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Cremlino chiede agli ucraini di lasciare Kharkiv in vista...
Cremlino chiede agli ucraini di lasciare Kharkiv in vista di offensiva
Mosca ha lanciato un'operazione mediatica, rilevano gli analisti dell'Isw
La Russia prepara l'attacco contro Kharkiv e il segnale dell'offensiva alle porte arriva dalla tv di Mosca, al servizio di Vladimir Putin. Il Cremlino ha lanciato un'operazione mediatica per convincere gli ucraini a lasciare Kharkiv, la seconda città più grande del paese, in vista di una possibile offensiva che potrebbe prendere forma tra la fine della primavera e l'inizio dell'estate. E' quanto mettono in luce gli analisti dell'Institute for the Study of War (Isw), che monitorano il conflitto e delineano i possibili sviluppi della guerra cominciata a febbraio 2022.
A partire da marzo, quindi ormai da diverse settimane, non passano inosservati i messaggi che dalla tv lancia l'anchorman pro-Cremlino Vladimir Solovyov. Il megafono per eccellenza ha dedicato diversi interventi televisivi alle operazioni che le forze armate condurranno a Kharkiv, destinata a essere distrutta"quartiere per quartiere". E ha invitato i civili ucraini a lasciare la città.
Gli appelli sono stati rilanciati la scorsa settimana dalla pubblicazione neonazionalista russa Tsargrad che, citando fonti militari non meglio specificate, ha detto che un'operazione militare russa è inevitabile. E che la situazione a Kharkiv sarebbe stata "peggio che a Bakhmut e Avdiivka". Ma secondo gli analisti dell'Isw il successo di un'operazione di terra russa a Kharkiv sarebbe molto basso se gli aiuti militari americani arrivassero rapidamente.
L'ipotesi di un attacco russo a Kharkiv è legata anche a recenti dichiarazioni di Putin. Il presidente russo ha fatto ripetutamente riferimento alla necessità di creare una zona cuscinetto che isoli ulteriormente le regioni occupate da Mosca durante il conflitto. La regione di Kharkiv, quindi, diventerebbe un obiettivo strategico.
Sport
Euro 2024, Uefa: saranno convocabili fino a 26 giocatori
Lo ha deciso il comitato esecutivo, riunito oggi a Nyon
Il comitato esecutivo dell'Uefa, riunito oggi a Nyon, ha deciso di allargare da 23 a 26 il numero massimo dei giocatori convocabili da ciascuna nazionale per i campionati europei di calcio Euro 2024 in programma in Germania dal 14 giugno al 14 luglio 2024. Le 'rose' delle 24 nazionali partecipanti alla rassegna continentale dovranno essere consegnate all'Uefa entro il 7 giugno.
Cronaca
Sequestro palestra ‘antiracket’, Valeria...
La testimone di giustizia ha chiesto di essere sentita dai pm e dalla commissione antimafia regionale siciliana, che l’ha convocata per martedì prossimo
Ha chiesto di essere sentita dai pm e dalla commissione antimafia regionale siciliana, che l’ha convocata per martedì prossimo, la testimone di giustizia Valeria Grasso indagata dalla procura di Palermo nell’inchiesta che ha portato al sequestro della 'palestra antiracket'. Una struttura che era gestita dall’imprenditrice siciliana che negli anni duemila si è ribellata al pizzo facendo arrestare alcuni esponenti del clan Madonia. Ora alla donna i magistrati palermitani contestano l’accusa di invasione di edificio: secondo gli inquirenti la donna avrebbe, infatti, occupato per anni abusivamente i locali di via Dominici, confiscati anni prima alla criminalità organizzata. Accuse che Valeria Grasso respinge con fermezza. “Sono pronta a dimostrare la mia totale estraneità, documenti alla mano, a ciò che mi viene contestato, non si è trattato di un’occupazione abusiva”, dice all’Adnkronos la testimone di giustizia. “Non sono come è stata scritto una ‘paladina dell’antimafia’, ‘la paladina di destra’. Io alla mafia ho risposto con un atto di coraggio che mi ha cambiato la vita”.
Secondo l’accusa, Valeria Grasso, nella qualità di presidente dell'associazione Legalità e Libertà, sin dal 2014 avrebbe dunque occupato “sine titulo” i locali su cui pendeva un’ordinanza di sfratto. “Io non ho occupato nulla. Io ho denunciato i Madonia all’interno di quell’immobile. Con le mie denunce l’ho sottratto alle mafie”, sottolinea. “Ero lì da prima con un contratto di locazione. Poi avevo presentato nel 2013 un progetto sulla palestra che mi è stato approvato e a cui ha fatto seguito nel 2014 un’inaugurazione alle presenza delle autorità, con magistrati, sindaci, scuole. Nessuno mi ha mai chiesto un atto formale di assegnazione. Quando un anno fa ho chiesto spiegazioni al servizio centrale di protezione su cosa stesse succedendo mi è stato detto che ero vittima di un errore burocratico. Ora mi ritrovo descritta come una delinquente mentre io i delinquenti li ho denunciati”.
Ad assistere Valeria Grasso ora c’è l’avvocato Salvatore Asole che nei prossimi giorni presenterà un’istanza di revoca del sequestro al gip. “Quello che mi chiedo è: ma se l’intimazione di sfratto risale al 2014 perché la comunicazione di occupazione abusiva arriva solo 9 anni dopo? C’è una stata mancanza anche da parte dell’agenzia che gestisce il bene?”, dice il penalista. L’immobile, secondo quanto riportato nel decreto di sequestro preventivo , avrebbe anche subito modifiche di “carattere urbanistico edilizio mai denunciate". Accusa a cui la donna replica spiegando che “il custode giudiziale che ha redatto la relazione in cui si fa riferimento all’occupazione abusiva è lo stesso che ha autorizzato i lavori che ora mi vengono contestati. Una situazione surreale”, sottolinea.
“E io nella giustizia ho sempre creduto e continuo a credere e per questo sono pronta a farmi sentire per chiarire”, dice la testimone di giustizia che dal prossimo luglio, dopo che il Tar ha respinto il suo ricorso avrà la scorta solo quando sarà in Sicilia. “Una situazione paradossale che abbiamo segnato al ministero dell’Interno e alla prefettura - dice il suo avvocato - Resta una persona fortemente esposta, che ha ricevuto diversi episodi di minacce negli ultimi anni. Ci opporremo all’allentamento della scorta anche con un ulteriore ricorso sperando che nel frattempo qualcuno risponda alle nostre segnalazioni”.
Cronaca
Strage Fidene, ministri Piantedosi e Crosetto chiamati a...
I giudici hanno ammesso la richiesta avanzata da una delle parti civili di sentire i titolari dei dicasteri
I ministri dell’Interno e della Difesa, Matteo Piantedosi e Guido Crosetto, sono stati chiamati a testimoniare in aula a Roma davanti alla Prima Corte di Assise nel processo per la strage di Fidene avvenuta l’11 dicembre 2022. I giudici hanno ammesso la richiesta avanzata da una delle parti civili di sentire i titolari dei dicasteri, i quali ai sensi dell’articolo 208 del codice penale potranno decidere se comparire o meno in aula. "C’è un interesse ad ascoltarli - ha detto l’avvocato di parte civile Francesco Innocenti - perché abbiamo dedotto, già in sede di chiamata dei responsabili civili, che ci sono stati dei pregressi ed è utile sapere se di questi pregressi i ministri ne erano a conoscenza e se hanno avuto la possibilità o hanno deciso di fare interventi in questo ambito".
Nel procedimento sono imputati Claudio Campiti, l’uomo che l’11 dicembre del 2022 ha aperto il fuoco durante una riunione del consorzio Valleverde in un gazebo di via Monte Gilberto uccidendo quattro donne, oltre al presidente della Sezione Tiro a Segno Nazionale di Roma e un dipendente addetto al locale dell’armeria del poligono di tiro di Tor di Quinto dove Campiti prese l’arma utilizzata poi per compiere la strage. Oggi il tribunale di Roma ha ammesso la richiesta di chiamare come responsabili civili il ministero dell’Interno, quello della Difesa, il Poligono di Tiro e l’Unione italiana tiro a segno. I due dicasteri in particolare, ha spiegato la presidente Paola Roja, ''sono tenuti al risarcimento del danno per non aver esercitato i propri doveri di vigilanza e controllo''. Come emerse durante le indagini, condotte dai carabinieri del Nucleo Investigativo, coordinati dal pm Giovanni Musarò, al poligono di Tor di Quinto c’erano già state in passato sottrazioni di armi, in un caso per compiere una rapina e in un altro per un suicidio.
A Campiti vengono contestate le accuse di omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi per la morte di Nicoletta Golisano, Elisabetta Silenzi, Sabina Sperandio e Fabiana De Angelis, di tentato omicidio di altre cinque persone sedute al tavolo del consiglio di amministrazione del consorzio e di lesioni personali derivate dal trauma psicologico subito dai sopravvissuti. Il presidente della Sezione Tiro a Segno Nazionale di Roma e un dipendente addetto al locale dell’armeria del poligono sono accusati, invece, di omissioni sul controllo e la vigilanza sulle armi. All’udienza di oggi il pm Musarò ha chiesto di acquisire alcuni documenti tra cui l’atto con il quale la questura di Rieti aveva rigettato la richiesta di porto d’armi avanzata da Campiti. La difesa ha invece chiesto di sentire tra gli altri la testimonianza del professore Stefano Ferracuti, che ha incontrato Campiti in carcere, per riferire sulle sue "condizioni mentali". La prossima udienza è prevista per il 14 maggio quando saranno ascoltati i carabinieri che hanno condotto le indagini e verrà mostrato in aula il video della strage compiuta da Campiti e ripresa dalla telecamera di sorveglianza del gazebo.