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Ucraina, Zelensky e la ‘mossa disperata’:...

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Ucraina, Zelensky e la ‘mossa disperata’: perché il generale Syrsky non basta

Pochi soldati, mancano i ricambi. I comandanti ucraini: "Unità esauste. Cruciale avere nuove reclute altrimenti fronte si spezzerà"

Militari feriti (Afp)

Dopo 2 anni di guerra contro la Russia, l'Ucraina deve fare i conti con la crisi delle proprie forze armate. L'avvicendamento ai vertici, con la nomina del generale Oleksandr Syrsky al posto del generale Valerii Zaluzhny, è la mossa con cui il presidente Volodymyr Zelensky cerca una svolta in un momento complesso del conflitto.

Kiev - ancora in attesa delle armi Usa bloccate dal braccio di ferro al Senato a Washington - sta fronteggiando una critica mancanza di forze di fanteria, con i militari al fronte sempre più esausti e demotivati. E' questo che il quadro che, a quasi due anni dall'inizio della guerra il 24 febbraio 2022, decine di militari e comandanti descrivono al Washington Post, sottolineando come la mancanza di forze fresche costituisce il problema più critico ora che la Russia ha ripreso l'iniziativa dell'offensiva sul campo e alzando il tiro dei suoi attacchi.

Non è chiaro come la decisione, tutta politica, di Volodymyr Zelensky di licenziare Zaluzhny e lanciare Syrsky possa migliorare gli equilibri sul campo di battaglia, si chiede il Guardian. Prima dell'inizio del braccio di ferro tra Zelensky e il Zaluzhny, la cui popolarità veniva considerata una minaccia politica dal presidente che del resto aveva perso fiducia in lui dopo il fallimento della controffensiva estiva, il generale aveva detto chiaramente che il Paese aveva bisogno di mezzo milione di nuovi militari.

Un numero che però era stato contestato in privato ed in pubblico da Zelensky, che aveva detto di aver bisogno che la leadership militare giustificasse maggiormente questo enorme numero di reclute. Senza contare che il governo ucraino, poi, non saprebbe come pagare queste reclute, dal momento che gli aiuti finanziari dell'Occidente non possono essere usati direttamente per pagare i salari dei militari, mentre il budget di Kiev è già in crisi, con i 60 miliardi di dollari degli Usa bloccati ormai da mesi dai repubblicani al Congresso e i 54 milioni di euro della Ue che sono stati approvati solo la scorsa settimana, dopo settimane di ritardi provocati da Viktor Orban.

La rabbia tra i militari

Nelle interviste condotte sul fronte, il Post ha registrato rabbia tra comandanti e soldati semplici sulla questione della mobilitazione. "La base di tutto è la mancanza di militari. Dove stiamo andando? Non lo so, non c'e' una prospettiva positiva, assolutamente nulla. Finirà con un sacco di morti, un fallimento globale", ha affermato Oleksandr, un comandante di battaglione, dicendo che in media le unità hanno solo 35% delle forze che dovrebbero avere a regime.

Negli ultimi cinque mesi - racconta ancora Oleksandr - sono arrivate solo cinque nuove reclute, che in più sono scarsamente addestrate, ponendo così lui e gli altri comandanti il dilemma se mandarle subito sul campo di battaglia, dove i rinforzi sono così necessari, anche a rischio che vengano subito uccise o ferite a causa della loro impreparazione.

"Dobbiamo essere sostituiti da qualcuno, se qualcuno non le sostituisce, il morale della truppe scenderà ancora, si ammaleranno, verranno loro i geloni", continua Oleksandr facendo riferimento al fatto che con le condizioni proibitive invernali, le unità di fanteria dovrebbero ruotare ogni tre giorni. Ma con la mancanza di personale, i periodi al fronte si allungano - arrivano fino a 5, anche 10 giorni, spiega un altro comandante, Serhiy - e così cresce la stanchezza fisica e mentale dei militari, e creando maggiori possibilità per la Russia di spezzare il fronte.

"Molto probabilmente, credo, che il fronte collasserà da qualche parte come ha fatto nel 2022 per il nemico nella regione di Kharkiv", conclude il comandante ricordando come nell'autunno del 2022 gli ucraini sfruttarono i punti deboli del fronte russo, dove scarseggiavano forze, e riuscirono a liberare gran parte della regione nord orientale.

Nelle interviste condotte sul fronte, il Post ha registrato rabbia tra comandanti e soldati semplici sulla questione della mobilitazione. "La base di tutto è la mancanza di militari. Dove stiamo andando? Non lo so, non c'e' una prospettiva positiva, assolutamente nulla. Finirà con un sacco di morti, un fallimento globale", ha affermato Oleksandr, un comandante di battaglione, dicendo che in media le unità hanno solo 35% delle forze che dovrebbero avere a regime.

La legge per abbassare l'età della leva

Il Parlamento sta lavorando ad una legge per abbassare l'età della leva da 27 a 25 anni, ma i deputati sono consci del fatto che non si sta facendo un buon lavoro nello spiegare perché è necessario mandare più persone al fronte. Anzi, con Zelensky - che lo scorso agosto ha licenziato tutti i capi degli uffici regionali di reclutamento accusandoli di corruzione - e Zaluzhny che si sono contraddetti in pubblico mostrando uno scontro interno sulla questione, il messaggio è stato ancora più confuso. "Perché nessuno si arruola nell'esercito? - si domanda il comandante Oleksandr - Perché il Paese non ha detto alla gente che deve andare nell'esercito, non ha spiegato loro che si deve andare, quelli che sapevano che dovevano andare, ormai sono finiti".

Anche perché c'è la cruda verità della guerra. "Abbiamo un problema diretto di personale, perché questa è una guerra ed è la fanteria di difesa a morire", spiega Mykyta, vice comandante di un battaglione di fanteria, aggiungendo che la situazione è la stessa in tutte le unità che devono fare i conti anche con una diminuzione di munizioni ed armi a disposizione, con le consegne rallentate dalle difficoltà europee di produrre sufficienti bombe per coprire le esigenze di Kiev e gli aiuti militari Usa bloccati a Washington.

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Esteri

Russia, i prossimi 6 anni con Putin presidente: 5 scenari...

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Le ipotesi sul destino del Paese. Lo scenario meno probabile? La rivolta democratica

Manifestazione per la vittoria di Putin dopo le elezioni in Russia - Afp

La vittoria di Vladimir Putin non è mai stata in dubbio, dato il contesto in cui si sono svolte le elezioni. Ma non così il futuro della Russia nei prossimi sei anni di mandato. Il sito Politico traccia cinque scenari possibili entro il 2030, da quello meno probabile di un ampio movimento per la democrazia a quello di una lunga vita del regime. Ma anche questo viene dato solo al 45-50% di possibilità, perché la guerra in Ucraina ha portato a una situazione interna più instabile: dalla scorsa estate abbiamo assistito alla fallita rivolta del capo della Wagner, Yevgeny Perigozin, a proteste in luoghi remoti come il Bashkortostan o le sollevazioni antisemite nella repubblica russa del Daghestan, con le forze di sicurezza prese di sorpresa. Per questo, l'Occidente farebbe bene a prepararsi a diverse possibilità.

Scenario 1, la democrazia

Fiorisce la democrazia (probabilità 5-10%). Come ha dimostrato la caduta del comunismo in Europa orientale nel 1989, i regimi totalitari possono crollare rapidamente davanti a movimenti democratici. La morte di Alexei Navalny, trasformato in un martire, può creare slancio, combinato con altre proteste, come quella delle mogli dei soldati mandati a combattere in Ucraina. Ma senza Navalny la Russia perde una figura carismatica come Nelson Mandela in Sudafrica e Vaclav Havel in Cecoslovacchia, mentre la maggioranza dei russi continuano a sostenere "passivamente se non attivamente" la "disastrosa guerra" in Ucraina.

Secondo Politico, tale scenario potrebbe essere propiziato da una vittoria dell'Ucraina. In questo caso l'Occidente dovrebbe evitare troppi entusiasmi, non riporre tutte le speranze in un solo leader, sollevare le sanzioni solo in cambio di riforme. E intanto coltivare i rapporti con ex repubbliche sovietiche come Moldova e Armenia.

Scenario 2, la disintegrazione della Russia

Disintegrazione della Russia (10-15% probabilità). Di fronte ad una guerra devastante in Ucraina, con centinaia di migliaia di morti insensate al fronte, la gente potrebbe rivoltarsi in massa e rovesciare il regime. Lo stato centrale potrebbe allora disgregarsi lungo linee etniche, sprofondando nel caos e la violenza, come già successe nella guerra civile seguita al crollo dell'impero zarista. Senza dimenticare la disgregazione dell'Urss.

Dopo tutto la Russia è un conglomerato di 21 repubbliche. E la scintilla potrebbe scoppiare in Cecenia, magari con la morte del già malato leader Ramzan Khadirov, fra i Tatari, i Sakha siberiani, fra le minoranze etniche di aree remote con un alto tasso di morti in guerra, maggiore di quello dei cittadini di etnia russa.

Per ora il regime di Putin mantiene il controllo, ma per quanto poco probabile, tale scenario non può essere completamente escluso e l'Occidente dovrebbe mantenersi flessibile a riguardo, puntando anche su chi in Russia può salvaguardare l'arsenale nucleare.

Scenario 3, la sollevazione nazionalista

Sollevazione nazionalista (15-20% di probabilità). Prigozhin è stato fatto fuori, ma tutti gli ingredienti che hanno alimentato la sua fallita marcia su Mosca sono ancora presenti: frustrazione per i pasticci della guerra in Ucraina, gli uomini e i mezzi militari persi nel pantano del conflitto, l'ineguaglianza sociale che rafforza il populismo. Tuttavia, secondo Politico, è difficile trovare un altro personaggio come Prigozhin, dotato di una sua forza privata. Inoltre Putin vira sempre più verso un nazionalismo "fascista" e "sarà difficile scavalcarlo a destra". Se un leader nazionalista dovesse riuscire a sostituire Putin, l'Occidente dovrebbe rafforzare le sanzioni e i rapporti di sicurezza con i paesi vicini alla Russia, Ucraina in primis, mettendo in opera una politica di contenimento.

Scenario 4, il reset tecnocratico

Reset tecnocratico (20-25% di probabilità). Ciò potrebbe accadere con la morte di Putin. Oppure se un gruppo di alti funzionari, di fronte alle conseguenze economiche della guerra in Ucraina, o la forte crescita del numero di perdite militari, riuscisse a destituire Putin, come accadde nel 1964 con Nikita Kruscev. Il nuovo governo non sarebbe per forza democratico, ma formato da tecnocratici educati in Occidente pronti a tornare allo "status quo ante bellum".

Potrebbero essere liberati prigionieri politici, magari anche restituite all'Ucraina le aree occupate nel Donbass (ma non la Crimea). Putin per ora mantiene saldo il controllo sul governo, ma se ciò dovesse accadere l'Occidente dovrebbe essere molto prudente, ricordando le illusioni di altri "reset" del passato. Naturalmente le riforme in senso democratico andrebbero incoraggiate con il sollevamento di sanzioni, ma sempre tenendo conto che ogni miglioramento potrebbe essere solo temporaneo.

Scenario 5, lunga vita a Putin

Lunga vita a Putin (45-50% di probabilità). Al momento sembra l'ipotesi più probabile: con la morte di Navalny l'opposizione è nel caos, l'economia ha retto alle sanzioni e il peggio della guerra in Ucraina potrebbe essere alle spalle, specie se gli Stati Uniti rimarranno reticenti ad armare Kiev.

Il 72enne Putin potrebbe dunque reggere fino al 2030 e magari anche oltre. Ma anche se Putin mantiene un saldo controllo del potere, "l'economia sta chiaramente volgendo a stagnazione e inflazione crescente. Intanto in Ucraina, i passi falsi di Putin hanno portato ad uno sconvolgente numero di perdite. Ciascuno di questi fatti basterebbe a minacciare un leader, non importa quanto autoritario".

L'Occidente, conclude Politico, deve aumentare in ogni modo la pressione sul regime di Putin. Rafforzare le sanzioni, anche contro chi, come gi Emirati Arabi Uniti, aiuta Mosca ad aggirarle. Rendere più efficaci il tetto ai prezzi del petrolio e confiscare i beni congelati della Banca centrale russa. Incoraggiare sviluppi democratici e rafforzare la partnership con i paesi alla periferia russa. Ma prima di tutto bisogna essere consapevoli che, "finché Putin è al potere la guerra non provocata in Ucraina continuerà, con la minaccia di un più ampio conflitto". L'Occidente "dovrebbe usare ogni strumento possibile per costringere i russi, sia al Cremlino che nel popolo, a capire quanto loro, e noi, staremmo meglio se Putin non fosse più al potere".

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Esteri

Gaza, Biden contro attacco Israele a Rafah: “Un...

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Il primo ministro israeliano Netanyahu ha accettato di inviare un team a Washington per discutere sulla questione

Fuga dei civili a Gaza (Afp)

Attaccare Rafah per Biden sarebbe "un errore" che porterebbe "più caos a Gaza". E' quanto ha detto il consigliere per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, parlando della telefonata tra Biden e Netanyahu. Il primo ministro israeliano ha accettato l'invito del presidente Usa di ospitare "un team" da Gerusalemme a Washington con cui dialogare sulla questione. "Joe Biden ha rigettato l'idea che sollevare dubbi sull'operazione a Rafah vuol dire sollevare dubbi sull'obiettivo della sconfitta di Hamas" ha riferito Sullivan. E nella telefonata, che ha avuto un tono "di colloquio di lavoro", Biden ha insistito sul fatto che ci sono "modi alternativi" per ottenere gli stessi obiettivi e questi verranno presentati alla delegazione israeliana.

"Israele deve fare di più per gli aiuti umanitari a Gaza"

"Israele ha la responsabilità di facilitare l'arrivo di aiuti a Gaza e può fare di più" ha detto ancora il consigliere per la Sicurezza Nazionale, Jake Sullivan. "E' una priorità urgente", ha aggiunto sottolineando che bisogna "inondare" di aiuti Gaza con tutti i mezzi e risolvere "le difficoltà" che si presentano "per portare gli aiuti dentro Gaza".

"Ucciso il numero tre di Hamas, Marwan Issa: lo confermiamo"

"Il numero tre di Hamas, Marwan Issa, è stato ucciso in un'operazione israeliana la scorsa settimana, il resto dei leader si nascondono, probabilmente nel profondo della rete di tunnel di Hamas, e la giustizia arriverà anche per loro" ha detto il consigliere per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca. "Israele ha compiuto progressi significativi contro Hamas: ha distrutto un numero significativo di battaglioni e ucciso migliaia di combattenti, compresi alcuni comandanti".

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“Re Carlo III è morto”: la fake news dilaga...

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Corto circuito per una notizia senza fondamento, deve intervenire la Tass

Re Carlo III

"Re Carlo III è morto". La news arriva dalla Russia e dilaga prima di rivelarsi falsa. Ad innescare il corto circuito sulla sorte del sovrano, che ha 75 anni ed è in cura per un cancro, è il profilo Telegram di Vedomosti, una delle testate finanziarie più attendibili. Lo 'scoop' inventato fa rumore, in un momento in cui la famiglia reale è alle prese con le condizioni 'misteriosi' della principessa Kate.

Vedomosti accende la miccia con un post in cui la foto di Carlo in alta uniforme è abbinata a una didascalia inequivocabile: "Il re britannico Carlo III è morto". La notizia si diffonde, rilanciata di canale in canale, compreso il megafono Readovka, un profilo pro-Cremlino e pro-Putin con oltre 2,3 milioni di iscritti.

E pazienza se nel frattempo non arriva nessun annuncio da Buckingham Palace e se la Bbc non diffonde news sul decesso del sovrano. Readovka tira dritto è pubblica un'immagine relativa ad un "annuncio fatto dalle comunicazioni reali. Il re è deceduto in maniera improvvisa ieri pomeriggio". La comunicazione ricorda quella 'vera' che ha annunciato al mondo la scomparsa della regina Elisabetta: insomma, un fake attendibile, almeno per l'utenza russa. La notizia arriva in Ucraina, quindi in Tagikistan. I primi dubbi si insinuano, in Russia il sito di Gazeta.ru nota - con un pizzico di sospetto - che "non si dice nulla sui media britannici e con ogni probabilità l'informazione è falsa". Tocca all'agenzia Tass, dopo qualche ora, fermare la giostra di bugie: "Re Carlo III continua a occuparsi dei suoi affari ufficiali e partecipare a impegni privati".

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