Esteri
Israele-Hamas, Doha spinge su ripresa negoziato
L'obiettivo è quello di ricominciare tra una decina di giorni
"A Doha hanno ricominciato a spingere sul negoziato, l'obiettivo è quello di tornare entro una decina di giorni alla ripresa delle trattative di alto livello tra Israele e Hamas per una tregua". Lo confermano all'Adnkronos fonti locali a conoscenza del dossier, dopo le notizie di "contatti e iniziative" da parte di mediatori del Cairo e di Doha "per sondare il terreno" arrivate da esponenti palestinesi.
"Si ricerca un passo in avanti, c'è un cambio di fase", sottolineano le fonti a Doha, ricordando come fino a pochi giorni fa una ripresa dei negoziati venisse esclusa a fronte dei massicci bombardamenti israeliani ricominciati a Gaza dopo la fine della tregua. Nel mezzo c'è stato il nuovo voto all'Assemblea generale dell'Onu, dove è cresciuto il numero dei favorevoli alla risoluzione sul cessate il fuoco, e si è ridotto quello di astenuti e contrari, e ci sono state le parole pubbliche, dure, di Joe Biden contro Benjamin Netanyahu, il cui governo è accusato di "non volere la soluzione dei due Stati", mentre i "raid indiscriminati stanno facendo perdere il sostegno internazionale" a Israele.
"E' in corso una nuova offensiva diplomatica, c'è una pressione accresciuta su tutte le parti per tornare al negoziato vivo", attraverso i canali di Israele e Qatar, che nonostante tutte le difficoltà, "restano in buona salute, soprattutto a livello di intelligence". Il pressing si intensifica "nella convinzione che se si va avanti con le operazioni militari si calcifica una situazione sempre più deleteria sul piano umanitario e sempre più dannosa politicamente, anche per l'Occidente" e per i suoi rapporti con il mondo arabo, è l'analisi delle fonti.
Intanto, mentre si lavora alla ripresa del negoziato, riemergono le rivelazioni su come Israele abbia sostenuto il flusso di denaro dal Qatar ad Hamas in questi anni. Da una serie di interviste condotte dalla Cnn con il sito di giornalismo investigativo israeliano Shomrim emerge come Netanyahu abbia di fatto continuato a far arrivare il denaro al gruppo terroristico, nonostante le riserve di alcuni esponenti del suo stesso governo e dell'intelligence.
Doha, ancora due giorni fa, ha fatto sapere di non avere intenzione di bloccare i pagamenti. Il sottosegretario agli Esteri Mohammed bin Abdulaziz Al-Khulaifi ha detto alla Cnn: "Non cambieremo il nostro mandato, che è quello di continuare ad aiutare e sostenere i nostri fratelli e sorelle in Palestina. Continueremo a farlo in modo sistematico come abbiamo fatto finora".
Il flusso mensile di denaro dal Qatar al gruppo terroristico è iniziato nel 2018: decine di milioni di dollari sono arrivati nella Striscia di Gaza, consegnati attraverso il territorio israeliano dopo mesi di negoziato con lo Stato ebraico. I pagamenti vennero avviati dopo che l'Autorità nazionale palestinese decise di tagliare gli stipendi ai dipendenti pubblici nella Striscia nel 2017 e nonostante l'Anp fosse contraria. L'ok di Israele arrivò in una riunione del governo nell'agosto del 2018, con Netanyahu premier, criticato comunque dai suoi alleati, che gli contestarono di essere troppo 'morbido' con Hamas.
Ma il premier difese l'iniziativa, sostenendo fosse stata decisa "in coordinamento con gli esperti di sicurezza per far tornare la calma nei villaggi israeliani al sud e anche per impedire un disastro umanitario a Gaza". E gli Stati Uniti erano al corrente di tutto, ha rivelato un funzionario del dipartimento di Stato a conoscenza del dossier, precisando che "ci rimettemmo completamente agli israeliani per quanto riguarda la loro volontà di fare o meno questa cosa".
Secondo gli analisti israeliani e internazionali, Netanyahu sperava cosi' rendere Hamas un efficace contrappeso all'Anp, impedendo la creazione di uno Stato palestinese. C'era a convinzione che i finanziamenti al gruppo avrebbero "indebolito la sovranità palestinese" e c'era l'illusione che "se avesse alimentato Hamas con il denaro, l'avrebbe domato", ha ricordato il generale Amos Gilad, ex alto funzionario del ministero della Difesa israeliano.
Esteri
Muro contro muro fra Turchia e Israele – Ascolta
Mentre la protesta contro la guerra a Gaza sta incendiando le università americane, con occupazioni e arresti e si sta allargando a macchia di leopardo in altre università dall' Europa all'Asia, dall' Oceania al Medio Oriente, le trattative su tregua e ostaggi vanno avanti. Non si ferma intanto il muro contro muro tra la Turchia e Israele. Ankara ha interrotto tutte le esportazioni e importazioni da e verso lo stato ebraico.
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Turchia: “Stop commercio con Israele”. Ira Tel...
Erdogan: "Non potevamo restare a guardare". Israele replica: "Decisione delirante". E si rivolge all'Ocse
"La Turchia ha interrotto tutti gli scambi commerciali con Israele". Lo ha confermato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan in dichiarazioni dopo la preghiera del venerdì a Istanbul. E' "impensabile per la Turchia rimanere in silenzio di fronte all'aggressione israeliana", ha detto Erdogan. Il presidente turco ha indicato una cifra che ammonta a "9,5 miliardi di dollari".
"Tra Israele e Palestina gli sviluppi sono inaccettabili", ha incalzato nelle dichiarazioni diffuse dalla Trt, citando il bilancio - che arriva dalla Striscia di Gaza - delle persone rimaste uccise dall'avvio delle operazioni militari israeliane scattate dopo l'attacco di Hamas del 7 ottobre in Israele. "Non potevamo restare a guardare", ha scandito il leader turco.
"Il nostro unico obiettivo è costringere Netanyahu, che sta andando fuori controllo con il sostegno occidentale, a un cessate il fuoco. La decisione della Turchia servirà da esempio ad altri Paesi che non sono soddisfatti della situazione attuale (a Gaza, ndr)", ha aggiunto Erdogan, citato dall'agenzia Anadolu. Il leader turco ha quindi precisato: "Non cerchiamo conflitti o controversie con i Paesi della nostra regione".
Israele si rivolge all'Ocse
Israele si è rivolto all'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico. Su X il ministro israeliano dell'Economia, Nir Barkat, ha annunciato di aver presentato una "denuncia" al segretario generale dell'Ocse, Mathias Cormann, contro "la decisione unilaterale" e "delirante" adottata da Erdogan, un "dittatore antisemita" secondo Barkat.
"L'interruzione del commercio marittimo tra i Paesi colpisce soprattutto le aziende europee che non potranno inviare merci dalle fabbriche in Turchia a Israele - ha affermato il ministro nel suo post - Speriamo che l'Ocse adotti misure contro la Turchia per questa decisione delirante di Erdogan, che danneggia tutta l'economia europea. L'Europa deve porre dei limiti a questo dittatore".
Hamas: "Da Turchia decisione coraggiosa"
Per Hamas quella della Turchia è "una decisione coraggiosa". Si tratta di un "riflesso della posizione reale del popolo turco" a sostegno del popolo palestinese per la "libertà e l'autodeterminazione". In un comunicato rilanciato dal giornale 'Filastin', Hamas ha chiesto "a tutti i Paesi, soprattutto ai Paesi arabi e islamici, di rompere ogni legame" con Israele, di "isolarlo a livello internazionale", e ha denunciato "crimini sistematici contro i nostri bambini e civili indifesi nella Striscia di Gaza".
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