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Salute e Benessere

Cittadinanzattiva, ‘Ssn infrastruttura sociale più...

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Cittadinanzattiva, ‘Ssn infrastruttura sociale più importante del Paese’

Mandorino, 'come cittadini dobbiamo assumere comportamenti adeguati a fase attuale'

Foto di repertorio - Fotolive

"Quarantacinque anni della nascita del Servizio sanitario nazionale e 45 anni di Cittadinanzattiva. Noi abbiamo lavorato come organizzazione per supportare il Ssn per proteggerlo nel momento in cui stava crescendo e si imponeva come nuovo servizio. Ora come cittadini dobbiamo assumere la responsabilità di comportamenti che siano adeguati alla fase attuale in cui bisogna pensare tanto in termini di promozione della salute, contrastare le disuguaglianze e fare in modo che il Ssn, la sanità pubblica, rimanga l'infrastruttura sociale più importante del nostro Paese. Perché poi è quella che garantisce la sostenibilità e la tenuta del Paese intero, come durante il periodo della pandemia abbiamo tutti avuto modo di verificare". Così all'Adnkronos Salute Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva, in occasione di un convegno sui 45 anni del Ssn promosso e organizzato ieri a Roma da Boehringer Ingelheim Italia nel Complesso monumentale di Santo Spirito in Sassia. Il del terzo appuntamento del ciclo 'Principi Attivi', format voluto dall'azienda farmaceutica per approfondire alcuni temi fondamentali legati alla sanità.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Medicina, studio italiano: chi è seguito da cardiologo ha...

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Studio 'Bring-up Prevenzione' presentato al 55.esimo congresso dell'Anmco

Furio Colivicchi, past president Anmco

Il cardiologo può allungare la vita. "Essere seguito da un cardiologo può migliorare significativamente il profilo di rischio e ridurre la probabilità di recidive ischemiche, come infarto o ictus. I cardiologi possono fare la differenza, migliorando il destino clinico dei pazienti". E' il risultato studio 'Bring-up Prevenzione' presentato al 55.esimo congresso nazionale di Cardiologia dell’Anmco, l'Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri, in corso a Rimini. "Il 'Bring-up Prevenzione' - spiega il Furio Colivicchi, past president Anmco e direttore Cardiologia clinica e riabilitativa dell’Ospedale San Filippo Neri di Roma - ha finora incluso 4.790 pazienti provenienti da 189 centri cardiologici distribuiti su tutto il territorio nazionale. Si tratta di pazienti con storia di pregresso infarto o malattia coronarica o malattia ostruttiva degli arti inferiori o patologia cerebrovascolare. Da un’analisi preliminare dei dati raccolti, l’età media di questa popolazione è 67 anni ed il 20% è di sesso femminile. Dati allarmanti sono quelli correlati alla prevalenza dell’obesità, il 20% di questi pazienti sono obesi, e del fumo di sigaretta, infatti il 21% è fumatore".

"In generale, una percentuale significativa di pazienti, pur avendo una precedente diagnosi di malattia cardiovascolare, non ha una ottimale gestione di fattori di rischio, come appunto l’obesità e il fumo di sigaretta. Possiamo quindi migliorare la gestione di questa popolazione di pazienti - avverte Colivicchi - Fondamentale a tale scopo è la consapevolezza del rischio di nuovi eventi come infarto ed ictus ascrivibili a fumo, ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia e obesità. Inoltre, il 27% dei pazienti inclusi nello studio 'Bring-up Prevenzione' sono diabetici e nell’11% dei casi hanno una malattia renale cronica. Sebbene sia noto che il colesterolo è il fattore causale delle malattie aterosclerotiche, le statine, trattamento di prima linea per questi pazienti, erano impiegate inizialmente solo nel 68% dei pazienti prima della visita cardiologica. Dopo il controllo cardiologico la percentuale è salita al 98%. Questa variazione è espressione del fatto che essere seguito da un cardiologo può migliorare significativamente il profilo di rischio e ridurre la probabilità di recidive ischemiche, come infarto o ictus".

"I cardiologi possono quindi fare la differenza, migliorando il destino clinico dei pazienti. Ulteriori informazioni preziose verranno poi fornite da una dettagliata analisi della gestione terapeutica complessiva di questa popolazione di pazienti, che sarà disponibile alla conclusione dello studio", conclude Colivicchi.

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Medicina, De Luca (Anmco): “In nostre cardiologie...

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"Dato più basso di sempre ma in strutture prive di Emodinamica tempi d’intervento ancora troppo lunghi"

Leonardo De Luca

“Nelle cardiologie italiane il dato della mortalità di tutti gli infarti è al 2%, il più basso di sempre. Non solo, migliorano anche le condizioni dei pazienti ricoverati con infarto miocardico acuto. Le nostre tempistiche di intervento rispettano le indicazioni contenute nelle linee guida internazionali: per gli infarti gravi, ovvero quando il paziente deve essere sottoposto ad angioplastica entro 2 ore dal primo soccorso, rispettiamo i tempi, mentre per gli infarti meno severi, quando il paziente deve essere preso in carica entro le 24 ore, nelle strutture dove manca la cardiologia interventistica (Emodinamica) i tempi sono ancora troppo lunghi”. Così all’Adnkronos Salute Leonardo De Luca, vicepresidente dell’Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri, a margine del 55esimo congresso nazionale di Anmco, il più importante evento di cardiologia in Italia, a Rimini dal 16 al 18 maggio.

A scattare la fotografia dei pazienti ricoverati con infarto miocardico acuto è lo studio Eyeshot 2. “A distanza di 9 anni dallo studio Eyeshot, la Fondazione per il Tuo cuore e l’Anmco – spiega De Luca che è anche direttore della Cardiologia del San Matteo di Pavia - hanno disegnato un nuovo protocollo di ricerca, appunto l’Eyeshot-2, con lo scopo di aggiornare le conoscenze sull’uso delle terapie antitrombotiche nei pazienti con infarto miocardico ricoverati nelle Unità di terapia intensiva cardiologica. Il Registro di tipo osservazionale, della durata di 4 settimane in ciascun Centro, costituisce un momento importante per la raccolta di dati che possono aiutare i clinici nella scelta delle terapie più adeguate per quei pazienti che sono ad elevato rischio di eventi ischemici ed emorragici”.

Dallo studio, "condotto in 183 centri di cardiologia distribuiti su tutto il territorio nazionale e che ha coinvolto 2806 pazienti di tutte le età (35% con più di 75 anni e il 20% con meno di 55 anni) emergono dati e messaggi interessanti e incoraggianti sulla gestione attuale dei pazienti con infarto che devono essere rivascolarizzati - rimarca De Luca – Innanzitutto, sulla tempistica: rispettiamo le linee guida internazionali per quanto riguarda gli infarti gravi, dobbiamo invece migliorare la tempistica nelle strutture dove non c’è la cardiologia interventistica. Dai dati emersi da Eyeshot2 emerge anche che purtroppo la nostra cardiologia è più invasiva nei pazienti giovani, meno con i pazienti anziani, probabilmente a causa della medicina difensiva", conclude.

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Dieta veg promossa da 20 anni di studi: fa bene ma non è...

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Esperti italiani passano in rassegna circa 50 ricerche: "Meno rischi cancro-cuore-morte, regimi green siano equilibrati e associati a stili vita sani"

Un'insalata

Zero animali nel piatto e tanto 'verde'. Le diete veg sono sempre più diffuse nel mondo. Ma fanno bene alla salute? Un team di scienziati italiani ha passato in rassegna due decenni di studi per rispondere alla domanda che ancora oggi genera dibattito fra i supporter di carne e pesce e i radicali dei menu 'all-green'.

Il risultato della loro analisi pubblicata sulla rivista 'Plos One' sembra suggerire che sì, le diete vegetariane e vegane fanno bene alla salute, offrono dei benefici nel senso che sono generalmente associate a uno stato migliore rispetto a vari fattori medici e a un minor rischio di malattie cardiovascolari, cancro e morte. Ma il messaggio per la popolazione che si può ricavare dal lavoro degli esperti non è: convertiamoci tutti al veganesimo. Queste non sono diete 'taglia unica', non sono 'una per tutti', e non va dimenticato che 'la tavola' è solo uno dei fattori, spiegano gli autori all'Adnkronos Salute.

"Queste diete devono essere equilibrate ed è importante che vengano associate a un corretto stile di vita", sottolineano Davide Gori, Dipartimento di Scienze biomediche e neuromotorie, Alma Mater Studiorum-Università di Bologna, e Federica Guaraldi, Irccs Istituto delle Scienze neurologiche di Bologna. I ricercatori mettono in guardia da "raccomandazioni su larga scala di diete a base vegetale", in primo luogo perché alcune diete a base vegetale possono introdurre carenze di vitamine e minerali in alcune persone. Per esempio, evidenzia Guaraldi, "bisogna evitare magari quei regimi" green "troppo stringenti in alcuni periodi della vita, come per esempio la gravidanza".

La revisione degli esperti italiani nasce dalla volontà di approfondire alcuni aspetti emersi sulle diete. Studi precedenti avevano collegato alcuni regimi alimentari con un aumento del rischio di malattie cardiovascolari e cancro, osservano gli autori. Una dieta povera di prodotti vegetali e ricca di carne, cereali raffinati, zucchero e sale è associata a un rischio maggiore di morte. Ed è stato suggerito che ridurre il consumo di prodotti di origine animale a favore di prodotti di origine vegetale possa ridurre questi rischi.

Tuttavia, ragionano gli scienziati, i benefici complessivi di tali diete rimangono poco chiari. Per approfondire, Angelo Capodici (Dipartimento di Scienze biomediche e neuromotorie, Alma Mater Studiorum-Università di Bologna) e colleghi hanno esaminato poco meno di 50 articoli pubblicati tra gennaio 2000 e giugno 2023, che raccoglievano prove da molteplici studi precedenti. Seguendo un approccio di revisione 'a ombrello', hanno estratto e analizzato i dati sui collegamenti tra diete a base vegetale, salute cardiovascolare e rischio di cancro.

L'analisi ha mostrato che, nel complesso, le diete vegetariane e vegane hanno una solida associazione statistica con un migliore stato di salute su una serie di fattori di rischio associati a malattie cardiometaboliche, cancro e mortalità, come la pressione sanguigna, la gestione della glicemia e l'indice di massa corporea. Tali diete sono associate a un ridotto rischio di cardiopatia ischemica, cancro gastrointestinale e prostatico e morte per malattie cardiovascolari. Tuttavia, tra le donne incinte in particolare, quelle che seguivano una dieta vegetariana non avevano alcuna differenza nel rischio di diabete gestazionale e ipertensione rispetto a quelle che seguivano una dieta non a base vegetale.

Nel complesso, continuano gli autori, questi risultati suggeriscono che le diete a base vegetale sono associate a significativi benefici per la salute. Tuttavia, notano, la forza statistica di questa associazione è significativamente limitata dalle numerose differenze tra gli studi precedenti in termini di regimi dietetici specifici seguiti, dati demografici dei pazienti, durata dello studio e altri fattori. Da qui la raccomandazione su come leggere e interpretare le conclusioni dell'analisi. "Il nostro studio valuta i diversi impatti delle diete prive di animali sulla salute cardiovascolare e sul rischio di cancro, mostrando come una dieta vegetariana possa essere benefica per la salute umana ed essere una delle strategie preventive efficaci per le due malattie croniche di maggior impatto nel 21esimo secolo", rimarcano i ricercatori.

Anche una dieta verde, poi, deve essere "equilibrata", aggiungono Guaraldi e Gori. "Bisogna evitare tutto l'eccesso di alimenti come i succhi di frutta, o l'eccesso di frutta, prodotti che comunque sono di origine vegetale, ma che fanno alzare la glicemia" e quindi possono essere controproducenti "senza un adeguato bilanciamento". La via indicata è insomma "l'aurea mediocritas", sorride Guaraldi. Un'aurea via di mezzo.

"Con il nostro lavoro - prosegue Gori - abbiamo raggiunto un livello di evidenza abbastanza alto cercando di mettere insieme tutte le migliori evidenze disponibili. Quello che abbiamo visto è che la dieta è un fattore importante e lo dimostriamo dal punto di vista della prevenzione per le malattie cardiovascolari e alcuni tipi di cancro. Gli studi presi in esame sono molto diversi, abbiamo ricerche americane, cinesi e così via. Tradurle nella popolazione italiana non è automatico. Quello che però può essere un messaggio è che in generale, se si consuma meno carne e più verdura, può essere un fattore protettivo ed è importante perché noi siamo esposti in media almeno 3 volte al giorno" al cibo.

"Non bisogna però mai dimenticare anche gli altri fattori che possono concorrere" a una buona salute, continua l'esperto, "quindi l'attività fisica, i buoni stili di vita che includono non fumare e non bere alcol. Noi - tiene a precisare - non diamo il messaggio alla popolazione che" tutto ciò che è vegetale "va comunque sempre bene. Nessuno deve pensare che, per esempio, bere solo succhi di frutta e mangiare solo patate vada bene". No al fai-da-te, sì all'equilibrio, conclude. "Serve buonsenso, la guida dei nutrizionisti e tutta una serie di cose. La linea non è: la dieta veg mi salva da tutto e allora la sposo. Piuttosto: una dieta vegetariana equilibrata e adatta alle mie caratteristiche può aiutare".

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