Cronaca
Vittime di guerra, Crocco: “La guerra va raccontata...
Vittime di guerra, Crocco: “La guerra va raccontata partendo dai civili, i protagonisti”
Il giornalista e direttore dell'Atlante delle Guerre e dei conflitti del mondo all’evento di rilancio “Stop alle bombe sui civili”
“Principalmente si cerca di mettere i civili al centro del racconto delle 31 guerre che ci sono nel mondo in questo momento, più 20 situazioni di crisi. Questo è il terreno comune di lavoro che abbiamo trovato con “L’Osservatorio” e con l'Associazione nazionale vittime civili di guerra, con cui stiamo collaborando da qualche anno in modo assolutamente proficuo, in quanto questo è il tentativo che entrambi abbiamo trovato per far capire che la guerra va raccontata partendo dai civili, cioè da quelli che sono i protagonisti”. Con queste dichiarazioni, Raffaele Crocco, giornalista direttore dell'Atlante delle Guerre e dei conflitti del mondo, a margine dell’evento che anticipa la giornata Nazionale delle vittime civili delle guerre e dei conflitti nel mondo, dove l’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra, che rappresenta e tutela in Italia le vittime civili di guerra e le loro famiglie, ha deciso di rilanciare insieme all’Anci la campagna “Stop alle bombe sui civili” per chiedere con forza che le Convenzioni, i Trattati e le Dichiarazioni internazionali che già esistono per la protezione dei civili vengano estesi, attuati e rispettati.
“Oggi su dieci morti in guerra, nove sono civili e uno solo è un militare. Questo significa che anche il racconto che noi dobbiamo fare, deve modificarsi in qualche modo. Dobbiamo mettere al centro quello che davvero è il cuore della guerra. Basta vedere quello che sta succedendo in questo momento nel mondo, dall'Ucraina a Gaza. Quindi, questo è il racconto di ciò che sta accadendo ai civili. Inoltre, vengono anche illustrate tutte le ragioni che portano alla guerra, in quanto la guerra è un effetto, non una causa. La guerra - spiega Crocco - arriva laddove una serie di conflitti non vengono risolti e per conflitti si intendono ad esempio l'assenza di diritti umani, laddove la ricchezza viene distribuita male, laddove non c'è la possibilità di curarsi, di avere una vita libera e democratica, di avere un mondo migliore, sicuramente arriva la guerra”.
Durante l’evento sarà presentata la dodicesima edizione dell’Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo, diretto da Raffaele Crocco, di cui l’Anvcg è partner attraverso “L’Osservatorio”, il proprio centro di ricerca internazionale sulle vittime civili dei conflitti. La dodicesima edizione dell’Atlante è ricca di dati, approfondimenti sulle 31 guerre attualmente in corso nel mondo e descrive i nuovi equilibri mondiali nel pieno delle crisi in Ucraina e in Medioriente e nel mezzo di un cambiamento forte nell’Africa sub sahariana.
“Quindi, il lavoro che dobbiamo fare è quello di considerare la guerra prima e dopo, paradossalmente e non solo durante - sottolinea Crocco - Prima, per mettere in campo tutti gli strumenti possibili, e qui l'informazione è fondamentale per prevenire la guerra. Considerare la guerra dopo, perché la guerra, purtroppo rimane nelle terre che colpisce per lunghissimi anni e continua a fare vittime. Il lavoro dell'Associazione dimostra proprio questo, come la guerra non abbia un termine. Non sempre, quando le armi tacciono, inizia la pace”.
“Naturalmente, poi, a livello di informazione - continua il direttore - c'è l'esigenza anche di creare degli strumenti concreti e che si possano facilmente reperire i dati che servono per capire cosa significa la guerra oltre il cessate il fuoco e cosa significa quello che accade in guerra per effetto, ad esempio, degli ordigni esplosivi”. Per celebrare la Giornata Nazionale delle vittime civili delle guerre e dei conflitti nel mondo, la sera del 1° febbraio centinaia Comuni italiani (sono già oggi oltre 120) illumineranno di blu le facciate di Municipi, palazzi o monumenti simbolo esponendo lo striscione “Stop alle bombe sui civili”. La stessa sera, ad illuminarsi di blu, saranno anche Palazzo Chigi, la Farnesina, il Viminale, i principali Ministeri, insieme a Palazzo Madama e Montecitorio e molte Regioni.
“In tale contesto concentriamo il lavoro con “L’Osservatorio” e con l'Associazione per cercare di dare dati, ad esempio, per svelare che in un anno nel mondo ci possano essere circa 30-31 mila vittime civili per effetto degli ordigni esplosivi ed è un numero incredibilmente alto. Ciò trova dal punto di vista pratico, nella dodicesima edizione dell'Atlante, la realizzazione di un'infografica che abbiamo creato che rendere tutti questi dati assolutamente fruibili. Non solo i dati delle vittime, dove sono e quante sono, ma anche i dati dei trattati che sono in atto a livello internazionale per cercare di limitare questo problema degli ordigni esplosivi incontrollati, che rimangono anche sul terreno e che continuano a creare vittime”, conclude Crocco.
Cronaca
Obesità, per gli over 40 bisogna cambiare criteri: studio
Il valore di indice di massa corporea (Bmi) non sarebbe appropriato per le modifiche della composizione corporea con l'invecchiamento
Il valore di indice di massa corporea (Bmi) che definisce l'obesità, riconosciuto a livello internazionale, non sarebbe adeguato a stabilire la presenza della malattia negli adulti sopra i 40 anni, per i quali servirebbe stabilire un nuovo limite: 27 kg/m² sarebbe più appropriato rispetto all'attuale soglia Bmi prevista dall'Organizzazione mondiale della sanità, di 30 kg/m². La proposta arriva da uno studio presentato al Congresso europeo sull'obesità (Eco 2024) di Venezia, da ricercatori dell'Università di Roma Tor Vergata, dell'Università di Modena e Reggio Emilia e dell'Università Araba di Beirut in Libano.
L'identificazione dell'obesità in base alla quantità di grasso corporeo è un metodo considerato accurato, ma l'Oms - ricordano i ricercatori - ricorre a un Bmi di 30 kg/m² come indicatore universale di obesità in uomini e donne bianchi di tutte le età. Tuttavia questo valore potrebbe non essere appropriato con l'avanzare dell'età, tenendo conto dei cambiamenti che si verificano nella composizione corporea con l'invecchiamento, come un aumento del grasso corporeo (con la quantità massima osservata tra i 50 e i 60 anni) e una diminuzione della massa magra (muscoli, che diminuisce di quasi il 5% ogni decennio dopo i 30 anni).
Lo studio
Per testare la validità di questo indice di classificazione dell'obesità negli italiani di mezza età e negli anziani, i ricercatori hanno realizzato uno studio trasversale che ha coinvolto 4.800 adulti (61,5% donne; di età compresa tra 40 e 80 anni) afferenti alla Divisione di Nutrizione clinica del Dipartimento di Biomedicina e prevenzione dell'Università Tor Vergata, escludendo donne incinte, chi assumeva farmaci che influiscono sul peso o sulla composizione corporea, o chi presentava condizioni mediche di base associate alla perdita di peso o gravi disturbi psichiatrici.
I partecipanti sono stati classificati in base agli attuali valori limite del Bmi dell'Oms: 1.087 individui di peso normale (Bmi 18,5-24,99 kg/m²), 1.826 in sovrappeso (25 kg/m²-29,9 kg/m²) e 1.887 con obesità (30 kg/m² e oltre). Sono stati quindi riclassificati in base allo stato di adiposità, in base alla percentuale di grasso corporeo totale misurata utilizzando scansioni di assorbimetria a raggi X, e in base ai punti limite di obesità specifici per età e sesso. I ricercatori hanno quindi valutato la prestazione diagnostica del Bmi nel rilevare l'obesità definita dalla percentuale di grasso corporeo per tutti i partecipanti per età e sesso per trovare la migliore sensibilità e specificità per prevedere l'obesità negli adulti di mezza età e negli anziani. In questo modo, molti partecipanti con un Bmi indicativo di un peso sano sono stati classificati come obesi considerando la percentuale di grasso corporeo.
In definitiva, secondo i criteri dell'Oms, circa il 38% degli uomini e il 41% delle donne avevano un Bmi pari o superiore a 30 kg/m², indicante l'obesità. Tuttavia, se valutati in base alla percentuale di grasso corporeo, circa due terzi degli uomini (71%) e delle donne (64%) sono stati considerati obesi. I ricercatori hanno scoperto che il valore limite del Bmi più appropriato per identificare l'obesità negli adulti di mezza età e negli anziani in base alla percentuale di grasso corporeo era di 27,08 kg/m² nelle donne e di 27,36 kg/m² nei maschi, con un alto grado di precisione (un quasi il 90% di probabilità di rilevare l'obesità). Sorprendentemente, solo il 57% delle donne considerate obese secondo il nuovo limite Bmi (27 kg/m²) è stato classificato correttamente secondo lo standard dell'Oms, quindi circa il 40% delle donne affette da obesità non è stato classificato com tale. Allo stesso modo, circa la metà degli uomini obesi non è stata raggiunta in base all'attuale soglia dell'Oms.
"Se continuiamo a utilizzare lo standard dell'Oms per lo screening dell'obesità - avverte Antonino De Lorenzo, docente di Tor Vergata e coautore dello studio - perderemo molti adulti di mezza età e anziani a rischio di obesità. Stabilire questo nuovo punto limite del Bmi negli ambienti clinici e nelle linee guida sull'obesità sarà vantaggioso per la salute potenziale di milioni di anziani".
Cronaca
Arresto Miami, madre di Falcinelli: “Revocato il suo...
Il giovane era stato fermato in maniera violenta dalla polizia americana lo scorso febbraio
Gli Stati Uniti hanno revocato il visto a Matteo Falcinelli, il 25enne italiano arrestato in modo violento dalla polizia di Miami nello scorso febbraio. A darne notizia è stata la mamma, la signora Vlasta. "Matteo è stato contattato dall’Ambasciata americana a Roma per comunicargli che il Dipartimento di Stato Americano gli ha revocato il visto e, pertanto, se lui dovesse uscire dagli Stati Uniti non potrebbe più rientrare". Matteo e la madre stavano per imbarcarsi in aereo per rientrare in Italia quando hanno appreso la notizia. Solo pochi giorni fa, al giovane era stata concessa dal giudice l'estensione dell'attuale permesso di viaggiare con possibilità per lui di rimanere in Italia fino al 30 giugno 2024. Ora la revoca del visto.
La polizia di Miami: "Legato a quel modo per la sua sicurezza"
"La decisione di legarlo è stata presa per la sua sicurezza" si sono giustificati dalla City of North Miami Beach. In una dichiarazione, ripresa dai media americani, sostiene che Matteo Falcinelli è stato 'incaprettato' con il metodo, vietato da decine di dipartimenti di polizia americani, del cosiddetto 'hogtie', dichiarato potenzialmente letale dal dipartimento di Giustizia dagli anni '90, perché il giovane continuava a battere la testa contro la porta della cella.
"La North Miami Beach Police ha agito in accordo con gli standard dello Stato e le regole del dipartimento", prosegue la dichiarazione della città della Florida, che afferma che i video delle bodycam mostrano che Falcinelli si sarebbe "comportato in modo aggressivo" durante l'arresto e mentre veniva trasportato in cella. Nel comunicato si sottolinea che l'arrestato è stato tenuto legato per 13 minuti e che durante questo tempo è stato sempre monitorato. E, infine, si afferma che gli agenti hanno tentato di fargli prestare cure mediche per il taglio al volto che si sarebbe provocato colpendo con la testa le sbarre all'interno dell'auto della polizia dopo l'arresto.
Procura di Roma apre inchiesta
La procura di Roma ha aperto un'inchiesta in relazione al caso. Il fascicolo, al momento senza indagati né ipotesi di reato, è stato avviato in seguito alla segnalazione del Consolato. I pubblici ministeri capitolini, coordinati dal procuratore capo Francesco Lo Voi, in attesa di ricevere la denuncia da parte del giovane, in cui si potrebbero ipotizzare i reati di lesioni o tortura, dovranno valutare anche le questioni in merito alla competenza e alla giurisdizione.
La protesta ufficiale del console italiano
Sulla vicenda del nostro connazionale, "il console generale ha presentato una nota di protesta ufficiale", ha annunciato nei giorni scorsi il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. "La nota - indirizzata al Dipartimento di Stato e al capo della polizia di Miami - ha evidenziato l'inaccettabilità di quanto accaduto".
Cronaca
Rissa Fedez-Iovino, cosa rischia il rapper indagato: parla...
"Si tratta di un reato che per quanto grave non può andare a inficiare la capacità genitoriale" dice all'Adnkronos il matrimonialista Gassani
''Un eventuale rinvio a giudizio e condanna in primo grado potrebbero scalfire l'immagine di Fedez ma dubito possano avere un'incidenza fondamentale sul piano delle capacità genitoriali e, dunque, comportare conseguenze sull'affidamento dei figli". Così, interpellato dall'Adnkronos, l'avvocato Gian Ettore Gassani, presidente dell'Ami, Associazione Matrimonialisti italiani, commenta l'inchiesta della procura di Milano che vede indagato il rapper per rissa e lesioni in concorso in relazione all'aggressione, subita dal personal trainer Cristiano Iovino.
"Premettendo che non sappiamo se Fedez sia o no colpevole, stiamo parlando comunque di un reato che non è avvenuto in un contesto intra familiare, cioè contro familiari – sottolinea Gassani –. Si tratta di un reato che per quanto grave non può andare a inficiare la capacità genitoriale, salvo che la perizia del giudice civile non sancisca un grado di aggressività".
"In caso di condanna, l'immagine e la credibilità di Fedez ne risentirebbero, ma non si può considerare automaticamente una condanna per rissa rispetto alla capacità genitoriale – spiega il matrimonialista – che andrebbe comunque verificata in sede civile con una consulenza tecnica d'ufficio".