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Taiwan domani alle urne: “Un voto che può cambiare il...

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Taiwan domani alle urne: “Un voto che può cambiare il mondo”

Il destino dell'isola e la reazione di Pechino sono un punto cruciale nei rapporti Cina-Stati Uniti

Cartello elettorale a Taiwan - Afp

Prima delle presidenziali americane di novembre c'è un altro voto che può cambiare il mondo. Sono le elezioni di sabato 13 gennaio a Taiwan, dove una piccola democrazia vota all'ombra della minaccia della Cina, grande vicino autoritario che pone la riunificazione fra i suoi obiettivi dichiarati. "Il modo con cui la Cina risponderà alle scelte fatte dagli elettori di Taiwan sarà un test della possibilità di poter gestire le tensioni fra Washington e Pechino o del procedere verso un ulteriore scontro, o anche un conflitto", nota la Cnn.

Sono 19,3 milioni gli elettori chiamati a votare per l'elezione del nuovo presidente e il rinnovo del parlamento monocamerale, lo Yuan legislativo. Pechino è intervenuta pesantemente, con minacce, esercitazioni militari, campagne di disinformazione e coercizione economica, per indirizzare il voto verso Hou Yu-Ih, candidato del partito nazionalista Kuomitang (Kmt) all'opposizione. L'obiettivo è impedire la vittoria di William Lai, candidato del Partito democratico progressista (Dpp) della presidente uscente Tsai. Il terzo è Ko Wen-je, carismatico ex sindaco di Taipei, che nel 2019 ha fondato il Partito del Popolo di Taiwan, puntando soprattutto ai temi del carovita e proponendo una terza via nei rapporti con Pechino, a suo dire né troppo ostile, né troppo deferente.

Il pressing di Pechino

La Cina "intensifica la minaccia militare" e "tenta di far passare l'idea che queste elezioni siano una scelta tra guerra e rallentamento della crescita", in caso di trionfo di William Lai "o pace e prosperità", in caso di vittoria di Hou Yu-Ih, ha detto in una recente intervista a Le Monde il ministro degli Esteri di Taiwan, Joseph Wu, denunciando "un'ingerenza cinese sempre più sofisticata".

Pechino considera Taiwan, isola di fatto indipendente con 23 milioni di abitanti e un pugno di alleati nel mondo, una "provincia ribelle" da "riunificare". La "riunificazione" è "inevitabile", ha rimarcato nel suo ultimo discorso pubblico il leader cinese Xi Jinping, dal 2012 segretario generale del Partito comunista, un partito-Stato con più di 98 milioni di membri, al vertice della Commissione militare centrale e presidente della Cina dal 2013, che concentra sulla sua persona tanti poteri quanti mai ne aveva avuti un leader prima di lui nella Repubblica Popolare.

Nel 1992 Taipei e Pechino concordarono l'esistenza di un'unica Cina. Ma ad oltre 30 anni di distanza lo status quo del cosiddetto Consenso del 1992 è sempre più fragile. Pechino accusa il Dpp di spingere verso l'indipendenza. Dopo la vittoria di Tsai otto anni fa, Xi ha tagliato gran parte dei rapporti con Taiwan, aumentato la pressione militare e reagito duramente ad ogni visita occidentale sull'isola.

La linea dura scelta da Xi ha avuto però come effetto di aumentare le distanze. Mentre il destino di Hong Kong, dove le promesse cinesi di mantenere garanzie democratiche nell'ex colonia britannica sono state palesemente violate, ha spaventato i taiwanesi, rendendo improbabile una riunificazione consensuale e pacifica. Taipei ha intanto rafforzato i suoi rapporti con gli Stati Uniti e l'Occidente, malgrado Pechino vieti il riconoscimento formale di Taiwan a chi intrattiene rapporti diplomatici con la Cina. Intanto, riferiscono sondaggi citati dalla Cnn, solo il 3% dei taiwanesi si considera prima di tutto cinese e meno del 10% sostiene la riunificazione.

Anche Hou, il candidato del Kuomitang, esclude colloqui con Pechino in vista della riunificazione. Si dice a favore della graduale ripresa degli scambi con Pechino. Propone la terapia delle 3 D: deterrenza, dialogo e de-escalation. E quando parla di deterrenza, spiega che "la cosa più importante è continuare a rafforzare gli armamenti della nostra difesa nazionale" in modo che la Cina "non osi facilmente scatenare una guerra".

La posizione Usa

La questione di Taiwan rimane un punto cruciale dei non facili rapporti fra Pechino e Washington. Gli Stati Uniti hanno rotto formalmente con Taiwan quando hanno riconosciuto la Cina nel 1979, ma hanno mantenuto rapporti ufficiosi con Taipei e l'impegno a provvedere alla sua difesa. Già con il presidente Donad Trump Washington ha rafforzato il sostegno a Taiwan. Biden non è da meno e ha già fatto sapere di voler inviare una delegazione ufficiosa sull'isola dopo le elezioni, provocando un'immediata protesta cinese.

In vista delle elezioni, la Cina ha mantenuto la pressione militare su Taiwan, inviando aerei militari, droni e navi da guerra in prossimità dell'isola. Pochi esperti prevedono una invasione imminente. Ma Pechino potrebbe reagire ad una possibile vittoria di Lai, leggermente in testa nei sondaggi, con nuove esercitazioni militari, ulteriori chiusure commerciali e perfino l'imposizione di un blocco. "Fino a che punto arriveranno queste azioni, e come reagiranno gli Stati Uniti e i suoi alleati, è una questione che verrà seguita con attenzione" dalla comunità internazionale, già preoccupata per i conflitti in Ucraina e Medio Oriente, sottolinea la Cnn.

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L’Ufo, l’Ucraina e Elon Musk: il mistero vola...

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Avvistamenti negli Stati Uniti, video e foto documentano il fenomeno

Una delle immagini relative all'avvistamento e Elon Musk

Ufo, Ucraina e Elon Musk. Sono gli ingredienti del caso che anima i social tra le due sponde dell'Atlantico. Si parle dagli Stati Uniti, con il boom di segnalazioni su un oggetto volanti non identificati, caratterizzati da una forma a spirale e una 'cornice' luminosa.

Sui social abbondano i post di utenti che documentano gli eventi, osservati nella serata del 2 maggio. I messaggi arrivano in particolare dalla California all'Arizona, con resoconti dettagliati abbinati a foto e video. "Qualcuno per favore mi dica che questo non è un Ufo. Cieli totalmente limpidi e vedo una luce bianca sfocata che si dirige verso di me in senso orizzontale", il messaggio di un utente. "Poi va su e scompare. Ho controllato, non ci sono lanci di razzi o qualcosa del genere. Per favore qualcuno spieghi".

Più di un messaggio pubblicato il 3 maggio fa riferimento a una scia luminosa, una nube che circonderebbe l'oggetto: "Avvistamento a Santa Barbara", scrive un utente dalla California. "Ho visto la stessa identica cosa", una replica da Oakland.

"Arrivava da ovest, si è librato e sembrava circondato dalla nebbia, poi all'improvviso è scomparso... Proprio come in questo video... sono felice che gli altri lo abbiano ripreso!", scrive un'altra persona descrivendo l'avvistamento. "Ufo a Palm Springs stasera", si legge in un post che fa riferiento alla serata del 2 maggio. "Ho registrato un video con un iPhone 14 a Palm Springs. Non c'era nessuna nuvola a coprirlo: è sparito".

Non è solo una questione 'made in Usa'. Il magazine Newsweek evidenzia la presenza di messaggi che su Reddit segnalano l'avvistamento da Helsinki, in Finlandia. Arrivano news anche dall'Ucraina e somigliano alla soluzione del mistero.

Alpha Centauri, un'associazione no profit che cura progetti educativi, prova a fornire una spiegazione e a disinnescare il caso: su X spiega che "un misterioso lampo bianco avvistato su alcune regioni del paese giovedì sera era la spirale di scarico del lancio di un razzo SpaceX Falcon 9 dalla base californiana di Vandenberg". Niente Ufo, quindi. Al limite, Elon Musk.

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Ucraina, Russia all’assalto di Chasiv Yar: perché può...

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Mosca vuole conquistare la roccaforte, snodo cruciale nel Donetsk

Esplosioni in Ucraina

L'Ucraina sta per perdere Chasiv Yar. La Russia sta per espugnare la roccaforte, nodo cruciale per il controllo del Donetsk e nell'equilibrio generale della guerra. Le forze di Mosca premono da settimane nell'est dell'Ucraina, rivendicando progressi quasi quotidiani. Kiev attende l'arrivo di tutte le armi che gli Stati Uniti si sono impegnati a inviare con l'approvazione del pacchetto da 61 miliardi di dollari. La Russia punta a sfruttare la superiorità in termini di uomini e di armi.

Perché Chasiv Yar è fondamentale

Chasiv Yar, fondata nel 1876 e cresciuta sulle colline, rappresenta il trampolino ideale per una nuova operazione nella regione. La Russia preme con oltre 20mila uomini, la difesa ucraina - nonostante la carenza di munizioni - è stata favorita proprio dalla posizione della città.

Se i soldati di Mosca completassero la missione, metterebbero sotto tiro fondamentali vie di rifornimento utilizzare dall'Ucraina. Questo fattore inciderebbe sul destino di città come Kostiantynivka, Druzhkivka, Kramatorsk e Sloviansk, ultime aree controllate da Kiev nel Donetsk.

La situazione sul campo

Il forcing russo potrebbe dare frutti in tempi relativamente rapidi. La caduta di Chasiv Yar è "questione di tempo", ammette Vadym Skibitsky, numero 2 dell'intelligence della Difesa ucraina. "Non oggi o domani, ovviamente, ma tutto dipende dalle nostre riserve e dalle forniture", dice evidenziando che i soldati di Kiev al momento combattono in una situazione d'emergenza.

In alcune aree, per un proiettile d'artiglieria sparato dall'Ucraina ce ne sono 7 o addirittura 10 a disposizione dei soldati russi. L'ordine di Vladimir Putin, secondo l'Ucraina, è perentorio: gli invasori, come ha detto Skibitsky all'Economist, devono "conquistare qualcosa" entro il 9 maggio quando la Russia terrà la parata della vittoria per ricordare l'epilogo della Seconda guerra mondiale, o nei giorni immediatamente successivi, quando il presidente russo volerà in Cina per incontrare il presidente cinese Xi Jinping.

Gli obiettivi della Russia nel 2024

L'Ucraina sembra avere un quadro chiaro anche sugli obiettivi russi a medio-lungo termine. Mosca punta a conquistare il Donetsk, a occupare tutto il Luhansk e a consolidare il controllo di Zaporizhzhia entro la fine dell'anno, secondo Oleksandr Pavliuk, comandante delle forze di terra ucraina. "L'obiettivo primario della Russia rimane la distruzione dell'Ucraina come nazione", ha detto. "Non abbiamo dato loro questa opportunità dal 2022, crediamo che gli obiettivi fissati dai russi quest'anno prevedano l'intera occupazione del Donetsk e del Luhansk e, se hanno successo lì, della regione di Zapirizhzhia".

"Stiamo cercando di fare il possibile per bloccare il piano russo per la conquista di Chasiv Yar prima del 9 maggio", ha detto al Times. "Ma in quella zona i russi hanno una superiorità nell'artiglieria con un rapporto di 10 a 1 e hanno una totale supremazia aerea. Faremo il possibile per evitare l'avanzamento russo e speriamo che le armi americane ci aiutino. Se fossero arrivate in tempo, non avremmo perso i territori che abbiamo ceduto negli ultimi mesi".

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“Putin minaccia l’Ue, sogna...

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"Mosca è tornata a una visione imperialista del suo posto nel mondo. La Russia imperiale e l'impero sovietico sono stati riabilitati"

Vladimir Putin

Oggi "la Russia di Vladimir Putin rappresenta una minaccia esistenziale per tutti noi. Se Putin avrà successo in Ucraina, non si fermerà qui". Lo sottolinea l'Alto Rappresentante dell'Ue Josep Borrell, in un discorso, la Dahrendorf Lecture, all'Università di Oxford, in Inghilterra.

Le parole di Borrell arrivano una fase cruciale della guerra che in Ucraina, con la Russia pronta a lanciare una nuova offensiva, secondo analisti ed esperti, tra la fine della primavera e l'inizio dell'estate. Il rischio che Mosca sfondi e superi la difesa ucraina spinge il presidente francese Emmanuel Macron a prospettare di nuovo l'ipotesi di inviare soldati in Ucraina. La Russia è una minaccia per l'Ue, dice Borrell, aggiungendo che "questo è ora anche il pensiero del presidente francese Emmanuel Macron- che inizialmente aveva avvertito che non bisognava umiliare la Russia".

"Allo stesso modo, sempre più voci avvertono le conseguenze globali di una vittoria russa, come nel caso del primo ministro giapponese Fumio Kishida - aggiunge - ma sapete quanto me che ci sono Stati membri dell’Ue che ancora non condividono questa valutazione. E, in un'Unione governata all'unanimità, le nostre politiche nei confronti della Russia sono sempre minacciate da un unico veto, come ha dimostrato Viktor Orban ritardando il nostro ultimo pacchetto di aiuti all'Ucraina. Negli Stati Uniti, invece, la polarizzazione politica ha ritardato di sei mesi il pacchetto di assistenza militare", conclude.

Sotto la guida di Putin, "la Russia è tornata a una visione imperialista del suo posto nel mondo. La Russia imperiale e l'impero sovietico sono stati riabilitati, mentre Putin sogna le dimensioni e l'influenza del passato". "Nonostante la Georgia nel 2008 e la Crimea nel 2014, non abbiamo visto, o non abbiamo voluto vedere, l’evoluzione della Russia sotto la guida di Putin".

"Il nostro modello europeo - prosegue - si basava sulla cooperazione e sull’interdipendenza economica all’interno dell’Ue, cosa che è stata un successo. Ma ci ha fatto credere che l’interdipendenza e la convergenza politica attraverso il commercio, 'Wandel durch Handel' come la chiamavano i tedeschi, avrebbero portato un cambiamento politico anche in Russia e Cina. Questa ipotesi è stata smentita. Di fronte al regime autoritario della Russia, l’interdipendenza non ha portato la pace. Si è invece trasformato in dipendenza, in particolare dai combustibili fossili. Che alla fine è stata usata come arma", afferma.

"Geograficamente - dice ancora - ci troviamo al centro di un anello di fuoco. Esiste un arco di instabilità che va dal Sahel al Medio Oriente fino ai campi di battaglia dell’Ucraina. Thomas Gomart, direttore dell’Institut Français des Relations Internationals, ha scritto sui punti di strozzatura dell’economia globale. Molti di essi si trovano all’interno di questo arco di instabilità: il Mar Rosso per il commercio, lo Stretto di Hormuz per il petrolio e il gas e il Mar Nero per le esportazioni di grano".

"E ci sono due guerre - prosegue - in cui le persone combattono per la stessa terra. Ciò dimostra che la geografia è tornata. Ci era stato detto che la globalizzazione avrebbe reso la geografia irrilevante. Ma non è stato così. La maggior parte dei conflitti nel nostro vicinato sono territoriali: riguardano la terra. Una terra promessa a due popoli, nel caso della Palestina, e una terra al crocevia di due mondi, nel caso dell’Ucraina", conclude.

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