Sostenibilità
Sostenibilità, 2023 in crescita per Unione Italiana per...
Sostenibilità, 2023 in crescita per Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile
L'Unione si consolida con l’ingresso di otto nuovi membri, tutti determinati a promuovere l’uso esclusivo di olio di palma certificato sostenibile e deforestation-free
L’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile si consolida con l’ingresso di otto nuovi membri, tutti determinati a promuovere l’uso esclusivo di olio di palma certificato sostenibile e deforestation-free. Dopo i primi quattro nuovi aderenti arrivati nel corso del 2023 (Roundtable on Sustainable Palm Oil Rspo, Isf Malesia, Erreppi e Opram), il Consiglio Direttivo dell’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile ha infatti recentemente accolto le domande di adesione all’Unione di altri quattro importanti alleati: Vandemoortele Italia, parte del gruppo alimentare leader in Europa nei prodotti da forno surgelati, margarine, oli e grassi da cucina; Zschimmer&Schwartz Italiana, parte del gruppo omonimo tedesco, fornitore di ausiliari chimici su misura per diversi settori, quali: cosmetica, detergenza, lubrificanti, specialità industriali, vernici e rivestimenti; Imcd Italia, parte del gruppo Imcd, leader globale di mercato nella vendita, marketing e distribuzione di specialità chimiche ed ingredienti per diversi settori industriali (alimentare, cura della persona, cosmesi, detergenza, farmaceutica); Icea (Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale), consorzio no profit fondato su valori etici condivisi, che offre servizi di certificazione, di ricerca e sviluppo e di divulgazione culturale per le aziende che intendono intraprendere percorsi di sviluppo sostenibile.
“Chiudiamo il 2023 con una squadra ancora più forte con la quale affronteremo con ottimismo le sfide dell’anno che sta per iniziare - commenta il presidente dell’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile, Mauro Fontana - In una fase di incertezza, dettata dalle crisi geopolitiche, dalla instabilità dell’economia internazionale, e dalle complesse sfide della transizione ecologica, le imprese riscoprono l’importanza delle piattaforme multistakeholder e delle partnership per obiettivi”.
L'Unione ha ampliato il proprio raggio di azione non solo nell’alimentare ma anche in altri importanti settori industriali: cosmetico, mangimistico, prodotti per la persona e per la casa, lubrificanti, prodotti per l’industria. “Con soddisfazione, posso affermare che uno degli obiettivi della mia presidenza si sta progressivamente realizzando - osserva ancora Fontana - La diversificazione delle attività dei nuovi membri apporta una prospettiva più ampia alla nostra alleanza promuovendo la cultura della sostenibilità in molteplici ambiti industriali e riflette l'impegno condiviso verso la sostenibilità della filiera”.
Oggi quello di palma è l’olio vegetale più prodotto al mondo (37% del totale), seguono quelli di soia (circa 28%), colza (circa 12%), girasole (10%) (Faostat - 2023). “L’obiettivo è arrivare ad utilizzare in Italia esclusivamente di olio di palma certificato sostenibile, non solo nel food, dove abbiamo già superato la quota del 95%, ma in tutti i settori d’impiego - conferma Fontana - L’implementazione del regolamento sui prodotti a zero deforestazione (Eudr) sarà la vera grande sfida del 2024. Siamo pronti a confrontarci e collaborare con l’Autorità Competente, sperando che venga al più presto designata dal governo italiano, per supportare le imprese nell’applicazione del nuovo regolamento. Siamo consapevoli delle difficoltà che la filiera dovrà affrontare, ma siamo anche fermamente convinti che il nuovo quadro normativo europeo promosso dal Green Deal (Eudr, Csrd, Green Claims, ecc…) sarà uno stimolo per il mercato globale a rispondere virtuosamente alle esigenze della necessaria transizione ecologica e favorirà anche una sempre maggiore fiducia e consapevolezza dei consumatori rispetto all’olio di palma sostenibile”.
Negli anni la percezione dell’olio di palma sostenibile è migliorata, ma c’è ancora molto lavoro da fare per stimolare modelli di consumo e produzione responsabile. “A questo proposito mi fa molto piacere citare - conclude Fontana - il progetto 'Nutrizione sostenibile e lotta agli sprechi', realizzato nella seconda metà del 2023 dall’associazione dei consumatori Cittadinanzattiva con il supporto non condizionato dell’Unione. L’obbiettivo di questo pilota era proprio quello di aumentare la consapevolezza dei consumatori relativamente ai temi della nutrizione sostenibile, dell’importanza delle filiere certificate sostenibili e della lotta agli sprechi”.
Nel 2024 l’Unione ha in programma diverse iniziative per promuovere a tutti i livelli la conoscenza dell’olio di palma sostenibile e delle sue positive prerogative e stimolare la transizione del mercato verso la piena sostenibilità ambientale, sociale ed economica, coinvolgendo stakeholder dell’industria e della grande distribuzione, Istituzioni, Ong, società civile. L'Unione parteciperà inoltre a eventi chiave per il settore, come Marca, Sigep, Eiis Summit, Festival per lo Sviluppo Sostenibile, Cosmoprof, Sana ed Ecomondo. Il tutto con il supporto degli esperti del Comitato Tecnico Scientifico, per affrontare con il dovuto rigore scientifico le diverse tematiche legate alla filiera e continuare a diffondere il proprio messaggio chiave 'L’olio di palma sostenibile è la migliore e unica alternativa all’olio di palma'.
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Lionello (Unisalento): “Continente europeo più...
Il professore spiega le tendenze climatiche a margine del rapporto Copernicus
In Europa le temperature medie sono aumentate più che in ogni altro continente ma, pur restando allarmanti, i risultati del rapporto Copernicus sono anche la conseguenza di “tendenze intrinseche al cambiamento climatico”.
Lo spiega all’Adnkronos Piero Lionello, professore ordinario di Fisica dell’Atmosfera e Oceanografia presso l’Università del Salento e presidente del network MedCLIVAR (Mediterranean CLImate Variability).
“La considerazione più importante ed essenziale da fare – esordisce Lionello – è che i gas serra si distribuiscono in modo approssimativamente uniforme su scala globale. In pratica, le emissioni dell’Italia non interessano solo il territorio italiano, lo stesso dicasi per quelle europee e così via. Un andamento completamente diverso rispetto, per esempio, alle emissioni di aerosol che tendono ad avere una persistenza breve in atmosfera e quindi un effetto più regionale e più limitato alle zone di emissione”.
Per questo occorre interessarsi non solo alle decisioni di casa propria: “Questo andamento dimostra una volta per tutte come il problema del cambiamento climatico sia una questione globale”.
C’è poi un altro aspetto da considerare: “Durante una transizione, le alte latitudini tendono a scaldarsi di più delle zone tropicali. Allo stesso tempo, a livello superficiale, le masse continentali si scaldano di più delle masse oceaniche. Anche quando ci sono stati eventi caldi interglaciali in passato e le glaciazioni, il cambiamento climatico è stato molto più ampio in queste zone.
Si tratta di tendenze intrinseche al sistema climatico, quindi mi sorprenderei nel vedere il contrario in questa fase di riscaldamento che ha sicuramente una importante componente antropogenica”, spiega il professore che ha contribuito alla redazione del sesto rapporto Ipcc (Intergovermental Panel on Climate Change), pubblicato lo scorso anno.
L’Unione europea si sta muovendo nella direzione e alla velocità giusta o le resistenze di alcune parti politiche rischiano di compromettere il cammino green dell’Ue?
“Quello che si può osservare è una progressiva attenzione a livello normativo e tecnologico da parte dell'Unione Europea nei confronti del cambiamento climatico che ha portato effettivamente a una riduzione delle emissioni. Le emissioni negli ultimi venti, trenta anni nel complesso stanno diminuendo anche negli Stati Uniti”.
Si tratta di un miglioramento sufficiente in prospettiva?
“No. Infatti, nonostante l’impegno di Ue e Usa, le emissioni su scala globale stanno aumentando”. Ancora una volta, quindi, il passaggio cruciale sta nella consapevolezza che ci troviamo di fronte a una sfida comune: “La consapevolezza che il clima sia una questione globale è fondamentale. Il contrasto al cambiamento climatico – prosegue il professor Lionello – non può che passare attraverso strategie condivise a livello internazionale almeno dai principali emettitori che in questo momento sono l’Unione Europea, gli Stati Uniti, la Cina e l’India. Al tempo stesso però è importante essere consapevoli delle differenze tra i problemi ambientali e l’inquinamento”, sottolinea.
Dunque, se è vero che per contrastare il cambiamento climatico serve una sinergia internazionale, bisogna osservare che i singoli interventi dei Paesi sono fondamentali per i cittadini che vivono quei territori: “Da un punto di vista decisionale, è difficile che chi dà priorità al contrasto del cambiamento climatico non dia anche priorità alla lotta all’inquinamento e alla tutela degli ecosistemi. È vero che queste misure devono essere condivise a livello internazionale per contrastare l’aumento della concentrazione di gas serra in atmosfera. È anche vero, però, che le strategie e le decisioni anti inquinamento prese dalle istituzioni hanno effetti molto positivi sull’ambiente e sui servizi ecosistemici che riguardano i cittadini europei”.
Siccità, rischio desertificazione ed eventi atmosferici estremi: ci sono alcune zone dell’Italia a rischio nel prossimo futuro?
“Eviterei catastrofismi privi di fondamento scientifico. Sicuramente i dati testimoniano aumenti delle temperature medie importanti per gli ecosistemi e per l’ambiente in cui viviamo, ma non al punto da rendere inabitabili alcune zone d’Italia almeno nel medio termine. C’è una alterazione del ciclo idrologico, ma non tale da compromettere la sostenibilità delle risorse idriche, soprattutto se gestite in modo opportuno”.
Non ci sono e non ci saranno mai più le mezze stagioni?
“Tendiamo ad attribuire qualsiasi evento meteorologico al cambiamento climatico senza un'opportuna interfaccia scientifica. Spesso ci basiamo sui nostri ricordi, ma i nostri ricordi sono dei fallaci indicatori dei cambiamenti perché tendono a trascurare la variabilità e ricostruire dei paradigmi del nostro passato. Il fatto che questa interruzione della ciclicità delle stagioni venga concepita descritta ormai come ‘evidente’ non ha alcun riscontro nelle evidenze scientifiche”.
Delle prove scientifiche dell’alterazione non mancano, ma vanno trattate nella loro specificità: “Il riscaldamento è evidente; il cambiamento delle precipitazioni in alcuni territori è evidente; gli aumenti delle statistiche delle ondate di calore sono evidenti”, spiega il prof. Lionello, che aggiunge: “Anche l’alterazione del ciclo della stagionalità è evidente: l'inverno arriva un po’ dopo e finisce un po’ prima, l'estate comincia un po’ prima e finisce un po’ dopo. Ma non possiamo farne una deduzione scientifica perché abbiamo ancora pochissimi cicli stagionali su cui basare le nostre osservazioni”.
Il professore ci tiene però a sottolineare: “Molti effetti del cambiamento climatico sono evidenti e hanno natura antropogenica. Nel caso delle stagioni, la statistica è ancora insufficiente per dire che c'è un cambiamento definitivo del ciclo”.
Le variazioni nel Mediterraneo
A margine del rapporto sullo stato europeo del clima 2023 del Copernicus Climate Change Service e dell’Organizzazione meteorologica mondiale, l’appello del professore a valutare con rigore i fenomeni climatici è ancora più utile se si parla del Mediterraneo. La causa è scientifica: “Il Mediterraneo è una zona di transizione tra il clima subtropicale a sud, in gran parte del Nord Africa, e un clima oceanico umido o continentale-temperato a Nord”.
In cosa si traduce questa particolare condizione?
“Nel fatto che ogni piccolo spostamento di questa linea di transizione genera una variabilità. In particolare la variabilità della precipitazione è sempre stata una caratteristica della regione mediterranea, quindi della parte dell'Italia centro meridionale. Ci sono sempre stati lunghi periodi di scarse precipitazioni e lunghi periodi di intense precipitazioni.
Sicuramente stiamo alterando il clima rendendolo più caldo e meno piovoso su gran parte dell'Italia, le evidenze del riscaldamento ci sono tutte e da molti anni.
Le evidenze delle alterazioni dei regimi di precipitazione – conclude il professor Lionello – sono più sottili anche se cominciano a emergere e vanno nella direzione di una diminuzione delle precipitazioni su gran parte dell'Italia e di un aumento degli eventi estremi sul Nord Italia vanno in questa direzione”.
Sostenibilità
Green jobs, in Italia è divario tra domanda e offerta
Un datore di lavoro su 4 vuole assumere, ma mancano competenze
Le politiche e le pratiche di sostenibilità rappresentano un pilastro fondamentale per il futuro del nostro Paese, con un consenso quasi unanime tra datori di lavoro e lavoratori. Tuttavia, nonostante questa consapevolezza diffusa, emerge una disparità significativa quando si parla di green jobs in Italia.
Un recente studio condotto da Indeed rivela che, nonostante l'interesse diffuso, c'è ancora uno sbilanciamento tra la domanda e l'offerta di posizioni legate alla sostenibilità in Italia.
Il rapporto evidenzia che il 25% dei datori di lavoro prevede di aprire nuove posizioni nel settore della sostenibilità e degli ESG entro il 2024. Tuttavia, assumere personale qualificato per queste posizioni rimane una sfida significativa. Le difficoltà sono molteplici: dal budget limitato (seguito dal 28% dei datori di lavoro) alla mancanza di candidati con le giuste competenze (problema citato dal 27%).
Dall'altra parte, anche tra i lavoratori persistono incertezze riguardo alle opportunità di carriera legate alla sostenibilità. Alcuni si sentono impreparati (32%) o ritengono di non possedere le competenze necessarie (30%). Altri, invece, non riescono a visualizzare chiaramente i vantaggi di intraprendere una carriera in questo settore (20%) o temono che i salari offerti non siano adeguati (14%).
Mismatch domanda-offerta
Il panorama dell'occupazione nel settore della sostenibilità sta vivendo una crescita significativa, ma è anche caratterizzato da sfide e disallineamenti che richiedono attenzione. Secondo i recenti dati di Indeed, il numero di annunci di lavoro nel settore della sostenibilità online è quasi raddoppiato in cinque anni, evidenziando un aumento del 93% dal febbraio 2019.
Tuttavia, nonostante questa crescita, la domanda per queste posizioni è leggermente diminuita, con un calo del 7% nelle ricerche per tali ruoli nello stesso periodo. Questo può essere attribuito a percezioni di salari più bassi, barriere di reclutamento e lacune nelle competenze da parte dei cercatori di lavoro.
Un dato significativo è che il 72% dei datori di lavoro intervistati ha attualmente un dipartimento o un responsabile dedicato alla sostenibilità o alla Governance Sociale Ambientale (ESG) nella propria organizzazione e vedono nei lavori legati alla sostenibilità un'opportunità per contribuire alla transizione verde (39%), soddisfare i requisiti ESG (36%) e attrarre investitori (31%).
Tuttavia, nonostante questi benefici, esiste ancora un'ampia disparità tra la domanda e l'offerta di competenze nel settore.
Tra i lavoratori, persistono incertezze riguardo alla considerazione di carriere legate alla sostenibilità. Molti si sentono impreparati e non vedono chiaramente i vantaggi di intraprendere un percorso professionale in questo settore.
Tuttavia, non tutto è perduto. Il desiderio di migliorare la propria carriera (46%) e l'aumento di stipendio (30%) rappresentano spinte significative per coloro che sono disposti a intraprendere percorsi di reskilling. Inoltre, quasi la metà dei datori di lavoro (il 48%) ritiene che maggiori incentivi governativi per l'assunzione di personale dedicato potrebbero contribuire a risolvere le sfide attuali.
Allo stesso modo, la possibilità di contare su percorsi di formazione istituzionali (33%) potrebbe essere una risorsa preziosa per colmare il gap tra la domanda e l'offerta di competenze nel settore della sostenibilità.
Sostenibilità
Il futuro verde e inclusivo di Avezzano
Il progetto "Green & Social HUB" offre opportunità di lavoro e sostenibilità a giovani e comunità
Avezzano, un piccolo angolo d'Abruzzo in provincia dell’Aquila, si prepara a fare un grande passo verso un futuro più verde e inclusivo grazie al sostegno finanziario dell'Unione Europea. Con quasi 70 mila euro di finanziamenti destinati al progetto "Green & Social HUB", il Comune apre le porte ai giovani in cerca di lavoro, promuovendo al contempo politiche di sostenibilità e inclusione sociale.
Green & Social HUB
Il progetto, ideato in collaborazione con ALI (Autonomie Locali Italiane) e la Rete nazionale dei Comuni Sostenibili, mira a combattere le diseguaglianze sociali, specialmente nell'ambito della transizione verde e digitale. Questo obiettivo si traduce in politiche locali mirate a ridurre le disparità economiche, energetiche ed educative, aprendo nuove opportunità per i giovani NEET, coloro che non sono né occupati né inseriti in un percorso formativo.
Avezzano si distingue come una delle tre sole municipalità italiane selezionate (insieme a Bassiano, in provincia di Latina, e Crispiano, in provincia di Taranto) per l'implementazione pratica del progetto, finanziato con il Fondo sociale 2021-27 dell'UE. Il cuore del progetto è l'apertura di un "hub" dedicato, sia fisico che virtuale, che offrirà servizi di consulenza per i cittadini in povertà energetica e di informazione per le imprese e le organizzazioni locali. Dodici giovani inoccupati avranno l'opportunità di essere selezionati e preparati per lavorare presso questo hub, guadagnando competenze nel settore energetico e aprendo le porte a una possibile inclusione nel mercato del lavoro.
Il coinvolgimento di otto partner, tra cui ALI, Leganet Srl, Studio COME e Federconsumatori Lazio, testimonia l'ampiezza e l'importanza del progetto su scala nazionale.
Con la pubblicazione dell'avviso sul sito del Comune, si apre ufficialmente la finestra per la presentazione delle domande, dando ai giovani interessati l'opportunità di unirsi a questa iniziativa. Fino al 7 maggio, i futuri lavoratori dell'hub potranno rispondere all'appello, pronti a diventare attori chiave nella promozione della sostenibilità e dell'inclusione sociale nella loro comunità.