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Israele-Hamas, l’armadio dei fratellini di Avigail: il simbolo dell’orrore del 7 ottobre
Qui dentro sono rimasti chiusi i due bambini, mentre veniva uccisa la madre e rapita la sorellina
A due mesi da quei terribili fatti, un piccolo armadio di legno con le tendine è uno dei terribili simboli del massacro del 7 ottobre. E' qui dentro, nel ripiano inferiore, che sono rimasti nascosti per 13-14 ore i fratellini Michael e Amalya, 9 e 6 anni, mentre i loro genitori venivano uccisi e la loro sorellina Avigail, veniva rapita da Hamas.
L'armadio è ancora lì nella casa della famiglia Idan, nel kibbutz Kfar Aza, dove si è recato in visita un piccolo gruppo di parlamentari italiani venuti in visita di solidarietà grazie all'associazione Elnet. E' un armadio modesto, dove si trovano ancora le due borracce d'acqua che mamma Smadar aveva dato ai figli. Quella terribile mattina, papà Roee, un fotografo del sito Ynet, uscito di casa per vedere cosa era successo, è stato ucciso per primo. Sua figlia Avigail, 3 anni, che era anche lei fuori, è corsa a rifugiarsi a casa della famiglia Brodutch. Ed è qui che è stata rapita assieme alla vicina Hagar (40 anni) e i suoi figli Ofri (10), Yuval (9) e Oriya (4). Intanto a casa Idan, S madar è stata uccisa vicino all'armadio dove si erano chiusi i figli. E i due fratellini sono rimasti nascosti per ore in silenzio. Michael ha comunicato tramite il cellulare con i servizi di soccorso Magen David Adom, che hanno raccomandato ai bambini di rimanere chiusi nell'armadio fino a quando non fossero "arrivati i buoni".
Avigail, che ha anche la nazionalità americana, è stata uno dei simboli del dramma degli ostaggi, con il presidente americano Joe Biden impegnato per farla liberare. La piccola è stata rilasciata il 26 novembre, dopo aver compiuto 4 anni da ostaggio a Gaza. E con lei sono tornati in libertà i Brodutch. A riabbracciarli è stato il loro padre e marito, Avihai, ferito mentre difendeva il kibbutz dall'assalto di Hamas.
Il kibbutz Kfar Aza è un insieme di bungalow molto semplici, alcuni bruciati o ridotti un ammasso di macerie, mentre altri sono ancora intatti, fra aiole fiorite e alberi da frutto. Le linee bianche del parcheggio del villaggio, con i posti per i disabili, sono ancora nitide sull'asfalto. In lontananza sono visibili le case di Gaza a qualche chilometro di distanza.
Qui sono state uccise 63 persone e altre 18 rapite, di cui undici liberate. A farci da guida è Israel Lander, 65 anni, rimasto 23 ore chiuso nella safe room con sua moglie, mentre i terroristi di Hamas, che non si erano accorti della loro presenza, usavano la posizione elevata della sua abitazione per sparare sulle case di un viale sottostante. Qui c'erano le abitazioni dei giovani dove, secondo le regole del kibbutz, vanno a vivere i ragazzi dopo i 18 anni. Ne restano solo macerie, porte crivellate di proiettili, semplici cose di vita quotidiana sparse a terra. A casa Lander, fra vetri rotti e mobili rovesciati, ci sono ancora due datteri lasciati dai terroristi di Hamas, che si erano portati frutti per mangiarli mentre sparavano dalla veranda. (dall'inviata Maria Cristina Vicario)
Cronaca
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A partire dal 15 febbraio, giorno in cui la sentenza della Cassazione ha sancito il passaggio a titolo gratuito della struttura ricettiva all'Ente. Secondo quanto si apprende, il canone è stato calcolato dall'Ufficio Tecnico tramite le tabelle dell'Osservatorio sul mercato immobiliare (Omi).
Nel frattempo, nei prossimi mesi saranno effettuate alcune perizie per stabilire l'impatto ambientale, paesaggistico, urbanistico ed idrogeologico delle strutture abusive, con conseguente stima del valore. Solo successivamente il nuovo Consiglio Comunale (ci sono le elezioni a breve) deciderà se demolire le strutture, oppure se sanare le strutture ed acquisire a patrimonio dell'Ente e poi deciderne una destinazione. Tutti ciò è stato comunicato anche nel corso dell'ultima seduta di consiglio comunale dalla sindaca Ilaria Abagnale.
Economia
Barbano si insedia al ‘Messaggero’: “Il...
Da oggi alla direzione del quotidiano, dove succede a Massimo Martinelli
"Con emozione torno nel gruppo editoriale in cui ho lavorato per ventidue anni, a dirigere il giornale in cui ne ho trascorsi tredici, cinque dei quali da vicedirettore. Rientrare nello storico palazzo di via del Tritone e ritrovare la redazione appassionata e competente che ho lasciato dodici anni fa, irrobustita da tanti giovani talenti, è un'emozione che mette i brividi e, insieme, dà l'energia necessaria a una sfida tanto grande". Comincia così il fondo di Alessandro Barbano, da oggi alla direzione del 'Messaggero', dove succede a Massimo Martinelli.
"La mia nuova avventura inizia in un tempo di transizione - scrive Barbano - L'Italia si rimette in moto dopo un decennio che ha visto per due volte la lesione della fisiologia parlamentare, surrogata da governi tecnici. Ma è ancora un Paese dove si parla più di quanto si fa. L'eccesso di parola ha due forme: la politicizzazione, per cui tutto si declina in politica; e la polarizzazione, per cui il reale, e da tempo anche il virtuale, si raccontano in bianco o in nero". "Dietro l'illusione di una libertà di pensiero aperta a tutti, il virus dell'opinione fa una democrazia senza qualità", sottolinea il direttore del Messaggero, spiegando che se "l'Italia è un Paese dove il discorso pubblico è malato", ciò nonostante "da due anni quello stesso Paese incattivito e sostanzialmente immobile (...) è tornato a muoversi".
"Nell'attuale assetto bipolare della politica non ci sono alternative al governo in carica", scrive Barbano, secondo cui "per l'inconciliabilità di programmi e linguaggi, l'opposizione è ancora lontana dal rappresentare un'opzione competitiva". Tuttavia "questa non è, da sola, una ragione sufficiente per considerare già vinta la sfida di Giorgia Meloni". "Noi - assicura Barbano - valuteremo ciò che accadrà con lo spirito critico e l'indipendenza che il Messaggero coltiva da sempre" e lo faremo "dal cuore della Capitale, in un punto di osservazione straordinario". "Un giornale critico, immedesimato ma indipendente, che non sta pregiudizialmente con nessuno", e che racconterà le notizie "nella loro complessità, con il rispetto e l'amore che si devono alle parole" con "il metodo del dubbio e della verifica". "Il lessico della verità è ragionevole misura delle cose. Sta qui il senso più profondo dell'impegno che assumo", conclude Barbano.