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Sei mesi di guerra contro Hamas, Israele “senza exit strategy né piani per il futuro”

L'analisi della Cnn: per Netanyahu obiettivi impossibili e nessuna strategia per il futuro di Gaza

Benjamin Netanyahu - Fotogramma /Ipa

A sei mesi dall'inizio della guerra a Gaza "la pazienza degli alleati di Israele si sta esaurendo. Mentre il bilancio delle vittime nell’enclave continua a salire, diventa sempre più chiaro che Israele non ha un piano realizzabile su come porre fine alla guerra o su cosa verrà dopo". Inizia così l'analisi di Ivana Kottasova, che per la Cnn traccia il bilancio della strategia dello Stato Ebraico dal 7 ottobre ad oggi. Una strategia che sembra essere poco efficace, tra obiettivi mai raggiunti e il rifiuto di Netanyahu a cambiare rotta.

L'isolamento, le pressioni internazionali, gli obiettivi falliti

La determinazione nel continuare a perseguire Hamas a Gaza nonostante le orribili conseguenze umanitarie, si legge ancora, sta lasciando Israele "sempre più isolato sulla scena globale", con il suo governo che deve far fronte a pressioni da tutte le parti. "Molteplici organizzazioni internazionali hanno avvertito che Israele potrebbe commettere un genocidio e anche i più stretti alleati del paese stanno ora criticando apertamente il primo ministro Benjamin Netanyahu. Negli Stati Uniti e nel Regno Unito crescono le richieste di fermare le spedizioni di armi verso Israele. Allo stesso tempo, Netanyahu e il suo governo sono sottoposti a crescenti pressioni in patria, con i manifestanti tornati in strada in gran numero per chiedere le sue dimissioni", spiega Kottasova.

Israele ha lanciato la guerra subito dopo i mortali attacchi terroristici del 7 ottobre da parte di Hamas. All'epoca, il governo israeliano aveva affermato che l'operazione aveva due obiettivi: eliminare Hamas e riportare a Gaza gli ostaggi presi dai militanti. Ma, nota la Cnn, a sei mesi dall’inizio del conflitto, nessuno dei due obiettivi è stato raggiunto.

Infatti, mentre le Forze di Difesa Israeliane affermano di aver ucciso migliaia di combattenti di Hamas, la maggior parte dei massimi dirigenti del gruppo a Gaza, incluso Yayha Sinwar, continua a sfuggirgli, e i leader politici di Hamas si trovano all’estero. Più di 100 ostaggi sono stati liberati, scambiati con palestinesi detenuti nelle carceri israeliane come parte di un accordo di tregua con Hamas alla fine di novembre. Ma circa 130 ostaggi, di cui 99 che si ritiene siano ancora vivi, rimangono a Gaza.

Nel frattempo, il bilancio della guerra nella Striscia "è orrendo: più di 33.000 persone, tra cui migliaia di bambini, sono state uccise dal 7 ottobre secondo il Ministero della Sanità di Gaza. Oltre a ciò, circa 75.000 persone sono rimaste ferite e più di un milione sono sull’orlo della fame, affrontando quella che le organizzazioni internazionali definiscono una carestia 'imminente'.

"Penso che (la guerra) abbia già superato di gran lunga le aspettative di chiunque in termini di durata, intensità, portata e mortalità, e non c'è fine in vista", ha affermato alla Cnn Khaled Elgindy, membro senior e direttore del Programma su Palestina e Israele presso il Middle East Institute.

Eppure, nota la Cnn, Netanyahu si rifiuta di cambiare rotta. "Sebbene abbia promesso di consentire maggiori aiuti a Gaza a seguito di un ultimatum del presidente degli Stati Uniti Joe Biden questa settimana" il premier israeliano "ha respinto le richieste di un cessate il fuoco umanitario e di un ripensamento del suo piano per invadere Rafah, la città meridionale di Gaza dove si trovano più di un milione di persone". “Non esiste un piano praticabile per il futuro di Gaza, non solo per il giorno dopo, ma anche per oggi. Nessuno sa quando finirà questa guerra, come finirà”, ha detto ancora Elgindy alla Cnn.

Sconfiggere Hamas? "Obiettivo impossibile, nessuna via d'uscita"

Diversi esperti hanno inoltre spiegato alla Cnn che Israele si trova ad affrontare una situazione impossibile perché l’obiettivo che si è prefissato – eliminare Hamas – è irraggiungibile. Perché? Perché l'organizzazione terroristica è molto popolare a livello nazionale. Hamas, infatti, ha dominato Gaza sin da quando ha preso il potere nel 2007 controllando tutti gli organi governativi e di sicurezza, nonché i sistemi sanitari, educativi e sociali.

“Israele non può raggiungere il suo obiettivo dichiarato di eliminare Hamas, perché Hamas è parte integrante della società palestinese in Cisgiordania e Gaza. La sua popolarità è aumentata negli ultimi mesi”, ha spiegato quindi Nathan Thrall, un esperto del conflitto arabo-israeliano.

“Dopo che Israele ha dichiarato di aver sconfitto Hamas nel nord, ogni settimana i soldati israeliani muoiono nel nord, quindi è evidente che Hamas continuerà ad esistere dopo questa guerra, sia che Israele invada Rafah sia che non invada Rafah. Hamas è una grande potenza sul campo e rimarrà tale anche alla fine di questa guerra”, ha affermato. Ciò significa che i leader israeliani non hanno una via d’uscita praticabile dal conflitto, ha spiegato Thrall.

“Le opzioni realistiche di fronte a loro sono continuare ad occupare Gaza indefinitamente, cosa che la maggior parte degli israeliani non vuole fare, o, in alternativa, lasciare Gaza e far sì che Hamas sia la potenza più forte sul terreno, indipendentemente dal fatto che sia o meno il volto ufficiale del paese”, ha detto ancora alla Cnn.

Elgindy ha anche sottolineato che l’obiettivo di distruggere Hamas non è mai stato realistico. “Penso che anche i funzionari americani si rendano conto, tardivamente, che è una totale follia" così come "permettere che l'orrore continui, come se l’obiettivo di distruggere Hamas fosse più importante di qualsiasi altra cosa al mondo, inclusa la sicurezza futura di Israele”. Il perché, secondo Thrall, è presto detto: “Ora ci sono 30.000 persone morte, 17.000 orfani… quale sarà la loro visione di Israele e degli Stati Uniti quando cresceranno?”, si chiede.

Prima degli attentati del 7 ottobre, spiega ancora la Cnn, "Israele era un paese politicamente diviso, paralizzato da mesi di proteste su larga scala contro Netanyahu e il suo governo, il più di destra della storia di Israele, e in particolare dalla proposta di revisione giudiziaria del primo ministro. Ma mentre permangono queste divisioni politiche, la stragrande maggioranza degli israeliani sostiene la guerra a Gaza, nonostante la protesta internazionale per l’impatto devastante sui civili palestinesi".

“L’opinione pubblica israeliana è ancora traumatizzata dal 7 ottobre, è ancora in modalità vendetta, alcuni non vogliono che entri nemmeno il cibo. Anche se non accettiamo che sia giusto, possiamo capire qual è il loro stato d’animo”, ha detto quindi Elgindy, aggiungendo che, sebbene comprensibile considerati gli orrori degli attacchi terroristici del 7 ottobre, questa mentalità non dovrebbe influenzare la politica internazionale: “Non possiamo permettere che questo stato d’animo detti le politiche degli Stati Uniti, del Regno Unito e dell’Unione Europea. È necessario che gli adulti dicano 'questo non è accettabile; non puoi usare la fame come arma’. In altre parole, non importa che l’opinione pubblica israeliana non sia dell’umore giusto per fermare questa guerra. Bisogna imporglielo”.

Nessun piano per il futuro

Harel Chorev, ricercatore senior presso il Centro Moshe Dayan per gli studi mediorientali e africani dell’Università di Tel Aviv, ha quindi spiegato alla Cnn che la mancanza di un piano concreto da parte di Israele sta danneggiando sempre più le sue relazioni con i suoi alleati. “I nostri amici – America in primis, Gran Bretagna, Germania, Francia – non si fidano del governo, che sanno quello che fanno, che hanno un piano strategico per il futuro; non si fidano di noi per fare la cosa giusta”, ha sottolineato.

Netanyahu ha svelato il suo piano per un futuro di Gaza dopo Hamas alla fine di febbraio, chiedendo la “completa smilitarizzazione” dell’enclave palestinese e la chiusura del confine meridionale del territorio con l’Egitto, nonché la revisione dell’amministrazione civile e dei sistemi educativi della Striscia. Ha inoltre respinto qualsiasi pressione da parte della comunità internazionale per il riconoscimento di uno Stato palestinese. Ma molte delle proposte sono state direttamente contrastate dai principali attori al tavolo delle trattative, tra cui Stati Uniti, Egitto ed Emirati Arabi Uniti.

Allo stesso tempo, "Israele continua a rifiutarsi anche solo di prendere in considerazione altre proposte per il futuro di Gaza", ha spiegato ancora alla Cnn H.A. Hellyer, ricercatore associato senior in studi sulla sicurezza presso il Royal United Services Institute (RUSI) di Londra.

“Ci sono molti piani credibili, ma nessuno di essi è realizzabile, francamente, a causa di un ostacolo" cioè "gli israeliani" che "hanno reso molto chiaro che intendono avere il pieno controllo della sicurezza sull’intero territorio, il che ovviamente getta una chiave inattuabile nel funzionamento di qualsiasi piano che cerchi di delegare l’autorità a qualsiasi altra entità”, ha detto.

Netanyahu ha precedentemente respinto anche l’ipotesi che l’Autorità Palestinese, che amministra parti della Cisgiordania occupata, possa assumere il controllo di Gaza, sebbene il piano delineato a febbraio non ne faccia menzione. Il piano prevede invece che siano “enti locali” a gestire il servizio civile. Una previsione lasciata "volutamente vaga e che può essere interpretata in vari modi. Possono essere gruppi locali, come alcuni lo hanno interpretato, ma può essere interpretato anche come un’Autorità Palestinese rivitalizzata”, ha detto Chorev.

“Molto probabilmente ciò che accadrà è che ci sarà una presenza militare israeliana sul terreno a tempo indeterminato”, ha detto Elgindy. "Si avrà un qualcosa come un crollo della legge e dell’ordine e sempre più caos. Quindi vedremo signori della guerra, bande, clan… Gaza è diventata un luogo non realmente vivibile. Se c’è qualcuno là fuori che crede che questa sia una situazione che porterà sicurezza e protezione agli israeliani, è un concetto completamente delirante”, ha tuonato. Le proposte per stabilire un controllo di sicurezza internazionale temporaneo su Gaza non sono realizzabili data la posizione di Israele, dicono quindi gli esperti interpellati dalla Cnn.

“Se Israele ammettesse di essere una potenza occupante che ha bisogno di ritirarsi, proprio come insiste la quasi totalità della comunità internazionale, e di non rivendicare i diritti di controllo della sicurezza sul territorio in violazione del diritto internazionale, allora si potrebbe avere qualcosa è simile alla Kfor in Kosovo, una forza internazionale come transizione affinché i palestinesi si assumano la responsabilità del territorio”, ha detto quindi Hellyer, riferendosi alla forza di mantenimento della pace guidata dalla Nato che opera in Kosovo.

Thrall ha anche affermato che la maggior parte dei tentativi di trovare piani alternativi non sono realistici a causa della posizione di Israele, piani che "richiederebbero di esercitare un’enorme pressione su Israele" mentre spiega che "chiunque potenzialmente sostituisca Netanyahu come primo ministro probabilmente proporrebbe piani simili" a quelli del primo ministro israeliano.

Benny Gantz, che questa settimana ha chiesto elezioni anticipate ed è ampiamente considerato un probabile successore di Netanyahu, se e quando gli israeliani voteranno, è un membro del governo di guerra di Netanyahu e “non ha idee significativamente diverse per Gaza o per il futuro di Israele, Palestina o per la sovranità palestinese".

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Rafah, Israele ammassa i tank al confine: ultime trattative...

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Decine di mezzi dell'Idf vicino al valico israeliano di Kerem Shalom. Fonti: Tel Aviv potrebbe riconsiderare l'operazione con un accordo sugli ostaggi, ma non metterebbe fine alla guerra

Carri armati di Israele a Gaza - (Afp)

Israele è pronto a entrare a Rafah, la città nel sud della Striscia di Gaza dove sono raccolti oltre 1,4 milioni di palestinesi. Secondo quanto riferisce il Times of Israel, l'esercito ha ammassato dozzine di tank e blindati lungo il confine con la Striscia di Gaza in quelli che sembrano essere i preparativi per un'invasione della città di confine. In particolare, mezzi sono stati avvistati in movimento vicino al valico israeliano di Kerem Shalom. Secondo la tv pubblica israeliana, il premier Benjamin Netanyahu ha approvato i piani per l'operazione ma non ha ancora dato il via libera che consentirebbe alle forze di difesa (Idf) di entrare in azione. Secondo le ultime news attribuite a fonti militari, fra 150mila e 200mila persone hanno lasciato Rafah dallo scorso 7 aprile in vista del possibile attacco da parte di Israele. Dall'inizio della guerra, 1,5 milioni di profughi, sui 2,2 milioni residenti nella Striscia, hanno cercato rifugio a nella città-

Nuovi colloqui

Continua intanto a muoversi la diplomazia per arrivare a un accordo per il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi, rapiti da Hamas nell'attacco del 7 ottobre 2023. Secondo quanto riferisce Haaretz, una delegazione egiziana è attesa in Israele per continuare i negoziati. Mercoledì funzionari egiziani, israeliani e statunitensi hanno tenuto incontri di persona e a distanza per cercare di sbloccare lo stallo.

Una fonte ha detto al sito di notizie Ynet che Israele sarebbe disposto a riconsiderare l'operazione pianificata a Rafah se ci fosse "un'offerta reale" per un accordo di tregua con Hamas per gli ostaggi, ma non "scenderà a compromessi sulla fine della guerra". I commenti del funzionario arrivano mentre i media ebraici riferiscono che Tel Aviv avrebbe abbandonato la sua precedente richiesta che almeno 40 ostaggi fossero rilasciati come parte di un eventuale accordo.

In particolare un anonimo alto funzionario israeliano ha riferito che Israele sta attualmente valutando una proposta di accordo per il rilascio di 33 ostaggi detenuti da Hamas. Il funzionario aggiunge che la durata del cessate il fuoco che accompagnerà il rilascio degli ostaggi sarà determinata dal numero di prigionieri che Hamas libererà.

La proposta di Hamas

Hamas, dal canto suo, si sarebbe detta disposta a sciogliere la sua ala militare se venisse riconosciuto lo Stato palestinese. In un'intervista all'Ap rilanciata dai media israeliani, Khalil al-Hayya, membro dell'ufficio politico del gruppo residente a Doha, ha detto che l'organizzazione sarebbe pronta a deporre le armi se venisse creato "uno stato palestinese pienamente sovrano in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza".

Usa e altri Paesi coinvolti in crisi sollecitano liberazione di tutti gli ostaggi

Gli Stati Uniti con altri 17 Paesi con cittadini fra gli ostaggi di Hamas (Argentina, Austria, Brasile, Bulgaria, Canada, Colombia, Danimarca, Francia, Germania, Ungheria, Polonia, Portogallo, Romania, Serbia, Spagna, Thailandia e Gran Bretagna) sollecitano, in un comunicato congiunto diffuso dalla Casa Bianca, il rilascio "immediato" degli ostaggi sequestrati da Hamas a Gaza, in modo da consentire a tutti gli attori "di concentrarsi sulla fine di questa crisi e sforzi a riportare la pace e la stabilità nella regione". I Paesi esprimono "deciso sostegno per gli sforzi di mediazione in corso".

"Lo stato degli ostaggi e della popolazione civile a Gaza, protetti dal diritto internazionale, è un tema al centro delle preoccupazioni internazionali", si legge nel comunicato. "L'accordo in discussione per la liberazione degli ostaggi porterebbe a un cessate il fuoco prolungato e immediato a Gaza, tregua che faciliterebbe l'aumento del trasferimento della necessaria assistenza umanitaria nella Striscia di Gaza e a una fine credibile delle ostilità", si sottolinea. "I residenti di Gaza potrebbero tornare alle loro case e terre, dopo preparativi che assicurino loro un tetto e aiuti umanitari".

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Cronaca

25 aprile, cortei e tensioni da Roma a Milano

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Scontri in particolare fra filo palestinesi e Brigata Ebraica

Scontri a Milano - (Fotogramma)

Un 25 aprile con cortei e iniziative in diverse città italiane, per ricordare la Festa della Liberazione del Paese dall'occupazione nazista e dal regime fascista. La giornata, che da punto di vista istituzionale ha visto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella deporre una corona di alloro al Milite ignoto all'Altare della Patria con la premier Giorgia Meloni e i presidenti delle Camere, è stata scandita anche dalle manifestazioni di partigiani, sindacati e leader delle opposizioni che sono scesi in piazza a Milano con Antonio Scurati e a Roma con Roberto Salis. Non sono mancati momenti di tensione e scontri in particolare fra filo palestinesi e Brigata Ebraica.

Scontri a Roma

A Roma tensione tra grida, insulti e petardi a piazza di porta San Paolo. Da un lato i manifestanti pro Palestina, circa 300 persone tra movimento degli studenti palestinesi, antagonisti e collettivi universitari, dall'altro rappresentanti della Brigata ebraica e della comunità ebraica. I due schieramenti erano separati dai blindati della polizia e dagli agenti in tenuta anti sommossa. Poco prima delle 11 il presidio della Brigata ebraica si è sciolto. I manifestanti sono stati scortati dalle forze dell'ordine fino a piazza Vittorio Bottego dove si sono poi allontanati. Nel frattempo da Porta San Paolo è partito il corteo dei pro Palestina.

Alcuni manifestanti della Brigata Ebraica, mentre stavano lasciando il presidio, sono tornati indietro, tentando più volte di superare il cordone delle forze dell'ordine per raggiungere i manifestanti pro Palestina. "Fino a che loro non se ne vanno noi restiamo qui", il grido dei manifestanti pro Palestina. Dalle fila della Brigata ebraica sono stati inoltre lanciati alcuni sassi verso il gruppo di cronisti presenti. Colpiti un cronista di un sito di informazione online, raggiunto al naso, e un operatore della tv alla testa. Entrambi non hanno riportato conseguenze e hanno continuato a svolgere il loro lavoro.

"Fuori i genocidi dalla storia, con la resistenza sempre", è lo slogan sullo striscione esposto dai manifestanti pro Palestina in piazza. "Non tolleriamo che in questa giornata vengano sventolati i simboli di uno Stato oppressore", gridavano i manifestanti.

Tensioni a Milano

Dieci le persone accompagnate in questura "per gli opportuni provvedimenti", a causa dei disordini avvenuti in piazza Duomo in occasione della manifestazione per il 25 Aprile, alla quale hanno partecipato circa 100mila persone. Lo rende noto la questura di Milano.

Due i momenti di tensione: il primo davanti al Mc Donald's, dove un gruppo di giovani pro Palestina ha cercato di sfondare il cordone creato dai City Angels a protezione dello spezzone della Brigata ebraica, al grido di "fuori i sionisti dal corteo. Qui ci sono stati alcuni minuti di scontri fisici, in cui sono state scagliate sedie contro i baschi e contro i giornalisti. Tra i bersagli anche il cane di un passante, sollevato da terra per il collare e brandito contro la folla.

Altre tensioni sono avvenute intorno alle 16.30 nel cuore della piazza, dove un gruppo di giovani filo palestinesi, giunti in Duomo ore prima dell’arrivo del corteo ufficiale, ha tentato di sfondare la barriera con le transenne predisposta a protezione del palco. “Immediatamente intervenuti contingenti delle forze dell'ordine che hanno contenuto il gruppo”, riferisce la questura.

Monologo Scurati

"Finché quella parola - antifascismo - non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana". Così lo scrittore Antonio Scurati, leggendo sul palco di Milano il monologo che la Rai ha deciso di non mandare in onda.

Anche a Firenze un lungo applauso ha salutato la lettura dell'attore e drammaturgo Stefano Massini del monologo di Scurati, in una piazza della Signoria gremita di migliaia di persone. Al termine della lettura, Massini ha commentato: "Vorrei aggiungere che nel frattempo sono successi alcuni fatti di cui è impossibile non tenere conto. Una profonda sensibilità democratica si è manifestata in risposta. Un sondaggio recentemente pubblicato dice che il 72% degli italiani si dichiara antifascista, è una maggioranza schiacciante. La Festa della Liberazione non ha senso se non parliamo al 28% che non si dichiara antifascista. Questa è la Festa della riappropriazione della vita e della fine della dittatura".

Si è aperta con la lettura del monologo di Scurati da parte del segretario generale della Cgil Napoli e Campania, Nicola Ricci, l’iniziativa “Largo Alla Costituzione” promossa dal sindacato insieme al comitato provinciale dell’Anpi di Napoli a Largo Berlinguer. Un migliaio le persone in piazza per partecipare alla lettura collettiva degli articoli della Costituzione, che è stata distribuita in una copia ad edizione limitata stampata per celebrare i 130 anni della Camera del Lavoro Metropolitana.

Le parole di Ilaria Salis

"Sono orgogliosa che nel mio paese si ricordi tutti gli anni la cacciata dei nazifascisti grazie alla coraggiosa lotta di partigiani e partigiane. Dalla mia cella ardentemente desidero che il mio paese si mostri tutti i giorni all'altezza della propria storia, che oggi come in passato voglia opporsi all'ingiustizia nel mondo e schierarsi dalla parte giusta della storia. Buon 25 aprile", le parole scritte in un messaggio di Ilaria Salis lette dal padre Roberto, dal palco dell'Anpi Roma nel corso della manifestazione per la Festa della Liberazione.

Presidente Mattarella e premier Meloni all'Altare della Patria

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, accompagnato dai presidenti del Senato Ignazio La Russa, della Camera Lorenzo Fontana, del Consiglio Giorgia Meloni, della Corte costituzionale Augusto Barbera, dal ministro della Difesa Guido Crosetto e dalle alte cariche militari, ha reso omaggio all'Altare della Patria, deponendo una corona di alloro sulla tomba del Milite ignoto. Il capo dello Stato, che non rinunciò all'omaggio al Vittoriano neanche durante il lockdown, quando si recò da solo a piazza Venezia, si è quindi spostato a Civitella in Val di Chiana, in Toscana, scelta quest'anno per la celebrazione del 25 aprile, dove nel 1944 i nazisti trucidarono 244 persone.

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Politica

Europee, sondaggio: Fratelli d’Italia si conferma...

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Movimento 5 Stelle scende al 16,8% dopo aver perso lo 0,8% dall'ultima rilevazione

Giorgia Meloni - (Fotogramma)

Fratelli d'Italia si conferma saldamente primo partito nel Paese con il 27,2% dei consensi, in aumento dello 0,3% rispetto alla scorsa rilevazione dell'8 aprile. Lo dice un sondaggio del 24 aprile realizzato da Euromedia Research per Porta a Porta in vista delle prossime elezioni europee. Al secondo posto troviamo il Partito democratico con il 20,3% (+0,6%) seguito dal Movimento 5 Stelle che scende al 16,8% dopo aver perso lo 0,8% dall'ultimo sondaggio. Nelle successive posizioni Euromedia Research colloca gli altri due principali partiti dello schieramento di centrodestra: Forza Italia e Lega Salvini premier, rispettivamente all'8,7 e all'8,5%. La lista Stati uniti d'Europa viene data al 4,4%, mentre Alleanza Verdi Sinistra-Europa Verde-Sinistra italiana al 4%. Sotto la soglia di sbarramento del 4% necessaria per l'ingresso nell'Europarlamento ci sono Azione (3,8%), la lista Libertà di Cateno De Luca (2,5%), Pace terra dignità (2%), altri partiti (1,8%). Gli indecisi o astenuti sono il 38,5%.

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