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Il primo capolavoro di Tiziano all’asta a Londra

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"Riposo durante la fuga in Egitto" guiderà la vendita di Christie's del 2 luglio

Il primo capolavoro di Tiziano all'asta a Londra

Dopo essere stato di proprietà di duchi, arciduchi e imperatori del Sacro Romano Impero, saccheggiato da Napoleone e rubato alla fine del XX secolo, ora è messo in vendita da Lord Bath e dagli amministratori fiduciari della residenza aristocratica britannica di Longleat House: per la prima volta dopo oltre 145 anni, il capolavoro giovanile di Tiziano (Pieve di Cadore 1485/90-1576 circa Venezia) dal titolo "Riposo durante la fuga in Egitto" sarà il protagonista dell'asta 'Old Masters Part I' di Christie's a Londra il 2 luglio.

Agli acquirenti viene offerta la rarissima opportunità di entrare a far parte del prossimo capitolo della straordinaria storia di questo quadro leggendario: il dipinto è stimato 15.000.000 - 25.000.000 sterline (circa 17,4-29,1 milioni di euro). Una delle ultime opere religiose dei celebri primi anni dell'artista veneto a rimanere in mani private, il quadro è passato attraverso alcune delle più grandi collezioni d'Europa ed è stato messo all'asta da Christie's l'ultima volta nel 1878, prima di entrare nella collezione di Longleat House.

L'elenco delle provenienze illustri di questo dipinto ad olio su tela d 46 x 62,9 cm. inizia con la sua prima documentazione nella collezione del mercante veneziano Bartolomeo della Nave (1571/79-1632), descritto nel 1629 come "mercante da droghe", le cui attività si concentravano sul commercio delle spezie. L'inventario di Della Nave rivela una collezione sorprendente, che difficilmente poteva essere eguagliata nella Venezia del suo tempo e che comprendeva non meno di quindici opere di Tiziano, tra cui La Madonna zingara del 1511 circa, la Violante del 1510-15 circa, la Ninfa e il pastore del 1570 circa (tutti a Vienna, al Kunsthistorisches Museum) e il capolavoro maturo dell'artista del 1565-76, La morte di Atteone, ora alla National Gallery di Londra. Nel 1636, nell'inventario di della Nave, il quadro di Longleat era valutato 200 sterline, il doppio rispetto alla Morte di Atteone, il che suggerisce che le prime opere di Tiziano erano più apprezzate delle loro controparti successive.

Attraverso il fratello di Bartolomeo, Andrea della Nave, e Basil Feilding, II conte di Denbigh, ambasciatore di Carlo I a Venezia, la maggior parte della collezione fu acquistata in blocco dal cognato di quest'ultimo, James, primo duca di Hamilton, e inviata in Inghilterra. Dopo l'esecuzione di Hamilton da parte del Parlamento nel 1649, la collezione fu venduta all'arciduca Leopoldo Guglielmo d'Austria, governatore dei Paesi Bassi dal 1647 al 1656.

Il quadro compare nel pannello di rame di Teniers raffigurante L'arciduca Leopoldo Guglielmo nella sua Pinacoteca di Bruxelles (Madrid, Museo del Prado), dove è raffigurato appeso insieme ad altre opere di Tiziano acquisite dalla collezione di della Nave, tra cui la Ninfa e il Pastore, Violante, e il suo Cristo e la donna presa in adulterio, 1511 circa (Vienna, Kunsthistorisches Museum), una tavola incompiuta di cui il giovane Anthony van Dyck aveva fatto uno schizzo durante la sua visita alla collezione del mercante veneziano nel 1622.

Il quadro di Tiziano rimase nella collezione imperiale - passando per discendenza da Carlo VI, Sacro Romano Imperatore (1685-1740), a Maria Teresa (1717-1780), Arciduchessa d'Austria e Regina d'Ungheria e Boemia, a Giuseppe II, Sacro Romano Imperatore (1741-1790) - e fu trasferito al Palazzo del Belvedere di Vienna entro il 1781, dove fu saccheggiato dalle truppe francesi nel 1809 per essere destinato al Musée Napoléon. Successivamente fu di proprietà di Hugh Andrew Johnstone Munro di Novar (1797-1864), proprietario terriero scozzese, artista dilettante e uno dei più importanti mecenati di Turner. Munro formò una celebre collezione che comprendeva la Lucrezia di Rembrandt (Washington, National Gallery of Art), la Visione di Sant'Elena di Veronese (Londra, National Gallery) e almeno dieci quadri di Bonington, di cui il più bello è Una pescheria vicino a Boulogne (New Haven, Yale Centre for British Art).

Il capolavoro giovanile di Tiziano, "Riposo durante la fuga in Egitto", fu acquistato dal IV Marchese di Bath nel 1878, più di 145 anni fa. Apprezzato da più generazioni, il dipinto è balzato agli onori della cronaca nel 1995, quando è stato rubato da Longleat. Sette anni dopo, in seguito all'annuncio di una ricompensa di 100.000 sterline per informazioni che consentissero di ritrovare il quadro, è stato ritrovato nel 2002 in una borsa da trasporto nella Grande Londra, senza la cornice, da un importante investigatore d'arte dell'epoca, il defunto Charles Hill, ex ufficiale di Scotland Yard.

Da sempre considerato un capolavoro giovanile di Tiziano e generalmente datato intorno al 1510, esistono tuttavia alcune inevitabili variazioni sulla datazione precisa. Nella mostra del 2012 alla National Gallery di Londra, "Tiziano, uno sguardo nuovo sulla natura", Antonio Mazzotta, che data il quadro al 1508-9 circa, ha osservato che la figura monumentale della Vergine "prefigura altre eroine tizianesche" del periodo, in particolare quella di Giuditta come Giustizia nel frammento di affresco staccato dall'ingresso della Merceria del Fondaco dei Tedeschi, 1508 circa (Venezia, Cà d'Oro), un'importante commissione giovanile, e quella della Maddalena nel poco più tardo Noli me Tangere, 1511-12 (Londra, National Gallery).

Nella sua recensione della mostra della National Gallery del 2012, il cui fulcro era la Fuga in Egitto di Tiziano del 1506-7 (San Pietroburgo, Ermitage) Paul Hills ha elogiato in particolare il quadro di Longleat e l'uso magistrale del colore da parte dell'artista: "Il rosso della veste della Vergine, compensato dal tovagliolo [bianco], è trattato con meravigliosa ampiezza, e l'oltremare del suo mantello si diffonde sulla riva per incontrare l'ambra forte del mantello di Giuseppe, che a sua volta contrasta con il viola della sua veste. Il movimento sollecito delle figure, contrappuntato dall'inclinazione dei tronchi d'albero, è sottolineato da questo dramma del colore".

Orlando Rock, presidente di Christie's UK, ha commentato: "Questo sublime capolavoro giovanile di Tiziano è uno dei prodotti più poetici della sua giovinezza. Di provenienza impeccabile e passato per le mani di duchi, arciduchi e imperatori del Sacro Romano Impero, questo magico dipinto devozionale ha la rara notorietà di essere stato rubato non una ma due volte: la prima da Napoleone e la seconda alla fine degli anni Novanta. Siamo onorati di essere stati incaricati di portare questo dipinto importante e splendidamente osservato sul mercato di Londra il prossimo luglio".

Andrew Fletcher, responsabile globale del dipartimento Old Masters di Christie's, ha aggiunto: "Questa è l'opera più importante di Tiziano che arriva sul mercato delle aste da più di una generazione e uno dei pochissimi capolavori dell'artista rimasti in mani private. È un quadro che incarna la rivoluzione nella pittura operata da Tiziano all'inizio del XVI secolo ed è un esempio davvero eccezionale dell'approccio pionieristico dell'artista sia all'uso del colore che alla rappresentazione della forma umana nel mondo naturale, il vocabolario artistico che gli ha assicurato lo status di primo pittore veneziano a raggiungere la fama in tutta Europa durante la sua vita e la sua posizione di uno dei più grandi pittori nella storia dell'arte occidentale."

(di Paolo Martini)

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‘Roma madre dell’Arte’, maison Bvlgari...

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I 'futuristi' Balla e Depero, Dorazio e Perilli esponenti della corrente astrattista, Tano Festa 'simbolo' della Scuola di Piazza del Popolo. Sono alcuni dei 'protagonisti' della mostra aperta nella capitale nei saloni della boutique di via Condotti dello storico marchio realizzata in collaborazione con la galleria d’arte Futurism&Co. Un'esposizione -evento in programma fino al 26 aprile, nata per festeggiare il Natale di Roma (21 aprile).

Un dipinto di Balla  in mostra nei saloni della boutique Bvlgari a Roma

Dai 'futuristi' Balla e Depero a Dorazio e Perilli esponenti della corrente astrattista, fino a Tano Festa 'simbolo' della Scuola di Piazza del Popolo accanto ad opere dei maggiori artisti del '900. Sono alcuni dei 'protagonisti' della Mostra 'Roma madre dell'Arte' aperta nella capitale nei saloni della boutique Bvlgari di via Condotti, realizzata in collaborazione con la galleria d’arte Futurism&Co. Un'esposizione -evento (si potrà visitare fino al 26 aprile) nata in occasione dei festeggiamenti per il Natale di Roma (21 aprile) per celebrare la capitale come culla delle arti.

"Bvlgari e Giacomo Balla hanno un legame particolare con la città eterna- si legge in una nota dello storico marchio - I tre millenni di arte e civiltà della città eterna sono stati per la maison una costante fonte di ispirazione per la creazione di gioielli straordinari. L’artista vi si trasferisce nel 1895, appena un anno dopo l’apertura della boutique Bvlgari in via Condotti 28, da parte del capostipite Sotirio. Il pittore si lascia ispirare sia dalla bellezza paesaggistica sia dall’avanguardia che si respira nella città nei primi anni del ‘900".

"Bvlgari e Balla possono essere considerati due veri pionieri - aggiunge ancora la nota - il gioielliere romano ha rivoluzionato la gioielleria con accostamenti audaci di colore e il pittore ha aperto la strada verso una moderna metodologia sperimentale del colore". Nel percorso espositivo all’interno della boutique il pubblico verrà rapito dalla bellezza delle sue opere 'Linee di velocità + cielo e rumore' veri e propri slanci rivolti al progresso e all’innovazione tipici del contesto romano dell’epoca.

Di Fortunato Depero in mostra 'Scomposizione + volumi di danza', opera -emblema di un aspetto rivoluzionario e innovatore tipico dei primi anni del ‘900. Interprete del moderno concetto di design e grande utilizzatore di colori audaci, Depero fu un artista poliedrico ed un profondo sperimentatore, la cui arte ha attraversato e influenzato una vasta gamma di discipline. Anche Bvlgari è considerato un pioniere nel mondo della gioielleria per l’utilizzo di tagli e colori di pietre, negli anni ha introdotto nuovi materiali e nuovi design, guardando al futuro ma celebrando al contempo la tradizione e avendo sempre come musa la città di Roma.

Infine Tano Festa, artista fortemente legato alla capitale, che conosce ed esalta in modo profondo e trasversale. Da questa intimità sviscerale nascono le sue opere più belle e iconiche come 'Paesaggio con maniglia' che ne è un esempio. Particolarmente attratto dal mistero e dalla molteplicità dietro la pura realtà degli oggetti dipinge con colori forti e accosta al dipinto una maniglia in metallo.

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Musa tv n. 16 del 17 aprile 2024

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Torna a Roma fino al 12 maggio 2024 per la seconda edizione “I AM IO SONO” In occasione di Vinitaly è stata presentata “Sorsi d’Autore” Da 25 anni unisce Cultura, attualità, gusto e convivialità nella magica atmosfera delle Ville Venete

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Simone Viola: “Vi racconto mio nonno Scalfari...

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Aneddoti, cazziatoni, risate e cocktail: il nipote del fondatore di "Repubblica" ha raccolto le testimonianze di chi ha vissuto a stretto contatto con lui

Simone Viola:

La gaffe di Christian De Sica sulla bigamia di una vita, la procace vicina di casa che sconvolgeva i viaggi in ascensore, le lunghe nuotate al Pellicano, le feste nella casa di Velletri il 14 luglio, i capodanni a casa di Bianchina Riccio, Luca Barbarossa che fa il menestrello, le canzoni al piano con Arbore, le governanti che sapevano a memoria le storie su Calvino, lui e il principe Caracciolo completamente sbronzi. In '100 volte Scalfari', in edicola allegato a 'Repubblica', ci sono decine di storie privatissime del fondatore, che per tutti resta ancora 'il Direttore'. Raccolte dal suo unico e adorato nipote, Simone Viola, 24 anni e un futuro da procuratore sportivo. "Non escludo il giornalismo, ma per ora l’ho praticato per caso", dice all’Adnkronos. Il nonno lo affascinava con l'Illuminismo e la Rivoluzione francese, il giovane Simone rispondeva con il calcio. "Ne capiva poco, anni fa pensava che Silvio Piola fosse alla Roma, quando era una bandiera della Lazio. Lo sport era l’unica materia in cui potevo giocarmela".

Nel libro, cento ricordi di altrettanti giornalisti, politici, attori, musicisti, collaboratori, amici, le definizioni di Scalfari vanno molto oltre l'ormai frusto soprannome 'Barbapapà': personaggio fiabesco, un attore, terribilmente simpatico, pronto all'immortalità come premio alla carriera, una leggenda, il massimo dello chic, conservatore sempre pronto a ricominciare, il solo capitano, "Voltaire, Pericle e Pannunzio in una sola barba". Secondo Roberto Benigni, "poteva parlare, con la stessa intensità, di De Mita e di Rilke, della Confindustria e dell’Illuminismo", e Simone Viola conferma: "In casa portava il personaggio pubblico, con le telefonate e le visite dei grandi della Storia, ma sapeva essere giocoso e molto affettuoso, allegro e scanzonato".

Amato e temuto sul lavoro, conquistava uomini e donne con fascino e mosse inaspettate, come quando si sdraiò a terra davanti a Paolo Guzzanti: per lasciare 'Repubblica' e andare al 'Corriere' doveva passare sul suo corpo (non lo fece).

Simone Viola nel 2011 si è trasferito a Parigi con la madre Donata, che era diventata corrispondente per il Tg5, e il padre Ettore, che lavorò come grafico a 'Repubblica' ed è nipote di Sandro, uno dei fondatori del giornale nel 1976. “Tornavamo spesso a Roma, e nella casa in campagna di Velletri. Per me il nonno aveva un affetto smisurato, ma in generale amava parlare con i giovani e capire come vedevano il mondo”, commenta con l’Adnkronos l’autore del libro, uscito nell’anno in cui Scalfari ne avrebbe compiuti 100. Vissuti fino all’ultimo con la stessa curiosità: “Quando invecchi non è che smetti di desiderare o desideri di meno, hai solo meno forze per realizzarli, tutti quei desideri”, diceva.

Non mancano le cronache della 'messa cantata', la mitica riunione di redazione, né i traumi per i bigliettini scritti da Scalfari e consegnati a chi prendeva buchi o faceva errori negli articoli. Si narrava che al terzo si era licenziati. In generale, tra un certo benevolo 'patriarcato' (copyright Concita De Gregorio) e i metodi bruschi, si capisce perché non potrebbe più esistere un giornale come la 'Repubblica' di Scalfari: al primo cazziatone, i ventenni di oggi correrebbero a denunciarlo alle Risorse Umane e si metterebbero in malattia per sei mesi. Invece gli ex discepoli rimpiangono certe sfuriate che valevano un master di giornalismo: “era una tecnica studiata per tenere sempre alta la nostra attenzione”, secondo Giorgio Dell’Arti.

Chissà cosa sarebbe successo se il progetto del grande gruppo editoriale europeo, con 'Le Monde', 'El Pais' e 'The Independent' fosse andato in porto. "Ne parlano Bernard Guetta e Marc Semo - spiega Viola - nonno aveva una passione per la Francia e per i suoi giornali. D’altronde me ne accorgevo persino io che ero un ragazzino: tra i miei compagni di medie e liceo francesi c’era un maggiore interesse – e partecipazione – per la politica. Lì i quotidiani hanno ancora un ruolo importante nella società, vengono distribuiti nelle università, e anche in termini di copie vendute l’Italia è rimasta indietro rispetto ad altri Paesi europei".

Giuliano Amato spiega come nasce il suo soprannome, 'Dottor Sottile', negli anni in cui lavorava a stretto contatto con Bettino Craxi, decisamente non amato da Scalfari: "La definizione nasce di fronte alla necessità in cui lo ponevo di distinguere tra i suoi giudizi negativi (a cui non rinunciava) e quel che di positivo gli mettevo davanti, inducendolo tuttavia a far convivere le due cose l'una accanto all'altra".

Tra l'invidia (ricambiata) di Renzo Piano, i ricordi scritti da Ugo Intini ed Ernesto Assante - recentemente scomparsi - ecco l’amico adolescente di Simone Viola che assiste alla scena di una chiamata di Papa Francesco "come fosse lo zio Peppino che telefona a casa". Lo stretto rapporto tra Scalfari e Bergoglio è ormai noto, ed è stato anche oggetto di uno sketch di Maurizio Crozza ("L'ho fatto vedere a mio nonno, non ho mai capito se fosse divertito o contrariato", confida Viola), e nel libro è raccontato dall’arcivescovo Vincenzo Paglia, dalla segretaria del Direttore e pure dalla loro corrispondenza, pubblicata integralmente: "Carissima Santità, ho ricevuto il suo graditissimo regalo per il mio compleanno. Lei sa quanto io Le sia affezionato. Mi cruccio di non poterla incontrare ma come sa, non esco più da casa. Le ricordo che il mio ultimo pensiero prima di addormentarmi è per Lei e continuerà a essere così finché vivrò. Un fraterno abbraccio. Eugenio Scalfari".

(di Giorgio Rutelli)

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