

Esteri
Tunisia, Fabiani (Icg): “Tante divergenze, manca coordinamento internazionale”
“L’unica via d’uscita in questo momento è una forma di coordinamento internazionale più efficace per mettere pressioni in maniera più seria, efficace e diretta sulla Tunisia” perché mentre si parla di rischio ‘esplosione’ e collasso economico “c’è un problema di fondo, più ampio”, ovvero “la mancanza di coordinamento internazionale tra le posizioni dei vari Paesi”. Riccardo Fabiani, direttore per il Nord Africa dell’International Crisis Group (Icg), parla così con l’Adnkronos dopo il colloquio telefonico tra il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e il segretario di Stato Usa, Anthony Blinken, occasione per un confronto, che “non avrebbe prodotto un riavvicinamento”, sugli ultimi sviluppi della crisi in Tunisia, con la questione migratoria che preoccupa sempre più l’Italia.
Fabiani ragiona sulla posizione degli Stati Uniti, su quella italiana – “sicuramente più compatibile” con quella francese – e fa riferimento a “vari ‘rumors’ su un’iniziativa algerina” nel mezzo dell’attivismo italiano che punta a sbloccare i finanziamenti del Fondo monetario internazionale (Fmi). “Gli algerini starebbero preparando una conferenza per mettere insieme i vari donatori e finanziatori arabi per poter dare un aiuto di emergenza alla Tunisia”, spiega, manifestando i suoi “dubbi”. Perplessità perché, dice, “non credo i Paesi del Golfo abbiano un grande entusiasmo di fronte all’idea di dare dei crediti ad alto rischio alla Tunisia, una situazione che non convince nessuno”. E’ scettico l’esperto sulla possibilità che “Arabia Saudita o Emirati Arabi Uniti siano pronti o disposti a dare questi soldi”. Non solo, Fabiani sottolinea i rischi di quello che considera come un “messaggio preoccupante” perché “fa credere ai tunisini che ci sia via di fuga rispetto all’accordo con il Fondo monetario internazionale” e quindi “complica ulteriormente una conversazione che già è difficile”.
Ci sono quindi “tre posizioni divergenti”, prosegue Fabiani, che – col pensiero a Stati Uniti, Italia e Paesi arabi – parla di “caos di proposte e idee” e di assenza di “un messaggio chiaro da parte della comunità internazionale”. Non solo, ma il presidente tunisino Kais Saied e gli attori tunisini possono “sfruttare queste divergenze per prendere tempo e – dice – per cercare di negoziare da una posizione di relativa forza”. E il “problema sta tutto nell’assenza di coordinamento”. “Ci vorrebbe – insiste – una posizione più unitaria da parte comunità internazionale per arrivare a spingere i tunisini almeno a introdurre qualche riforma, ad avere un impegno ufficiale del presidente nei confronti di queste riforme per poter poi sbloccare i crediti”.
Qual è il livello dell’emergenza? “Secondo la maggior parte degli esperti, ci sono in realtà diversi mesi prima che si arrivi a un collasso economico”, risponde Fabiani, secondo il quale “si rischia di sottovalutare un altro aspetto”. Oltre alla crisi economica, che è certamente “un problema gigantesco”, c’è “anche una crisi politica che non si può nascondere solo perché c’è un problema economico più grande”, dice. E c’è “un presidente che si rifiuta di accettare ogni forma di dialogo, che agisce spesso utilizzando una retorica anti-occidentale preoccupante”, osserva. E il prestito dell’Fmi “non riuscirà a risolvere da solo” la “deriva” nel Paese, rimarca, convinto che “sbloccare la prima tranche del credito non è una soluzione completa e globale perché bisogna prendere in considerazione anche questi problemi”.
Problemi di fronte ai quali “c’è una divergenza di fondo” tra le posizioni di Usa, principali azionisti del Fondo, e Italia, che – dice l’analista – “non sembra possibile riconciliare” perché nella conversazione tra Tajani e Blinken “non sembra esserci stato nessun movimento di riavvicinamento”.
La differenza, conclude rilevando che esiste “un rischio effettivo che la situazione possa degenerare”, sta nel fatto che “l’Italia teme un collasso economico immediato da parte della Tunisia e quindi che non ci sia proprio tempo a disposizione per evitare il default”. Mentre “gli americani sono meno preoccupati da questa prospettiva e soprattutto vogliono utilizzare il prestito del Fondo per fare pressioni sulla Tunisia e convincere il presidente Saied ad ammorbidire le proprie posizioni e a cercare di uscire da questa deriva autoritaria e autoreferenziale che la Tunisia sta seguendo da un po’ di mesi”.
Esteri
Ucraina, allarme Zaporizhzhia: il piano per proteggere la centrale

Si teme un incidente nucleare: i 5 punti fissati dall'Aiea

E’ ”estremamente pericolosa la situazione attorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhia”, la più grande dell’Europa nel sud dell’Ucraina, per ”le azioni di combattimento in corso” nella guerra innescata dall’invasione decisa dalla Russia ormai 15 mesi fa. A far scattare l’allarme è il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) Rafael Mariano Grossi davanti al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. ”Zaporizhzhia non deve essere utilizzata per lo stoccaggio di armi pesanti, tra cui lanciarazzi, munizioni o personale militare”, ha aggiunto, chiedendo alla Russia e alla Ucraina di ”rispettare i cinque punti previsti dal piano per garantire la sicurezza nucleare a Zaporizhzhia”.
Secondo il primo punto, ha detto Grossi, ”non dovrebbero esserci attacchi di alcun tipo da o contro l’impianto, in particolare contro i reattori, lo stoccaggio del combustibile esaurito, altre infrastrutture critiche o il personale”. Inoltre ”l’impianto di Zaporizhzhia non dovrebbe essere utilizzato come deposito o base per armi pesanti (cioè lanciarazzi multipli, sistemi di artiglieria e munizioni e carri armati) o personale militare che potrebbe essere utilizzato per un attacco dall’impianto”.
Grossi, in base al secondo punto, ritiene inoltre che ”Zaporizhzhia non dovrebbe essere utilizzata come deposito o base per armi pesanti (cioè lanciarazzi multipli, sistemi di artiglieria e munizioni e carri armati) o personale militare che potrebbe essere utilizzato per un attacco dall’impianto”. Il terzo punto prevede che ”l’energia esterna all’impianto non dovrebbe essere messa a rischio. A tal fine, dovrebbero essere compiuti tutti gli sforzi per garantire che l’energia elettrica esterna rimanga sempre disponibile e sicura”. Inoltre, come stabilito dal quarto punto, ”tutte le strutture, i sistemi e i componenti essenziali per il funzionamento sicuro e protetto della centrale di Zaporizhzhia dovrebbero essere protetti da attacchi o atti di sabotaggio”. L’ultimo punto sostiene che “non dovrebbe essere intrapresa alcuna azione che mini questi principi”. Grossi ha quindi esortato il Consiglio di sicurezza a sostenerli “senza ambiguità”.
Esteri
Ucraina, 007 Kiev: “Sappiamo dove sono Putin e Prigozhin in tempo reale”

Il portavoce dell'intelligence militare ucraina: "Non vogliamo ucciderli, ma portarli in tribunale"

I servizi ucraini sanno dove si trova il presidente russo Vladimir Putin e il capo della Wagner Yevgeny Prigozhin e “spesso li monitorano in tempo reale”. “Malgrado tutti gli sforzi per nascondere queste informazioni” e l’uso di “tecnologie varie, compresi i sosia”, si tratta di qualcosa “che non può essere nascosto”, afferma il portavoce dell’intelligence militare ucraina Andriy Yusov, in una intervista al Intervistato dal Kyiv Post
“Naturalmente, sappiamo dove sono”, afferma Yusov, sottolineando che non vi sia nessuna intenzione di assassinare Putin o Prigozhin. “Tutti i criminali di guerra devono essere puniti – spiega -, come stato civilizzato l’Ucraina è interessata a che la punizione avvenga nel quadro della legge internazionale e davanti ad un tribunale internazionale”.
“L’Aja sta aspettando di avere Putin vivo dietro le sbarre in tribunale. In questo contesto, la priorità numero uno per l’Ucraina e l’intelligence militare è di portare Putin all’Aja perché sia giudicato in tribunale”, ha spiegato.
Il comportamento di Yevgeny Prigozhin, i suoi attacchi ai vertici militari russi, sono tutti funzionali a posizionarsi ai vertici della Russia post Putin, non certo a sostituirsi al ministro della Difesa Sergei Shoigu, l’analisi di Yusov.
“Per Prigozhin non è abbastanza diventare ministro della Difesa russo” perché sarebbe come diventare “capitano di una nave che è già affondata”, spiega Yusov al Kyiv post. “Quello che interessa Prigozhin, alla gente che coopera con lui e ad alcuni degli abitanti delle torri del Cremlino è il futuro politico nella Russia post Putin. Essere al vertice, sopravvivere sia in senso politico che letterale nella Russia post Putin, mantenere opportunità e ricchezza, è quello a cui è interessata questa gente”, nota Yusov.
In una Russia post Putin, riflette rispondendo ad una domanda del Kyiv post sulla possibilità di una futura guerra civile in Russia, alla luce delle incursioni del Corpo dei Volontari russi nella regione russa di Belgorod, c’è rischio di una guerra di tutti contro tutti fra le milizie private delle grandi compagnie.
“Per quanto riguarda la guerra civile, la Russia è un paese complesso con molte contraddizioni, inter-regionali, inter-etniche, sociali e politiche. Ci sono molte popolazioni indigene, i cui diritti vengono ignorati, ed elite regionali che vorrebbero un altro status per i loro popoli. Ma la principale minaccia – argomenta Yusov – proviene dal regime di Putin, da chi lo circonda e lo serve. Oggi la creazione di compagnie militari private, sul modello Wagner, non è altro che la preparazione di una guerra contro tutti sul territorio russo. Quando ogni Gazprom e Gazprombank avrà la sua piccola compagnia militare per proteggere i suoi beni, spremere qualcosa dagli altri, o evacuare il suo boss. Si tratta di una fonte di minaccia militare”.
“Se la popolazione russa si solleverà per difendere i suoi diritti e sostenere azioni come i recenti eventi a Belgorod, in questo caso diventerà una fonte di stabilità e ordine per la Russia”, dice Yusov. A suo parere, “il sostegno ad azioni di protesta è possibile e sta crescendo. Vediamo una diffusione geografica di questi eventi, sia qualitativamente che quantitativamente”.
Nella regione di Belgorod, afferma, “l’evacuazione spontanea della popolazione che è avvenuta, non erano persone che fuggivano dai ribelli. Fuggivano dall’aviazione e l’artiglieria russa che ha iniziato a bombardare case civili, abitate dai residenti della regione di Belgorod, ciò dimostra il vero atteggiamento del regime di Putin verso la gente”.
Esteri
2 giugno, i trulli nei Gardens by the Bay di Singapore per la festa nazionale


Anche quest’anno torna l’evento di Rose Romance in collaborazione con l’Ambasciata d’Italia a Singapore nelle grandi serre di Gardens by the Bay conosciuti in tutto il mondo come simbolo della Città-stato. La giornata inaugurale del 2 giugno, in occasione della nostra Festa Nazionale, vedrà l’intervento della Ministra per la finanza e lo sviluppo nazionale di Singapore Indranee Rajah, dell’Ambasciatore Mario Andrea Vattani, e con l’occasione, del Vicepresidente della Giunta Regionale della regione Puglia Raffaele Piemontese.
Il pubblico di Singapore conosce l’Italia ma sarà certamente sorpreso dalla vista degli iconici trulli di Alberobello, a dimensione reale, che arricchiranno Gardens by the Bay fino al 16 luglio. Tutto ciò avviene grazie ad una collaborazione con la regione Puglia e segue il successo dell’evento Christmas Wonderland dello scorso dicembre. In quell’occasione erano state esposte le tipiche strutture luminose pugliesi alte oltre 20 metri, opere dell’artigiano barese Gianfranco Paulicelli. Centomila lampadine avevano raccontato ad un pubblico meravigliato la bellezza senza tempo delle luminarie pugliesi.
Quest’anno il pubblico di Singapore avrà la fortuna di assistere a spettacoli ed esibizioni di musicisti e danzatori della ‘Notte della Taranta’ che valorizza la musica tradizionale salentina ed organizza annualmente il festival di musica popolare più grande d’Europa.
Se Gardens by the Bay totalizza ogni anno un pubblico di circa 14 milioni di visitatori, l’evento Rose Romance vanta una grande affluenza. Lo scorso anno, infatti, l’evento ha raggiunto ben 180.000 spettatori, nonostante si trattasse di uno dei primi appuntamenti pubblici post pandemia. Quest’estate, invece, sono 300.000 i visitatori che si potrebbero raggiungere tra gli inizi di giungo e metà luglio.
“Questo evento vuole promuovere la regione Puglia” ha dichiarato l’ambasciatore Vattani, “il suo territorio, e le sue eccellenze enogastronomiche, dando tuttavia la giusta visibilità alle aziende pugliesi, alcune delle quali si distinguono qui a Singapore per l’altissima tecnologia, come ad esempio Mermec”. L’azienda Mermec, con sede a Monopoli, lo scorso dicembre ha infatti firmato a Singapore, in presenza dell’ambasciatore Mario Andrea Vattani e del top management pubblico, privato e governativo dei trasporti del paese, contratti per un valore complessivo di circa 40 milioni di euro. L’azienda, che si caratterizza per l’alto livello tecnologico a servizio dei clienti, ha scelto proprio Singapore la cui metropolitana (Mass rapid transit) é ritenuta tra i sistemi di trasporto urbano più sicuri ed avanzati al mondo.
“Siamo davvero grati a Giuseppe Martellotta di Mercury Agency, Regione Puglia, Puglia Promozione e naturalmente tutti i nostri sponsor: Albea e Capovaccaio per l’erogazione dei vini, Tarallificio Recchia, l’Azienda Maselli per l’olio evo, Rosso Rame, Casa dell’Astore, Bernardo Palazzo, le luminarie pugliesi di Pulicielli Giangranco in collaborazione con la Direzione creativa di Namastè e l’Azienda Deroma” ha ringraziato infine l’Ambasciatore Vattani, “per l’entusiasmo con cui hanno voluto portare in questo nodo strategico del sud-est asiatico una regione che merita di essere conosciuta dal vasto pubblico”.
Esteri
Attacco droni su Mosca, Russia: “Risposta dura a Kiev”

La reazione russa e le accuse all'Ucraina. Colpito il quartiere delle élite Rublyovka, 'zoo dei milionari'

Mosca “si riserva il diritto di adottare le misure più dure possibili” in risposta agli “attacchi terroristici del regime di Kiev”. E’ quanto afferma il ministero degli Esteri russo, dopo gli attacchi con droni di questa mattina sul quartiere Rublyovka, la zona residenziale delle élite russe. L’obiettivo di quello che il presidente Vladimir Putin ha definito ”un attacco terroristico” su Mosca è stato quello di cercare di “provocare” e “spaventare” la Russia. Le difese aree nella capitale russa hanno funzionato bene, ma, ha promesso il leader del Cremlino, verranno rafforzate. “Abbiamo colpito la sede dell’intelligence militare dell’Ucraina due o tre giorni fa. L’obiettivo rientra nell’ambito delle sedi e dei centri decisionali che è possibile colpire”.
L’attacco era diretto “contro obiettivi civili”, ha detto ancora Putin, minacciando ritorsioni e affermando che i cittadini ucraini dovrebbero capire che il loro governo sta spingendo la Russia a intraprendere misure in risposta.
Almeno tre droni hanno sorvolato stamane l’esclusivo quartiere residenziale della Rublyovka, dove si trova anche la residenza del presidente Putin di Novo Ogarevo e quella del numero due del Consiglio di sicurezza nazionale, Dmitry Medevedv. I droni, ha detto Mosca, sono stati abbattuti come altri su altre quattro zone della regione di Mosca.
L’attacco ha causato lievi danni e alcuni feriti. Tra i palazzi colpiti, un condominio di via Profsoyuznaya, dove sono stati danneggiati i piani più alti, la facciata e infrante diverse finestre, con i residenti degli ultimi tre piani evacuati. Un altro edificio in via Atlasov 11, nel quartiere residenziale della Nuova Mosca, ha avuto la facciata e infrante le finestre. Colpito anche un palazzo della via Leninsky, forse dopo che un drone è stato abbattuto.
Dozhd Tv ha reso noto che esplosioni sono state udite nei quartieri residenziali periferici di Odintsovo e Krasnogorsk e intorno alle autostrade di Novorizhskoe e Rublyovskoe, dal nome del quartiere esclusivo in cui vive l’elite politica ed economica russa. Secondo il canale Telegram Baza, sono stati coinvolti nell’attacco 25 droni. Il ministero della Difesa ha parlato invece di soli otto droni tutti, a suo dire, intercettati.
“Questa mattina, il regime di Kiev ha condotto un attacco terroristico nella regione di Mosca. Contro obiettivi civili”. Lo ha detto il ministro degli Esteri russo Sergei Shoigu, parlando alla televisione russa , dopo l’attacco con droni oggi a Mosca.
Il ministro russo della Difesa Sergei Shoigu afferma che Mosca sta monitorando l’accresciuto invio di armi occidentali all’Ucraina e ne colpisce i depositi. I paesi occidentali “stanno aumentando la fornitura di armi all’Ucraina. Monitoriamo il volume e la via dei rifornimenti e, quando la individuiamo, la colpiamo. Negli ultimi giorni, grandi depositi occidentali di armi a Khmelnitsky, Ternopol e Nikolayev sono stati spazzati via e un sistema anti missile Patriot è stato colpito a Kiev”, ha detto Shoigu in una conference call, secondo quanto riferisce la Tass. Secondo Shoigu, i paesi occidentali premono su Kiev perché lanci una controffensiva su vasta scala malgrado, sostiene, l’Ucraina abbia avuto significative perdite di soldati.
Il governo ucraino ha tuttavia negato ogni responsabilità, ma ha sostenuto che questi raid “aumenteranno” in futuro. “Per quanto riguarda gli attacchi: ovviamente siamo contenti di quello che abbiamo visto e prevediamo un aumento del numero dei raid”, ha dichiarato Mykhailo Podolyak, capo dell’ufficio del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in un’intervista ai media locali. “Ovviamente non abbiamo niente a che fare direttamente con questo”, ha aggiunto. Il ministero della Difesa russo ha invece incolpato Kiev per l’attacco “terroristico” contro Mosca con otto droni.
Ivan il Terribile qui cacciava e, dopo Pietro I, vi presero dimora sedici famiglie di principi. Nell’Ottocento, quando vi si era stabilita l’aristocrazia, “nelle case si parlava francese o inglese e il russo era la lingua della servitù che i signori spesso non comprendevano”. Nel Novecento, si trovavano dacie e residenze dei membri del Comitato centrale e della nomenklatura, a partire da Trozky che subito dopo la Rivoluzione d’Ottobre si insediò nel palazzo dei principi Jusupov. Vi abitò il violoncellista Rostropovich che ospitò, nella dependance della sua residenza, lo scrittore Aleksandr Solgenitsyn prima del suo esilio. Vi abitò Boris Eltsin presidente. Nel Duemila, iniziarono a essere costruite le ville degli oligarchi.
Ecco riassunta in poche righe la storia del quartiere della Rublyovka, che oggi almeno tre droni hanno sorvolato poco prima di essere abbattuti, una zona di boschi secolari che si estende intorno alla superstrada Rublyovo-Uspenskoe. Gli oligarchi si sono avvicendati. Ma la zona rimane la più esclusiva della capitale.
“A Mosca lo zoo dei milionari si chiama Rublyovka. Niente gite da queste parti. Tanto le ville non si vedono comunque, oltre gli altissimi muri di recinzione”, ha scritto Valerij Panjuskin, nel libro Rublyovka, pubblicato nel 2013 (in Italia l’anno successivo da E/O con il titolo “L’olimpo di Putin”). Una zona a forma di “cetriolo lungo venti chilometri e largo una dozzina”. E quando passano i cortei di auto del Presidente o del Premier le auto di lusso che percorrono abitualmente quel tratto di superstrada rimangono pazientemente ferme per 40 minuti.
Esteri
“Rischio estinzione con intelligenza artificiale”: allarme dalle Big Tech

Avvertimento in una lettera firmata da 350 leader del settore, tra cui l'amministratore delegato di OpenAI, Sam Altman

“Mitigare i rischi di estinzione rappresentati dall’Intelligenza artificiale deve essere una priorità globale insieme ad altri rischi di per la società come le pandemie e la guerra nucleare”. E’ quanto si legge nella sintetica, ed allarmante, dichiarazione firmata da oltre 350 ricercatori e leader dell’industria dell’Ai, tra i quali Sam Altman, amministratore delegato di OpenAI, e 38 membri dell’unità di intelligenza artificiale di DeepMind di Google.
La lettera, diffusa dal Center for AI Safety, è l’ultimo di una serie di allarmi sui rischi potenziali di questa nuova tecnologia come l’appello firmato alla fine di marzo da oltre mille accademici, esponenti del mondo del business e della tecnologia.
“Abbiamo bisogno che sia diffusa la consapevolezza di quello che è in gioco prima di aver proficue discussioni”, ha detto Dan Hendrycks, presidente del Center, spiegando la scelta di limitare la lettera ad una sola frase per “mostrare che i rischi sono abbastanza gravi da aver bisogno di proposte proporzionate”.
Esteri
Kosovo, ex comandante gen. Farina: “Iintollerabili violenze contro militari, Kfor sempre imparziale”

"Sicurezza, dialogo e tutela minoranze parole chiave per pacificazione"

“Sicurezza, dialogo e tutela delle minoranze”. Sono queste le parole-chiave per la pacificazione in Kosovo, secondo il generale Salvatore Farina, tra il 2013 e il 2014 comandante dell’operazione Nato Joint Enterprise Kfor in Kosovo ed ex Capo di Stato Maggiore dell’Esercito. “Le violenze di ieri sono condannabili e intollerabili nei confronti delle truppe di Kfor sempre imparziali, a supporto della pacificazione e del dialogo, unica forza che garantisce la sicurezza – ha detto all’Adnkronos – Tra l’altro si è trattato di violenze non provocate, quasi una escalation che va periodicamente a rialimentarsi”.
“Quanto accaduto è dovuto al mancato raggiungimento di una regolarizzazione che auspica l’Unione europea che guida il dialogo tra Belgrado e Pristina dal 2013. La causa scatenante – spiega – è questa elezione boicottata da parte serba. Teniamo presente che in quei quattro comuni la stragrande maggioranza è serba, circa il 3%, massimo 4% è di etnia albanese. Ed è chiaro che, non votando i serbi, i soli voti degli albanesi hanno eletto il loro rappresentante. Far insediare i sindaci senza un confronto è stata una scintilla che ha fatto esacerbare gli animi e la popolazione locale ha deciso di ostacolarne l’ingresso nel comune. D’altra parte non si vede, nella pratica, come avrebbero potuto esercitare un’attività amministrativa non rappresentando democraticamente l’intera popolazione”.
Cosa bisogna, quindi, fare per il futuro? “Sicuramente cercare di creare un tavolo di dialogo costruttivo, evitando però azioni unilaterali da entrambe le parti senza un confronto, perché generano delle incomprensioni oppure dei dissapori o addirittura delle proteste, fino alle violenze. Sarebbe stato meglio aprire un confronto, cercare di rifare le elezioni e convincere la popolazione serba ad andare a votare. Manca un tassello importante, di cui si parla da mesi, l’associazione delle municipalità a maggioranza serba sempre messa sul tavolo, quasi finalizzata ma mai firmata, attuata. Detto ciò, in Kosovo è giusto che Kfor non solo rimanga ma se necessario anzi rinforzata e tenga il suo profilo proattivo e imparziale come è sempre stato”. Non potrà essere un nuovo Afghanistan, spiega il generale Farina “perché le condizioni sono diverse, tra l’altro Kfor è stata sempre benvoluta anche a nord dove ci sono i serbi ed ha le basi principali per garantire anche le minoranze albanesi che si trovano lì. I nostri militari svolgono attività di monitoraggio h24, proprio per vigilare sul fatto che non insorgano violenze”. (di Silvia Mancinelli)
Esteri
Attacco droni su Mosca, dopo il Cremlino colpite residenze delle élite

Nessuna vittima, pochi danni materiali, ma impatto simbolico enorme

Quella di oggi è la seconda incursione di droni a Mosca, a 450 chilometri dal confine ucraino in linea d’aria, dopo quella che ha portato altre due aerei senza pilota sul Cremlino lo scorso 3 maggio. Anche in quel caso, l’attacco alla capitale si era verificato, come quello di oggi, alle prime ore della giornata. I due droni erano stati fatti esplodere sulla cupola del Palazzo del Senato del Cremlino. Nessuna vittima, pochi danni materiali, solo due tegole del manto in rame a copertura del tetto da sostituire, come questa mattina, ma impatto simbolico enorme.
Il centro del potere in Russia e, oggi, anche la zona in cui risiedono le élite del Paese, nei boschi intorno all’autostrada della Rublyovka, la stessa aerea in cui si trova Novo Ogarevo residenza del presidente Vladimir Putin e quella del numero due del Consiglio di sicurezza Dmitry Medvedev. Non è ancora chiaro quanti siano stati i droni coinvolti nell’attacco, forse 32. Variano anche le versioni di Mosca sul numero dei droni abbattuti. Tre di questi, secondo quanto hanno ammesso il presidente della Commissione informazione della Duma Aleksander Khinshtein e il comandante della Wagner Evgheny Prigozhin, sono stati abbattuti mentre sorvolavano la zona della Rublyovka.
Lo scorso febbraio, un altro drone, molto probabilmente un UJ-22 di fabbricazione ucraina, si era schiantato a un centinaio di chilometri da Mosca. E a dicembre, un attacco con droni aveva colpito la base aerea di Engels, a 600 chilometri dal confine con l’Ucraina, provocando tre morti.
Dall’inizio dell’anno, la Bbc ha contato, sulla base delle informazioni raccolte dai media in Russia, più di 30 attacchi con droni all’interno della Russia e dei territori ucraini controllati dalla Russia, la maggior parte dei quali tuttavia nelle vicine Bryansk e Belgorod e in Crimea. Gli obiettivi di questi attacchi, tutt’altro che simbolici invece, sono raffinerie, depositi di carburante, altre infrastrutture.
Esteri
Elon Musk a Pechino, ceo Tesla a colloquio con ministro Esteri

Il capo della diplomazia cinese: "Relazioni Cina-Usa sane, stabili e costruttive sono vantaggiose non solo per entrambi i Paesi, ma per il mondo intero"
Il ceo di Tesla e proprietario di Twitter, Elon Musk, ha incontrato a Pechino il ministro degli Esteri cinese, Qin Gang. Secondo quanto riferito dalla diplomazia cinese, Qin ha affermato che lo sviluppo della Cina è un’opportunità per il mondo intero e Pechino continuerà a promuovere l’apertura verso le aziende che hanno respiro globale, inclusa la Tesla.
“Relazioni Cina-Usa sane, stabili e costruttive sono vantaggiose non solo per entrambi i Paesi, ma per il mondo intero”, ha aggiunto il ministro, mentre dal canto suo Musk ha sostenuto che Tesla si oppone all’interruzione della produzione e delle catene di approvvigionamento ed è pronta a continuare a espandere il proprio business in Cina.
Esteri
Droni su Mosca, Prigozhin: “Colpite case élite militare russa, lasciatele bruciare”

Nelle vicinanze si trova anche una residenza ufficiale di Vladimir Putin
Nuova tirata di Yevgheny Prigozhin contro l’élite militare russa, dopo che alcuni droni hanno sorvolato zone centrali di Mosca. “Perché c…state permettendo a questi droni di volare su Mosca – ha tuonato il fondatore di Wagner, nell’ennesimo attacco contro i responsabili della difesa russi -. Volano su Rublyovka, a casa loro, lasciate che brucino”. Rublykova è un sobborgo della capitale dove risiede l’élite politica, imprenditoriale e culturale moscovita e nelle cui vicinanze si trova anche una residenza ufficiale di Vladimir Putin.
Poi Prigozhin ha denunciato che la Russia è indietro “di decenni” rispetto agli ucraini per quanto riguarda le capacità difensive dai droni, con Mosca che “non ha fatto assolutamente nulla” per mettersi al passo.
Esteri
Kosovo, Mosca: “Basta accusare i serbi, scontri provocati da forze Nato”

Intanto la Russia accusa le forze Kfor: "Sono responsabili dell'escalation"

L’Occidente deve “smettere di incolpare” i serbi per gli incidenti scoppiati in Kosovo e di influenzare le autorità di Pristina. Lo ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, che ha esortato anche a “non provocare Belgrado”, che è stata “costretta” a schierare le truppe al confine con il Kosovo “a rischio di essere nuovamente accusata per l’escalation della tensione”.
La portavoce, riferendosi agli incidenti di ieri, ha sostenuto che le forze della missione Nato (Kfor) hanno dimostrato mancanza di professionalità nell’affrontare la situazione. “Non solo hanno mostrato la loro mancanza di professionalità, ma sono anche diventate una fonte di violenza inutile, un fattore di escalation”, ha affermato Zakharova.
La portavoce, citata dai media russi, ha quindi sottolineato che servono “passi risoluti” per una de-escalation tra serbi e kosovari e non “mezze misure come l’idea degli americani di trasferire i nuovi sindaci dai municipi ad altre strutture”.
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