Esteri
Nave Duilio abbatte due droni nel Mar Rosso
Lo fa sapere lo Stato Maggiore della Difesa: "Agito per autodifesa". Le congratulazioni di Tajani
La nave Caio Duilio, nell’ambito dell'operazione dell'Unione europea Aspides in risposta agli attacchi Houth, ha abbattuto oggi - in attuazione del principio di autodifesa - due droni aerei. Lo fa sapere lo Stato Maggiore della Difesa ricordando che l'operazione Aspides ha il compito di difendere la libertà di navigazione e le rotte commerciali.
"Congratulazioni all'equipaggio del cacciatorpediniere Caio Duilio che ha abbattuto due droni nel Mar Rosso nell'ambito della missione Ue Aspides. La Marina italiana garantisce la libera navigazione e protegge i nostri mercantili. Fieri dei nostri marinai!", scrive sul social X il ministro degli Esteri, Antonio Tajani.
Il precedente
La Nave Duilio opera nel Mar Rosso per garantire la tutela del diritto internazionale e salvaguardare gli interessi nazionali. Già lo scorso 2 marzo il cacciatorpediniere italiano ha abbattuto un drone nel Mar Rosso "dalle caratteristiche analoghe a quelli già usati in precedenti attentati: si trovava a circa 6 kilometri dalla nave italiana, in volo verso di essa". In quell'occasione Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha sottolineato che gli attacchi terroristici degli Houti sono una grave violazione del diritto internazionale e un attentato alle sicurezza dei traffici marittimi da cui dipende la nostra economia. Questi attacchi sono parte di una guerra ibrida, che usa ogni possibilità, non solo militare, per danneggiare alcuni Paesi e agevolarne altri".
La missione Aspides
La missione Aspides, EuNavFor Aspides, è una missione navale militare che l'Unione europea lanciata poco meno di un mese fa sulla base di una proposta di Italia, Francia e Germania. Mira a proteggere il traffico mercantile diretto verso e proveniente dal canale di Suez dagli attacchi degli Houthi yemeniti, che hanno iniziato a prendere di mira molte navi (non quelle cinesi né quelle russe, ma quelle considerate occidentali), da quando Israele ha avviato la guerra nella Striscia di Gaza, in risposta ai pogrom del 7 ottobre perpetrati da Hamas.
Esteri
Ucraina, il piano del Cremlino per Mariupol: sarà una...
La città, nelle mani russe dal maggio di due anni fa e indissolubilmente legata all'assedio dell'acciaieria Azovstal, ora vede spuntare 'Gli appartamenti di Putin' per le vacanze
Da 'città martire' a località turistica. E' il piano messo a punto dal Cremlino per Mariupol, la città dell'Ucraina meridionale quasi completamente distrutta dai bombardamenti e caduta nelle mani dei russi nel maggio di due anni fa. Ora, secondo quanto riporta il corrispondente locale di Bfmtv, Mosca - malgrado la città sia indissolubilmente associata al drammatico assedio all'acciaieria Azovstal - intende farne un luogo di vacanze e ha già avviato un piano di ricostruzione dei suoi quartieri e del centro storico da finalizzare entro il 2035.
Nelle strade di Mariupol, riporta l'emittente francese, sono già stati realizzati degli appartamenti completamente bianchi, ribattezzati 'Gli appartamenti di Putin'. Si tratte di case che sono state ricostruite molto rapidamente dopo l'assedio con l'obiettivo di mostrare agli abitanti che la situazione sta migliorando. Secondo le Nazioni Unite, quando Mariupol cadde, il 90% dei suoi edifici residenziali era stato distrutto o danneggiato.
La scommessa degli acquirenti russi: tra 10 anni sarà meta per le vacanze
Oltre alla russificazione della città, il Cremlino vuole fare di Mariupol, situata sulla riva del Mar d’Azov, una vera e propria località balneare. Questo progetto ha avuto già l'effetto di far registrare un forte aumento dei prezzi degli immobili. Perché queste nuove unità abitative non vengono consegnate agli abitanti che ne hanno bisogno, ma vengono acquistate da russi che scommettono sul fatto che forse tra 10 anni Mariupol sarà una città meta di vacanze come tante altre.
Uno di loro ha rilasciato un'intervista alla Bbc lo scorso agosto. "Ho acquistato una proprietà. Mariupol diventerà una bellissima città", spiegava Vladimir, originario della città di Murmansk, nella regione dell'Artico. "L'importante è che la città sia in riva al mare", ha aggiunto, spiegando all'epoca di aver investito grazie ai prezzi decisamente bassi. Secondo i media britannici, decine di persone hanno pubblicato annunci sul social network VKontakte in cui affermano di cercare un immobile a Mariupol. Ma un'inchiesta del Financial Time ha messo in luce tutti i difetti della ricostruzione ordinata da Putin, denunciando come gli abitanti vivano in condizioni deplorevoli, in "case costruite a metà", "appartamenti pericolosi con perdite d'acqua" e dove "i lavori di ristrutturazione sono stati pasticciati".
Esteri
Ucraina, anche l’Estonia valuta l’invio di...
Il governo di Tallin sta "seriamente" valutando l'ipotesi per "ruoli non di combattimento" ma nelle "retrovie" in modo da poter liberare truppe ucraine da inviare al fronte
Non solo la Lituania, c'è un altro paese pronto a inviare soldati in Ucraina. Anche il governo dell'Estonia sta infatti "seriamente" valutando la possibilità di inviare truppe nella parte occidentale del Paese per dei ruoli non di combattimento, nelle "retrovie" in modo da poter liberare truppe ucraine da inviare al fronte in un momento cruciale della guerra.
La Russia ha lanciato un'offensiva nella regione di Kharkiv, con l'obiettivo di creare una zona cuscinetto per isolare i propri territori dagli attacchi di Kiev. L'obiettivo di Mosca è anche spingere l'Ucraina a riposizionare uomini e mezzi attualmente schierati sul fronte orientale, che diventerebbe più attaccabile dagli invasori.
La posizione estone è stata illustrata al portale Breaking Defense da Madis Roll, consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Alar Karis: per quanto Tallinn preferirebbe fare qualsiasi mossa nell'ambito di una piena missione Nato - "per mostrare una più ampia forza combinata e determinazione" - non si esclude la possibilità di partecipare ad una coalizione più piccola.
Lituania e soldati a Kiev, cosa ha detto la premier
Il messaggio dell'Estonia arriva a pochi giorni dal segnale inviato da un altro paese baltico. La premier della Lituania Ingrida Simonyte aveva reso noto l'8 maggio scorso di essere pronta a inviare i suoi militari in missione di addestramento in Ucraina. La presa di posizione del paese baltico era arrivata malgrado le minacce di Mosca: il ministero della Difesa aveva infatti annunciato esercitazioni nucleari tattiche ordinate da Vladimir Putin in risposta alle dichiarazioni sull'invio di truppe da parte di Emmanuel Macron.
La linea Macron, il 'no' dell'Italia all'invio di truppe
Il presidente francese, dopo le prime esternazioni di febbraio, negli ultimi giorni è tornato a prospettare l'ipotesi di inviare soldati in Ucraina se la Russia dovesse sfondare la linea del fronte e se Kiev dovesse chiedere apertamente il sostegno diretto dei partner occidentali: si tratta di due condizioni, ha evidenziato Macron, che allo stato attuale non si sono concretizzate.
In una intervista al Financial Times, Simonyte ha spiegato che "se pensassimo solo alla risposta di Mosca, non invieremmo nulla. Una settimana sì e una no, si sente parlare di attacchi nucleari contro qualcosa". L'Ucraina non ha chiesto alla Lituania come ad altri Paesi in modo ufficiale di poter ricevere soldati di Paesi alleati sul suo territorio.
Numerosi paesi hanno intanto detto e ribadito che non invieranno personale militare in Ucraina. L'Italia ha chiarito ripetutamente la propria posizione in relazione al dibattito. "Non manderemo nessun militare italiano in Ucraina. Ho appena terminato una riunione con tutti i nostri ambasciatori delle aree di crisi: Ucraina, Medio Oriente, Mar Rosso. Ho ribadito la nostra posizione in difesa dell’indipendenza territoriale dell’Ucraina ma non siamo in guerra con la Russia", ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani.
Esteri
Gaza, Usa: “Nessun genocidio”. Ma Casa Bianca...
Il consigliere per la Sicurezza Nazionale Sullivan: "Stato ebraico deve fare di più per proteggere i civili. Operazione a Rafah? Sarebbe un errore"
Gli Usa credono che "Israele possa e debba fare di più per proteggere la vita di civili innocenti", ma non credono "che quello che sta succedendo a Gaza sia un genocidio". Così il consigliere per la Sicurezza Nazionale, Jake Sullivan, durante un briefing in cui ha ricostruito per punti la posizione dell'amministrazione Biden sul conflitto a Gaza, ricordando che gli Stati Uniti hanno "fermamente e pubblicamente respinto" le accuse di genocidio.
Sullivan ha ricordato che la guerra è iniziata a causa degli attacchi del 7 ottobre di Hamas, "gruppo terroristico che ha come obiettivo di distruggere Israele", e che gli israeliani hanno un "peso insolito e senza precedenti in questa guerra, perché Hamas usa ospedali, scuole e altre infrastrutture civili per usi militari ed ha costruito tunnel sotto aree civili, mettondo così in civili in mezzo al fuoco".
Questo non toglie ad Israele "la responsabilità di fare tutto il possibile per proteggere civili innocenti", ha detto ancora Sullivan sottolineando che per i civili palestinesi "questa guerra è un inferno, il livello di morte e trauma che stanno subendo è inimmaginabile, la loro pena e sofferenza sono immense, nessun civile dovrebbe subirle. Il presidente - ha spiegato ancora - ha questo nei suoi pensieri ogni giorno".
"Errore lanciare operazione a Rafah
"Continuiamo a credere che sia un errore lanciare un'operazione militare di vasta scala nel cuore di Rafah, operazione che esporrebbe al rischio un grande numero di civile senza un guadagno strategico", ha ribadito Sullivan.
Nel criticare la scelta strategica di Israele di attaccare Rafah, Sullivan ha poi ricordato che i militari israeliani sono già entrati a Gaza City ed altri centri della Striscia "e si sono visti sempre i terroristi uscire dalle macerie perché secondo noi non c'è integrazione sufficiente tra piano militare e piano politico".
"Siamo preoccupati per questo - ha aggiunto il consigliere per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, che più volte nel corso del briefing ha ribadito il "ferreo" sostegno di Washington all'alleato israeliano - abbiamo sollevato queste preoccupazioni, non con rancore, ma perché vogliamo vedere guerra concludersi con successo, vogliamo vedere Hamas sconfitta, vogliamo vedere i suoi leader consegnati alla giustizia".