Esteri
Ucraina, Zelensky: “Ringrazio Meloni ma un Paese solo...
Ucraina, Zelensky: “Ringrazio Meloni ma un Paese solo non può sostenerci contro la Russia”
Il presidente a Bruno Vespa: "Putin vuole tutta l'Ucraina"
Volodymir Zelensky ringrazia la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ma precisa che "non può un solo Paese aiutare e sostenere l'Ucraina contro l'aggressione russa". "Sono importanti gli aiuti di Meloni, Sunak, Macron, Scholz, Biden, del G7, per difendere il diritto internazionale, il rispetto dei diritti umani", aggiunge il presidente ucraino, in una intervista a Bruno Vespa a '5 minuti' in onda stasera. "Se l'Ucraina cade, la Russia attaccherà i Paesi Nato. E se ne attacca anche solo uno, tutti dovranno pagare un prezzo molto alto, inviare militari".
Summit di pace in Svizzera
Il leader ucraino ribadisce poi l'intenzione di Kiev di organizzare un primo summit per la pace in Ucraina in Svizzera. La data sarà scelta in modo da consentire la partecipazione della maggioranza dei Paesi del mondo, spiega Zelensky. "Noi vogliamo la pace, ma con garanzie di una pace stabile e giusta", ha aggiunto.
"Una tregua servirebbe a rafforzare Putin"
No invece a una tregua in Ucraina. Servirebbe solo a rafforzare Putin, come dopo il 2014, afferma Zelensky. "Un conflitto congelato, come lo sarebbe il nostro dopo una pausa nei combattimenti, sarebbe un grande problema per l'Ucraina e anche per tutta l'Europa. Noi lo abbiamo già vissuto, dopo l'occupazione della Crimea e il conflitto nelle regioni di Donetsk e Luhansk. E' una situazione simile a quella che propongono alcuni leader e media. Non sarebbe una vera pausa, ma una pausa in favore di Putin, che servirebbe a lui per rafforzarsi, approvvigionarsi" dall'Iran e dalla Corea del Nord, reclutare altri militari. "Sarebbe proprio come dopo il 2014, quando il conflitto congelato ha concesso a Putin di rafforzarsi e lanciare una guerra su larga scala".
"Il suo scopo non solo alcuni territori dell'Ucraina, ma l'intera Ucraina. Lui vuole distruggere tutto il Paese a annetterlo alla Russia, con la violenza o con strumenti politici come ha fatto in Bielorussia, dove controlla tutto, anche la polizia e i militari", sottolinea Zelensky.
Elezioni a fine guerra
Quanto al voto in Ucraina, "per poter svolgere elezioni in periodo di guerra - spiega Zelensky - dovremmo cambiare la legge, che non lo prevede. Bisogna rispettare i militari nelle trincee che devono avere il diritto di votare e porsi il problema di come voteranno i 7 milioni di ucraini all'estero".
L'Ucraina ha bisogno di armi. I missili a lunga gittata tedeschi Taurus? "Abbiamo promesso di non usarli contro qualsiasi zona, a parte i territori ucraini occupati", dice. "Potremmo anche non usarle poi, come è accaduto nel Mar Nero. Quando i russi hanno visto che perdevano le loro navi, si sono ritirati nelle acque territoriali russe. Se hai armi adeguate, potremmo rispondere alle forze russe che usano armi a lunga gittata contro le città, come per esempio Kherson. Loro sparano 20 chilometri iin più rispetto alla nostra artiglieria, con armi a lunga gittata potremmo allontanarci. E loro avrebbero paura. Se avessimo armi corrispondenti a quelle russe, le sorti della guerra potrebbero cambiare, noi potremmo avanzare".
Esteri
Russia, la nuova era di Putin: lo zar punta tutto sulla...
Quali saranno i nuovi passi del presidente? Le sfide e gli obiettivi dopo la quinta rielezione secondo il Moscow Times
E ora? La rielezione di Vladimir Putin alla guida della Russia non è mai stata in dubbio. Ma una volta svanita la fanfara del plebiscito organizzato, ci si chiede quali saranno i suoi nuovi passi. Fonti del Cremlino, citate da Moscow Times, raccontano di un Putin deciso a consolidare la sua eredità storica e quella di un regime la cui natura si sta trasformando con "la guerra che sta diventando la sua ragion d'essere".
Un altro obiettivo, nota la fonte, sarà assicurare la sicurezza personale del leader e la sua famiglia. Una esigenza che si adatta anche alla definizione della nuova ideologia di stato incentrata attorno al concetto della famiglia, in un'accezione conservatrice e gerarchica. "La famiglia si combina con il concetto di famiglia criminale- nota la fonte, sottolineando l'aspetto mafioso del regime -, questa è una immagine molto chiara della fazione che governa la Russia. Significa che c'è un arbitro supremo che dispensa titoli e beni. L'intera macchina politica russa funziona così".
Tuttavia, se è stato relativamente facile organizzare un plebiscito, il consolidamento del regime non è esente da sfide impegnative. La logica della guerra presuppone che il pubblico venga mobilitato per un sostegno attivo. Ma "un tentativo di controllare e di interferire nelle vite private delle persone, cosa che il regime finora non ha fatto, potrebbe incontrare una resistenza di massa e richiedere maggiore violenza per reprimerla", nota una fonte.
Inoltre Putin dovrà garantirsi la lealtà di una nuove coorte di imprenditori che gli sono debitori, in un processo già iniziato ma non privo di rischi. Ed infine, nota una fonte vicino al governo, vi sono le incognite economiche. Dietro la fanfara dei successi dell'economia di guerra, vi sono i rischi del surriscaldamento dell'economia e della scarsità di forza lavoro. "Ma anche con tutti questi problemi, il regime di Putin potrebbe sopravvivere in una condizione di degrado per altri 30 anni", afferma la fonte, sottolineando che il leader del Cremlino non smetterà di "assegnare risorse alla guerra".
Esteri
Russia, i prossimi 6 anni con Putin presidente: 5 scenari...
Le ipotesi sul destino del Paese. Lo scenario meno probabile? La rivolta democratica
La vittoria di Vladimir Putin non è mai stata in dubbio, dato il contesto in cui si sono svolte le elezioni. Ma non così il futuro della Russia nei prossimi sei anni di mandato. Il sito Politico traccia cinque scenari possibili entro il 2030, da quello meno probabile di un ampio movimento per la democrazia a quello di una lunga vita del regime. Ma anche questo viene dato solo al 45-50% di possibilità, perché la guerra in Ucraina ha portato a una situazione interna più instabile: dalla scorsa estate abbiamo assistito alla fallita rivolta del capo della Wagner, Yevgeny Perigozin, a proteste in luoghi remoti come il Bashkortostan o le sollevazioni antisemite nella repubblica russa del Daghestan, con le forze di sicurezza prese di sorpresa. Per questo, l'Occidente farebbe bene a prepararsi a diverse possibilità.
Scenario 1, la democrazia
Fiorisce la democrazia (probabilità 5-10%). Come ha dimostrato la caduta del comunismo in Europa orientale nel 1989, i regimi totalitari possono crollare rapidamente davanti a movimenti democratici. La morte di Alexei Navalny, trasformato in un martire, può creare slancio, combinato con altre proteste, come quella delle mogli dei soldati mandati a combattere in Ucraina. Ma senza Navalny la Russia perde una figura carismatica come Nelson Mandela in Sudafrica e Vaclav Havel in Cecoslovacchia, mentre la maggioranza dei russi continuano a sostenere "passivamente se non attivamente" la "disastrosa guerra" in Ucraina.
Secondo Politico, tale scenario potrebbe essere propiziato da una vittoria dell'Ucraina. In questo caso l'Occidente dovrebbe evitare troppi entusiasmi, non riporre tutte le speranze in un solo leader, sollevare le sanzioni solo in cambio di riforme. E intanto coltivare i rapporti con ex repubbliche sovietiche come Moldova e Armenia.
Scenario 2, la disintegrazione della Russia
Disintegrazione della Russia (10-15% probabilità). Di fronte ad una guerra devastante in Ucraina, con centinaia di migliaia di morti insensate al fronte, la gente potrebbe rivoltarsi in massa e rovesciare il regime. Lo stato centrale potrebbe allora disgregarsi lungo linee etniche, sprofondando nel caos e la violenza, come già successe nella guerra civile seguita al crollo dell'impero zarista. Senza dimenticare la disgregazione dell'Urss.
Dopo tutto la Russia è un conglomerato di 21 repubbliche. E la scintilla potrebbe scoppiare in Cecenia, magari con la morte del già malato leader Ramzan Khadirov, fra i Tatari, i Sakha siberiani, fra le minoranze etniche di aree remote con un alto tasso di morti in guerra, maggiore di quello dei cittadini di etnia russa.
Per ora il regime di Putin mantiene il controllo, ma per quanto poco probabile, tale scenario non può essere completamente escluso e l'Occidente dovrebbe mantenersi flessibile a riguardo, puntando anche su chi in Russia può salvaguardare l'arsenale nucleare.
Scenario 3, la sollevazione nazionalista
Sollevazione nazionalista (15-20% di probabilità). Prigozhin è stato fatto fuori, ma tutti gli ingredienti che hanno alimentato la sua fallita marcia su Mosca sono ancora presenti: frustrazione per i pasticci della guerra in Ucraina, gli uomini e i mezzi militari persi nel pantano del conflitto, l'ineguaglianza sociale che rafforza il populismo. Tuttavia, secondo Politico, è difficile trovare un altro personaggio come Prigozhin, dotato di una sua forza privata. Inoltre Putin vira sempre più verso un nazionalismo "fascista" e "sarà difficile scavalcarlo a destra". Se un leader nazionalista dovesse riuscire a sostituire Putin, l'Occidente dovrebbe rafforzare le sanzioni e i rapporti di sicurezza con i paesi vicini alla Russia, Ucraina in primis, mettendo in opera una politica di contenimento.
Scenario 4, il reset tecnocratico
Reset tecnocratico (20-25% di probabilità). Ciò potrebbe accadere con la morte di Putin. Oppure se un gruppo di alti funzionari, di fronte alle conseguenze economiche della guerra in Ucraina, o la forte crescita del numero di perdite militari, riuscisse a destituire Putin, come accadde nel 1964 con Nikita Kruscev. Il nuovo governo non sarebbe per forza democratico, ma formato da tecnocratici educati in Occidente pronti a tornare allo "status quo ante bellum".
Potrebbero essere liberati prigionieri politici, magari anche restituite all'Ucraina le aree occupate nel Donbass (ma non la Crimea). Putin per ora mantiene saldo il controllo sul governo, ma se ciò dovesse accadere l'Occidente dovrebbe essere molto prudente, ricordando le illusioni di altri "reset" del passato. Naturalmente le riforme in senso democratico andrebbero incoraggiate con il sollevamento di sanzioni, ma sempre tenendo conto che ogni miglioramento potrebbe essere solo temporaneo.
Scenario 5, lunga vita a Putin
Lunga vita a Putin (45-50% di probabilità). Al momento sembra l'ipotesi più probabile: con la morte di Navalny l'opposizione è nel caos, l'economia ha retto alle sanzioni e il peggio della guerra in Ucraina potrebbe essere alle spalle, specie se gli Stati Uniti rimarranno reticenti ad armare Kiev.
Il 72enne Putin potrebbe dunque reggere fino al 2030 e magari anche oltre. Ma anche se Putin mantiene un saldo controllo del potere, "l'economia sta chiaramente volgendo a stagnazione e inflazione crescente. Intanto in Ucraina, i passi falsi di Putin hanno portato ad uno sconvolgente numero di perdite. Ciascuno di questi fatti basterebbe a minacciare un leader, non importa quanto autoritario".
L'Occidente, conclude Politico, deve aumentare in ogni modo la pressione sul regime di Putin. Rafforzare le sanzioni, anche contro chi, come gi Emirati Arabi Uniti, aiuta Mosca ad aggirarle. Rendere più efficaci il tetto ai prezzi del petrolio e confiscare i beni congelati della Banca centrale russa. Incoraggiare sviluppi democratici e rafforzare la partnership con i paesi alla periferia russa. Ma prima di tutto bisogna essere consapevoli che, "finché Putin è al potere la guerra non provocata in Ucraina continuerà, con la minaccia di un più ampio conflitto". L'Occidente "dovrebbe usare ogni strumento possibile per costringere i russi, sia al Cremlino che nel popolo, a capire quanto loro, e noi, staremmo meglio se Putin non fosse più al potere".
Esteri
Gaza, Biden contro attacco Israele a Rafah: “Un...
Il primo ministro israeliano Netanyahu ha accettato di inviare un team a Washington per discutere sulla questione
Attaccare Rafah per Biden sarebbe "un errore" che porterebbe "più caos a Gaza". E' quanto ha detto il consigliere per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, parlando della telefonata tra Biden e Netanyahu. Il primo ministro israeliano ha accettato l'invito del presidente Usa di ospitare "un team" da Gerusalemme a Washington con cui dialogare sulla questione. "Joe Biden ha rigettato l'idea che sollevare dubbi sull'operazione a Rafah vuol dire sollevare dubbi sull'obiettivo della sconfitta di Hamas" ha riferito Sullivan. E nella telefonata, che ha avuto un tono "di colloquio di lavoro", Biden ha insistito sul fatto che ci sono "modi alternativi" per ottenere gli stessi obiettivi e questi verranno presentati alla delegazione israeliana.
"Israele deve fare di più per gli aiuti umanitari a Gaza"
"Israele ha la responsabilità di facilitare l'arrivo di aiuti a Gaza e può fare di più" ha detto ancora il consigliere per la Sicurezza Nazionale, Jake Sullivan. "E' una priorità urgente", ha aggiunto sottolineando che bisogna "inondare" di aiuti Gaza con tutti i mezzi e risolvere "le difficoltà" che si presentano "per portare gli aiuti dentro Gaza".
"Ucciso il numero tre di Hamas, Marwan Issa: lo confermiamo"
"Il numero tre di Hamas, Marwan Issa, è stato ucciso in un'operazione israeliana la scorsa settimana, il resto dei leader si nascondono, probabilmente nel profondo della rete di tunnel di Hamas, e la giustizia arriverà anche per loro" ha detto il consigliere per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca. "Israele ha compiuto progressi significativi contro Hamas: ha distrutto un numero significativo di battaglioni e ucciso migliaia di combattenti, compresi alcuni comandanti".