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“Cina ambigua, Usa hanno perso pazienza”:...
“Cina ambigua, Usa hanno perso pazienza”: l’analisi
Il sinologo Francesco Sisci analizza i rapporti sempre più tesi tra le due superpotenze a causa di attacchi hacker, sanzioni commerciali e maldestri tentativi di corteggiamento
E' ''un rapporto teso'' quello tra Stati Uniti e Cina, la più importante competizione di questo secolo che fa i conti con ''hacker, sanzioni commerciali e maldestri tentativi di corteggiamento''. Con gli ''Stati Uniti che non hanno più pazienza verso l'ambiguità cinese''. Così il sinologo Francesco Sisci analizza i rapporti tra le due superpotenze dopo che 20 uomini d'affari americani, tra cui manager di Blackstone e Qualcomm, venivano immortalati insieme a Xi Jinping in una storica photo-opportunity mentre ancora echeggiava la furia del governo di Pechino per le sanzioni sui cittadini cinesi accusati di aver compiuto attacchi informatici contro Usa e Regno Unito. Secondo le agenzie di intelligence americane, infatti, il malware trovato nelle infrastrutture critiche sembra fatto apposta per essere "attivato" in caso di invasione cinese di Taiwan. In modo da costringere gli americani a occuparsi della sicurezza delle loro reti elettriche e idriche piuttosto che correre in difesa di un'isola lontana.
''Xi Jinping ha fatto una dichiarazione aperturista, ma come sempre ambigua, dicendo che la Cina si impegna a riforme 'comprehensive', ad ampio spettro. Il tutto per attrarre capitali freschi in Cina che, giura Xi, non ha ancora raggiunto il suo picco e ha 'brillanti' prospettive di crescita'', spiega Sisci. ''Il problema è che oggi l’America non ha più la pazienza per le frasi ambigue. Da qualche anno le aziende Usa hanno smesso di investire nel Paese. Chiaro, non c’è stato un decoupling drastico: colossi come Apple e Tesla, grandi banche come JpMorgan mantengono una presenza importante. Ma nessuno mette in programma nuovi e massicci investimenti. Se dalla fine degli anni '70 l'atteggiamento verso Pechino è stato positivo e propositivo, fino all'ingenuità, dal 2011 il vento ha iniziato a cambiare, e l'intero sistema americano, dalla politica alle imprese, dall'accademia alla società civile, ha iniziato a 'raffreddarsi' nei confronti della Cina'', aggiunge.
In effetti oggi il Wall Street Journal ha pubblicato i numeri aggiornati: i ricavi in Cina delle aziende a stelle e strisce sono in stallo. C'entrano le tensioni geopolitiche, il de-risking, ma c'entra anche la debolezza dell'economia cinese, che sembrava inarrestabile, e una ritrovata e forse inaspettata forza americana. ''L'anno scorso per la prima volta la finanza americana ha investito più in India che in Cina, che ha registrato la crescita più bassa degli ultimi decenni, e patisce una minore spesa dei consumatori, un rallentamento dell'export e una profonda crisi immobiliare'', spiega Sisci. ''A Pechino si sono accorti tardi di quanto gli Usa stessero cambiando atteggiamento nei loro confronti, anche perché fino a due anni fa consideravano l'impero americano in un declino inesorabile, e puntavano forte su Russia, Brics e quello che ora chiamano il Global South. Invece Putin si è svelato debole, con la fallita invasione su larga scala dell’Ucraina, lo pseudo-golpe di Prigozhin e ora la spaventosa falla di sicurezza nel cuore di Mosca. Gli Stati Uniti hanno invece mostrato la capacità di dominare, ancora, in molti settori, tra tutti quello tecnologico. Dunque Xi Jinping ha capito che il mercato del G7 è ancora fondamentale, e torna a corteggiarlo'', sottolinea.
I punti di tensione sono molti: gli Usa indagheranno sulla potenzialità dei veicoli elettrici cinesi di costituire una minaccia alla sicurezza nazionale, la Camera ha votato in modo bipartisan per costringere Bytedance a vendere Tiktok, le gru cinesi nei porti sono considerate ormai un cavallo di Troia, fioccano sanzioni e limiti all’export di tecnologia e proprietà intellettuale. D'altra parte la Cina ha appena presentato un ricorso all’Organizzazione Mondiale del Commercio contro i sussidi americani alle auto elettriche, ha vietato l’uso degli iPhone e delle auto Tesla ai dipendenti pubblici, vuole eliminare i chip Intel e Amd nei computer e server governativi. Da ultimo, gli hacker.
''E' in effetti molto pesante, anche perché si tratta di un’azione concertata da parte dei Five Eyes, i cinque Paesi dell’anglosfera che condividono azioni e informazioni di intelligence. Uno dopo l’altro, Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda hanno accusato Pechino di usare i suoi hacker non solo per spionaggio industriale e raccolta massiccia di dati, ma proprio di voler sovvertire l’ordine democratico. Potrebbero esserci conseguenze commerciali importanti. Come fai ad accettare i veicoli elettrici cinesi nel tuo territorio se credi che siano armi puntate contro di te?”, si chiede Sisci.
E l’Europa? Xi Jinping a maggio sarà in Francia, il primo viaggio nel continente dal 2019: dallo scoppiare della pandemia, il leader cinese ha ricominciato a viaggiare solo dopo tre anni, e nel frattempo i rapporti con i leader europei si sono indeboliti. ''Macron aveva provato a fare da interlocutore con Putin, senza successo, e ora proverà a fare lo stesso con il presidente cinese. Sa che in questo anno elettorale ci sono spazi per la Francia, ma non basterà una visita ufficiale per ristabilire un rapporto forte. In genere in questi viaggi Xi tocca almeno tre Paesi. Sarà interessante capire se anche stavolta riusciranno a organizzare degli incontri rilevanti, e soprattutto con chi'', conclude Sisci.
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Ucraina, Crosetto: “Italia ha fornito tutto quello...
"Noi veniamo da 40 anni con l'idea che la difesa fosse qualcosa di cui non avevamo bisogno"
"Noi domani avremo una incontro, una call, a cui presumo ci sarà lo stesso Zelensky, per fare il punto" sugli aiuti all'Ucraina. "Mi pare che l'Europa e l'Italia in particolare abbiano fornito in questo periodo tutto quello che riuscivano a dare". Lo ha detto il ministro della Difesa Guido Crosetto, intervenendo all'incontro promosso da PwC Italia in collaborazione con il gruppo editoriale Gedi, dal titolo 'Il ruolo della ricerca militare nello sviluppo economico italiano'.
"Il problema - ha spiegato - è che noi veniamo da 40 anni con l'idea che la difesa fosse qualcosa di cui non avevamo bisogno, che le scorte e gli investimenti per la difesa non servissero, per cui non abbiamo magazzini pieni con cui possiamo aiutare. Quello che potevamo dare fino ad adesso l'Italia lo ha dato quasi integralmente. La parte che non ha ancora dato la darà prossimamente", ha detto il ministro.
"Sono talmente arrabbiato che dico una cosa pubblicamente: l'Italia ha ordinato alcuni sistemi di difesa aerea Samp-T due anni fa, l'industria che ha la commessa mi dice che li consegnerà tra tre anni. Un ordine di Samp-T per la difesa italiana fatto due anni fa, l'industria mi dice che lo consegna tra tre anni", ha proseguito.
"Voi pensate che uno possa fare il ministro della difesa o difendere un Paese con questi tempi? Non riesco a capire come sia possibile metterci tre anni per costruire una qualunque cosa, anche la più complessa che esiste al mondo", ha osservato Crosetto, spiegando che il problema è che "noi abbiamo un'industria che si era tarata su una capacità produttiva in cui lo Stato fa l'appalto, dà i soldi, quando li dà si inizia a costruire e poi quando si riesce, si consegna. Invece viviamo tempi in cui avremmo bisogno delle cose subito". Il problema - ha riferito il ministro - "non è solo italiano, ma europeo. Lo ha anche il ministro francese, con cui stiamo facendo una battaglia a due".
A differenza di quanto accade in Europa, "in Russia, in Cina e in Iran alzano il telefono e l'azienda che prima faceva frigoriferi" viene convertita per la produzione della difesa. "Noi invece ci confrontiamo con regole costruite in tempi di pace e in tempi normali in tempi che non sono di pace e non sono normali".
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India al voto, Armellini: “Grande democrazia? Con...
L'ex ambasciatore a Nuova Delhi: "Il Paese è cresciuto, ma stretta autoritaria sempre più opprimente"
L'India resta un grande Paese, ma non è detto che resterà una grande democrazia. Alla vigilia della prima tornata elettorale nel gigante asiatico - dove da domani al primo giugno poco meno di un miliardo di elettori andrà a votare in 28 Stati federali e otto territori - l'ex ambasciatore italiano a Nuova Delhi, Antonio Armellini, parla con l'Adnkronos dell'India di Narendra Modi, che si avvia al suo terzo mandato, dopo dieci anni già al governo.
Con il leader del Bjp "l'India è molto cambiata, è cresciuta economicamente, è migliorata al suo interno, il programma di investimenti sulle infrastrutture ha portato risultati ed il sistema finanziario è stato ammodernato", riconosce Armellini. Che tra i 'meriti' cita "la presa sull'elettorato, che si è ampliato e non è più solo quello tradizionale del Bjp", il partito dei commercianti e degli imprenditori.
Parallelamente, osserva l'ex ambasciatore, "la stretta autoritaria del governo Modi è diventata sempre più opprimente, figlia di un controllo e di un meccanismo del consenso molto sofisticati", mentre l'opposizione divisa e frammentata "è in difficoltà nel trasmettere un qualche tipo di messaggio che possa essere recepito dagli elettori".
L'India cresce "ma crescono anche le diseguaglianze", sottolinea ancora Armellini, mentre si avvia a diventare "una democrazia autoritaria sempre più lontana dal modello che ne aveva fatto un unicum nel continente asiatico, una grande democrazia liberale, figlia del pensiero politico del 19mo secolo, che aveva avuto anche Giuseppe Mazzini tra gli ispiratori della lotta per l'indipendenza". "L'India laica, tollerante, multietnica, rispettosa dello stato di diritto non è l'India di Modi, fortemente identitaria - ragiona l'ex ambasciatore - L'India è un grande Paese, ma che resti una grande democrazia è un punto interrogativo".
Quanto alla politica estera di Nuova Delhi, che "ha una percezione di sé come grande potenza sullo stesso piano di Stati Uniti e Cina, il punto da cui partire è che l'India non ha alleanze, ma relazioni, è partner di molti, ma nel proprio interesse". Che è quello di "grande potenza autonomia con due punti di riferimento imprescindibili: il contrasto con la Cina e il conflitto con il Pakistan", spiega Armellini. E chi, "come a tratti cercano di fare gli Stati Uniti, pensa di poterla legare in una vera e propria alleanza, rischia di restare fortemente deluso".
Infine l'ex ambasciatore si dice convinto che Nuova Delhi abbia "una maggiore capacità di attrazione per diventare il punto di riferimento del Sud globale", in particolare rispetto a Pechino, che agli altri Paesi "richiede di schierarsi", laddove l'India ha un approccio meno identitario.
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G7, Tajani: “Tutti insieme dobbiamo dare messaggio di...
Le parole del ministro degli Esteri al summit di Capri
"Tutti insieme credo che dobbiamo dare un messaggio di pace". Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, nel corso del G7 Esteri a Capri.