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Sostenibilità

Per gli italiani lo stipendio al primo posto, ma i più si...

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Per gli italiani lo stipendio al primo posto, ma i più si sentono sottopagati

Giusto compenso, flessibilità e soddisfazione professionale tra i desideri dei lavoratori di oggi

Emoticon insoddisfatta

Nel mondo del lavoro contemporaneo, la remunerazione assume un ruolo cruciale nel determinare il grado di soddisfazione e coinvolgimento dei dipendenti. Secondo recenti dati forniti dall'Adp (People at Work: Workforce View 2023), per il 53% degli italiani lo stipendio è l'aspetto più importante del lavoro. Tuttavia, il 46% si sente sottopagato, e un ulteriore 15% lamenta errori nella compilazione della busta paga, nonostante il processo sia ormai digitalizzato.

Un'indagine globale condotta dall'Adp Research Institute ha rivelato un legame diretto tra la percezione della giusta retribuzione e il coinvolgimento totale dei dipendenti sul luogo di lavoro. Coloro che ritengono di essere compensati adeguatamente mostrano il triplo delle probabilità di essere pienamente impegnati nel loro ruolo. Al contrario, circa la metà di coloro che si ritengono insoddisfatti della retribuzione attuale sono attivamente alla ricerca di nuove opportunità lavorative.

Paghe e retribuzione: qual è la giusta misura?

Le aspettative dei lavoratori riguardo agli aumenti di stipendio sono più alte che mai. Più del 60% ha già goduto di un aumento lo scorso anno, con una media del 6,4%. Tuttavia, la fame di compensi giusti non sembra placarsi, soprattutto considerando che quasi la metà dei lavoratori ritiene di essere sottovalutata rispetto al proprio ruolo.

Le richieste di aumenti di stipendio non accennano a diminuire. Più dell'83% dei dipendenti si aspetta un aumento nel corso del 2023, con una media prevista dell'8,3%. Tra questi, oltre un terzo (34%) confida addirittura in un incremento del 10% o più. Sebbene gli uomini tendano a ricevere aumenti di stipendio più consistenti rispetto alle donne, sono anche i più propensi a dichiarare di essere sottopagati.

Gli errori nei pagamenti rimangono un problema diffuso, aggravato dalla crescente crisi del costo della vita che mette a dura prova le finanze dei lavoratori. Il 43% dei lavoratori segnala di ricevere regolarmente o occasionalmente una retribuzione inferiore a quella prevista, contribuendo a possibili problemi di liquidità e, in alcuni casi, a difficoltà economiche reali.

La situazione economica attuale rende urgente l'attenzione sulle paghe. Anche i dipendenti con stipendi più alti avvertono la pressione dei crescenti costi di vita, con bollette in aumento, affitti sempre più cari e spese alimentari alle stelle. In questo contesto, garantire una retribuzione adeguata diventa fondamentale per la stabilità finanziaria dei lavoratori.

Ma come stanno reagendo le aziende di fronte a queste richieste di aumento stipendiale? Nonostante le sfide legate all'aumento dei costi e alla riduzione dei margini di profitto, più del 62% dei lavoratori ha ricevuto un aumento nell'ultimo anno, sebbene inferiore all'inflazione globale prevista. Tuttavia, molte aziende stanno esplorando alternative innovative per soddisfare le esigenze dei dipendenti, come ulteriori ferie pagate, riduzione della settimana lavorativa e buoni spesa.

Affrontare il divario retributivo rimane una sfida, con gli uomini che continuano a ricevere aumenti più consistenti rispetto alle donne. Tuttavia, ignorare le esigenze di equità retributiva potrebbe comportare la perdita di talenti e competenze fondamentali per le aziende, così come scoraggiare la futura generazione di lavoratori.

L'importanza e l'impatto della flessibilità

La flessibilità nel lavoro ha subito una rivalutazione significativa, con un maggiore focus sull'avanzamento di carriera e sulla soddisfazione professionale. Tuttavia, nonostante questa trasformazione, quasi tre lavoratori su dieci (29%) ritengono ancora fondamentale la flessibilità dell'orario di lavoro.

L'approccio di lavoro ibrido, che combina giorni in ufficio e giorni da remoto, è particolarmente gradito dai dipendenti, con il 60% di essi che si dichiara soddisfatto della flessibilità offerta. Al contrario, coloro che trascorrono tutti i giorni in ufficio mostrano una minore soddisfazione (50%). La sfida per i datori di lavoro è quindi trovare un equilibrio che risponda alle diverse esigenze di flessibilità dei dipendenti.

La possibilità di lavorare da remoto offre maggiori libertà, con il 22% dei dipendenti che può scegliere il luogo di lavoro. Questo gruppo mostra anche un'apertura maggiore verso l'idea di entrare nella gig economy, con il 14% che considera questa opzione. Tuttavia, solo l'8% dei lavoratori ha effettivamente preso in considerazione il lavoro freelance nell'ultimo anno, suggerendo che l'attuale ambiente di lavoro offre pochi incentivi in tal senso.

Il lavoro da remoto sta assumendo una dimensione sempre più internazionale, con quasi la metà dei lavoratori (48%) che si è già trasferita o sta pensando di trasferirsi all'estero pur continuando a lavorare per il proprio datore di lavoro attuale. Questo fenomeno è particolarmente diffuso tra i lavoratori dell'Asia Pacifica e tra i dipendenti di sesso maschile.

Tuttavia, se i datori di lavoro non possono offrire aumenti di stipendio o altre forme di retribuzione, dovranno trovare modi alternativi per soddisfare i dipendenti e mantenerne la motivazione e la fedeltà. In questo contesto, le opportunità di avanzamento di carriera e la soddisfazione sul lavoro assumono un ruolo sempre più importante rispetto alla flessibilità dell'orario di lavoro.

Promuovere la salute mentale sul posto di lavoro

I dipendenti riconoscono sempre più l'importanza di poter parlare apertamente della propria salute fisica e mentale sul posto di lavoro. Tuttavia, nonostante questa apertura, la maggior parte dei lavoratori non si sente adeguatamente supportata dai propri responsabili (64%) e colleghi (71%), sebbene si registri una lieve diminuzione rispetto agli anni precedenti.

Anche se meno dipendenti segnalano che il lavoro risente della loro salute mentale rispetto all'anno scorso, la percentuale rimane ancora alta, con quasi la metà (47%) che ne risente. Inoltre, il 65% dei lavoratori afferma che lo stress ha un impatto negativo sul loro lavoro.

Per affrontare queste sfide, i datori di lavoro stanno introducendo iniziative sempre più innovative per promuovere la salute mentale. Tra queste, le attività di team building e le pause per la gestione dello stress sono tra le più diffuse. Tuttavia, si osserva un calo nell'offerta di consulenza specializzata, mentre i programmi di assistenza ai dipendenti stanno diventando più comuni.

Inoltre, le aziende stanno intensificando gli sforzi per promuovere la diversity, l'equità e l'inclusione, con le grandi aziende che guidano il cambiamento in questo settore.

Una cultura aziendale inclusiva che valorizzi e supporti i dipendenti è cruciale per attirare e trattenere talenti e promuovere la produttività. Le aziende devono imparare dalle migliori pratiche dei loro concorrenti e adattarsi alle mutevoli esigenze della forza lavoro.

Riconoscendo l'importanza del benessere finanziario, molti datori di lavoro offrono consulenze in materia, sebbene vi siano disparità regionali in questo ambito. Tuttavia, il benessere psicofisico rimane una sfida significativa, nonostante la maggior parte dei dipendenti si senta libera di discutere apertamente della propria salute mentale.

Un'altra sfida è la percezione che i manager e i colleghi non siano in grado di affrontare i problemi di salute mentale senza giudicare. Questo dimostra la necessità di fornire formazione adeguata su questo tema per garantire un ambiente di lavoro sano e inclusivo.

Il futuro del lavoro si presenta con un'aura di incertezza, amplificata dalla serie di shock che i lavoratori hanno sperimentato negli ultimi anni. La prospettiva di una recessione globale, conflitti geopolitici in corso, il persistente impatto della pandemia di COVID-19 e il rapido avvento dell'intelligenza artificiale e dell'automazione del lavoro aggiungono ulteriori elementi di turbolenza.

I risultati del sondaggio forniscono un'illuminante panoramica su come i dipendenti stiano affrontando questa incertezza, mostrando il loro grado di preparazione per il futuro in termini di investimenti nelle competenze e prospettive di carriera. Emergono anche strategie adottate per rendere le proprie carriere resilienti agli imprevisti, con differenze significative tra le diverse generazioni.

Nonostante le sfide, i lavoratori mantengono un elevato livello di soddisfazione per il loro attuale impiego e rimangono ottimisti riguardo al futuro lavorativo. La stragrande maggioranza (90%) si dichiara contenta del proprio lavoro, con una netta variazione geografica che evidenzia le peculiarità regionali. Analogamente, l'ottimismo per i prossimi cinque anni è ancora ben radicato, con l'87% degli intervistati che guarda al futuro con fiducia.

È interessante notare che, nonostante le difficoltà iniziali della loro carriera, i lavoratori più giovani si distinguono per un maggiore ottimismo.

Dopo tre anni segnati dalla pandemia, le dinamiche lavorative stanno pian piano ritrovando una certa stabilità. Tuttavia, le aspettative dei dipendenti rimangono costanti: stipendio equo, flessibilità, un ambiente di lavoro positivo e opportunità di crescita professionale continuano a occupare i vertici della lista dei desideri.

In questo contesto mutevole, i datori di lavoro hanno il compito di non sottovalutare l'importanza di concedere ai dipendenti maggior controllo e supporto per realizzare il loro potenziale. Favorire un clima di lavoro che promuova la motivazione e l'impegno dei dipendenti potrebbe essere la chiave per navigare con successo le sfide future del mondo del lavoro.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Piantare alberi nel modo giusto, la scienza in soccorso del...

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Piantare alberi nel modo giusto, la scienza in soccorso del policy-making

Non c’è organizzazione, governo nazionale o locale che negli ultimi anni non abbia promesso di piantare degli alberi per combattere il riscaldamento globale. Gli esperti di The Nature Conservancy, ente non profit con sede ad Arlington, negli Stati Uniti, li mettono in guardia: non tutte queste iniziative contribuiscono al benessere del Pianeta. I progetti che non tengono conto dell’albedo, il potere riflettente di una superficie, rischiano di sovrastimare i loro effetti positivi del 20-80%. Lo riporta Agence France-Presse.

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Contrastare il cambiamento climatico è una priorità per gli...

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I dati del sondaggio Euronews-Ipsos

cambiamento climatico - storyblocks

Si avvicina la data delle elezioni europee, che in Italia si svolgeranno l’8 e il 9 giugno 2024, ma quali sono i temi più sentiti dagli elettori europei? Agire per contrastare il cambiamento climatico è una delle priorità per oltre la metà dei cittadini del Vecchio Continente. Per contro, meno di un terzo di essi ritiene che sinora l’UE abbia avuto un impatto positivo in difesa dell’ambiente. È quanto emerge dal primo sondaggio paneuropeo di questo genere svolto da Euronews e Ipsos su un campione di quasi 26 mila persone di 18 diversi Paesi. Dunque, se da un lato i cittadini sentono forte la necessità di dover fare qualcosa di concreto per limitare i danni degli eventi climatici sempre più disastrosi, dall’altro emergono non poche perplessità circa l’operato dell’UE in difesa dell’ambiente e delle persone.

I dati dei singoli Paesi

Contrastare il cambiamento climatico non è però sentito come una priorità allo stesso modo dai cittadini dei diversi Stati membri dell’UE. Sono soprattutto danesi (69% degli interpellati) portoghesi (67%) e svedesi (62%) a considerarlo come un tema centrale di cui dovrebbe occuparsi maggiormente il Governo centrale europeo. Al contrario, polacchi, cechi e finlandesi ritengono la questione non prioritaria: nel complesso solo il 34% del totale degli elettori di questi tre Paesi pensano sia un tema fondamentale. In particolare, in Polonia il 35% degli intervistati ritiene che la lotta al cambiamento climatico sia una questione secondaria. A livello di genere e fascia d’età, le donne europee sono più propense a pensare che le questioni inerenti al cambiamento climatico siano prioritarie, il 55% contro il 45% degli uomini. Il sondaggio sottolinea che, invece, l’età non rappresenta un elemento fondamentale nelle scelte dei cittadini europei, infatti, circa la metà di tutte le fasce ritiene la questione del clima prioritaria, circa un terzo la considera “solo” importante.

L’azione dell’UE in difesa dell’ambiente

Se da un lato le nuove direttive europee introdotte negli ultimi anni hanno portato notevoli cambiamenti anche mediante l’applicazione di misure drastiche per cercare di ridurre le emissioni del 55% entro il 2030, dall’altro la percezione dei cittadini sull’impatto di tali norme non è molto positiva. Solo il 32% degli elettori europei ritiene che l’UE abbia avuto effetti favorevoli sulla protezione dell’ambiente. Tra i cittadini che hanno un parere positivo circa l’operato del Governo europeo su tali temi vi sono al primo posto i rumeni (48%), seguiti dai portoghesi (47%) e dai finlandesi (45%). All’opposto, tra i più critici ci sono i francesi: il 39% di loro ritiene che Bruxelles abbia addirittura avuto un impatto negativo sul contrasto al cambiamento climatico. Molto critici anche gli olandesi, solo uno su quattro ha una visione positiva dell’azione ambientale dell’Unione. Proprio in Francia e Paesi Bassi, infatti, si sono di recente tenute grandi manifestazioni di protesta, specie degli agricoltori, contro il Green Deal che sarebbe la causa dell’aumento dei prezzi dei prodotti comunitari a discapito di quelli extra UE.

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Il Mediterraneo è a rischio soffocamento: ecco cause e...

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L’Osservatorio Climatico Enea “Madonie – Piano Battaglia” prosegue la sua attività di monitoraggio denunciando l’aumento di metano e Co2 nel mare

Mar Mediterraneo - - Canva

L’area del Mediterraneo è sempre più a rischio per l’aumento delle emissioni di Co2 e metano. Questo è quanto è emerso dal Report dell’Osservatorio Climatico Enea “Madonie – Piano Battaglia” che dal 2005 effettua costanti misure della concentrazione dei gas nel mare.

I dati hanno evidenziato la crescente minaccia per il Mediterraneo. Lo stesso è emerso anche dall’Osservatorio Enea di Lampedusa e da differenti istituzioni internazionali. In sintesi, il Mediterraneo sta soffocando. L’Osservatorio, con il supporto di Ente Parco delle Madonie e Comune di Petralia Sottana, prosegue la sua attività di analisi e ricerca, anche grazie alla sua posizione strategica.

L’alta quota e l’assenza di contaminazioni hanno permesso di misurare che a Madonie – Piano Battaglia, in Sicilia, la concentrazione di Co2 è aumentata con un tasso di crescita di 2.16 ppm/anno dal 2005 ad oggi. Un aumento altrettanto preoccupante è quello del metano che accelera ogni anno, da oltre un decennio, la sua concentrazione nelle acque della zona.

Quali conseguenze

A confermare questo preoccupante fenomeno è anche la World Meteorological Organization che ha pubblicato i dati globali raccolti in occasione del World Meteorological Day 2024. Il 2023 è così risultato l’anno più caldo mai registrato con una temperatura media globale di circa 1,45 gradi superiore alla media del periodo che andava tra la metà dell’800 e i primi del ‘900.

A contribuire particolarmente a questo fenomeno, oltre i danni derivanti dall’attività umana, vi è El Nino, il fenomeno di surriscaldamento che negli ultimi due anni ha avvolto l’area dell’Europa Occidentale e non solo. Questi cambiamenti, però, non sono stati lenti e graduali, ma hanno visto un’accelerata nell’ultimo decennio. Sono proprio le concentrazioni di gas serra che hanno alimentato l’aumento delle temperature su terra e oceani, con conseguente innalzamento delle acque e scioglimento dei ghiacciai.

In altre parole, quello a cui stiamo assistendo è l’aumento del 50% delle concentrazioni di Co2 che hanno raggiunto 417,9 ppm nel 2022 a causa dell’uso di combustibili fossili, della deforestazione e dei cambiamenti nell’uso del suolo. Questo genera l’aumento delle temperature con eventi estremi come ondate di caldo, siccità, incendi, cicloni tropicali

Cosa fare?

In un panorama climatico destinato a peggiorare, le attività di monitoraggio e prevenzione assumono più che in altre occasioni, ruoli di rilevanza indispensabile. Proprio questo tipo di attività, infatti, consente di gestire tempestivamente catastrofi ambientali e danni a persone e oggetti materiali, come si è verificato nel Centro e Nord Italia nell’ultimo anno. I finanziamenti pubblici e privati, secondo gli scienziati internazionali, dovrebbero aumentare di almeno sette volte entro la fine del decennio per raggiungere gli obiettivi climatici imposti dai tavoli tecnici transnazionali.

Un ruolo cruciale, in tal senso, è giocato dalle energie rinnovabili che potrebbero ridurre di molto la produzione di Co2 e far sì che si possa abbandonare l’uso dei combustibili fossili.

Anche le città e aree urbane offrono significative opportunità di riduzione delle emissioni.

L’importanza della ricerca e del confronto

Per le sue specificità l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) nel 2021 ha conferito all’Osservatorio Enea delle Madonie il riconoscimento ufficiale di stazione regionale, rappresentativa per tutta l’area del Mediterraneo centrale, nell’ambito del Global Atmosphere Watch (GAW), la rete mondiale per lo studio del clima globale.

A settembre 2024, grazie a questi dati e a quelli internazionali, l’Onu si riunirà per il Summit del Futuro per accelerare il rispetto degli impegni internazionali intensificando risorse e mezzi e adottare quindi misure volte a rispondere con tempestività alle sfide e alle opportunità emergenti. Il “Patto per il futuro” è atteso per la fine dell’anno.

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