Esteri
Da Senato Usa via libera a pacchetto fondi per Ucraina,...
Da Senato Usa via libera a pacchetto fondi per Ucraina, Israele e Taiwan
Venti repubblicani sfidano Trump e votano con i dem, ma lo Speaker della Camera ha già dato lo stop alla legge
Dopo una notte intera di ostruzionismo da parte dei senatori più conservatori, e trumpiani, il Senato Usa ha approvato, con 70 voti favorevoli e 29 contrari, con un voto all'alba, il pacchetto da 95 miliardi di dollari, che comprende i 60 miliardi per l'Ucraina, insieme ai fondi per Israele e per Taiwan. Un folto drappello di repubblicani, guidati dal leader della minoranza Mitch McConnell, hanno quindi votato a favore dei fondi, sfidando così Donald Trump che chiedeva che venisse affondata la legge, volendo che gli aiuti fossero considerati "prestiti non regali".
Zelensky ringrazia: "Assistenza Usa aiuta a salvare vite umane"
"Sono grato a Chuck Schumer, a Mitch McConnell e a ogni senatore degli Stati Uniti che ha sostenuto l'assistenza continua all'Ucraina mentre combattiamo per libertà, democrazia e valori che abbiamo tutti a cuore". Scrive così in un post su X il presidente ucraino Volodymyr Zelensky dopo che il Senato ha approvato il pacchetto.
"Per noi in Ucraina, la continua assistenza Usa contribuisce a salvare vite umane dal terrore russo - aggiunge - Significa che la vita continuerà nelle nostre città e trionferà sulla guerra". "L'assistenza americana - prosegue - avvicina la pace in Ucraina e ripristina la stabilità globale, con l'effetto di un aumento di sicurezza e prosperità per tutti gli americani e il mondo libero".
Le pressioni di Trump alla Camera
Le pressioni di Trump sono però destinate ad avere un altro effetto sulla maggioranza repubblicana alla Camera, con lo Speaker Mike Johnson che ha già detto che non intende mandare in aula per il voto approvato al Senato. Contestando, con una buona dose di ipocrisia, il fatto che la legge è "silente su uno dei problemi più impellenti del nostro Paese", riferendosi all'immigrazione. Sono stati infatti proprio i repubblicani del Senato, obbedendo sempre ai diktat di Trump, ad affossare il testo bipartisan in cui erano contenuti fondi e misure molto restrittive, da loro richieste, per il confine e i migranti.
I senatori comunque sperano che il forte voto bipartisan al Senato possa essere un segnale per lo Speaker repubblicano, molto vicino a Trump, sul fatto che anche alla Camera esiste un sosteno trasversale alla misure.
"Spinto Putin a pentirsi dei dubbi su determinazione Usa"
Il leader della maggioranza al Senato Chuck Schumer, che ha detto che il voto di oggi è una dichiarazione che "la leadership americana non si piega, non arretra", ha espresso la convinzione che "se questa legge viene portata in aula alla Camera, passerà con un forte sostegno bipartisan". "Oggi abbiamo spinto Vladimir Putin a pentirsi per aver messo in dubbio la determinazione dell'America, oggi abbiamo mandato un chiaro messaggio bipartisan ai nostri alleati Nato", ha detto ancora il leader democratico.
Mentre McConnell ha attaccato i colleghi conservatori, e filo Trump, affermando che il blocco dei fondi agli alleati metterebbe a rischio la credibilità degli Usa: "so che è diventato di moda in alcuni circoli disprezzare gli interessi globali che abbiamo come potenza globale, lamentarsi delle nostre responsabilità come leader globali" ha detto l'anziano leader repubblicano con quello che suona come un attacco a Trump e la crescente influenza dell'isolazionismo del suo "America first". "Questo è un modo di pensare ozioso per menti oziose, e non deve avere posto nel Senato", ha concluso.
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Ucraina, Crosetto: “Italia ha fornito tutto quello...
"Noi veniamo da 40 anni con l'idea che la difesa fosse qualcosa di cui non avevamo bisogno"
"Noi domani avremo una incontro, una call, a cui presumo ci sarà lo stesso Zelensky, per fare il punto" sugli aiuti all'Ucraina. "Mi pare che l'Europa e l'Italia in particolare abbiano fornito in questo periodo tutto quello che riuscivano a dare". Lo ha detto il ministro della Difesa Guido Crosetto, intervenendo all'incontro promosso da PwC Italia in collaborazione con il gruppo editoriale Gedi, dal titolo 'Il ruolo della ricerca militare nello sviluppo economico italiano'.
"Il problema - ha spiegato - è che noi veniamo da 40 anni con l'idea che la difesa fosse qualcosa di cui non avevamo bisogno, che le scorte e gli investimenti per la difesa non servissero, per cui non abbiamo magazzini pieni con cui possiamo aiutare. Quello che potevamo dare fino ad adesso l'Italia lo ha dato quasi integralmente. La parte che non ha ancora dato la darà prossimamente", ha detto il ministro.
"Sono talmente arrabbiato che dico una cosa pubblicamente: l'Italia ha ordinato alcuni sistemi di difesa aerea Samp-T due anni fa, l'industria che ha la commessa mi dice che li consegnerà tra tre anni. Un ordine di Samp-T per la difesa italiana fatto due anni fa, l'industria mi dice che lo consegna tra tre anni", ha proseguito.
"Voi pensate che uno possa fare il ministro della difesa o difendere un Paese con questi tempi? Non riesco a capire come sia possibile metterci tre anni per costruire una qualunque cosa, anche la più complessa che esiste al mondo", ha osservato Crosetto, spiegando che il problema è che "noi abbiamo un'industria che si era tarata su una capacità produttiva in cui lo Stato fa l'appalto, dà i soldi, quando li dà si inizia a costruire e poi quando si riesce, si consegna. Invece viviamo tempi in cui avremmo bisogno delle cose subito". Il problema - ha riferito il ministro - "non è solo italiano, ma europeo. Lo ha anche il ministro francese, con cui stiamo facendo una battaglia a due".
A differenza di quanto accade in Europa, "in Russia, in Cina e in Iran alzano il telefono e l'azienda che prima faceva frigoriferi" viene convertita per la produzione della difesa. "Noi invece ci confrontiamo con regole costruite in tempi di pace e in tempi normali in tempi che non sono di pace e non sono normali".
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India al voto, Armellini: “Grande democrazia? Con...
L'ex ambasciatore a Nuova Delhi: "Il Paese è cresciuto, ma stretta autoritaria sempre più opprimente"
L'India resta un grande Paese, ma non è detto che resterà una grande democrazia. Alla vigilia della prima tornata elettorale nel gigante asiatico - dove da domani al primo giugno poco meno di un miliardo di elettori andrà a votare in 28 Stati federali e otto territori - l'ex ambasciatore italiano a Nuova Delhi, Antonio Armellini, parla con l'Adnkronos dell'India di Narendra Modi, che si avvia al suo terzo mandato, dopo dieci anni già al governo.
Con il leader del Bjp "l'India è molto cambiata, è cresciuta economicamente, è migliorata al suo interno, il programma di investimenti sulle infrastrutture ha portato risultati ed il sistema finanziario è stato ammodernato", riconosce Armellini. Che tra i 'meriti' cita "la presa sull'elettorato, che si è ampliato e non è più solo quello tradizionale del Bjp", il partito dei commercianti e degli imprenditori.
Parallelamente, osserva l'ex ambasciatore, "la stretta autoritaria del governo Modi è diventata sempre più opprimente, figlia di un controllo e di un meccanismo del consenso molto sofisticati", mentre l'opposizione divisa e frammentata "è in difficoltà nel trasmettere un qualche tipo di messaggio che possa essere recepito dagli elettori".
L'India cresce "ma crescono anche le diseguaglianze", sottolinea ancora Armellini, mentre si avvia a diventare "una democrazia autoritaria sempre più lontana dal modello che ne aveva fatto un unicum nel continente asiatico, una grande democrazia liberale, figlia del pensiero politico del 19mo secolo, che aveva avuto anche Giuseppe Mazzini tra gli ispiratori della lotta per l'indipendenza". "L'India laica, tollerante, multietnica, rispettosa dello stato di diritto non è l'India di Modi, fortemente identitaria - ragiona l'ex ambasciatore - L'India è un grande Paese, ma che resti una grande democrazia è un punto interrogativo".
Quanto alla politica estera di Nuova Delhi, che "ha una percezione di sé come grande potenza sullo stesso piano di Stati Uniti e Cina, il punto da cui partire è che l'India non ha alleanze, ma relazioni, è partner di molti, ma nel proprio interesse". Che è quello di "grande potenza autonomia con due punti di riferimento imprescindibili: il contrasto con la Cina e il conflitto con il Pakistan", spiega Armellini. E chi, "come a tratti cercano di fare gli Stati Uniti, pensa di poterla legare in una vera e propria alleanza, rischia di restare fortemente deluso".
Infine l'ex ambasciatore si dice convinto che Nuova Delhi abbia "una maggiore capacità di attrazione per diventare il punto di riferimento del Sud globale", in particolare rispetto a Pechino, che agli altri Paesi "richiede di schierarsi", laddove l'India ha un approccio meno identitario.
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G7, Tajani: “Tutti insieme dobbiamo dare messaggio di...
Le parole del ministro degli Esteri al summit di Capri
"Tutti insieme credo che dobbiamo dare un messaggio di pace". Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, nel corso del G7 Esteri a Capri.