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Hamas: “No negoziati per ostaggi”. Netanyahu: “Non possiamo liberarli tutti”

L'organizzazione: "Non trattiamo finché Israele attacca Gaza". Il premier Netanyahu incontra i familiari dei rapiti: "Non possiamo liberarli tutti"

Le foto degli ostaggi

"Non ci saranno negoziati finché non si fermerà l'aggressione a Gaza". E' la chiusura netta di Hamas, attraverso le parole di Osama Hamdan, rappresentante dell'organizzazione in Libano. Il dirigente punta il dito contro il premier israeliano Benjamin Netanyahu: "Riterremo Netanyahu responsabile della vita" degli ostaggi detenuti nella Striscia di Gaza. Hamadan inoltre afferma che "gli Usa sono responsabili dei massacri" per "la fornitura d’armi" allo Stato ebraico.

''Non importa quanto a lungo durerà la guerra'', i miliziani di Hamas ''sono pronti a sostenerla'', ha aggiunto accusando Israele di essere ''assetata di sangue''. Affermando che ''non ci sarà uno scambio di prigionieri'', ovvero non verranno liberati ostaggi in cambio di detenuti palestinesi ''fino a quando continuerà l'aggressione'', Hamdan ha detto che sono ''irraggiungibili'' gli obiettivi israeliani nella Striscia di Gaza. "Questo non è un segno di vittoria, ma piuttosto un segno di sconfitta e di caduta del governo di Netanyahu", ha detto Hamdan. Il vero obiettivo di Netanyahu e del suo esercito, ha aggiunto il leader di Hamas, è quello di ''eliminare il popolo palestinese e uccidere la causa''.

Netanyahu: "Non possiamo liberare tutti gli ostaggi"

Nelle stesse ore, Netanyahu ha incontrato familiari di ostaggi e ex ostaggi. "Non c'è la possibilità di riportare ora tutti a casa, può qualcuno immaginare che se ci fosse la possibilità, qualcuno la rifiuterebbe?", ha detto il premier provocando tensione e rabbia durante l'incontro, secondo quanto riporta il Times of Israel.

Secondo Ynet, il premier ha letto un discorso senza rispondere alle domande dei familiari. Presente all'incontro la figlia di Chaim Peri, ostaggio di 79 anni: la donna ha detto che le persone ancora detenute a Gaza stanno esaurendo il tempo a disposizione e che il ritorno degli ostaggi dovrebbe essere la priorità del governo.

Secondo le stime dell'ufficio del primo ministro, ci sono ancora 138 ostaggi nella Striscia di Gaza. Alla lista dei rapiti è stata aggiunta una persona precedentemente considerata scomparsa. Le autorità israeliane non hanno però voluto fornire dettagli sull'identità dell'ostaggio in questione. Prima della nuova cifra, il governo israeliano aveva riferito che tra i 137 ostaggi a Gaza vi erano 20 donne e due bambini.

"Stiamo facendo di tutto per il ritorno degli ostaggi", ha detto il capo di Stato Maggiore delle Idf, generale Herzi Halevi.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Rafah, fonti Usa: “Israele ha ammassato abbastanza...

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Dirigenti dell'amministrazione americana alla Cnn: anche se non è chiaro se in effetti l'operazione ci sarà

Un soldato israeliano  - (Afp)

 Israele ha ammassato alla periferia di Rafah un numero sufficiente di soldati per lanciare nei prossimi giorni un'invasione su larga scala della città del sud della Striscia di Gaza, anche se non è chiaro se in effetti l'operazione ci sarà. Lo hanno detto alla Cnn due fonti dell'amministrazione americana, una delle quali ha sottolineato che Israele non ha ancora fatto i preparativi adeguati necessari in vista di una possibile evacuazione di oltre un milione di persone da Rafah.

Quasi 360.000 persone sono fuggite da Rafah, da quando l'esercito israeliano ha emesso i primi ordini di evacuazione una settimana fa, secondo gli ultimi dati delle Nazioni Unite. “Non c'è nessun posto dove andare. Non c'è sicurezza senza un #ceasefire (cessate il fuoco)", ha scritto l'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA) su X.

Caccia israeliano intercetta drone proveniente da est

Un caccia dell'Idf ha intercettato un drone diretto verso Israele proveniente da est. A darne notizia sono state le forze armate israeliane, precisando che il drone non è entrato nello spazio aereo del paese.

Due droni e un missile antinave lanciati dagli Houthi dello Yemen sul Mar Rosso sono invece stati abbattuti dalle forze americane, ha riferito il Centcom, secondo cui non si registrano né danni né feriti tra le forze degli Stati Uniti, della coalizione e sulle navi mercantili in navigazione nell'area. Il Comando centrale americano, su X, ribadisce che l'intervento si è reso necessario a causa della "minaccia imminente" rappresentata dall'attacco degli Houthi.

Attacco contro veicolo Onu a Rafah, Hamas accusa Israele

Più tardi, un portavoce delle Nazioni Unite ha dichiarato che uno dei dipendenti dell'organizzazione mondiale è stato ucciso nella Striscia di Gaza dopo che un'auto è stata colpita da un incendio. Si tratta del primo dipendente straniero delle Nazioni Unite ucciso a Gaza, ha dichiarato il portavoce. Un altro dipendente delle Nazioni Unite è rimasto ferito nell'incidente. La nazionalità e il sesso delle vittime non sono stati inizialmente resi noti.

L'auto in cui i dipendenti si stavano recando in ospedale era chiaramente contrassegnata come veicolo delle Nazioni Unite, ha detto il portavoce. In totale, dall'inizio della guerra di Gaza sono stati uccisi quasi 200 dipendenti delle Nazioni Unite, finora tutti palestinesi.

Hamas ha accusato Israele per l'attacco: "Israele ha ucciso due cittadini stranieri (un uomo e una donna) che viaggiavano in un veicolo delle Nazioni Unite con una bandiera e segni di identificazione dell'Onu", ha dichiarato Hamas in una nota nella quale ha indicato che Israele e Stati Uniti "hanno la piena responsabilità" per i danni riportati dai "team stranieri" di soccorso a Gaza e per i "crimini di guerra" commessi nell'enclave.

Casa Bianca: "Israele deve fare di più, ma a Gaza non è genocidio"

"Noi crediamo che Israele possa e debba fare di più per proteggere la vita di civili innocenti, non crediamo che quello che sta succedendo a Gaza sia un genocidio", ha affermato dal canto suo il consigliere per la Sicurezza Nazionale, Jake Sullivan, durante un briefing in cui ha ricostruito per punti la posizione dell'amministrazione Biden sul conflitto a Gaza, ricordando che gli Stati Uniti hanno "fermamente e pubblicamente respinto" le accuse di genocidio.

Sullivan ha ricordato che la guerra è iniziata a causa degli attacchi del 7 ottobre di Hamas, "gruppo terroristico che ha come obiettivo di distruggere Israele", e che gli israeliani hanno un "peso insolito e senza precedenti in questa guerra, perché Hamas usa ospedali, scuole e altre infrastrutture civili per usi militari ed ha costruito tunnel sotto aree civili, mettondo così in civili in mezzo al fuoco".

Questo non toglie a Israele "la responsabilità di fare tutto il possibile per proteggere civili innocenti", ha detto ancora Sullivan sottolineando che per i civili palestinesi "questa guerra è un inferno, il livello di morte e trauma che stanno subendo è inimmaginabile, la loro pena e sofferenza sono immense, nessun civile dovrebbe subirle. Il presidente - ha concluso - ha questo nei suoi pensieri ogni giorno".

Nel criticare la scelta strategica di Israele di attaccare Rafah, Sullivan ha poi ricordato che i militari israeliani sono già entrati a Gaza City ed altri centri della Striscia "e si sono visti sempre i terroristi uscire dalle macerie perché secondo noi non c'è integrazione sufficiente tra piano militare e piano politico".

"Siamo preoccupati per questo - ha aggiunto il consigliere per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, che più volte nel corso del briefing ha ribadito il "ferreo" sostegno di Washington all'alleato israeliano - abbiamo sollevato queste preoccupazioni, non con rancore, ma perché vogliamo vedere guerra concludersi con successo, vogliamo vedere Hamas sconfitta, vogliamo vedere i suoi leader consegnati alla giustizia".

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Eurovision 2024 e bandiera Ue vietata, Commissione chiede...

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Schinas: questa decisione ha "gettato un’ombra su quella che dovrebbe essere un’occasione gioiosa per i popoli in tutta Europa e nel mondo per riunirsi"

Eurovision 2024 e bandiera Ue vietata, Commissione chiede spiegazioni

Il vicepresidente della Commissione europea Margaritis Schinas ha inviato ai vertici della European Broadcasting Union, che organizza il concorso canoro Eurovision, una lettera in cui chiede spiegazioni per la decisione di vietare l'esposizione della bandiera Ue nella Malmoe Arena, la struttura che ha ospitato la gara, in Svezia.

La lettera di Bruxelles

"In qualità di vicepresidente della Commissione Europea responsabile, tra le altre cose, della cultura politica - scrive Schinas - ho appreso con rammarico della politica applicata dall’Ebu quest’anno vietare ai partecipanti di sventolare la bandiera dell'Ue durante la finale dell'Eurovision Song Contest". Questa decisione, prosegue Schinas, ha "gettato un’ombra su quella che dovrebbe essere un’occasione gioiosa per i popoli in tutta Europa e nel mondo per riunirsi, per festeggiare. A meno di un mese dalle elezioni europee e in tempi di turbolenza geopolitica, mentre l’Ue viene presa di mira da attori malvagi e autoritari, la decisione dell’Ebu ha contribuito a screditare un simbolo che unisce tutti gli europei. Ciò è tanto più vero se confrontato con i Giochi Olimpici di Parigi 2024, dove l’Ioc ha consentito l’esposizione delle bandiere dell’Ue in tutte le sedi e nelle cerimonie di premiazione".

"L'incoerenza nella posizione dell'Ebu ha portato me e molti milioni di telespettatori a chiederci cosa e chi rappresenta l'Eurovision Song Contest. Vi chiedo di spiegare le ragioni di questa decisione e di chiarirne la responsabilità. Per parte mia, mi aspetto di vedere i valori di pace, tolleranza e inclusività ricevere maggiore deferenza in futuro", conclude.

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Ucraina, il piano del Cremlino per Mariupol: sarà una...

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La città, nelle mani russe dal maggio di due anni fa e indissolubilmente legata all'assedio dell'acciaieria Azovstal, ora vede spuntare 'Gli appartamenti di Putin' per le vacanze

Macerie del teatro di Mariupol - Fotogramma /Ipa

Da 'città martire' a località turistica. E' il piano messo a punto dal Cremlino per Mariupol, la città dell'Ucraina meridionale quasi completamente distrutta dai bombardamenti e caduta nelle mani dei russi nel maggio di due anni fa. Ora, secondo quanto riporta il corrispondente locale di Bfmtv, Mosca - malgrado la città sia indissolubilmente associata al drammatico assedio all'acciaieria Azovstal - intende farne un luogo di vacanze e ha già avviato un piano di ricostruzione dei suoi quartieri e del centro storico da finalizzare entro il 2035.

Nelle strade di Mariupol, riporta l'emittente francese, sono già stati realizzati degli appartamenti completamente bianchi, ribattezzati 'Gli appartamenti di Putin'. Si tratte di case che sono state ricostruite molto rapidamente dopo l'assedio con l'obiettivo di mostrare agli abitanti che la situazione sta migliorando. Secondo le Nazioni Unite, quando Mariupol cadde, il 90% dei suoi edifici residenziali era stato distrutto o danneggiato.

La scommessa degli acquirenti russi: tra 10 anni sarà meta per le vacanze

Oltre alla russificazione della città, il Cremlino vuole fare di Mariupol, situata sulla riva del Mar d’Azov, una vera e propria località balneare. Questo progetto ha avuto già l'effetto di far registrare un forte aumento dei prezzi degli immobili. Perché queste nuove unità abitative non vengono consegnate agli abitanti che ne hanno bisogno, ma vengono acquistate da russi che scommettono sul fatto che forse tra 10 anni Mariupol sarà una città meta di vacanze come tante altre.

Uno di loro ha rilasciato un'intervista alla Bbc lo scorso agosto. "Ho acquistato una proprietà. Mariupol diventerà una bellissima città", spiegava Vladimir, originario della città di Murmansk, nella regione dell'Artico. "L'importante è che la città sia in riva al mare", ha aggiunto, spiegando all'epoca di aver investito grazie ai prezzi decisamente bassi. Secondo i media britannici, decine di persone hanno pubblicato annunci sul social network VKontakte in cui affermano di cercare un immobile a Mariupol. Ma un'inchiesta del Financial Time ha messo in luce tutti i difetti della ricostruzione ordinata da Putin, denunciando come gli abitanti vivano in condizioni deplorevoli, in "case costruite a metà", "appartamenti pericolosi con perdite d'acqua" e dove "i lavori di ristrutturazione sono stati pasticciati".

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