Esteri
Ucraina, Tajani: “Accordo bilaterale con Italia...
Ucraina, Tajani: “Accordo bilaterale con Italia tassello fondamentale per la pace”
"La via per arrivare a una pace giusta e duratura è la vittoria dell'Ucraina"
"Il negoziato per l'accordo bilaterale sulla cooperazione di sicurezza tra Italia e Ucraina, che la presidente del Consiglio si accinge a firmare, il contesto in atto e la morte di Navalny hanno dato impulso per il nostro impegno al fianco di Kiev". Lo ha detto il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, parlndo dell’intesa sulla cooperazione di sicurezza tra Italia e Ucraina di fronte alle Commissioni riunite Affari esteri della Camera e Affari esteri e Difesa del Senato, aggiungendo che "il 24, giorno dell'anniversario della guerra in Ucraina, la premier farà una riunione virtuale del G7 a cui parteciperà Zelensky e che l'accordo bilaterale è un tassello fondamentale per costruire la pace".
"Kiev ha intensificato l'appello alla compattezza degli alleati - ha affermato Tajani - La via per arrivare a una pace giusta e duratura è la vittoria dell'Ucraina. Francia e Germania hanno firmato accordi sulla difesa e la sicurezza, politici ed economici. Seguiamo la stessa linea: condanniamo senza se e senza ma la guerra di aggressione della Russia. L'intesa dà una veste strutturata a sostenere l'impegno per l'Ucraina a costruire il suo futuro. Si stratta di disposizioni in linea con le intese con altri Paesi. Continuiamo a contribuire agli sforzi di difesa e sicurezza anche nel 2024, con il rafforzamento delle attività già in corso, ma anche in campo economico e con l'impegno di ricostruzione di Odessa e per le strutture energetiche".
"Abbiamo firmato accordi per 100 milioni per sostenere la rete energetica ucraina - ha detto ancora il vicepremier - Altro aspetto è il sostegno alle riforme dell'Ucraina, in una visione europea. Così come quello dell'accertamento delle responsabilità e delle sanzioni per la Russia. E' nostra intenzione assicurare il pieno coinvolgimento del Parlamento. L'impegno del governo sull'Ucraina è stato chiaro fin dall'inizio: dobbiamo aiutare un Paese sovrano che combatte per la sua sicurezza. La guerra entra nel terzo anno, aiutare l'Kiev significa sicurezza anche per l'Europa e Putin ha sottovalutato la compattezza delle nostre democrazie. La nostra presidenza G7 vuole rafforzare il nostro sostegno a Kiev".
"Il valore del documento che verrà sottoscritto è sia simbolico che politico - ha sottolineato - E' un messaggio chiaro per ribadire che noi difendiamo il diritto internazionale. L'Ucraina è un Paese libero, invaso in spregio al diritto internazionale. E' qualcosa che non può passare, difendiamo un diritto e un valore".
"Quanto alla morte di Navalny - ha aggiunto - il colpevole è il regime che ha mandato in un gulag una persona a morire di freddo, nessun dubbio che Navalny sia stato vittima di una scelta sanzionatoria che ne ha provocato la morte".
La reazione di Mosca
"Il ministero degli Esteri in Italia ha spiegato che l'accordo non sarà un documento giuridicamente vincolante e non prevede garanzie di sostegno politico o militare a Kiev. Questo è tutto quello che c'è da sapere sull'intero 'pacchetto garanzie' occidentale che Kiev, oltre che con Roma, intende firmare o ha firmato anche con Berlino, Londra e Parigi, basandosi esclusivamente sull'effetto propagandistico", ha affermato il Presidente della Commissione esteri della Duma, leader del Partito liberal democratico, Leonid Slutsky, in un post suo canale Telegram rilanciato dalla Tass.
Slutsky ha anche accusato il Presidente dell'Ucraina Zelensky di non conoscere bene la storia. "L'Occidente rispetta gli accordi a patto che siano in funzione di Washington e Bruxelles. Lo abbiamo visto in Afghanistan e in molti altri paesi dove gli occidentali hanno lasciato terra bruciata e devastazione. E l'Ucraina ha tutte le prospettive di diventare un "secondo Afghanistan" per l'amministrazione Biden", ha aggiunto. La pace in Ucraina non è ancora necessaria ai falchi-russofobi americani ed europei. L'inevitabile vittoria della Russia nel distretto militare settentrionale sarà una sconfitta schiacciante per loro nella guerra per procura fino all'ultimo ucraino. E la caduta al fondo della storia mondiale" - ha concluso Slutsky.
Esteri
Russia, 2mila mercenari dal Nepal in guerra:...
Spinti a combattere dalla povertà, ora cercano disperatamente di tornare
Circa 2mila nepalesi sono stati reclutati dalla Russia per combattere nella guerra in Ucraina. Alcuni di loro, spinti dalla povertà e dalla promessa di stipendi da favola per i loro standard, hanno denunciato di aver subito un trattamento pessimo al fronte e ora cercano disperatamente di tornare a casa. Ganesh, 35 anni, è uno dei pochi ad esserci riuscito.
In un'intervista a Sky News ha dichiarato di aver combattuto quattro mesi e mezzo nel Donetsk e ha sostenuto che i nepalesi venissero "trattati come cani". Nel periodo al fronte, ha detto da Kathmandu, "siamo stati attaccati dai droni ed è stato terrificante".
L'uomo, che si dice sollevato ma traumatizzato dalla sua esperienza in prima linea, ha raccontato che all'inizio è stato portato nel centro di addestramento Avangard, un'accademia militare fuori Mosca, dove è rimasto per due settimane. Ganesh aveva già un'esperienza di 10 anni nell'esercito indiano, ma molti altri al suo fianco erano giovani e inesperti. Alcuni non avevano mai impugnato un'arma prima.
Finito l'addestramento, ha proseguito, c'è stato un cambiamento netto nel modo in cui venivano trattati i mercenari stranieri, che sono stati improvvisamente gettati nel conflitto. "Durante le prime due settimane di addestramento, la vita andava bene - ha affermato - Ma una volta mandati in Ucraina, non avevamo abbastanza cibo e siamo stati picchiati dai russi. È stato davvero brutto".
Il destino dei mercenari
Secondo Ganesh, i nepalesi erano considerati carne da cannone. "I soldati russi erano dietro di noi. In prima linea c'erano i mercenari", ha aggiunto, descrivendo come al fronte ci fossero criminali russi, nepalesi e indiani davanti all'esercito. Il mercenario ha visto tre nepalesi uccisi sul campo di battaglia, ma ha sentito parlare di molte altre vittime.
Ganesh ha quindi spiegato come è finito a combattere in Ucraina, dicendo che faceva fatica a trovare lavoro e quando è andato da un agente per un posto in Lussemburgo, quello gli ha suggerito di andare invece in Russia perché era "piena di opportunità".
Ganesh ha quindi dovuto chiedere un prestito e pagarsi un milione di rupie nepalesi (quasi 7mila euro) per viaggiare fino a Mosca via Dubai con un visto turistico. Lo stipendio medio mensile nepalese equivale a meno di 175 euro. Ma l'agente gli aveva promesso che ne avrebbe potuti guadagnare quasi 2mila se si fosse unito alla campagna del Cremlino. Una volta in Russia ha dovuto pagare un altro agente quasi mille euro solo per essere portato al campo di addestramento.
Sky precisa che la cifra di 2mila nepalesi reclutati dall'esercito russo si basa sulle testimonianze dei soldati di ritorno, nonché sui dati dell'immigrazione russa. Molti nepalesi hanno riferito di aver ricevuto visti per studenti o turisti per raggiungere la Russia e il governo di Kathmandu è stato costretto a intervenire dato che per i cittadini del Paese himalayano è illegale combattere per gli eserciti stranieri.
A gennaio il governo ha vietato ai suoi cittadini di recarsi in Russia o Ucraina per lavoro e ha chiesto a Mosca di rimpatriare tutti i nepalesi reclutati. Inoltre ha dichiarato 'guerra' agli agenti che favoriscono il reclutamento e l'ingresso in Russia, con la polizia che ha già arrestato 22 sospetti.
Esteri
Israele-Gaza, Cina in campo per mediare: incontro con Hamas
In missione un inviato di Pechino che ha visto Haniyeh
La Cina di Xi Jinping vuole farsi sempre più avanti come mediatore di pace. E' diventata sempre più esplicita nella sua opposizione alla guerra a Gaza. E ha anche sfruttato il conflitto come piattaforma per manifestare la sua solidarietà con il mondo arabo e il Sud Globale, sempre pronta a mostrarsi in opposizione agli Stati Uniti. Anche se non è chiaro quanto spazio abbia il gigante asiatico per giocare un ruolo forte nella regione. La Cnn legge così l'incontro di domenica scorsa in Qatar tra un diplomatico cinese e il leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh.
L'incontro dell'inviato di Pechino con un leader di Hamas
E' la prima volta dall'inizio del conflitto a Gaza, che Pechino conferma un faccia a faccia di questo genere. Protagonista con il leader politico di Hamas, è stato Wang Kejian, diplomatico cinese che era già stato in Israele e in Cisgiordania, la prima missione del genere di un inviato di Pechino di cui si ha notizia dall'attacco del 7 ottobre in Israele e dall'inizio delle operazioni militari israeliane nell'enclave palestinese.
Haniyeh e Wang, ex ambasciatore in Libano, "hanno avuto uno scambio di vedute sul conflitto a Gaza e altre questioni", si è limitato a rendere noto stamani il ministero degli Esteri di Pechino. Presente all'incontro l'ambasciatore cinese in Qatar, Cao Xiaolin, evidenzia la Cnn sottolineando come Hamas affermi di aver avuto un incontro con Cao il mese scorso. Del faccia a faccia con Wang il gruppo ha fatto sapere che Haniyeh ha espresso apprezzamento per "il ruolo della Cina al Consiglio di Sicurezza, in seno alle Nazioni Unite e alla Corte internazionale di giustizia".
Haniyeh ha insistito sulla "necessità di fermare rapidamente l'aggressione e i massacri", sulla richiesta di ritiro delle forze israeliane da Gaza, ribandendo la volontà di "raggiungere gli obiettivi politici e le aspirazioni per la creazione di uno stato palestinese indipendente".
La strategia della Cina
Wang, evidenzia la Cnn, si trova nella regione almeno dal 10 marzo, quando ha incontrato interlocutori in Egitto, prima di spostarsi in Cisgiordania, poi in Israele e in Qatar. Un tour che non era stato annunciato da Pechino, che dopo l'attacco del 7 ottobre in Israele non aveva citato né condannato Hamas e che da allora ha denunciato il conflitto e sostenuto a gran voce la necessità di un cessate il fuoco immediato e di concretizzare la soluzione dei due stati.
In Cisgiordania, nei giorni scorsi, Wang ha incontrato il ministro degli Esteri dell'Autorità palestinese, Riyad al-Maliki. Pechino insiste sulla soluzione dei due Stati, una politica ripetuta da Pechino che però, come osserva la Cnn, non è chiaro quante possibilità abbia di giocare un ruolo forte a sostegno di uno stato palestinese indipendente e che critica Israele per le condizioni dei palestinesi mentre viene a sua volta messa sotto accusa per gli abusi dei diritti umani ai danni delle minoranze, in particolare nel Xinjiang (accuse sempre respinte dal gigante asiatico).
In Israele Wang ha visto funzionari del ministero degli Esteri, insistendo - sempre secondo i resoconti ufficiali degli incontri arrivati da Pechino - sulla priorità di un "cessate il fuoco completo, della fine della guerra, della garanzia di aiuti umanitari e protezione per i civili".
Dal 7 ottobre i funzionari cinesi, ricorda la Cnn, avevano avuto altri contatti con interlocutori israeliani e palestinesi, anche quando a novembre Pechino ha ospitato delegazioni di Arabia Saudita, Giordania, Egitto, Autorità nazionale palestinese e Indonesia. Ma, sebbene prima di Wang il Dragone avesse 'spedito' nella regione l'inviato speciale per il Medio Oriente Zhai Jun, non erano mai state confermate ufficialmente tappe nei Territori palestinesi o in Israele. Neanche quando a inizio anno era stato in Egitto per colloqui il capo della diplomazia cinese, Wang Yi.
Esteri
Raffinerie in fiamme, Kiev minaccia l’impero petrolifero...
Si sono moltiplicati nelle ultime settimane gli attacchi ucraini a depositi di carburante e raffinerie di petrolio russe. I blitz con droni hanno innescato una guerra del petrolio con ripercussioni sull’economia di Mosca.