non sembrano destinati a raggiungerlo entro quest'anno, come si erano impegnati a fare nel 2014. E' vero che, con un debito che alla fine del 2024 è previsto poco sotto il 138% del Pil, non c'è "molta flessibilità". Tuttavia, questa difficoltà non verrebbe certo risolta ricorrendo a prestiti del Mes. Perché "anche quelli sono debiti", conclude la fonte.

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Esteri

Gaza, ultimatum a Netanyahu: scontro con Gantz sul piano...

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L'ex ministro della Difesa e membro del gabinetto di guerra ha chiesto al premier di elaborare un piano contro Hamas entro l'8 giugno o, in caso contrario, si ritirerà dal governo. Durissima la replica

Netanyahu e Gantz - Fotogramma /Ipa

Ultimatum a Benjamin Netanyahu su Gaza e scontro aperto nel governo israeliano sul futuro della Striscia. A dettare le condizioni è l'ex ministro della Difesa e membro del gabinetto di guerra Benny Gantz, che ha chiesto ieri al premier di elaborare un piano per la guerra contro Hamas entro l'8 giugno o, in caso contrario, si ritirerà dal governo.

Il ritiro di Gantz dal gabinetto di guerra non scatenerebbe automaticamente il collasso del governo di Netanyahu. Tuttavia, nota la Cnn, il gesto potrebbe ribaltare l’immagine di unità in tempo di guerra che Netanyahu ha tentato di creare e sostenere finora, soprattutto di fronte alla comunità internazionale.

Il piano per Gaza: cosa ha detto Gantz, la replica

Per Gantz il piano dovrebbe prevedere l'eliminazione di Hamas, il ritorno degli ostaggi, un governo alternativo nella Striscia, ma anche riportare i residenti israeliani nel nord di Israele e sforzi per la normalizzazione con l’Arabia Saudita. Il primo ministro israeliano, insomma, deve scegliere tra "vittoria e disastro", ha spiegato. Se Netanyahu "scegliesse di condurre la nazione nell'abisso, ci ritireremo dal governo, ci rivolgeremo al popolo e formeremo un governo che possa portare a una vera vittoria", ha ammonito. Gantz ha tuttavia difeso le operazioni militari israeliane a Rafah, definendo la città una "porta" per il ritorno di Hamas e ha affermato che, per raggiungere la pace tra israeliani e palestinesi, Hamas non può rimanere a Gaza e deve essere allontanato da Rafah. Riconoscendo l'impatto devastante che la guerra sta avendo sui civili, ha però insistito sulla necessità di una "decisione".

"È necessario un cambiamento qui e ora" ha detto, assicurando che il suo partito di Unità nazionale "farà tutto il possibile per cambiare rotta, per evitare uno schianto contro il muro e per garantire che Israele navighi in sicurezza verso una vera vittoria". Gantz ha quindi denunciato che "mentre i soldati israeliani stanno dimostrando un coraggio incredibile al fronte, alcune delle persone che li hanno mandati in battaglia agiscono con codardia e mancanza di responsabilità. Mentre nei tunnel bui di Gaza gli ostaggi subiscono le agonie dell'inferno, ci sono alcuni che sono coinvolti in sciocchezze", ha accusato ancora il ministro, secondo cui "qualche politico pensa solo a se stesso".

L'ultimatum di Gantz arriva pochi giorni dopo che l'attuale ministro della Difesa Yoav Gallant ha pubblicamente chiesto un piano per il dopoguerra e ha avvertito che si sarebbe opposto al dominio israeliano a Gaza. Gallant ha messo in guardia sulle conseguenze di una presenza militare israeliana a lungo termine nella Striscia e ha denunciato direttamente Netanyahu.

Prevedibilmente, le parole di Gantz hanno provocato l'ira del premier israeliano. Benny Gantz "ha lanciato un ultimatum al primo ministro, invece, di lanciarlo ad Hamas" ha replicato duramente l'ufficio di Benjamin Netanyahu. Richieste che significano "la fine della guerra e la sconfitta per Israele, abbandonare la maggioranza degli ostaggi, lasciare Hamas al potere e creare uno Stato palestinese". L'ufficio del premier israeliano ha quindi rilanciato, ponendogli tre domande: "Gantz vuole vedere l'operazione a Rafah arrivare fino alla fine e, in tal caso, perché minaccia di rovesciare il governo di unità durante l'operazione delle Idf? Si oppone al governo dell'Autorità palestinese a Gaza, anche se Mahmoud Abbas non è coinvolto? Sarebbe favorevole a uno Stato palestinese come parte di un processo di normalizzazione con l'Arabia Saudita?".

"Il primo ministro Netanyahu - si legge ancora nella nota del suo ufficio - è determinato a eliminare i battaglioni di Hamas, si oppone a portare l'Autorità palestinese a Gaza e a creare uno Stato palestinese che sarà inevitabilmente uno Stato terroristico". Netanyahu, aggiunge, "si aspetta che Gantz chiarisca all'opinione pubblica le sue posizioni su questi punti".

Secca la controreplica di Gantz a Netanyahu: "Se il premier mi avesse ascoltato, saremmo entrati a Rafah mesi fa e avremmo concluso la missione. Dobbiamo finirla e creare le condizioni per farlo". Sull'Autorità nazionale palestinese a Gaza, l'ex ministro della Difesa ha affermato che l'Anp non dovrebbe governare la Striscia, mentre potrebbero farlo altri palestinesi, con il sostegno dei Paesi arabi e degli Stati Uniti: "Il primo ministro dovrebbe occuparsi di questo e non boicottare questi sforzi", le parole di Gantz.

lntanto il leader dell’opposizione israeliana, Yair Lapid, ha esortato i ministri del gabinetto di guerra a "uscire" dal governo, suggerendo che il loro addio all'esecutivo potrebbe portare alla rimozione del primo ministro Netanyahu. "Basta con le conferenze stampa, basta con gli ultimatum vuoti, fuori! Se non fossi al governo, saremmo già nell’era post-Netanyahu e Ben-Gvir", ha detto Lapid rivolgendosi direttamente a Gantz e aggiungedo: "Il fatto che Netanyahu sia ancora al potere è già registrato a tuo nome", ha aggiunto.

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Esteri

Ucraina, Lavrov: “Conflitto tra Occidente e Russia al...

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Secondo il ministro degli Esteri russo l'Europa non tornerà ad avere buoni rapporti con Mosca "per almeno una generazione"

Sergei Lavrov (Afp)

Il conflitto tra l'Occidente e la Russia per la guerra in Ucraina è ora "al suo apice" e l'Europa non tornerà ad avere buoni rapporti con Mosca "per almeno una generazione". A dichiararlo è stato oggi il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, assicurando che a pensarla in questo modo non sono solo molti russi ma che lo stesso Cremlino "considera questa valutazione corretta".

"Dopo il fallimento della controffensiva ucraina, i Paesi occidentali hanno iniziato a diffondere la tesi, apertamente falsa, che non ci fermeremo in Ucraina", ha dichiarato Lavrov durante la 32esima Assemblea del Consiglio per la politica estera e di difesa.

Lavrov ha quindi criticato la retorica dei Paesi occidentali, per i quali Putin vincerà la guerra in Ucraina "e poi attaccherà la Nato, quindi tutti devono urgentemente armarsi fino ai denti". Il ministro russo ha criticato "questa retorica" come parte di un discorso sempre più duro contro la Russia.

Presidente Duma: "Ue viola libertà di stampa ed espressione"

Il presidente della Duma, Vyacheslav Volodin, ha accusato l'Unione Europea di censura e di violare la libertà di stampa e di espressione all'indomani della decisione del Consiglio Ue di sospendere le attività radiotelevisive di quattro media che "diffondono e sostengono la propaganda russa e la guerra di aggressione contro l'Ucraina" ovvero Voice of Europe, Ria Novosti, Izvestia e Rossiyskaya Gazeta.

In un post su Telegram, Volodin - stretto alleato del presidente russo Vladimir Putin - ha accusato l'Occidente di doppi standard, sostenendo che l'Unione Europea abbia bloccato media che diffondono quelli che ha definito "punti di vista alternativi". In Russia, molti media dell'opposizione e che criticano le politiche di Putin sono bloccati.

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Georgia, presidente ha posto il veto su legge agenti...

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La legge era stata approvata nei giorni scorsi in via definitiva dal Parlamento di Tblisi

Salome Zurabishvili (Afp)

Come atteso, la presidente della Georgia Salome Zurabishvili ha posto il veto sulla legge sugli agenti stranieri, approvata nei giorni scorsi in via definitiva dal Parlamento di Tblisi. "Ho posto il veto sulla legge 'russa'", ha dichiarato Zurabishvili.

“Oggi ho posto il veto alla ‘legge russa’, una legge che, in sostanza, contraddice la nostra Costituzione e tutte le norme europee e rappresenta un ostacolo al cammino europeo”, ha detto la presidente georgiana in un discorso al Paese e pubblicato sul sito ufficiale, sottolineando come il veto sia "legalmente giustificato".

La legge sulla trasparenza dell'influenza straniera, voluta con forza dal partito di governo Sogno georgiano e contestata dall'opposizione, che ha portato in piazza migliaia di persone, obbliga le organizzazioni, i media ed entità simili che ricevano almeno il 20% di finanziamenti dall'estero a registrarsi come "agenti che difendono gli interessi di forze straniere". Sul modello di quanto fatto dalla Russia, che ha così giustificato la repressione e la chiusura di ong e mezzi di comunicazione dell'opposizione.

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