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Sostenibilità

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Ambiente, Conou protagonista della mostra ‘I cantieri della transizione ecologica’

In occasione del XII Congresso nazionale di Legambiente

Ambiente, Conou protagonista della mostra 'I cantieri della transizione ecologica'

Il Conou - Consorzio Nazionale degli Oli Minerali Usati partecipa a 'L’Italia in cantiere', il XII Congresso nazionale di Legambiente in programma dal 1 al 3 dicembre, come protagonista della mostra congressuale dedicata a 'I cantieri della transizione ecologica'. Un viaggio itinerante che si è snodato lungo la Penisola per raccontare, tappa dopo tappa, cantieri, progetti ed esperienze che possono indicare la rotta verso una vera transizione ecologica del Paese.

L’economia circolare degli oli minerali usati è stato il focus della settima tappa di questo lungo viaggio che è approdato in Puglia, a Modugno (BA) presso l'impianto della Nicola Veronico S.r.l., una delle 60 aziende raccoglitrici che, insieme a 2 aziende di rigenerazione, fa parte della capillare filiera del Conou - Consorzio Nazionale Oli Minerali Usati, il primo ente nazionale dedicato alla raccolta e al riciclo di questo rifiuto speciale.

Non si tratta solo di un’eccellenza italiana di economia circolare, ma europea: se in Europa mediamente si rigenera solo il 61% dell’olio usato raccolto (il resto viene avviato a combustione), in Italia, grazie al Sistema Conou, questo tasso arriva a oltre il 98%, permettendo così di trasformare un rifiuto pericoloso in una preziosa risorsa. Con la rigenerazione, infatti, gli oli minerali usati divengono nuova materia 'prima' per la produzione di nuovi oli lubrificanti dando vita così ad un circolo virtuoso che è la rappresentazione di un modello compiuto di economia circolare. Nel 2022 il Conou ha raccolto 181mila tonnellate di olio lubrificante usato. Grazie alla rigenerazione della quasi totalità del raccolto, sono state prodotte ben 118mila tonnellate di nuove basi lubrificanti e oltre 38mila tonnellate di bitumi e gasoli.

Numerosi gli effetti positivi in termini ambientali, economici, sociali e sanitari a cui ha condotto l’attività di raccolta e la rigenerazione del Conou: ha evitato in un anno l’immissione in atmosfera di 64mila tonnellate di CO2, un minore sfruttamento del suolo del 77% - rileva il Consorzio - un minore impatto in termini di unità tossiche cancerogene dell’84% e un beneficio in termini di minore incidenza di malattie. Senza considerare un risparmio di circa 130 milioni di euro sulla bolletta petrolifera per importazioni di greggio evitate e lavoro per 1.216 persone (tra occupazione diretta e indotto).

“L'economia circolare sta trovando un terreno sempre più fertile. Il Conou rappresenta un esempio emblematico: è merito suo se l’Italia è al primo posto in Europa nella gestione sostenibile degli oli minerali usati, garantendo che questo rifiuto pericoloso non venga disperso nell’ambiente e che si completi la circolarità della filiera. È in questa direzione che bisogna procedere sull’economia circolare in Italia, superando norme farraginose, autorizzazioni lente, controlli pubblici a macchia di leopardo, progetti calati dall’alto - osserva Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente - Per completare l’opera e archiviare la stagione dello smaltimento finale, servono mille nuovi impianti di economia circolare e progetti innovativi che vadano nella giusta direzione, come quelli che stiamo appunto raccontando e visitando con la nostra campagna nazionale sui cantieri della transizione ecologica. È ora di rivendicare la nostra leadership sull’economia circolare in Europa, per rafforzare ulteriormente il Green Deal, per procedere con la decarbonizzazione del vecchio Continente entro il 2050”.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Sostenibilità

Agricoltura, nasce sistema Agreed: droni e satelliti per...

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Progetto nato per realizzare un sistema integrato di sorveglianza, tracciabilità, previsione e gestione malattie che colpiscono produzioni ortofrutticole dell’Italia meridionale

Agricoltura, nasce sistema Agreed: droni e satelliti per prevenire malattie ortofrutta

Una piattaforma tecnologica che raccoglie i dati inviati da droni, satelliti, radar e sensori di campo per prevenire le malattie che minacciano le produzioni ortofrutticole evitando crisi produttive e conseguenti danni economici alla filiera dell’agricoltura e agli operatori di settore. Nasce così Agreed, AGRiculture, Green & Digital, il nuovo sistema europeo d’avanguardia realizzato dall’italiana Corvallis (Gruppo Tinexta), azienda cyber tra i principali fornitori di servizi It nel settore finanziario italiano, in collaborazione con la sede italiana del Ciheam-Centre International de Hautes Etudes Agronomiques Méditerranéennes, Politecnico di Bari, Hort@, Cini, Università degli Studi di Enna "Kore", Cmcc (Centro Europeo Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici) e Infobiotech.

Il progetto si propone di utilizzare diverse tecnologie per realizzare un sistema integrato di sorveglianza, tracciabilità, previsione e gestione a basso impatto ambientale delle più gravi malattie che colpiscono le principali produzioni ortofrutticole dell’Italia meridionale, come l’olivo, la vite, gli agrumi e il pomodoro. L’esigenza degli operatori agricoli è quella di individuare e prevedere l'insorgere di fitopatologie – come funghi, virus, batteri e altri organismi – che compromettono i raccolti di frutta e verdura.

Agreed è il sistema più avanzato in Europa per la raccolta di informazioni affidabili in tempo reale sulla presenza e diffusione delle patologie delle piante. Grazie alla collaborazione tra ricercatori, tecnici e agricoltori, il progetto offre vantaggi tangibili per il settore agricolo, tra cui la prevenzione e l'individuazione precoce di focolai d'infezione, la fornitura di informazioni affidabili sulle colture e la gestione sostenibile delle risorse in campo agricolo, supportando l'attuazione di misure di contenimento e di controllo, anche attraverso interventi fitosanitari precisi ed eco-compatibili.

Grazie a una piattaforma multisorgente IoT (Internet of Things), il sistema Agreed raccoglie e analizza flussi continui di dati provenienti da una varietà di fonti, tra cui immagini satellitari, scansioni infrarosse e termiche acquisite da droni, radar, sensori di campo e modelli climatici previsionali. Questi dati vengono continuamente analizzati ed elaborati per individuare e mappare focolai d'infezione, consentendo l'attuazione di interventi fitosanitari di precisione e sostenibili.

"Per proteggere l’agricoltura nello scenario globale, non è più sufficiente la sola esperienza umana – commenta Andrea Monti, Direttore Generale di Tinexta Cyber, il polo della cybersicurezza di cui fa parte Corvallis – per questo la tecnologia è la più valida alleata delle imprese del settore agroalimentare che devono sempre più tutelarsi a fronte dell’insorgenza di nuove patologie fitosanitarie, prima che siano epidemie non più governabili. Il settore agricolo si sta orientando in modo deciso verso l’Agritech per superare grazie alle tecnologie quel gap in innovazione registrato invece da altri settori produttivi. L’agricoltura di precisione e le soluzioni di frontiera come Agreed rappresentano un nuovo standard nella gestione preventiva delle problematiche fitosanitarie, dimostrando il potenziale delle tecnologie avanzate nel garantire la sicurezza e la qualità delle produzioni agricole, nel rispetto dell'ambiente e delle esigenze del settore agricolo contemporaneo".

"Agreed rappresenta un balzo in avanti nella sorveglianza fitosanitaria grazie a una serie di innovazioni tecnologiche che non solo favoriscono un intervento precoce, ma promuovono pratiche agricole sostenibili e rispettose dell’ambiente. Il team del Ciheam Bari, in qualità di responsabile scientifico del Progetto Agreed, ha sviluppato, in particolare, l’algoritmo per l'analisi delle immagini satellitari del programma europeo Copernicus, che consente di tracciare i 'mutamenti" causati da Xylella fastidiosa negli uliveti" ha aggiunto Maurizio Raeli, direttore del Ciheam Bari. Gli agricoltori e gli operatori del settore agricolo possono accedere alla piattaforma informatica dedicata Agreed ricevendo segnalazioni puntuali e supporto nella gestione delle minacce fitopatologiche. Tutte le informazioni relative agli interventi colturali e fitosanitari praticati dagli agricoltori sono registrati sul portale di Agreed tramite sistema blockchain. Maggiori informazioni su Agreed sono disponibili sul sito https://corvallis.it/open-lab/progetti/.

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Sostenibilità

Abbandono di vetro in strada, lo fa 1 italiano su 4: i dati

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Il fenomeno dell’abbandono di vetro in strada è stato oggetto di una ricerca del birrificio Ichnusa-AstraRicerche: ecco cosa è emerso

Bottiglie di vetro - Canva

Dichiara di farlo almeno un italiano su quattro, ma più di sei su 10 provano indignazione. Questo è il quadro emerso da una ricerca del birrificio Ichnusa, commissionata ad AstraRicerche, per fotografare opinioni e contraddizioni sul territorio nazionale, in merito all’abbandono delle bottiglie di vetro in strada. L’occasione è una campagna di sensibilizzazione dell’azienda volta ad arginare il fenomeno a partire dai comportamenti individuali.

Se sei su 10 si indignano, tre su 10 provano tristezza e due su 10 si sentono impotenti difronte al fenomeno. Ma scopriamo insieme cosa è emerso dalla ricerca.

L’abbandono di vetro in strada

Il fenomeno, nel nostro Paese, sembra avere due volti differenti. Da una parte, sei italiani su 10 ritengono che la raccolta del vetro venga fatta in alta percentuale, con cura e qualità. Dall’altra parte, uno su due (53%) percepisce come diffuso l'abbandono di rifiuti e materiali di vetro come le bottiglie in strada o negli spazi pubblici nella zona in cui vive, fenomeno che, per due italiani su tre (67%) è una priorità grave o importante.

L'indagine restituisce anche una percezione dell’identikit dei “colpevoli”. Per circa due italiani su tre, a sporcare sono per lo più i giovani 18-34 anni, principalmente uomini (anche se per il 28% non c'è gender gap in questa mancanza di rispetto), residenti in zona o nel territorio circostante.

Quali le cause? Le prime quattro cause che emergono con forza dal report sono:

  1. La mancanza di senso civico,
  2. Il poco rispetto per il decoro urbano
  3. Il disinteresse per le conseguenze ambientali
  4. La leggerezza delle sanzioni per un atto che ritengono spesso impunito

Dura condanna per chi sporca. Ma la situazione cambia quando si chiede se è mai capitato di aver gettato una bottiglia in terra. Dalla ricerca, infatti, si scopre che lo ha fatto circa uno italiano su quattro (meno di uno su cinque in Sardegna). Uno su 10 ha confessato di aver commesso il fatto una o più volte solo nell'ultimo anno. Ma si affretta ad attribuirne la causa sempre a motivi esterni: lo ha fatto in prossimità del negozio/locale dove avevano acquistato la bottiglia. E c'è anche chi (circa il 20%) afferma candidamente di averla lasciata dove capitava per nessun motivo in particolare.

Una questione di responsabilità

L’abbandono di vetro in strada non contribuisce al riciclo e a un corretto smaltimento. Il sentiment emerso dalla ricerca, però, è che c’è chi è pronto a prendersi la propria responsabilità. Sono 6 su 10 gli italiani che affermando che se vedono una bottiglia abbandonata la raccolgono anche se non è la loro e cercano un cestino dove buttarla. Poco meno del 4% chiamerebbe il comune o l’azienda municipale della raccolta dei rifiuti.

Per otto italiani su 10 le campagne di informazione sull'impatto del vetro abbandonato sono tra le azioni più efficaci per ridurre l'abbandono di vetro nell'ambiente. Ben vengano quindi iniziative di informazione e sensibilizzazione come quella che Ichnusa si appresta a lanciare in Sardegna in vista dell'estate: positivo o molto positivo per quasi nove italiani su 10 il giudizio verso la campagna di comunicazione 'Il nostro impegno', che esorta i consumatori a smaltire correttamente le bottiglie di vetro e a non abbandonarle, unita ad azioni di pulizia dei dipendenti del birrificio con Legambiente.

Il caso Sardegna

La Regione Sardegna, sull’abbandono del vetro in strada, ha una sensibilità maggiore. Sembra, infatti, che i cittadini sardi, vivendo in un territorio dagli ecosistemi unici e fragili, risentano particolarmente del fenomeno e lo vivano come più impattante per la biodiversità. Complice è anche un turismo stagionale di massa, fenomeno noto come ‘Overtourism’ che colpisce diverse zone italiano nel periodo estivo, dove il consumo di bevande rinfrescanti in vetro, alcoliche o meno, è tendenzialmente maggiore. Tra i motivi giudicati fondamentali per cui non bisognerebbe mai abbandonare il vetro nell'ambiente, il rispetto che si deve alla propria terra (48% in Italia e 56% in Sardegna), il fatto che è un danno per le generazioni future (43% in Italia, 48 sull'Isola), deturpa il paesaggio (51% per i sardi, 41% nel resto del paese) e peggiora immagine e reputazione del territorio, dove la Sardegna supera di 12 punti percentuali (52% a 40%) la media nazionale.

La campagna di sensibilizzazione, quindi, prenderà piede proprio dall’isola, dove il fenomeno assume un’importanza maggiore. Infatti, per il 74% dei sardi si tratta di un problema 'grave e importante', contro il 58% della media nazionale. Al pari dei comportamenti che possono provocare incendi o spreco idrico. Cosa differenzia la Sardegna dal resto d'Italia? I sardi sono più propensi a ripulire: il 68% di loro raccoglie le bottiglie abbandonate, contro una media italiana del 62%. Tuttavia, l'abbandono del vetro rimane un problema significativo in Sardegna, soprattutto durante l'estate. Per il 53% dei sardi, infatti, il fenomeno aumenta in maniera considerevole nei mesi estivi, con un ulteriore 19% che lo considera un problema grave per l'isola in questo periodo.

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Sostenibilità

Passi indietro sulle politiche green da parte dell’Ue,...

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Nel mirino le modifiche alla Pac e lo stop al Nature Restoration Law

Bandiere Ue - Canva

L’Ue ha fatto passi indietro sulla politica agricola e sul ripristino della natura. Questo sostengono diverse organizzazioni ambientaliste e rappresentanti politici le deroghe introdotte nel nuovo regolamento della Politica Agricola Comune (Pac) 2023-2027 sulla protezione degli spazi naturali.

Il 26 marzo, il Consiglio AgriFish ha approvato un pacchetto di modifiche proposte dalla Commissione Europea che, secondo gli ambientalisti, comportano un indebolimento della protezione del suolo, della rotazione delle colture e dei pascoli.

Sullo sfondo, le proteste degli agricoltori che hanno riguardato il territorio europeo negli scorsi mesi.

Questi i punti fondamentali della revisione della Pac:

- Nuove deroghe in caso di condizioni climatiche eccezionali, tali da compromettere la produzione agricola;

- Modifiche agli standard delle buone condizioni agricole e ambientali (Bcaa);

- Esenzione dai controlli e dalle sanzioni per le aziende agricole con meno di dieci ettari, al fine di alleviare il carico amministrativo su piccole realtà;

- Possibilità per i singoli Paesi di modificare i propri piani strategici agricoli due volte all’anno, creando uno spazio per adattamenti in corso d’opera.

Queste decisioni sollevano preoccupazioni sul futuro della sostenibilità ambientale e della biodiversità in Europa, richiedendo una valutazione accurata degli impatti e una riflessione approfondita sul bilanciamento tra esigenze agricole ed ecologiche.

“Manca una valutazione d’impatto”

La Coalizione italiana #CambiamoAgricoltura, che riunisce 90 sigle della società civile ed è coordinata da un gruppo di lavoro che comprende le maggiori associazioni del mondo ambientalista, consumerista e del biologico italiane, mette nel mirino la procedura d’urgenza utilizzata per revisionare la Pac. Si tratta, dice l’organizzazione, di nuove regole “giustificate dalla ‘semplificazione’ dei regolamenti europei” che indeboliscono l’impegno dell’Unione verso l’ambiente.

CambiamoAgricoltura fa notare che è “Una procedura del tutto straordinaria che non prevede una valutazione di impatto, né un confronto con la società civile. Decisione ancora più incomprensibile considerata la consultazione proprio sul tema della semplificazione attivata dalla stessa Commissione nelle ultime settimane, i cui risultati sono attesi dopo l’estate, nonché il Dialogo strategico aperto proprio sui temi del futuro dell’agricoltura in Europa”.

Per il collettivo, le pressioni degli agricoltori sulle istituzioni comunitarie hanno generato un effetto normativo che graverà sulle spalle non solo dell’ambiente, ma anche di quegli agricoltori che hanno investito in ottica green. “Questo pacchetto di riforme – aggiunge #CambiamoAgricoltura – non solo riporterà la Pac indietro di oltre 25 anni ma danneggerà in particolare tutte quelle aziende agricole che hanno convintamente intrapreso la strada dell’agrogeologia, e renderanno tutto il sistema agricolo ancora più vulnerabile agli effetti della perdita di biodiversità e della crisi climatica”.

Sull’altro fronte, il commissario per l’Agricoltura, Janusz Wojciechowski ha esortato gli europarlamentari ad adottare rapidamente il pacchetto di modifiche alla Politica Agricola Comune (Pac) presentato il 15 marzo dalla Commissione Europea in modo da alleggerire gli oneri amministrativi degli agricoltori: “È essenziale approvare rapidamente, così che gli agricoltori avvertano l’effetto dei cambiamenti già nel 2024, altrimenti succederà solo nel 2025”, ha detto Wojciechowski.

Lo stesso commissario ha delineato i punti cardine della riforma della Pac: oneri amministrativi, turbative del mercato e mancanza di equità nella filiera.

Stop alla legge Ue sul ripristino della natura

Le modifiche alla Pac non sono l’unico campanello d’allarme per gli ambientalisti. Infatti, a soli dieci giorni dalla proposta della Commissione Ue sulla Politica agricola comune, il Belgio, detentore della presidenza del Consiglio dell’Ue, ha rinviato il voto sul Nature Restoration Law perché il sostegno degli Stati membri era diventato insufficiente.

La brusca frenata è stata provocata dall’astensione dell’Ungheria, che si è aggiunta a quelle di Austria, Finlandia, Polonia, Belgio e al parere contrario di Italia, Svezia e Paesi Bassi. Se a febbraio l’ok del Parlamento Ue sul Nature Restoration Law aveva fatto esultare gli ambientalisti e il provvedimento sembrava ormai cosa fatta, lo stop del mese scorso ha provocato una rimozione del punto dall’agenda Ue.

Si è quindi arenato il percorso che portava i ministri dell’ambiente a consolidare la proposta al Consiglio. L’obiettivo del Nature Restoration Law, così come approvato dall’Europarlamento a febbraio, è quello di ripristinare il 90% degli habitat europei danneggiati entro il 2050. Una decisione che aveva provocato la reazione contraria della destra e della Coldiretti che preannunciava un “sistema produttivo in ginocchio”.

I trattori in protesta già sfilavano e, pur non riuscendo a bloccare in toto il provvedimento, avevano ottenuto qualche traguardo. La Commissione chiedeva infatti la riduzione del 50% l’uso dei pesticidi chimici entro il 2030 e il divieto di tutti i pesticidi nelle aree sensibili (le aree verdi urbane, compresi parchi e giardini pubblici, i campi ricreativi o sportivi, i sentieri pubblici, le zone protette Natura 2000 e qualsiasi area ecologicamente sensibile da preservare per gli impollinatori in pericolo), ma questa misura era stata cassata prima dell’ok dell’Europarlamento.

Avanzata a giugno 2022, la proposta di regolamento era uno dei pilastri della Strategia europea per la biodiversità, nata con lo scopo di allineare l’Unione europea agli impegni internazionali presi con l’accordo di Kunming-Montreal sulla biodiversità.

Un rischio in vista della Cop16 in Colombia

Con lo stop del 25 marzo, l’Unione rischia di presentarsi senza una proposta concreta in materia alla prossima Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità, la Cop16, in programma in Colombia per il prossimo ottobre. Un’impasse che contrasta l’ambizione, da anni perseguita dall’Unione, di essere in prima linea nelle politiche green.

Il commissario europeo per l’ambiente ha avvertito che accantonare il disegno di legge a tempo indeterminato distruggerebbe la reputazione dell’UE a livello globale, dato che ha aperto la strada al vertice sulla biodiversità Cop15 a Montreal nel 2022. “Rischiamo di andare alla Cop16 assolutamente a mani vuote”, ha detto Virginijus Sinkevičius prima di rincarare la dose: uno stop definitivo al Nature Restoration Law solleverebbe “serie domande e preoccupazioni sulla coerenza e la stabilità del processo decisionale dell’Ue”.

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