

Cultura
Van Gogh e le lettere inedite
Buon compleanno, Vincent Van Gogh. Il pittore olandese nasceva 168 anni fa e Twitter ricorda la data del 30 marzo celebrando l’artista, postando le foto dei suoi capolavori e proponendo citazioni assortite.
La ricorrenza cade mentre un nuovo libro accende i riflettori sui periodi di malattia mentale del pittore. E spicca anche una rivelazione sorprendente: sua sorella Wilhelmina Jacoba (1862-1941) fu in grado di pagare le proprie cure, anche lei affetta da turbe psichiche, solo vendendo 17 dipinti del fratello dopo la sua morte. Il volume dal titolo “The Van Gogh Sisters” di Willem-Jan Verlinden, studioso che lavora per vari musei olandesi, sarà pubblicato il 20 aprile dalla casa editrice statunitense Thames & Hudson.
Il libro descrive la corrispondenza tra le tre sorelle Van Gogh (oltre Wilhelmina Jacoba, nota come Wil in famiglia, Anna Cornelia ed Elisabeth), il fratello di Vincent, Theo, e la moglie Jo Bogner, e altri amici e conoscenti di famiglia. Le centinaia di lettere, scritte in olandese e mai pubblicate prima, sono conservate negli archivi del Van Gogh Museum di Amsterdam. Un ricercatore del museo, Hans Luijten, descrive queste lettere come “una vera miniera d’oro, con osservazioni meravigliose sulla vita familiare”. Il carteggio sarà prossimamente pubblicato integralmente dal Van Gogh Museum.
La sorella Wil van Gogh visse una vita in gran parte infelice e fu ricoverata in ospedali e manicomi per quasi 40 anni. Vincent Van Gogh per parte sua trascorse tre soggiorni consecutivi negli ospedali di Arles, in Provenza, oltre a un anno in un manicomio a Saint-Remy-de-Provence. Nelle sue stesse parole, il pittore era afflitto da “una febbre o una follia mentale o nervosa”. “Man mano che diventava sempre più famoso e i prezzi dei suoi dipinti aumentavano, in un certo senso Vincent si occupava anche del destino delle sue sorelle, anche molto tempo dopo la sua morte”, scrive Verlinden. L’artista morì all’età di 37 anni, praticamente senza un soldo.
Cultura
Ken Follett, esce ‘Le armi della luce’: quinto capitolo della saga di Kingsbridge

Porta i lettori tra il 1792 e il 1824, un'epoca di grandissimi cambiamenti, in cui il progresso si scontra con le tradizioni del vecchio mondo rurale e il governo dispotico è determinato a fare dell’Inghilterra un potente impero commerciale

Esce martedì 26 settembre, in contemporanea mondiale (in Italia da Mondadori) ‘Le armi della luce’, il nuovo romanzo dello scrittore britannico Ken Follett, uno degli autori di bestseller più letti e amati al mondo (con 36 libri pubblicati e più di 188 milioni di copie vendute), che rappresenta il q.
Follett, che vive in Inghilterra, nell’Hertfordshire, con la moglie Barbara, in ‘Le armi della luce’ porta i lettori tra il 1792 e il 1824, un’epoca di grandissimi cambiamenti, in cui il progresso si scontra con le tradizioni del vecchio mondo rurale e il governo dispotico è determinato a fare dell’Inghilterra un potente impero commerciale.
A Kingsbridge l’industrializzazione si fa rapidamente strada riducendo alla miseria la maggior parte della popolazione dedita alla manifattura tessile, la principale fonte di reddito della città. La vita di un gruppo di famiglie collegate tra loro viene stravolta dalla nuova era delle macchine, mentre imperversa la guerra con la vicina Francia di Napoleone Bonaparte che giunge alla sua epocale conclusione con la battaglia di Waterloo. Scoppiano le rivolte del pane, gli scioperi e la ribellione contro l’arruolamento forzato nell’esercito. Una coraggiosa filatrice, un ragazzo geniale, una giovane idealista che fonda una scuola per bambini disagiati, un commerciante di tessuti travolto dai debiti del padre, una moglie infedele, un operaio ribelle, un artigiano intraprendente, un vescovo inetto, un ricco imprenditore senza scrupoli sono solo alcuni dei personaggi che animano questa storia indimenticabile.
Sin dal primo bestseller (‘La cruna dell’ago’, spy story ambientata durante la Seconda guerra mondiale), Ken Follett (‘I pilastri della terra’ è il suo libro più noto) ha abituato i lettori a eroine ed eroi carismatici, che in questo caso combattono per un futuro libero dall’oppressione, personaggi cattivi e perversi, che in ‘Le armi della luce’ cercano di mantenere a ogni costo i loro privilegi, in un intreccio di dettagli storici accuratamente documentati.
Cultura
Inaugurata mostra dedicata a Rocco Scotellaro nella Galleria nazionale di Roma

L'iniziativa è promossa da Regione Basilicata e Apt, con il patrocinio del Comune di Tricarico e della Fondazione Matera Basilicata 2019
Nella Galleria Nazionale di Roma è stata inaugurata la mostra ”E la mia patria è dove l’erba trema”, inserita nel calendario del centenario della nascita di Rocco Scotellaro, poeta e sindaco socialista di Tricarico (Matera) che portò alla luce la condizione di miseria dei contadini. L’iniziativa è promossa da Regione Basilicata e Apt, con il patrocinio del Comune di Tricarico e della Fondazione Matera Basilicata 2019. La mostra, a cura di Giuseppe Appella, accoglie 45 artisti, pittori e scultori, di sette generazioni: Carlo Lorenzetti, Ruggero Savinio, Mario Raciti, Giuseppe Pirozzi, Paolo Icaro, Giulia Napoleone, Claudio Verna, Emilio Isgrò, Mario Cresci, Assadour, Giancarlo Limoni, Mimmo Paladino, Stefano Di Stasio, Sandro Sanna, Ernesto Porcari, Gregorio Botta, Giuseppe Modica, Giuliano Giuliani, Nunzio, Lucilla Catania, Roberto Almagno, Claudio Palmieri, Giovanna Bolognini, Giuseppe Salvatori, Gianni Dessì, Marco Tirelli, Felice Levini, Enrico Pulsoni, Salvatore Cuschera, Andrea Fogli, Franco Fanelli, Giuseppe Caccavale, Elvio Chiricozzi, Elisabetta Benassi, Giuseppe Capitano, Ciro Vitale, Giuseppe Ciracì, Pierpaolo Lista, Francesco Arena, Alberto Gianfreda, Laura Paoletti, Ilaria Gasparroni, Antonio Della Guardia, Veronica Bisesti, Ado Brandimarte.
All’inaugurazione hanno partecipato la direttrice della Galleria, Cristiana Collu, il presidente della Regione Vito Bardi, il direttore generale di Apt Basilicata, Antonio Nicoletti, il curatore Appella, e agli artisti. Per Bardi la mostra è ”un’altra importante tappa del viaggio intrapreso dalla Regione Basilicata per celebrare autorevolmente i cento anni dalla nascita di una personalità ricca e complessa come quella del sindaco poeta di Tricarico, Rocco Scotellaro”. Il presidente lucano ha ringraziato tutti coloro che hanno contributo alla realizzazione della collettiva con cui ”attraverso le diverse forme della creatività artistica e i suoi molteplici linguaggi, possiamo infatti leggere ed esplorare più in profondità e senza schemi e pregiudizi l’anima di questo figlio della Basilicata, e il suo originale sguardo sul mondo, non solo su quello contadino, ma anche sul mondo della cultura in generale”.
Cultura
Premi: Estense, vince Gaia Tortora con ‘Testa alta, e avanti’ (Mondadori)


La giornalista Gaia Tortora con “Testa alta, e avanti” (Mondadori), in cui racconta la vicenda dell’arresto neo 1983 del padre Enzo Tortora, vittima di un clamoroso errore giudiziario visto con gli occhi della sua famiglia, ha vinto la 59esima edizione del Premio Estense. Il verdetto è arrivato alla quinta votazione con 22 preferenze, al termine di un appassionante testa a testa con Paolo Borrometi e il suo “Traditori. Come fango e depistaggio hanno segnato la storia italiana” (Solferino). La votazione è stata caratterizzata da un confronto vivace e partecipato tra la giuria tecnica, presieduta da Alberto Faustini, e quella popolare.
Le due giurie oggi, sabato 23 settembre, si sono riunite al Teatro Comunale ‘Claudio Abbado’ di Ferrara per discutere e votare il vincitore all’interno della quartina finalista composta oltre che da Gaia Tortora e Paolo Borrometi, da Ezio Mauro con “L’anno del fascismo. 1922. Cronache della Marcia su Roma” (Feltrinelli) e Marcello Sorgi con “Mura. La scrittrice che sfidò Mussolini” (Marsilio).
Il presidente Alberto Faustini – portavoce della giuria tecnica composta da Michele Brambilla, Luigi Contu, Tiziana Ferrario, Paolo Garimberti, Jas Gawronski, Giordano Bruno Guerri, Agnese Pini, Venanzio Postiglione, Alessandra Sardoni e Luciano Tancredi – ha osservato: “La cosa bella di questa edizione è stata la competizione vera fino all’ultimo. I quattro libri finalisti sono individuali e collettivi perché parlano di storie che riguardano il nostro Paese, esattamente come quella raccontata da Gaia Tortora. E’ certamente la storia di una famiglia, un’autobiografia emotiva, ma anche e soprattutto la storia di un Paese che si è confrontato con la mala giustizia, paradossalmente anche grazie alla popolarità del protagonista, diversamente non ci saremmo mai interrogati così tanto sul tema. Ancora una volta è emerso quanto sia libera la giuria, nessuno di noi riesce a fare previsioni alla vigilia e non riesce a farlo nemmeno un giurato popolare”.
Gian Luigi Zaina, presidente della Fondazione Premio Estense, ha dichiarato: “Non era facile prevedere l’esito finale perché i quattro libri sono tutti di alto valore. Il titolo di Gaia Tortora è senz’altro d’impatto perché racconta una storia familiare dal punto di vista di chi l’ha vissuta in prima persona, dovendo convivere con il trauma causato da un clamoroso errore giudiziario”.
Gaia Tortora con “Testa alta, e avanti” (Mondadori) racconta la sua storia, nella consapevolezza che non sia solo sua: ogni giorno tre innocenti finiscono in carcere per errore, più di mille cittadini l’anno. E i media continuano a comportarsi come fecero con suo padre: titoloni per additare i presunti colpevoli e, quando va bene, trafiletti seppelliti nelle ultime pagine a segnalare l’assoluzione, il proscioglimento, l’errore giudiziario. Condividere il proprio intimo dolore, allora, diventa un modo per combattere contro l’ingiustizia, per impedire che tutto ciò si possa ripetere. E andare avanti, come le diceva suo padre, a testa alta.
Gaia Tortora ha commentato così il risultato che l’ha vista vincitrice: “Nel mio cuore considero la vittoria al fotofinish con il mio amico Paolo Borrometi un ex aequo, sono due libri che raccontano la storia d’Italia seguendo filoni paralleli, sui quali ci sarebbe ancora molto da dire. Dedico questo riconoscimento a quella ragazza di terza media e quindi ai ragazzi delle scuole e delle carceri dove continuo ad andare, soprattutto in quelle minorili. Vorrei che i ragazzi, attraverso il mio libro, comprendessero che giudicare subito è sbagliato e che utilizzassero la loro testa per farsi una propria idea”.
Al termine della votazione è intervenuto il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi, che ha dichiarato: “Sono felice di aver assistito ad una parte del lavoro delle due giurie che attesta la piena democraticità del Premio Estense. Gaia Tortora, una grande donna che racconta la storia di un grande padre, un uomo che è stato l’emblema di tutti quelli che hanno patito per una cattiva giustizia”.
Sempre al Teatro Comunale ‘Claudio Abbado’ si è svolta la cerimonia di premiazione, condotta da Cesara Buonamici, con la consegna dell’Aquila d’Oro a Gaia Tortora e del 39° “Riconoscimento Gianni Granzotto. Uno stile nell’informazione” al giornalista Federico Rampini. Il riconoscimento è stato assegnato dalla giuria presieduta dal presidente della Fondazione Premio Estense, Gian Luigi Zaina. e composta da sette imprenditori dei territori di Bologna, Ferrara e Modena (Patrizia Bauer, Luca Cimarelli, Maria Rita Giberti, Paolo Golinelli, Paolo Moscatti, Silvia Pasquali e Giorgio Piacentini).
Il Premio Estense, che dal 1965 premia l’eccellenza del giornalismo italiano, quest’anno con 69 titoli ha registrato il più alto numero di volumi candidati della storia della manifestazione.
Da quest’anno main sponsor del Premio Estense è Azimut Holding. Monica Liverani, Ad di Azimut Capital Management e Managing Director di Emilia-Romagna, Marche e Umbria, nonchè Chief Sustainability Officer di Azimut Holding, ha dichiarato: “Siamo profondamente onorati di aver portato il contributo di Azimut al Premio Estense, in un’edizione straordinaria per qualità espresse e adesioni. Il nostro sostegno al Premio, che da quasi sessant’anni continua ad incoraggiare e celebrare l’eccellenza nel giornalismo italiano favorendo un dibattito costruttivo su temi di attualità spesso complessi, nasce dal comune impegno per la promozione della cultura e l’importanza del dialogo secondo i valori di responsabilità sociale d’impresa che da sempre guidano il nostro Gruppo nel contribuire al progresso economico e sociale delle comunità in cui operiamo”.
Cultura
Pompei, via libera all’ampliamento della ‘Buffer Zone’ del sito Unesco

L'iter durato 10 anni, ora l'area raggiunge un'estensione complessiva di 17,26 kmq: dieci i comuni coinvolti. Sangiuliano: "Risultato importante"

Il Comitato del Patrimonio Mondiale ha approvato la proposta di ampliamento della cosiddetta Buffer Zone (zona cuscinetto) del sito Unesco 829 “Aree Archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata”, al termine di un iter durato circa 10 anni. Dieci sono i Comuni coinvolti e gravitanti nel territorio della nuova Buffer Zone, che oggi raggiunge un’estensione complessiva di 17,26 kmq comprendente Portici, Ercolano, Torre del Greco, Torre Annunziata, Boscoreale, Boscotrecase, Terzigno Trecase, Pompei e Castellammare di Stabia a fronte degli originari 0,24 kmq che interessavano i soli Comuni di Pompei, Torre Annunziata ed Ercolano nel 1997.
La revisione della Buffer Zone consentirà di proseguire in modo ancor più incisivo nell’azione avviata tra istituzioni e Comuni, finalizzata a promuovere lo sviluppo sostenibile del territorio, nel pieno rispetto dell’Eccezionale Valore Universale (OUV) del sito.
La proposta approvata fu avanzata nel corso del 2021 e la sua formulazione nasce dal lavoro coordinato condotto dal Parco archeologico di Pompei e dal Parco archeologico di Ercolano, in sinergia con l’Ufficio UNESCO del Ministero della Cultura. La nuova perimetrazione della zona cuscinetto tiene conto di una serie di richieste e suggerimenti avanzati da parte del Comitato del Patrimonio Mondiale, e nasce dal condiviso intendimento di potenziare le strategie di protezione del sito seriale e di ispirare a queste le attività di riqualificazione e rigenerazione dei territori circostanti. Centrale nella proposta presentata dal Ministero è stata la tutela del paesaggio e delle visuali da e sui siti archeologici, valori che sono stati ritenuti fondamentali per lo sviluppo culturale, sociale ed economico dell’area.
Il territorio di riferimento è stato, nel frattempo, interessato da un piano strategico, elaborato dall’Unità Grande Pompei (UGP) in condivisione con gli enti locali coinvolti e approvato nel 2018 dal suo Comitato di Gestione (che riunisce i Sindaci dei Comuni che oggi ricadono nella nuova Buffer Zone) i cui obiettivi sono il potenziamento dell’attrattività turistica dell’area, il miglioramento dell’accessibilità ai siti della cultura, il recupero ambientale dei paesaggi degradati e compromessi e la riqualificazione urbana.
Per la realizzazione del piano strategico nel corso del 2022 è stato sottoscritto il Contratto Istituzionale di Sviluppo (CIS) “Vesuvio-Pompei-Napoli” che prevede l’impiego, per la realizzazione di interventi già programmati che trovano una cornice unitaria nella nuova Buffer Zone, il finanziamento di 20 progetti per un totale di 156 milioni di euro e di ulteriori 14 interventi, valutati ad alta priorità dal Ministero della Cultura e direttamente finanziati per un totale di oltre 70 milioni di euro.
Allo stato attuale si sta procedendo alla redazione e all’aggiornamento del piano di gestione relativo al Sito UNESCO, orientato a una governance partecipata mediante intese con enti territoriali, partnership con soggetti privati, associazioni, fondazioni e imprese, coinvolgendo attivamente i cittadini che sono chiamati anch’essi alla protezione e alla valorizzazione dell’inestimabile patrimonio di questo luogo.
Per il Direttore Generale Musei, Massimo Osanna, “La definizione della Buffer Zone di uno dei più importanti siti archeologici del mondo rappresenta allo stesso tempo un successo e una sfida per il futuro non solo per Pompei, Ercolano e Oplontis, ma per l’intero sistema museale italiano. La Direzione generale Musei è impegnata nello sviluppo di modalità di gestione sempre più avanzate e coerenti con i valori riconosciuti dall’UNESCO che sono da tutelare e diffondere. Anche sulla base della mia personale esperienza sono certo che questo felice momento contribuirà a rafforzare nelle comunità locali la consapevolezza dell’eccezionale ed unico valore culturale che pervade e unisce i territori abbracciati dalla Buffer Zone”.
“Siamo felicissimi di aver raggiunto questo successo, frutto di un lavoro di squadra per cui ringrazio il Ministero della Cultura, l’Unità Grande Pompei e i colleghi di Ercolano – ha sottolineato il Direttore del Parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel – Con la nuova Buffer Zone la nostra visione della ‘Grande Pompei’, una rete di siti in cui nei prossimi anni investiremo più di 230 milioni di euro, trova finalmente un’adeguata cornice istituzionale che vede riuniti intorno a un tavolo gli attori principali del territorio. Oggi abbiamo la possibilità, grazie anche al digitale, di fare dei siti intorno a Pompei un grande parco diffuso che consente ai visitatori di scoprire un territorio ricco di cultura e tradizioni, ed è questa la nostra priorità”.
“Non si può che esprimere soddisfazione per questa approvazione che appare come un netto miglioramento rispetto all’impostazione ereditata dai tempi dell’iscrizione del sito a Patrimonio dell’Umanità. – ha aggiunto il Direttore del Parco archeologico di Ercolano, Francesco Sirano. – La proposta discende dal desiderio di condividere e promuovere il comune riconoscimento del meraviglioso e unico rapporto che intercorre tra l’antica città di Ercolano, il territorio e le comunità intorno, aprendo la prospettiva verso le ricchezze culturali e paesaggistiche ai piedi del vulcano che mappano la storia di questo luogo prima e dopo l’eruzione del 79 d.C. Mi pare di potere sperare che anche grazie a questa Buffer Zone si possa avanzare nel lavoro di coinvolgimento e consapevolezza che portiamo avanti anche grazie al più che ventennale partenariato pubblico privato con la fondazione filantropica Packard Humanities institute: Ercolano antica non è un’isola nel mare del tempo passato e remoto, ma parte di un paesaggio vivente con molti strati di storia, di cultura, di vite e personalità umane.”
“L’approvazione della proposta di ampliamento della Buffer Zone testimonia il deciso impegno dello Stato e delle sue istituzioni per garantire non solo la tutela più ampia del patrimonio archeologico dell’area ma anche per promuovere lo sviluppo del suo tessuto sociale ed economico, in coerenza con le esigenze di conservazione e valorizzazione del sito UNESCO – ha affermato il Gen. B. Giovanni Capasso, Direttore della struttura di supporto attuazione e programmi – Unità Grande Pompei – Tale decisione è destinata a consolidare ulteriormente la cooperazione tra Amministrazione centrale ed enti locali per il rilancio socio-economico e turistico dei territori della Buffer Zone. La realizzazione del piano strategico, le cui linee di indirizzo rappresentano un solido riferimento anche per le attività di programmazione e pianificazione dei singoli attori istituzionali, sarà adesso la grande sfida che saremo chiamati ad affrontare per il rilancio e la riqualificazione ambientale e urbanistica di tutto il territorio interessato”.
“L’approvazione da parte dell’UNESCO dell’ampliamento della zona cuscinetto Pompei-Ercolano-Torre Annunziata è un risultato importante e il raggiungimento di un obiettivo fondamentale nel percorso di continua valorizzazione, protezione e sviluppo sostenibile di un territorio ricco di straordinarie testimonianze storiche dal valore universale di sito Patrimonio dell’Umanità – ha dichiarato il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano -. Si tratta della conferma della lungimiranza del progetto che adesso riceve un’ulteriore spinta alla realizzazione di quella grande area archeologica che supera i confini delle singole città per riunirle in un grande sito, unico nel suo genere. Il mio ringraziamento per il lavoro svolto va ai sindaci dei Comuni coinvolti, ai Direttori dei Parchi archeologici di Pompei ed Ercolano, Gabriel Zuchtriegel e Francesco Sirano, all’Ufficio UNESCO del Ministero e a tutti coloro i quali si sono impegnati. Ora, grazie ai finanziamenti del ‘Contratto Istituzionale di Sviluppo Vesuvio-Pompei-Napoli’ e agli ulteriori fondi messi a disposizione dal Ministero, è il momento di realizzare quei progetti che porteranno ulteriore linfa e crescita in tutta la zona”.
Cultura
‘Sordi e il suo tempo’, una mostra che racconta un secolo a 20 anni dalla sua scomparsa

L'esposizione nella sua casa-museo sul Celio, una statua ricorderà 'Albertone' a Villa De Sanctis adiacente a Cinecittà

Sordi e il cinema, Sordi e Roma, Sordi e l’Italia: in breve: ‘Alberto Sordi e il suo tempo’, come indica il titolo della mostra curata da Alessandra Maria Sette, promossa dalla Fondazione Sordi e organizzata dal 22 settembre al 26 novembre proprio a Villa Sordi, la casa-museo dell’attore e regista romano scomparso vent’anni fa – posta sul Colle del Celio, all’inizio dell’Appia Antica, sullo sfondo delle Terme di Caracalla – dalla Fondazione Sordi con il patrocinio di Roma Capitale e in collaborazione con Cinecittà, l’Archivio Luce e Rai Teche. Una vita che sarà onorata e ricordata anche con la collocazione il prossimo anno di una statua nel parco di Villa De Sanctis adiacente a Cinecittà, per la quale è stato già indetto un concorso di idee riservato ai giovani.
L’esposizione si articola in senso cronologico, dal primo dopoguerra e dunque dalla nascita di ‘Albertone’ a Trastevere il 15 giugno del 1920, fino al giorno della sua scomparsa il 24 febbraio del 2003 e ai suoi funerali nella cattedrale di San Giovanni in Laterano. Accanto alla storia artistica di Sordi scorre anche la storia dell’Italia, un po’ sullo stile della televisiva ‘Storia di un Italiano’ andata in onda sulla Rai, ripercorsa attraverso le foto e i ciak dei suoi film, da ‘La Grande Guerra’ a ‘I vitelloni’, da ‘Polvere di stelle’ a ‘Bello, onesto, emigrato…’, da ‘Il medico della mutua’ a ‘Un borghese piccolo piccolo’, da ‘Detenuto in attesa di giudizio’ a ‘Tutti dentro’, da ‘Le vacanze intelligenti’ a ‘In viaggio con papà’, dal ‘Marchese del Grillo’ al ‘Tassinaro’ e a ‘Nestore ultima corsa’.
“Questo luogo non è e non dovrà essere un museo – afferma Walter Veltroni, ex vicepremier e sindaco di Roma, ora presidente onorario della Fondazione Sordi – E’ un luogo vivo, perché qui Albertone pensava, immaginava, inventava; e tutto ciò che si farà, servirà a mantenere l’idea di un laboratorio creativo. La mostra segna un meritorio intreccio fra la storia italiana, la storia del cinema e la storia artistica di Alberto Sordi: tutti i suoi film, in varia misura, hanno coperto l’intera storia del Novecento italiano, con la caratteristica unificante di rivolgersi, parlare e arrivare al grande pubblico. E noi vogliamo celebrare questo rapporto fra Sordi e l’Italia e fra Sordi e la sua Roma, legame indissolubile, al punto che non era lui a ‘fare’ il romano ma sono stati i romani ad omologarsi al suo accento, ai suoi modi, alle sue espressioni”.
Per l’assessore capitolino alla cultura, Miguel Gotor, “è importante mantenere questo luogo intatto evitando al tempo stesso una ‘musealizzazione’ del personaggio Sordi, perché non ci sarebbe nulla di più lontano dall’animo di Albertone, che si può dire stia vivendo ora una seconda stagione, grazie alle pillole sui social che hanno il merito di farlo conoscere alle generazioni più giovani, che non hanno avuto la fortuna di apprezzarlo quando era in vita. E si potrebbe pensare – anticipa -anche a organizzare nel piazzale davanti alla villa Sordi un’arena per rassegne di cinema all’interno dell’Estate Romana”.
(di Enzo Bonaiuto)
Cultura
Libri, ‘I malarazza’ di Barbara: epopea di una famiglia che incrocia la grande storia

Dalla Sicilia a New York per ambizione non per la fame

C’è una foto scattata dal fotografo danese Jacob A. Riis nel 1888 che è entrata nell’immaginario collettivo dell’emigrazione italiana negli Stati Uniti. Raffigura un gruppo di ceffi poco raccomandabili in un vicolo buio del Lower East Side quando era uno dei peggiori ‘slum’ di Manhattan. Quell’immagine fu pubblicata in un volume dal titolo esplicativo: “Come vive l’altra metà”: una denuncia delle condizioni di vita negli affollatissimi e fatiscenti condomini in cui famiglie di 10 persone condividevano un’unica stanza. Ma se quella che ci è stata consegnata dal lavoro di Riis è la metà meno fortunata, da chi era composta l’altra metà?
La letteratura e il cinema ci hanno consegnato tantissime storie di miseria e di emancipazione – spesso criminale – dell’emigrazione italiana, ma tendono a dimenticare un’altra realtà, quella degli italiani che lasciarono i porti di un Paese dilaniato dalle guerre di indipendenza non per miseria, ma per far fruttare i propri talenti in un luogo che offriva opportunità leggendarie: l’America.
E la storia di una di queste famiglie, i Montalto, è raccontata nel romanzo ‘I Malarazza’, di Ugo Barbàra (Rizzoli, 496 pagine, 19 euro) nella parabola che li porta da Castellammare del Golfo, in Sicilia, fino nella New York della seconda metà dell’Ottocento.
È il maggio del 1860 e mentre Garibaldi si prepara a sbarcare in Sicilia, Antonio Montalto ha un’intuizione: cedere parte delle terre che hanno fatto la fortuna della sua famiglia – che da sempre produce olio e vino – in cambio di un piccolo veliero. Al paese intero pare un folle ma a lui non interessa; ha capito prima di tutti dove sta soffiando il vento del cambiamento e non può restare a guardare. Sa che se vuole realizzare le proprie ambizioni deve staccarsi dalla terra dei suoi padri per guardare oltreoceano.
Inizia così l’avventura che, tra l’arsura di Castellamare e il fragore di New York, incrocerà la grande Storia e darà vita a un impero fondato sulle imprese visionarie di Antonio, ma soprattutto sulla caparbietà della moglie Rosaria, capace di gettare le basi per un progetto che travalica il loro tempo: la fondazione di una banca americana con una presidente donna. Intorno a loro e ai sei figli, si intrecciano le esistenze di una schiera di figure memorabili, tra cui la giovane Bianca che, lasciata la sua esistenza siciliana per seguire la padrona Rosaria, si rifà una vita come speziale nella città americana. E Nicola, suo segreto amore, che scopre come i fantasmi possano inseguirlo anche di là dal mare.
Quella narrata da Barbàra è finzione, ma è frutto di una approfondita ricerca e di uno scavo nelle personalità dei protagonisti che la trasformano in una storia paradigmatica di quelle di tanti che lasciarono l’Italia spinti non dalla fame e dalla miseria, ma dalle proprie ambizioni e dalla capacità di immaginare un altrove dove dare concretezza ai propri sogni. Una narrazione che, incrociando i grandi della Storia, da Garibaldi a Lincoln, e vicende che hanno plasmato i popoli, dallo sbarco dei Mille alla Guerra Civile americana, cesella in un ritmo incalzante una vicenda che ha in sé gli ingredienti di ogni grande romanzo: personaggi umanissimi, amori e destini da sovvertire.
Cultura
In Mostra a Roma i ‘Mondi intessuti’ di

Dal 22 settembre negli spazi della storica Galleria Fidia Arte Moderna

Venerdì 22 Settembre 2023 sarà inaugurata a Roma, alle ore 18.30, presso gli spazi della storica Galleria Fidia Arte Moderna, la mostra personale di Petra Scognamiglio, dal titolo “Mondi intessuti”, a cura di Giulia Linari. Saranno esposti 18 lavori dell’artista, dal ciclo dei “corpi segnici” in cui ad emergere è l’essenza della figura, la sua natura lirico-evocativa di mondi legati alla letteratura, alla storia dell’arte, e a tutto ciò che mette in risalto le forze dionisiache della vita, come potenza creativa spirituale e fisica. La direzione artistica dell’evento è affidata a Luigi D’Agostino della Samo Collection.
Petra Scognamiglio da anni si muove sul panorama artistico nazionale, con i suoi progetti legati alla pittura, al fashion design e alla storia dell’arte raccontata sul web, ed è conosciuta per questo come “art influencer” e come “ritrattista dei vip”.
“La Ragazza con l’orecchino di Petra” è il suo progetto che nasce con l’intento di raccontare la storia dell’arte in maniera semplice e talvolta ironica, attraverso dei brevi video pubblicati sui principali canali social. La mostra sarà visitabile mattina e pomeriggio (domenica esclusa), presso la Galleria Fidia Arte Moderna, di via Angelo Brunetti 49, a Roma.
Cultura
Mostre, a Roma la tappa conclusiva di ‘Second Life, Tutto Torna’

Promossa da Alia Multiutility Toscana in collaborazione con la Fondazione Maire

Le opere finaliste e del concorso “Second Life, tutto torna”, sono state presentate ieri, presso la sede romana della Fondazione Maire, nell’ambito dell’’evento “Tra Arte e Ingegno”. “Second Life, tutto torna” è un progetto giunto alla seconda edizione e promosso da Alia Multiutility Toscana in collaborazione con la Fondazione Maire.
La Fondazione Maire, inaugurata a fine 2021, promuove la conservazione e la conoscenza del patrimonio archivistico del Gruppo Maire e accompagna la formazione dei giovani talenti e degli ingegneri umanisti di domani, in grado di contribuire alla transizione energetica e digitale del futuro. La Fondazione attraverso l’arte e la cultura realizza progetti di formazione e di contrasto alla povertà educativa con scuole, università e terzo settore.
In questo contesto nasce la partnership di “Second Life, tutto torna”, un progetto che ha visto nelle due edizioni la partecipazione di circa duecento artisti italiani, tutti sotto i trent’anni, curato dal professor Marco Meneguzzo. Le 30 opere finaliste della seconda edizione 2023, selezionate da una qualificata giuria, composta dai rappresentanti delle principali istituzioni culturali toscane, ci aiutano a riflettere sull’importanza dei nostri gesti quotidiani per il rispetto dell’ambiente e per dare una seconda vita alla materia, osservando la regola delle 4R: Riduzione, Riutilizzo, Riciclo, Recupero. Temi al centro della strategia di sostenibilità e di business dell’intero Gruppo Maire.
Una menzione speciale è stata conferita all’opera di Federico Ferroni “Decay”, realizzata su lastre di ferro che “con una solidità materica d’impatto ben rappresenta la visione globale, l’urgenza di un intervento per la sostenibilità e la valorizzazione dei materiali di recupero, così vicini all’agire della Fondazione Maire”.
Fabrizio Di Amato, Presidente della Fondazione e del Gruppo Maire, ha dichiarato: “La Fondazione e il Gruppo Maire aprono le porte di una delle sedi di Roma per accogliere e celebrare il talento delle nuove generazioni. Premiamo giovani talenti nelle discipline artistiche per la capacità che hanno di interpretare il presente e il futuro, e ci occupiamo della formazione di “ingegneri umanisti” che abbiano attenzione alla multidisciplinarietà, professionisti che sappiano guidare la transizione energetica, digitale e tecnologica, in modo efficace, economicamente sostenibile e rispettosa dell’ambiente, delle persone, della cultura”.
Cultura
Marinali (Acea): “Spazi suggestivamente illuminati, con noi la Domus Tiberiana è visibile anche di notte’

"Roma ha sempre avuto un rapporto speciale con la bellezza e la luce e Acea si fa carico di questa tradizione"
“Gli spazi sono suggestivamente illuminati tanto all’interno quanto all’esterno, così da essere visibili dalla città anche di notte, grazie alla sponsorizzazione tecnica di Acea. Roma ha sempre avuto un rapporto speciale con la bellezza e la luce: ed è in nome di questo connubio che Acea si fa carico di questa tradizione impegnandosi – fin dalla sua fondazione – nella ricerca di strumenti di valorizzazione dell’unicità artistica ed archeologica della città. Nell’illuminare monumenti e palazzi storici Acea, grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie, adotta soluzioni che garantiscono il massimo risparmio energetico e la salvaguardia dell’ambiente. L’intervento di illuminazione che consegniamo alla città riconosce nella luce uno strumento di conoscenza e comunicazione, che renderà possibile la vista di questo grandioso monumento anche di notte, contribuendo anche al mantenimento della sua integrità fisica”. Così la Presidente di Acea Barbara Marinali parla della riapertura della Domus Tiberiana, la grandiosa residenza imperiale che si affaccia sulla valle del Foro Romano illuminata grazie ad un progetto di light architecture realizzato da Areti, la società del Gruppo Acea che opera nel settore della distribuzione elettrica a Roma.
Cultura
La Domus Tiberiana sul Palatino riapre dopo quasi mezzo secolo

Il ministro Sangiuliano all'inaugurazione: "Apertura che consente anche di ricostituire la circolarità di grande pregio fra il Palatino e il Foro Romano”

Mezzo secolo dopo, riapre a Roma la Domus Tiberiana sul colle Palatino che estende il suo sguardo sui Fori Romani, Campidoglio al Colosseo. “Oggi questo parco archeologico, che ha già fatto passi da gigante negli ultimi anni, si arricchisce di una nuova entità, che è stata inibita a generazioni di visitatori – sottolinea il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, presente alla inaugurazione – questa apertura consente anche di ricostituire la circolarità di grande pregio fra il Palatino e il Foro Romano”.
Per il titolare del Mic, “dobbiamo tutti essere orgogliosi di questo monumento, all’interno di un parco archeologico del Colosseo che sta registrando numeri eccezionali, oltre a essere un punto importante della nostra geografia identitaria. Noi ci investiremo sempre più risorse, anche inserendo nuove tecnologie per accrescere la qualità dei servizi che vengono forniti ai visitatori e utilizzando al massimo la multimedialità per renderlo sempre più appetibile e fruibile”, assicura Sangiuliano.
Con l’apertura della Domus Tiberiana, viene ripristinata la circolarità dei percorsi tra il Foro Romano e il Palatino, attraverso la rampa di Domiziano e degli Horti Farnesiani: il visitatore, che entra nel palazzo percorrendo la via nota come Clivo della Vittoria, raggiungerà la grandiosa residenza privata imperiale di Tiberio, che ha dato origine al moderno significato della parola ‘palazzo’. (di Enzo Bonaiuto)
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