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Basilicata, Latronico: “Piano paesaggistico...
Basilicata, Latronico: “Piano paesaggistico opportunità di sviluppo”
"Una lettura puntuale sui nostri borghi e le aste fluviali, ma anche sulle coste e sui percorsi storici e le architetture rurali, ci consente di considerare il nostro territorio un valore su cui continuare a investire per creare nuove opportunità"
“Il lavoro impegnativo sul Piano paesaggistico regionale portato avanti dai tecnici e condiviso con i ministeri della cultura e dell’ambiente rappresenta una diagnostica perfetta che analizza tutte le risorse che compongono il nostro territorio per immaginarlo non solo in termini di conservazione e tutela, ma anche in una prospettiva di sviluppo. Una lettura puntuale sui nostri borghi e le aste fluviali, ma anche sulle coste e sui percorsi storici e le architetture rurali, ci consente di considerare il nostro territorio un valore su cui continuare a investire per creare nuove opportunità, soprattutto oggi che il paesaggio è considerato un elemento che esprime pienamente la storia e la cultura dei luoghi, come ci insegna il fenomeno del turismo delle radici”.
È quanto ha dichiarato stamane l’assessore all’Ambiente, territorio ed energia della Regione Basilicata, Cosimo Latronico, nel corso della conferenza stampa incentrata sulla delibera approvata nei giorni scorsi dalla giunta che recepisce il risultato del lavoro sul Piano paesaggistico, avviato nel 2020 e prodotto da un team di esperti composto in prevalenza da professionalità dell’amministrazione regionale.
Intanto, è stato avviato il procedimento relativo alla Valutazione ambientale strategica (Vas), la cui fase preliminare si è conclusa a marzo 2020, ed è iniziata la fase definitiva di valutazione che nei prossimi mesi accompagnerà alla Conferenza di pianificazione, momento fondamentale di confronto con le amministrazioni comunali e provinciali, oltre che con le associazioni ambientaliste. Una volta conclusa la Conferenza, il Piano paesaggistico passerà per l’adozione dalla giunta prima di essere approvato dal Consiglio regionale.
“Sono sette finora le Regioni italiane che, in linea con il Codice del paesaggio del 2004, si sono dotate di un Piano per coniugare il benessere delle comunità con la salvaguardia del territorio” ha spiegato l’architetto della Regione Basilicata Anna Abate, chiarendo che la documentazione prodotta dal gruppo di lavoro, disponibile sul sito della Regione Basilicata all’indirizzo https://ppr.regione.basilicata.it/, riguarda 1300 beni culturali, monumentali e architettonici, 32 aree di notevole interesse pubblico, 21 laghi e invasi artificiali, 697 aste fluviali, 20 parchi e riserve nazionali e regionali, 762 aree coperte da foreste e boschi, 2 zone umide, lo strato vulcanico del Vulture, oltre a 62 siti della Rete Natura 2000, 100 geositi, 100 tra masserie e mulini, 120 fontane e lavatoi e 160 alberi monumentali.
Il direttore generale del dipartimento Ambiente, territorio ed energia, Roberto Tricomi, ha detto che “il piano paesaggistico, attraverso l’importante lavoro di ricognizione racconta la storia di un territorio ricco di risorse naturali che nel passato non è riuscito a tenere il passo con lo sviluppo di altre aree del Paese. Quando quella corsa allo sviluppo è diventata frenesia per molti territori e ha finito per divorare le culture e le vocazioni locali saturandone la bellezza il ritardo della Regione Basilicata si è trasformato in occasione. Grazie a quel ritardo – ha aggiunto Tricomi – la Regione Basilicata conserva una dotazione di risorse naturali, tradizioni, usi e vocazioni territoriali il cui valore è stato nel frattempo riscoperto. La tranquillità dei nostri borghi e la loro vivibilità, le tradizioni agricole, le risorse naturali non soffocate dall’antropizzazione, ci consegnano una nuova occasione”.
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Ucraina in pressing su G7. Allarme Cia: senza armi Usa,...
Kuleba rinnova la richiesta per sistemi di difesa aerea
L'Ucraina chiede di accelerare la consegna dei sistemi di difesa aerea Patriot e Samp/T, determinanti per contenere gli attacchi della Russia. La Cia, intanto, lancia l'allarme: senza le armi degli Usa, Kiev rischia di perdere la guerra entro il 2024. Al Congresso sono bloccati 60 miliardi di dollari di aiuti destinati al paese guidato dal presidente Volodymyr Zelensky. Il Senato ha dato il via libera, ma la Camera dei Rappresentanti a maggioranza repubblicana non ha ancora votato e il semaforo verde non è scontato.
In questo quadro, la Cia ha mandato un messaggio chiarissimo. Se gli Stati Uniti non manderanno altri aiuti militari, l'Ucraina potrebbe "perdere" la guerra contro la Russia entro la fine dell'anno. L'allarme - fra i più netti finora inviati dall'amministrazione Biden al Congresso - è stato lanciato dal direttore della Cia, William Burns, che appena un mese fa si era limitato ad avvertire del rischio che Kiev "perda terreno e probabilmente terreno significativo nel 2024".
Ora, parlando al George W. Bush Center, Burns è andato molto oltre: "Con la spinta che verrebbe dall'assistenza militare, sia dal punto di vista pratico che psicologico, credo che gli ucraini siano assolutamente in grado di resistere fino al 2024". Ma, ha continuato, "senza assistenza supplementare, il quadro è molto più disastroso: c'è il rischio molto concreto che gli ucraini possano perdere sul campo di battaglia entro la fine del 2024, o almeno mettere Putin in una posizione tale da poter dettare i termini di una soluzione politica".
Kuleba al G7: "Servono sistemi di difesa aerea"
I raid effettuati dalla Russia negli ultimi giorni hanno acceso i riflettori sulla priorità assoluta per l'Ucraina: servono sistemi di difesa aerea. E' il punto su cui ha insistito il ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba, nel suo giro di bilaterali a Capri, teatro del G7 Esteri, dopo l'ennesima strage russa nella città di Chernihiv. Un appello, quello di Kiev, che segue l'irritazione manifestata dal presidente Zelensky, per il diverso trattamento che l'Occidente - a suo parere - ha riservato ad Israele rispetto al suo Paese nel fronteggiare la minaccia dai cieli.
E che è stato accolto dai capi delle diplomazie dei 'Grandi' della Terra, che hanno espresso la volontà politica di garantire all'Ucraina l'assistenza militare necessaria, così come dal segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, secondo cui segnali "positivi" sul sostegno militare all'Ucraina sono arrivati dagli Usa e da altri alleati come la Germania. Anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha sottolineato che "abbiamo tutti confermato il nostro massimo impegno" sull'Ucraina.
"Aiutare l'Ucraina significa lavorare per la pace - ha dichiarato Tajani nel suo intervento nella sessione di apertura del G7 - Se l'Ucraina perde, Putin non si siederà mai al tavolo della pace. E' nostro dovere aiutare il Paese in difesa dei valori di libertà, democrazia e rispetto del diritto internazionale".
Durante i faccia a faccia con i suoi colleghi, il titolare della Farnesina ha ribadito come il sostegno politico, finanziario e militare a Kiev sia "essenziale per permettere all'Ucraina di sedere al tavolo di pace in condizioni di parità". Concetto sottolineato anche da Stoltenberg, che in un punto stampa ha esortato gli alleati a dare i propri Patriot e Samp/T perché ogni giorno di ritardo "provoca sempre più morti e danni in Ucraina".
Kuleba, dal canto suo, ha indicato come una "priorità" l'arrivo "il prima possibile" dei sistemi di difesa aerea nel colloquio avuto nell'isola campana con il segretario di Stato americano, Antony Blinken, mentre dagli Usa arrivano prime notizie incoraggianti per Kiev sugli aiuti militari bloccati dal Partito Repubblicano.
Gli aiuti americani non cambieranno la situazione al fronte che è "sfavorevole" gli ucraini, ha rintuzzato subito il portavoce del Cremlino, Dmytro Peskov, secondo cui sarà solo "l'industria bellica americana" a trarre vantaggio della situazione. "E' un passaggio fondamentale per andare verso la pace perché Putin si siederà intorno a un tavolo solo se capirà che è impossibile sconfiggere l'Ucraina", ha invece tenuto il punto Tajani.
"Non ci sono divisioni tra gli alleati" in merito agli aiuti all'Ucraina, "all'interno del G7 c'è piena solidarietà", ha evidenziato Kuleba, sottolineando a Sky Tg24 che i Patriot americani e i Samp/T franco-italiani "sono gli unici sistemi capaci di intercettare i missili balistici russi". Il ministro, riferendosi anche alla carneficina di Chernihiv, ha chiarito senza mezzi termini che si tratta di "una questione di vita o di morte", aggiungendo che l'unico motivo della sua visita a Capri è garantire che l'Ucraina abbia i mezzi per difendersi. Lo scenario da scongiurare è quello della "Terza Guerra Mondiale" che diventerebbe realtà se la Russia vincesse la guerra, ha scandito il premier ucraino, Denys Shmyhal, intervistato alla Bbc.
E una sponda importante il governo ucraino l'ha trovata nei vertici delle istituzioni europee. "Dobbiamo assumerci le nostre responsabilità e smettere di dire: lo faranno gli Stati Uniti. Abbiamo i Patriot, abbiamo sistemi antimissili. Dobbiamo tirarli fuori dai nostri depositi e inviarli in Ucraina. Sono sicuro che lo faremo, ma dobbiamo farlo in fretta", è stato lo sprone dell'Alto rappresentante per la politica estera dell'Ue, Josep Borrell, mentre da Mosca si registra una nuova strategia nei bombardamenti.
La nuova strategia russa
Nelle ultime settimane, infatti, le forze russe hanno iniziato ad infliggere danni al sistema energetico ucraino, cercando di colpire anche i vasti depositi di gas sotterraneo su cui hanno contato i Paesi della Ue lo scorso inverno per scongiurare crisi di approvviggionamento. Le rovine della bombardata centrale termoelettrica a carbone di Trypilska, la principale centrale di Kiev a 50 km a sud della capitale che produceva elettricità per milioni di persone, sono il simbolo di questo cambio di passo.
"Dobbiamo prendere decisioni più rapide per sostenere maggiormente l'Ucraina perché non possiamo permetterci la vittoria di Putin. L'Ucraina sta combattendo, ma ha bisogno di armi e noi dobbiamo fornirle molto più rapidamente", ha rimarcato Borrell, mentre da Bruxelles, il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ha evidenziato l'estrema determinazione dell'Europa a sostenere l'Ucraina, sottolineando che per la consegna delle armi chieste da Zelensky "non è questione di mesi, ma di giorni o settimane". Schierati con Kiev senza esitazioni si sono confermati i Paesi baltici, che hanno rivelato quello che concretamente chiede l'Ucraina ai suoi alleati. Nient'altro che "sei" sistemi Patriot, ha affermato la premier estone, Kaja Kallas.
"Si sta valutando cosa si può dare e che disponibilità c'è, l'Italia non ha Patriot quindi non è una questione che ci riguarda, noi abbiamo già avuto un pacchetto che è stato approvato poco tempo fa", ha chiosato Tajani. Intanto oggi pomeriggio si terrà nel quartier generale dell'Alleanza a Bruxelles una riunione del Consiglio Nato-Ucraina alla quale Zelensky parteciperà da remoto.
Politica
Ue, Meloni si sfila da ‘toto-Draghi’:...
"Sono i cittadini che decidono le maggioranze, non partecipo al dibattito"
Non apre e non chiude, semplicemente si sfila. Perché sul futuro di Mario Draghi ai vertici dell'Europa - quella che verrà dopo il voto del 9 giugno - per Giorgia Meloni si fa mera "filosofia". I giochi si decideranno soltanto poi, quando i voti saranno nero su bianco e i rapporti di forza ben definiti. Tutto questo dibattere attorno all'ex premier e numero uno della Bce sembra quasi infastidirla. Lasciando l'Europa Building dopo un Consiglio europeo che si è protratto ben oltre ogni più fosca aspettativa -tanto che al 'fischio' di fine vertice un applauso spontaneo si leva dalla sala stampa-, la premier si ferma per un punto stampa alla lanterna, rispondendo a ogni singola domanda come fosse su un ring.
Aborto, par condicio, carcere per i giornalisti, discesa in campo di Ilaria Salis, vendita dell'Agi: ribatte domanda su domanda parlando spesso -per ben 4 volte- di fake news. E anche su Draghi, lascia intendere, è la stampa ad aver 'ricamato'. "Io sono contenta che si parli di un italiano - premette - ma questo dibattito è filosofia. La tendenza di decidere prima che i cittadini votano non mi troverà mai d'accordo. Sono i cittadini che decidono le maggioranze, per questo non parteciperò al dibattito" su Draghi sì, Draghi no, Draghi forse.
"Questo dibattito è buono per i titoli dei giornali e fare campagna elettorale - aggiunge poi - ma non è così che funziona. Questa tendenza a tentare di decidere chi fa cosa prima che i cittadini votino è una tendenza sulla quale non mi troverete mai". E pazienza se le parole pronunciate da 'Super Mario' alla vigilia del vertice siano suonate alle orecchie di molti come un discorso programmatico, la rotta che punta a un ruolo di peso nei futuri assetti europei.
"A giugno spero l'Europa sia diversa, capace di rispondere alle sfide"
I giochi si fanno poi, torna a ribadire Meloni, che mezz'ora prima dell'avvio del summit incontra la presidente uscente Ursula Von Der Leyen, candidata del Ppe in corsa per il bis ma con un certo affanno, complice il 'fuoco amico' del Partito popolare europeo. Con lei, dirà poi Meloni incontrando i giornalisti, ha parlato di migranti, con i flussi "in significativo calo", rivendica, prova che la strategia messa in piedi "sta dando risultati". Ma è comunque un'Europa "diversa" quella che la premier italiana vede dopo il voto, “capace di rispondere alle grandi sfide” che l’attendono.
Perché un cambio di passo va impresso, e il rapporto di Enrico Letta - su cui oggi si sono 'accapigliati' i leader- e il cambiamento "radicale" chiesto da Draghi dimostrano, rimarca, che le critiche mosse in passato da chi certo non vantava l’etichetta dell’europeista convinto un fondamento l’avevano: "Fino a ieri ci dicevano che andava tutto bene - rivendica Meloni, ricordando il 'pedigree' di Letta e Draghi - oggi fanno i conti con il fatto che le priorità sono altre".
E lei sente di avere l’opinione pubblica dalla sua parte: "Potete continuare a ripetere che sono una pericolosa fascista e mi aiutate anche, visto che penso che la gente che vede il lavoro di questo governo si renda conto che gli estremisti stanno da un'altra parte", dice. Come stanno dall'altra parte, per l'esattezza "a sinistra" -accusa- quelli che vorrebbero cambiare la Legge 194, ma che a suo dire non hanno il coraggio di dirlo, di intestarsi la battaglia.
Meloni difende a spada tratta l’emendamento della discordia al dl Pnrr quater sui movimenti pro-vita nei consultori: "Ricalca esattamente il testo della 194", che è una "legge equilibrata". Anche sul 'balletto' andato in scena in vigilanza sulle regole della par condicio, "non c’è nessuna TeleMeloni, non accetto lezioni di democrazia da nessuno", tuona.
Mentre il carcere per i giornalisti - altra notizia che ha infiammato il dibattito - "c’è già, è una legge di Fdi che lo sta togliendo". Lei, assicura, difende "la libertà di stampa", e infatti assicura non ci sia la sua ‘manina’ -"ho letto tante falsità e ricostruzioni surreali"- dietro la vendita dell’Agi, al centro della trattativa Eni-Angelucci: "Non so se chi ispira queste letture fosse abituato a usare le partecipate dello Stato per risolvere i problemi privati degli amici o per stiparci i parenti, può essere che sia stato così ma non è la mia lettura su a cosa servano le partecipate”.
"Salis candidata? Non so quanto aiuti..."
Sul caso Salis - mentre la candidatura per Avs viene prima smentita e poi annunciata - Meloni assicura che il Governo continuerà a fare il suo lavoro. "Non cambia nulla" riguardo alla detenzione della maestra 39enne, "verrà garantita comunque come è giusto". "La politicizzazione della vicenda, come ho già detto in passato, non so quanto possa aiutare il caso in sé", ma "le scelte personali di Salis non mi permetto di giudicarle".
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Gli Stati Uniti mettono il veto su adesione piena Palestina...
Hanno votato contro durante il Consiglio di Sicurezza
Al Consiglio di Sicurezza gli Stati Uniti hanno votato contro la richiesta palestinese di diventare membro a pieno titolo delle Nazioni Unite. Il Consiglio, composto da 15 membri, ha votato un progetto di risoluzione che raccomandava ai 193 membri dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di ammettere "lo Stato di Palestina alle Nazioni Unite".
Il progetto di risoluzione ha ricevuto 12 voti a favore, due astenuti e un voto contrario. Una risoluzione del Consiglio di sicurezza ha bisogno di almeno nove voti a favore e nessun veto da parte di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia o Cina per essere approvata.