

Economia
Visita controllo Inps e assenza, quando non si perde il lavoro
Visita di controllo da parte del medico dell’Inps: cosa succede in caso di assenza? La visita fiscale consiste in un accertamento sanitario, da parte di un medico incaricato dall’Inps (d’ufficio, o su richiesta del datore di lavoro), nei confronti del lavoratore assente per malattia, normalmente presso il domicilio di quest’ultimo. Qualora il lavoratore non sia reperibile al domicilio indicato per il controllo, rischia l’applicazione di sanzioni disciplinari da parte del datore di lavoro, nonché la riduzione o la perdita dell’indennità di malattia eventualmente corrisposta, ricorda laleggepertutti.it.
Quando non si perde il lavoro? Sull’argomento si è di recente pronunciata la Cassazione, con particolare riferimento alle ipotesi in cui il dipendente risulti assente alla visita fiscale per via del cambio di indirizzo. A questo proposito, è importante sapere che il lavoratore può variare il domicilio indicato nel certificato medico di malattia, comunicando il nuovo indirizzo di reperibilità attraverso la funzione, disponibile nel portale web dell’Inps, ‘Indirizzo reperibilità ai fini delle visite mediche di controllo’; è possibile variare il domicilio più volte nell’arco di una stessa assenza per malattia. Il dipendente deve comunque avvisare immediatamente anche il datore di lavoro e attenersi alle disposizioni del contratto collettivo ed individuale in materia di assenze per malattia. Se il lavoratore è un dipendente pubblico, deve avvertire immediatamente la propria amministrazione, che deve provvedere a sua volta ad informare tempestivamente l’Inps per mezzo degli appositi canali.
Orario e luogo visita fiscale
Il lavoratore ha l’obbligo di rendersi reperibile, per l’effettuazione della visita fiscale, tutti i giorni della settimana, domeniche, non lavorativi e festivi compresi, presso il domicilio che ha indicato sul certificato medico di malattia, trasmesso telematicamente all’Inps, durante due fasce giornaliere orarie: per i dipendenti pubblici dalle ore 9.00 alle 13.00 e dalle ore 15.00 alle 18.00; per i dipendenti del settore privato dalle ore 10.00 alle 12.00 e dalle 17.00 alle 19.00. Quando è possibile variare l’indirizzo per la visita fiscale? Cambiare l’indirizzo per la visita fiscale indicato nel certificato medico è possibile in caso di particolari esigenze (terapie, necessità di assistenza), oppure in caso di errore sul domicilio comunicato.
Variazione indirizzo visita fiscale
Per comunicare il cambio del domicilio di reperibilità il lavoratore deve: accedere al sito web dell’Inps, previa autenticazione tramite le proprie credenziali dispositive (Spid, carta d’identità elettronica o carta nazionale dei servizi); entrare nella sezione Servizi online, Sportello al cittadino per le Vmc (visite mediche di controllo); comunicare il nuovo indirizzo di reperibilità attraverso la funzione ‘Indirizzo reperibilità ai fini delle visite mediche di controllo’; è possibile variare il domicilio più volte nell’arco di una stessa assenza per malattia. Il lavoratore, utilizzando lo stesso servizio, può controllare tutti gli indirizzi di reperibilità comunicati all’Istituto.
Comunicazione al datore di lavoro
Una volta effettuata la procedura telematica di variazione, il datore di lavoro viene messo al corrente del cambio di indirizzo di reperibilità comunicato dal lavoratore: in fase di richiesta di una visita fiscale, se la comunicazione è stata effettuata prima della richiesta dell’accertamento sanitario da parte dell’Inps; al momento della consultazione degli esiti della visita fiscale, qualora il lavoratore abbia comunicato una variazione di reperibilità dopo la richiesta dell’accertamento sanitario e il datore abbia acconsentito, spuntando l’apposito campo, ad inviare la visita al diverso indirizzo fornito dal lavoratore. In ogni caso, la nuova procedura d’invio della variazione di domicilio non esonera dalle comunicazioni al riguardo, da inviare al datore di lavoro, previste obbligatoriamente da disposizioni di legge o contrattuali. In altri termini, se il contratto collettivo o individuale di lavoro prevede l’obbligo di comunicare al datore il nuovo domicilio di reperibilità, il lavoratore è obbligato alla doppia comunicazione: in caso contrario, può subire delle sanzioni disciplinari.
Comunicazione al datore di lavoro non effettuata
Qualora il dipendente non effettuai la comunicazione di variazione indirizzo al datore di lavoro, laddove questa comunicazione sia obbligatoria per effetto delle disposizioni della contrattazione collettiva e individuale, il datore può comminare la sanzione prevista da contratto. Se il contratto collettivo prevede, quale conseguenza dell’inadempimento, una sanzione conservativa, il datore non può licenziare il dipendente: tanto è stato chiarito dalla Cassazione, con una recente sentenza. Secondo la Suprema corte, in particolare, nel caso in cui il lavoratore abbia comunicato la variazione di domicilio all’Inps, ma, nonostante ciò, la visita di controllo sia stata tentata a un indirizzo diverso da quello correttamente indicato, deve essere esclusa la ricorrenza di un’assenza ingiustificata del lavoratore nei confronti del proprio datore, al quale la violazione non sia stata comunicata. In parole semplici, deve essere reintegrato il lavoratore licenziato, perché risultato assente alla visita fiscale, se è l’Inps che non ha preso nota del cambio di indirizzo. Risulta irrilevante, inoltre, la mancata comunicazione della variazione all’azienda quando la violazione, in base al contratto collettivo, è punita con una sanzione conservativa.
Economia
Ogni famiglia italiana spreca 20 kg di cibo all’anno, come evitarlo: il decalogo

I dati dell’Osservatorio sprechi alimentari del Crea

Ogni famiglia italiana spreca in media quasi 20 kg di cibo all’anno. E’ uno dei dati dell’Osservatorio sprechi alimentari del Crea, alimenti e nutrizione presentati dalla Società italiana di nutrizione umana (Sinu) al XLIII congresso nazionale. E per combattere lo spreco del cibo, la Sinu ha messo a punto un decalogo per comportamenti più virtuosi che vanno dalla pianificazione della spesa fino al riutilizzo degli avanzi e ai vantaggi della dieta mediterranea per la salute ma anche per il risparmio.
Nel dettaglio, dai dati dell’Osservatorio sprechi si evince che gli italiani hanno sprecato nel 2018 in media 370 grammi a settimana per famiglia di cibo. Il dato è allineato con quanto misurato in Olanda (365 g/settimana) e più basso di quanto rilevato in Spagna (534 g/settimana), Germania (534 g/settimana) e Ungheria (464 g/settimana). Approfondendo le tipologie di spreco, emerge che, rispetto al totale dei quattro paesi europei, in Italia si gettano maggiormente prodotti completamente inutilizzati (43,2% contro il 31% della quantità sprecata), mentre si riscontra una minor propensione a gettare gli avanzi del piatto (14,6% contro 20%) ed anche i prodotti aperti, ma non finiti di consumare perché scaduti (30,3% contro 36%). Nel 2021 si è avuto un aumento dello spreco domestico che è arrivato a 420 grammi a settimana per famiglia.
Dimensione familiare e spreco alimentare sono legati, ma guardando ai dati pro-capite si osserva un maggior spreco nelle famiglie monocomponenti. Inoltre, si riscontra una certa propensione di spreco alimentare nei segmenti di età più giovane e tra i nuclei familiari con maggiori disponibilità economiche. Di contro, la consapevolezza delle famiglie dell’impatto negativo dello spreco su diversi piani è piuttosto elevata. L’impatto economico è il più sentito (70%), di gran lunga superiore a quello sociale (conseguenze su disponibilità di cibo nel mondo, (59%) e ambientale (55%).
Per favorire i comportamenti virtuosi gli esperti indicano 10 punti: 1) pianificare il menù settimanale; 2) definire le quantità da acquistare e cucinare; 3) no agli acquisti d’impulso o in eccesso; fare sempre la spesa dopo mangiato e mai a stomaco vuoto; 5) imparare a riconoscere se un alimento è ancora buono; 6) imparare a leggere l’etichetta; 7) riutilizzo degli avanzi; 8) seguire la dieta mediterranea; 9) preferire monoporzioni o porzioni piccole; 10) educare le nuove generazioni.
Economia
Istat, crolla produzione industriale: ad aprile -7,2%

Diminuzioni estese a tutti i principali comparti, il quadro è negativo anche su base trimestrale

Crollo della produzione industriale ad aprile dove si registra, per il quarto mese consecutivo, una flessione congiunturale dell’indice destagionalizzato, con diminuzioni estese a tutti i principali comparti. Il quadro è negativo anche su base trimestrale. Pure in termini tendenziali, al netto degli effetti di calendario, si osserva una caduta marcata. A livello settoriale è molto ampia la flessione per l’energia e i beni intermedi, mentre risulta contenuto il calo per i beni strumentali. Lo rileva l’Istat a commento dei dati diffusi.
Ad aprile si stima quindi che l’indice destagionalizzato della produzione industriale diminuisca dell’1,9% rispetto a marzo. Nella media del periodo febbraio-aprile il livello della produzione diminuisce dell’1,3% rispetto ai tre mesi precedenti. L’indice destagionalizzato mensile segna diminuzioni congiunturali in tutti i comparti: variazioni negative caratterizzano, infatti, i beni intermedi (-2,6%), i beni strumentali (-2,1%) e, in misura meno marcata, i beni di consumo (-0,4%) e l’energia (-0,3%). Corretto per gli effetti di calendario, ad aprile 2023 l’indice complessivo diminuisce in termini tendenziali del 7,2% (i giorni lavorativi di calendario sono stati 18 contro i 19 di aprile 2022), emerge dalle rilevazioni.
Flessioni tendenziali caratterizzano tutti i comparti; la riduzione è modesta per i beni strumentali (-0,2%), mentre risulta più rilevante per l’energia (-12,6%), i beni intermedi (-11,0%) e i beni di consumo (-7,3%).
Gli unici settori di attività economica in crescita tendenziale sono la fabbricazione di mezzi di trasporto (+5,7%), la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+2,1%) e la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+0,6%). Le flessioni più ampie si registrano nell’industria del legno, della carta e della stampa (-17,2%), nella fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (-13,6%) e nella fabbricazione di prodotti chimici e nella metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-10,9% per entrambi i settori).
Economia
Pnrr, parla Freni (Mef): “Spenderemo tutto, revisione progetto per progetto”

Sottosegretario annuncia: "Entro qualche settimana nuovo assetto. Corte Conti doppione e anomalia"

La sfida del Pnrr “non ci spaventa. Tutt’altro: siamo sicuri di farcela e quindi di spendere tutti i 191,5 miliardi del Piano di ripresa e resilienza, oltre ai 30,6 miliardi del Piano nazionale complementare”. Lo sottolinea il sottosegretario all’Economia Federico Freni in un’intervista all’Adnkronos.
Bisogna “spendere tutto e bene – incalza l’espoente leghista – è una possibilità che è assolutamente perseguibile, direi anzi un dovere che spetta a questo governo”.
La spesa, osserva Freni, “non è un concetto astratto, un esercizio contabile fine a se stesso. Per troppo tempo ci siamo focalizzati sulla tempestività della spesa, che resta ovviamente un principio imprescindibile, ma abbiamo pensato, poco e male, all’efficienza della messa a terra delle risorse. La spesa è lo strumento per trasformare le risorse in ferrovie, asili nido, scuole digitali: concretezza, perseveranza e responsabilità sono gli elementi fondamentali della nostra bussola, necessaria per riorientare la spesa e offrire risposte puntuali alle esigenze dei cittadini e delle imprese”. Ecco perché “la revisione del Pnrr darà forma al nuovo assetto della spesa, senza rinunciare neppure a un centesimo di euro”, sottolinea il sottosegretario.
“Quello che vogliamo fare, soprattutto – insiste il sottosegretario al Mef – è utilizzare le risorse in maniera efficiente: proprio per questa ragione siamo impegnati in una revisione, progetto per progetto, con l’obiettivo di rendere ancora più forte la spinta che il Pnrr può dare alla crescita economica e allo sviluppo del Paese”.
Le valutazioni sulle modifiche da apportare al Piano “sono in corso, in piena sintonia con i ministeri e la Commissione europea. Al massimo tra qualche settimana avremo un quadro chiaro e definito della revisione del Pnrr”. Quanto sarà grande la ‘fetta’ di progetti da dirottare su piani con un orizzonte temporale più lungo ancora è da valutare. “In questo momento – osserva Freni – è prematuro parlare di quote: siamo impegnati nella fase che precede questa riallocazione e cioè nell’analisi delle 118 misure che, per diverse ragioni, a iniziare dall’aumento dei costi delle materie prime, presentano elementi di debolezza. Sicuramente potenzieremo RepowerEU, che al momento può contare su circa sei miliardi: rafforzare l’autonomia energetica e la transizione ambientale è un obiettivo che richiede un impegno importante”.
Infine il sottosegretario interviene sulla querelle per limitare i controlli della Corte dei Conti, escludendo il rischio di un indebolimento della vigilanza. “Il Pnrr prevede numerosi presidi di legalità a tutela degli investimenti. Il governo non ha alcuna intenzione di indebolire o limitare i controlli, che sono necessari per prevenire le frodi e le infiltrazioni della criminalità organizzata” sottolinea.
“L’intervento sul controllo concomitante della Corte dei conti nasce dall’esigenza di evitare doppioni, in termini di controlli, che possono rallentare i progetti” chiarisce Freni. “La sovrapposizione con i controlli comunitari rappresenta un’anomalia, che è stato giusto superare. Nessuno intende depotenziare il ruolo prezioso e imprescindibile che esercita la magistratura contabile: gli altri controlli restano intatti, così come tutti gli strumenti che la Corte ha per esprimere le proprie valutazioni sull’attuazione del Pnrr”, conclude.
Economia
Birra: Osservatorio, per 9 ristoratori su 10 il suo consumo traina cibo made in Italy

Una ricerca realizzata da Nomisma

Sapevamo che per gli italiani è la bevanda simbolo della socialità e dello stare insieme. Ora un nuovo studio dimostra che la birra consumata nei bar e nei ristoranti è anche un volano fondamentale per la filiera agroalimentare italiana e le eccellenze del made in Italy. A rivelare per la prima volta l’impatto finora invisibile della birra sul nostro agroalimentare è una ricerca realizzata da Nomisma per Osservatorio Birra e Agronetwork che racconta i consumi di birra nell’Ho.Re.Ca. attraverso il punto di vista di un campione di 1000 consumatori tornati nei luoghi della socialità e di 100 professionisti del Fuoricasa.
Non solo l’anno scorso fuoricasa e birra sono cresciuti insieme (al +39% dei consumi agroalimentari fa eco il +21% di quelli della birra). Ma quando al ristorante, in pizzeria, al pub o in trattoria si ordina una birra, 8 volte su 10 viene sempre accompagnata dal buon cibo della tradizione agroalimentare italiana: con una pizza (e quindi pomodori pelati, olio extravergine d’oliva, mozzarella, grano italiano e altre eccellenze locali), per aperitivo con un tagliere di formaggi e salumi del territorio, con un primo della tradizione (che rappresenta pasta, formaggi, verdure e insaccati) o un secondo di carne o di pesce.
La birra si conferma quindi un traino decisivo per la fetta di consumi agroalimentari nel fuoricasa che, stime Nomisma/Istat, nel 2022 vale 89,7 miliardi di euro. Un fuoricasa che, rivela lo studio Osservatorio Birra/Agronetwork, è sempre più legato a materie prime italiane, ai prodotti agroalimentari e alle bevande di qualità, locali o legati al territorio. Secondo gli addetti ai lavori dell’Ho.Re.Ca., negli ultimi due anni il consumo di prodotti agroalimentari di alta qualità nei locali italiani è aumentato (44%). Quello delle bevande invece registra addirittura il 53%.
Interrogati sulle tendenze del momento del fuoricasa, i ristoratori italiani hanno risposto “il ritorno della tradizione, ma di qualità” (50%), “ricette e materie prime legate al territorio” (41%), “trattorie moderne e cibo come una volta” (32%). C’è anche 1 ristoratore su 10 (il 9%) che sostiene che la vera novità di questo nuovo trend basato sugli elementi della tradizione siano proprio “le bevande low o zero alcol”… come la birra.
È il boccale, come e forse più del calice o della flûte, l’immagine simbolo della ripresa dell’Ho.Re.Ca. La birra è infatti la bevanda di qualità più richiesta nei locali (59%), davanti alle bollicine (39%) al vino bianco (38%) e al vino rosso (34%). Secondo i ristoratori la versatilità, nelle occasioni di consumo (40%) e nell’abbinamento a tutto pasto (24%), è la chiave del successo della birra rispetto ad altre bevande. Lo confermano i consumatori, che nell’ultimo anno hanno preferito la birra per il suo gusto (62%), per la sua
leggerezza (52%) e perché si abbina bene con tutte le portate (43%). Addirittura, per 8 consumatori su 10, la qualità dell’offerta delle birre è fondamentale per la scelta del locale. Preferiscono (60%) birra prodotta nel nostro Paese o in una regione specifica. Per abbinarla, magari, ad una pietanza prodotta con ingredienti dello stesso territorio.
A proposito di abbinamenti, per i ristoratori i prodotti per i quali i clienti richiedono con maggior frequenza una qualità elevata sono proprio quelli con cui la birra viene servita più spesso: antipasti e stuzzichini, primi e secondi di terra, pizza… E infatti per i professionisti dell’Ho.Re.Ca. (96%) la birra è adatta a sostenere anche il consumo di prodotti agroalimentari di qualità. La conferma arriva dagli stessi consumatori: per il 76% pizza+birra si conferma il mix evergreen, ma questa bevanda ormai viene ordinata a tutto pasto e con pietanze in cui materie prime agroalimentari di qualità fanno la differenza. È infatti, molto gettonato anche il connubio con stuzzichini o finger food per l’aperitivo (51%), con antipasti di terra o di mare (43%) e primi piatti (27%).
Secondo Osservatorio Birra, la birra, come il vino, è una bevanda a tutto pasto che nel suo matrimonio con l’agroalimentare made in Italy di qualità fa bene alla filiera. Naturale, leggera, poco o per nulla alcolica, è il perfetto complemento della cultura alimentare mediterranea e italiana, che ha al centro cibo, socialità e convivialità. In Italia si esce e ci si incontra per stare insieme con gli amici e i familiari davanti a del buon cibo e a una buona birra in luoghi dove questa bevanda viene servita a regola d’arte, abbinata con il cibo, proposta a pasto o a ridosso del pasto, nel segno di un consumo moderato.
L’approccio alla qualità, nel bicchiere e nell’abbinamento, è confermato dall’identikit del consumatore di birra agli occhi di chi lo osserva tutti i giorni dalla cucina, dalla sala o da dietro al bancone. Millennial, curioso e attento a qualità del servizio e dell’abbinamento col cibo; ha tra i 30-44 anni (la fascia di età con maggiori disponibilità economiche), è attento allo stile/tipologia di birra (51%) e al suo corretto servizio (23%); apprezza la varietà dell’offerta, chiedendo, indifferentemente la classica lager (che resta la preferita per 2 consumatori su 3) o birre speciali e di territorio.
La birra al centro del nuovo fuoricasa? Lo era anche prima della pandemia. Se 3 addetti ai lavori su 10 hanno notato un aumento, anche marcato, dei consumi di birra nel locale, 6 su 10 ritengono che il consumo di birra sia stabile rispetto al 2019. Per il 55% è una bevanda che non può mancare nell’offerta del locale, per il 58% lo era già prima della pandemia.
Di certo, il peso della birra nella ristorazione italiana è destinato a crescere ancora. Per gli addetti ai lavori, in 4 locali su 10 questa bevanda incide oggi tra il 10% e il 15% sul business. E nei prossimi 5 anni questa percentuale è destinata a crescere fino al 20-25%, con punte del 50%. A tutto vantaggio della filiera agroalimentare italiana.
Economia
Made in Italy, Pratolongo (Birra Moretti): “In Ho.Re.Ca. birra forte traino filiera agroalimentare”

Così il presidente della Fondazione Birra Moretti, intervenuto a margine dell’evento di presentazione dell’ottava ricerca condotta da Nomisma per Osservatorio Birra e Agronetwork

Per la prima volta una ricerca è riuscita a collegare la birra alla filiera dell’agroalimentare: “Con Fondazione Birra Moretti abbiamo voluto indagare su questo aspetto nuovo ed è emerso che la birra nell’ambito Ho.Re.Ca (hotel, ristoranti e caffè) è un forte traino per la filiera agroalimentare italiana, in quanto la birra si abbina a cibi per noi classici come la pizza, a loro volta sono composti da elementi della tradizione e della cultura dell’alimentazione italiana”. Così, Alfredo Pratolongo, presidente della Fondazione Birra Moretti, intervenuto a margine dell’evento di presentazione dell’ottava ricerca condotta da Nomisma per Osservatorio Birra e Agronetwork riguardo l’impatto finora invisibile della birra sul nostro agroalimentare, che ha dimostrato come la birra consumata in bar e ristoranti sia un volano fondamentale per la filiera agroalimentare italiana e le eccellenze del Made in Italy.
“La filiera della birra è ad un livello di tracciabilità elevatissimo – spiega il presidente della Fondazione Birra Moretti – perché vi è un numero limitato di varietà di malto, quindi è stato possibile nel corso degli anni essere estremamente scientifici e approfonditi per garantire, oggi, la sostenibilità della birra nell’ingredientistica, grazie alla tracciabilità lungo tutta la filiera”.
La birra si conferma quindi un traino decisivo per la fetta di consumi agroalimentari nel fuoricasa che, stime Nomisma/Istat, nel 2022 vale 89,7 miliardi di euro. Un fuoricasa che, rivela lo studio Osservatorio Birra/Agronetwork, è sempre più legato a materie prime italiane, ai prodotti agroalimentari e alle bevande di qualità, locali o legati al territorio: “Fondazione Birra Moretti – conclude Pratolongo – indaga su tutti quegli elementi, oltre a quelli economici, capaci di promuovere un consumo della birra inserita all’interno della cultura alimentare italiana”.
Coronavirus
Ricci, ‘così Sace si è evoluta davanti alle crisi, prossima frontiera è la sostenibilità’


“Se parliamo di prospettive di Sace, guardando al futuro” uno dei ‘nuovi’ compiti che aspetta il Gruppo è quello di lavorare sulla sostenibilità: “Ci è stato affidato un ruolo importante come facilitatori del Green new deal in Italia e ne abbiamo fatto il cuore della nostra missione con le nostre Garanzie Green”. Lo sottolinea all’Adnkronos Alessandra Ricci, ad del gruppo Sace, evidenziando come questa sia “un’operatività particolarmente importante nell’attuale contesto economico, perché fa da acceleratore della transizione ecologica ed energetica, e consente allo stesso tempo di rendere le nostre imprese molto più resilienti e competitive di fronte alle sfide del caro energia”. “In questo ambito – ricorda – abbiamo già garantito 9 miliardi di euro a supporto di oltre 400 progetti green di cui oltre il 90% a supporto di PMI”.
Per Sace, questo compito si inserisce in un processo di rapida evoluzione – e adattamento – agli scenari del nostro tempo: “Se da 45 anni il nostro core business è stato sostanzialmente concentrato sul sostegno all’export e all’internazionalizzazione, dal 2020 – spiega l’ad – siamo stati chiamati a sviluppare risposte a esigenze nuove, spesso critiche, che il nostro tessuto economico ha dovuto affrontare: la pandemia, l’emergenza liquidità e, oggi, a seguito dell’invasione russa ai danni dell’Ucraina, il caro energia, ne sono un esempio”.
“Gli strumenti con cui abbiamo sostenuto le imprese in questo contesto emergenziale sono principalmente due: Garanzia Italia, messa in campo per sostenere le imprese italiane colpite dall’emergenza Covid-19 e Garanzia SupportItalia, per sostenere le esigenze di liquidità delle imprese impattate dal conflitto russo-ucraino. E complessivamente, in questo ambito – rivendica la Ricci – dal 2020 al 2022 abbiamo garantito 60 miliardi di euro di finanziamenti”.
D’altronde, spiega, “nonostante le incertezze ancora presenti nello scenario internazionale, secondo le nostre proiezioni, l’export italiano di beni crescerà a un ritmo sostenuto, seppur ancora in parte amplificato dell’effetto-prezzo, superando quota 650 miliardi di euro nel 2023 e confermando l’Italia nella top 10 mondiale dei Paesi esportatori”. “E le nostre esportazioni registreranno dinamiche eterogenee, in funzione del prolungarsi del conflitto e degli impatti della crisi sui principali mercati di domanda per il Made in Italy”.
“Questi numeri – aggiunge – ci fanno comprendere due cose: in primo luogo che, nonostante il mondo sia diventato più complesso e caratterizzato da una fragile stabilità, le opportunità per esportare e investire all’estero non mancano; in secondo luogo, che le imprese italiane sono resilienti e non stanno perdendo il loro grip”.
Le aziende – osserva la manager – “stanno ripensando le loro strategie internazionali in una logica agile e flessibile e guardando a clienti e fornitori in geografie diverse da quelle storiche e tradizionali: diversificando i propri mercati di sbocco, mettendo in sicurezza la propria supply chain”.
Per le nostre imprese “tra i mercati di opportunità citerei: Medio Oriente, India, Vietnam, Emirati Arabi Uniti, Brasile e Messico, grazie a profili di rischio in sostanziale miglioramento sotto tutti gli aspetti. Registriamo grandi opportunità affiancate tuttavia da maggiori criticità nell’Africa Subsahariana. Ed è proprio in queste geografie e situazioni che Sace può fare la differenza con tutta l’offerta assicurativo-finanziaria e gli strumenti di accompagnamento e formazione”.
“Ad esempio – osserva – facendo da apripista alle imprese italiane per migliorare il posizionamento nelle catene di fornitura di buyer esteri con la Push Strategy e i Business Matching, attraverso i quali abbiamo generato oltre 2 miliardi di nuove esportazioni italiane”.
Insomma, spiega, “il trend dell’export parla chiaro, così come il successo dei nostri business matching: la percezione del Made in Italy all’estero è sempre molto forte e le nostre esportazioni hanno saputo ‘assorbire’ la componente inflattiva che quest’anno è stata veramente importante, con una sostanziale una tenuta dei volumi, che rappresenta un risultato eccezionale in una congiuntura così complessa per l’economia globale”.
“Ogni mercato – spiega – ha un percepito diverso del Made in Italy e del suo potenziale. Un esempio lampante sulla diversità di percezione è proprio nel contenuto del Made in Italy che, nell’immaginario collettivo, è tendenzialmente associato alle “3F” icone dell’italianità, Food, Fashion, Furniture”. “Eppure – ricorda la Ricci – il primo settore per le nostre esportazioni è la meccanica strumentale in tutte le sue applicazioni”. In questo scenario l’ad di Sace vede “una nuova frontiera” testimoniata “ad esempio dalla partnership che abbiamo siglato in Vietnam con il colosso della nutrizione Nutifood, sostenendo l’export di macchinari e tecnologie agrifood italiani in mercato che ha un potenziale ancora tutto da esplorare in questo comparto”.
Ma l’ad ci tiene anche a sottolineare l’importanza – nella trasformazione del Gruppo – del Piano industriale ‘Insieme 2025’ presentato alla fine dello scorso anno: “Siamo all’inizio” ed “è ancora presto per parlare di risultati, ma la linea è tracciata – ribadisce – e stiamo lavorando sulle tre direttrici del nostro Piano: garantire maggiore resilienza al tessuto economico nazionale, consolidare la competitività sui mercati esteri e rilanciare la crescita sul mercato domestico”.
“Ci stiamo muovendo – spiega – partendo da un nuovo paradigma che pone al centro della nostra azione la sostenibilità e che prevede il coinvolgimento di tutti i nostri stakeholder – imprese, istituzioni, sistema bancario – come partner della nostra azione”.
“Il riscontro da parte dei nostri partner – imprese in primis – è molto positivo, e ne abbiamo la percezione nelle nostre attività quotidiane, ma anche nelle tante occasioni di incontro –co-design, business matching, formazione – che ci offrono un ritorno immediato rispetto a quanto stiamo facendo” osserva l’ad. In Sace – conclude – “siamo sempre più convinti che solo agendo ‘insieme’ riusciremo a raggiungere una crescita sostenibile e durevole per tutti”.
Coronavirus
Infrastrutture, Munari (Deloitte Legal): “Logistica determinante, sul digitalizzazione Italia indietro”

I porti italiani e la svolta digital ed ecosostenibile

Quello legato alla logistica, al movimento delle merci e delle persone, è diventato un argomento fondamentale soprattutto dopo il Covid. In quel momento qualunque cittadino medio si è reso conto che le merci arrivavano negli scaffali perché dietro c’era un lavoro. Ora che succede? La digitalizzazione è fondamentale in questo settore perché consente un risparmio di tempi, risparmio di costi, una fluidità di procedure, un aiuto all’integrazione.
”Informazioni che sono sempre crescenti – spiega nel secondo Talk di Forum Legal Next 2023 in corso a Milano, Francesco Munari, partner, Deloitte legal head of practices, porti, trasporti e shipping – e che devono essere selezionate nel modo migliore. In una attività complessa come quella della catena logistica, concorrono moltissimi attori, moltissimi operatori, istituzioni, amministrazioni, imprese e quindi condividere dei dati per rendere più fluido lo spostamento delle merci è centrale in questa prospettiva. Anche il ruolo degli avvocati cambia nella misura in cui l’avvocato non diventa più colui che risolve un problema che è sorto in questa catena, ma deve diventare un attore che contribuisce a facilitare il cambiamento individuando quelle che sono le regole e i processi più virtuosi e più efficaci per garantire la trasformazione digitale, ecologica e di fluidità del trasporto, in linea con gli standard che ci sono gli standard legali, gli standard operativi e con tutte le regole che vengono impattate da questa attività. Pensiamo alla privacy, pensiamo alla cyber security, pensiamo a 1000 altre questioni di cui oggi”.
La discussione si è poi spostata sullo stato del nostro Paese a livello di infrastrutture e non solo: “A livello di hardware – ha continuato Munari – cioè quelli di infrastrutture fisiche, l’Italia non è messa male, salvo situazioni un po’ critiche in Liguria. E’ sulla digitalizzazione, sul software che invece questa velocità va aumentata e incrementata. Abbiamo perso un po di anni. Da qualche mese abbiamo un nuovo player statale che deve darsi carico di formare, di costruire la piattaforma logistica nell’interesse di tutti gli stakeholder. Questo lavoro verrà implementato nei prossimi mesi e auspicabilmente nei prossimi anni. Quando tutto sarà in rete, anche l’Italia potrà giocare un ruolo ancora più importante in un settore comunque già cruciale per l’economia del nostro paese”.
Economia
Innovazione: Wmf porta in Italia Berners-Lee, il 16 giugno alla fiera di Rimini

Il 16 giugno

Sir Tim Berners-Lee sarà l’ospite d’eccezione del Wmf – We Make Future. Il prossimo 16 giugno 2023, il visionario informatico e inventore del World Wide Web calcherà il palco della Fiera Internazionale e Festival sull’Innovazione Tecnologica e Digitale in programma dal 15 al 17 giugno presso la fiera di Rimini. Una partecipazione speciale che si inserisce al meglio nel contesto del Wmf – unica fiera internazionale certificata in Italia nell’ambito innovazione – manifestazione che affronta i temi dell’innovazione Digitale, Tecnologica e Sociale grazie a oltre 1.000 speaker da tutto il mondo, offrendo un’esaustiva panoramica delle ultime tendenze che stanno modellando il nostro futuro. Stage formativi, talk di visione e panel di confronto, eventi tematici su Artificial Intelligence, startup, cinema, Space Economy, Creators, Musica e moltissimo altro, garantiranno un’esperienza immersiva per esplorare il mondo dell’innovazione a 360° e scoprire le idee e le soluzioni rivoluzionarie dai migliori esperti del settore.
“La partecipazione di Sir Tim Berners-Lee rappresenta un momento significativo non solo per il Wmf e la sua community internazionale ma per l’Italia in generale”, ha dichiarato Cosmano Lombardo, Founder e Ceo di Search On Media Group e Ideatore del Wmf. “Il suo lavoro e la sua visione hanno impattato profondamente sulle nostre vite, e siamo entusiasti di poterlo accogliere ascoltando i suoi pensieri sul futuro della tecnologia e dell’innovazione e, di conseguenza, sulla società globale” La presenza di Sir Tim Berners-Lee rappresenta un’opportunità unica per gli appassionati di tecnologia, imprenditori, innovatori, professionisti del settore ai & Digital-tech, studenti e curiosi, di ascoltare direttamente dalla fonte il pensiero e la visione di uno dei più grandi pionieri dell’era digitale, che nel 1989 ha creato i software che sono alla base di internet. L’inventore ha dato così vita a una rivoluzione tecnologica e sociale di cui noi siamo testimoni e fruitori.
Sarà il giorno 16 giugno, sul palco principale della manifestazione che gli oltre 60.000 partecipanti da tutto il mondo potranno vedere e ascoltare le parole di Sir Tim- Berners -Lee. Oltre ad un attesissimo talk di visione in cui condividerà la sua esperienza professionale, la sua visione sul futuro del World Wide Web e i principali sviluppi nel campo della tecnologia, della privacy e dei dati e un passaggio sull’AI Generativa, Sir Tim Berners-Lee sarà successivamente impegnato in un’esclusiva intervista a porte aperte, davanti al pubblico del Wmf, per terminare poi la sua partecipazione in un confronto con esperti del settore AI & Digital-Tech, che saranno in Italia con l’occasione del Wmf.
Dal 15 al 17 giugno, al Wmf si affronteranno i principali temi legati al presente e soprattutto al futuro globale dell’Innovazione tecnologica, digitale e sociale. L’obiettivo è quello di costruire un Futuro migliore, più sostenibile ed equo, insieme ai numerosi network che si danno da sempre appuntamento al Wmf: aziende, imprese, enti, istituzioni, scuole e università, startup, Onp, makers e tanti altri. L’undicesima edizione della Fiera internazionale e Festival sull’Innovazione Tecnologica e Digitale riunirà il meglio dell’innovazione mondiale in Italia, con rappresentanze inoltre da 85 Paesi. Dieci i padiglioni fieristici che accoglieranno oltre 90 stage formativi, più di 600 espositori, 1.000 speaker da tutto il mondo e 1.300 tra startup e investitori. La manifestazione è interamente organizzata da Search On Media Group e vede come Main Sponsor la Regione Emilia-Romagna, con i patrocini di Regione Emilia-Romagna, Comune di Bologna, Agenzia Spaziale Italiana, Sport e Salute Spa, Invitalia, Assemblea Parlamentare del Mediterraneo e Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.
Tra gli eventi in programma spazio anche all’AI Global Summit, l’occasione per professionisti, realtà e curiosi di Artificial Intelligence per discutere le sue applicazioni presenti e le prospettive future, approfondendo l’impatto che avrà in innumerevoli industries e ambiti sociali, e al Future Show, che torna ad avvicinare i partecipanti alle più futuristiche attrazioni tecnologiche tra robotica, con la presenza anche di Robot Sophia, l’umanoide che abbina robotica avanzata e AI.
Economia
A Roma apre Allegrío, nuova food experience in via Veneto

Il locale è stato realizzato da Sabrina Corbo, creative director italo-britannica che ha voluto creare un concept in cui è protagonista la cucina italiana contemporanea

Ha inaugurato il 18 maggio scorso, nel cuore di Roma, Allegrío, la nuova destination place di ambient food internazionale, dove si fondono armoniosamente food experience, lifestyle e home decor. Il locale, che ha aperto le sue porte in Via Vittorio Veneto 114, simbolo della Dolce Vita romana, è stato realizzato da Sabrina Corbo, creative director italo-britannica con la passione per l’arte, l’architettura e l’interior design la quale ha voluto creare nella Città eterna un concept innovativo in cui è protagonista la cucina italiana contemporanea. “Allegrío è gioia di vita, è la forza del Sole che illumina la nostre giornate” afferma Sabrina Corbo.
Ogni stato d’animo ha il suo punto d’incontro, la sua atmosfera, il suo menù. Il logo di Allegrío è caratterizzato da un sole dalle quattro anime che corrispondono alle quattro sale del ristorante: joyful, lucky, intrepid, in love. Per questo progetto Sabrina Corbo ha chiamato a lavorare con lei le migliori maestranze della tradizione italiana: artigiani, artisti hanno interpretato la sua visione per creare un’esperienza compiuta. Ad accogliere gli ospiti il sole di Allegrío, che si erge sulla parete centrale della lounge, dove lo scultore bronzista Marco Riccardi, ha realizzato il lungo bancone in legno e bronzo. Il progetto di illuminazione è realizzato dall’architetto Massimiliano Baldieri. Ma è la luce di un altro artista, Moritz Waldemeyer, light designer britannico-tedesco di fama internazionale, a creare con la sua installazione ‘Where the Stars Align’, un’atmosfera che accompagna gli ospiti verso i diversi mondi di Allegrío.
Sabrina Corbo nella sua ricerca quasi maniacale, ha scelto per le carte da parati e per i tessuti d’arredo la migliore tradizione dell’home decor. Inglese è il brand che ha realizzato i wallpaper delle quattro sale. I decori e i disegni dipinti a mano sono ispirati ai diversi temi delle quattro aree, come i melograni per la stanza joyful o le stelle dorate per quella dedicata alla fortuna. Italiana è invece l’azienda che ha realizzato la carta da parati per la lounge: dal grande effetto scenico, è stata progettata con una tecnica digitale che riproduce la dimensione del colore dell’alba. Nella sala in love, dedicata all’amore, l’effetto trompe l’oeil è dato da 500 rose di porcellana di Capodimonte realizzate dalla storica bottega napoletana Barra del 1922. Ambientazione diversa per la stanza lucky. Lello Esposito, scultore e artista partenopeo con la sua installazione site specific, rappresenta grandi e piccole sculture in bronzo dorato, come il sole, le sirene, i corni, le maschere e San Gennaro. Iconiche figure che raccontano la più significativa città mondo, Napoli.
La colazione è a cura del Pastry Chef Mario di Costanzo, segue poi il business lunch, cena e dopocena presentano un dink list firmata da Alessio Navacci e Riccardo Martellucci. In cucina la squadra è capitanata dall’executive chef Daniele Creti e dal sous chef Marco Melatti, mentre la sala vede la direzione condivisa di Eligio Schirru e Davide Gelormini, sommelier delle quattro sale. Ogni stanza ha il suo menù con i suoi piatti.
Economia
Università, Serena Dandini alla Luiss chiude ciclo Any Given 8

Ultimo round degli incontri per promuovere l'uguaglianza di genere e ridurre le discriminazioni attraverso importanti testimonianze

Chiude con una conversazione con Serena Dandini il ciclo di incontri Any Given 8 dell’Università di Roma Luiss ‘Guido Carli’.Questo pomeriggio, nella sede del campus di Viale Romania, con Dandini intervengono Giovanni Lo Storto, Direttore Generale Luiss, ed Emiliana De Blasio, Advisor del Rettore Luiss per Diversity & Inclusion, e al centro è il tema “Violenza di genere – Ferite a Morte”. Any Given 8 – Questione di genere e inclusione in Luiss, è un ciclo di incontri che, iniziato l’8 ottobre 2022, si è snodato ogni mese con incontri volti a promuovere l’uguaglianza di genere e ridurre le discriminazioni, attraverso testimonianze, presentazione di iniziative e momenti di approfondimento.
“Se mi guardo indietro dobbiamo essere tutti contenti” e la “Luiss si è messa in discussione anche rispetto al mondo esterno” all’ateneo, ha osservato conversando la professoressa Emiliana De Blasio conversando con l’Adnkronos. “L’incontro di oggi chiude temi strategici e Serena Dandini ha affrontato attraverso una buona dose di leggerezza” temi strategici, ha aggiunto De Blasio.
“In Luiss alleniamo ogni giorno le nostre studentesse e i nostri studenti a non essere mai indifferenti a chi è accanto a loro. Viviamo in un momento in cui non dobbiamo ricercare l’uguaglianza a tutti i costi, bensì l’equità, la possibilità di correre la nostra gara partendo non necessariamente dalla stessa linea di partenza, ma avendo tutti gli stessi strumenti, le stesse scarpe da ginnastica. È proprio questo l’obiettivo di Any Given 8, uno spazio di riflessione mensile quanto mai attuale. Il mondo è di chi vuole sognare, e per sognare non si può, né si deve, essere indifferenti” ha affermato il Direttore Generale della Luiss Giovanni Lo Storto.
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