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Onu: “A Gaza situazione apocalittica”. Israele vuole allagare tunnel di Hamas

Decine di mezzi corazzati dello Stato ebraico nel sud della Striscia. Razzi verso Tel Aviv, un ferito. Onu: "A Gaza situazione apocalittica, nessuna zona sicura". Raid a Jabalyia, "almeno 15 palestinesi uccisi"

Fumo nel cielo sopra la città di Khan Younis, a Gaza - Afp

"Siamo nel cuore di Jabaliya, di Shejaiya e da questa sera anche nel cuore di Khan Younis", la città più grande nel sud della Striscia di Gaza. A confermarlo, in una dichiarazione diffusa dalle forze israeliane (Idf) e rilanciata dal Times of Israel, è il generale Yaron Finkelman, capo del Comando Sud.

"Questo è il giorno più intenso dall'inizio della manovra (di terra) sia per numero di terroristi uccisi che per numero di scontri e uso di fuoco da terra e dal cielo - aggiunge -. Pianifichiamo di continuare ad attaccare per consolidare i risultati ottenuti".

I militari israeliani riferiscono di blitz con varie postazioni di Hamas nel mirino a Jabaliya e Shejaiya, con l'eliminazione di "infrastrutture del terrore sia in superficie che sotterranee". La nota dell'esercito riferisce che "nell'ultima giornata" sono stati "uccisi molti terroristi".

Decine di mezzi corazzati israeliani operano nel sud di Gaza, riporta la Cnn sulla base di immagini satellitari di domenica fornite da PlanetLabs. Le immagini, ottenute oggi dalla Cnn, mostravano mezzi a ovest della Salah al-Din Road, la strada principale tra il nord e il sud di Gaza, a circa sei chilometri a nord dal centro di Khan Younis. Tracce sul terreno visibili nelle immagini, riferisce la rete americana, indicano che i mezzi corazzati israeliani sono arrivati seguendo una rotta quasi diretta dal confine tra Israele e Gaza a est.

Ieri la Cnn aveva geolocalizzato un video di al-Jazeera che mostrava un tank delle forze israeliane nel sud di Gaza, la prima conferma di un'operazione delle Idf a sud di Wadi Gaza nel contesto delle ostilità tra Israele e Hamas, iniziate dopo il terribile attacco del gruppo del 7 ottobre nel Paese e riprese venerdì scorso al termine di una tregua durata una settimana. Il video diffuso domenica mostrava un tank israeliano a circa 1,5 chilometri a sud rispetto ai mezzi immortalati nelle immagini di PlanetLabs.

Razzi da Gaza su Tel Aviv, un ferito

Una persona è rimasta ferita a Tel Aviv dove sono tornate intanto a suonare le sirene antimissile mentre proseguono le ostilità tra Israele e Hamas. I servizi di soccorso israeliani hanno confermato di aver assistito un 40enne ferito dalla caduta di un frammento di un razzo nella zona di Tel Aviv. Lo riferisce il Times of Israel che rilancia immagini diffuse online che mostrano un razzo caduto su un marciapiede e un video che mostra frammenti caduti in un parco vicino a una scuola. Secondo il sito di notizie Ynet, circa 15 razzi sono stati lanciati da Gaza contro Tel Aviv. Un producer della Cnn ha confermato di aver sentito le conseguenze di almeno otto razzi intercettati dal sistema Iron Dome.

Onu: "A Gaza situazione apocalittica, nessuna zona sicura"

"Ogni volta che pensiamo che le cose non possono essere più apocalittiche a Gaza, lo sono". E' quanto scrive su X Martin Griffiths, responsabile Affari umanitari delle Nazioni Unite, secondo il quale nella Striscia "non c'è alcun posto sicuro, non gli ospedali, non i rifugi, non i campi profughi, nessuno è al sicuro, non i bambini, non gli operatori sanitari, non gli operatori umanitari".

Intanto le Forze di difesa israeliane stanno pensando di allagare la rete di tunnel di Hamas nella Striscia di Gaza con acqua di mare. Lo rivela il Wall Street Journal, secondo cui nei giorni scorsi cinque grandi pompe idriche sono state installate a nord del campo profughi di al Shati, ognuna delle quali capace di pompare migliaia di metri cubi di acqua di mare. Israele ha informato gli Stati Uniti che stanno lavorando a questa opzione e che stanno studiando la fattibilità del piano e i fattori ambientali.

La creazione di “zone sicure” in cui i civili possano fuggire all’interno della Striscia di Gaza è impossibile a causa dei bombardamenti di Israele, sostiene intanto l'Onu, facendo riferimento agli attacchi dell'Idf, che all'inizio della guerra si sono concentrati nel nord dell'enclave e che ora, dopo gli avvertimenti alla popolazione di fuggire in altre aree, dovrebbero essere condotti anche nel sud.

"Le cosiddette zone sicure non sono scientifiche, non sono razionali, non sono possibili, e penso che le autorità ne siano consapevoli", ha detto ai giornalisti a Ginevra, tramite collegamento video dal Cairo, il portavoce dell'Unicef, l'Agenzia delle Nazioni Unite per l'Infanzia, James Elder.

Idf: raid nel quartier generale di Hamas a Jabalyia

Le truppe israeliane sono avanzate a Jabaliya, nel nord di Gaza, con raid contro il quartier generale della sicurezza di Hamas. A dare notizia dell'operazione sono state le forze di Difesa, spiegando che la 162ma Divisione ha iniziato ad operare in profondità a Jabalyia dopo aver completato le manovre di accerchiamento del suo campo profughi. Negli ultimi giorni, le truppe hanno lavorato alla distruzione delle strutture usate da Hamas, hanno localizzato razzi ed altre armi, hanno organizzato raid contro gli uomini di Hamas.

Secondo le Forze di difesa, in un'operazione congiunta condotta con lo Shin Bet, i riservisti della 551esima brigata e i commando Shayetet 13 hanno fatto irruzione nel quartier generale della sicurezza di Hamas a Jabaliya e hanno trovato armi, varie attrezzature e intelligence. Le forze aeree hanno continuato ad effettuare attacchi a Gaza: le Idf hanno dichiarato ieri di aver colpito un gruppo di agenti di élite della Nukhba di Hamas durante un'operazione congiunta con la brigata dei paracadutisti.

Secondo l'agenzia di stampa Maan almeno 15 palestinesi sono rimasti uccisi nel bombardamento israeliano contro alcuni edifici a Jabaliya, che ospita il più grande campo profughi nella Striscia di Gaza. La Maan ha denunciando tra l'altro che ci sono notizie di morti e feriti in un altro bombardamento a Gaza City e che l'esercito israeliano avrebbe effettuato un nuovo attacco con munizioni al fosforo bianco a nord e a est della città di Khan Younis, situata nel sud della Striscia.

Nel frattempo altri tre soldati israeliani uccisi nell'operazione nella Striscia di Gaza. Lo hanno reso le Forze di difesa israeliane (Idf), secondo cui si tratta di un ufficiale e due militari del 53mo battaglione della 188ma Brigata corazzata. Sale così a 78 il numero dei soldati israeliani morti da quando è iniziata l'offensiva di terra a fine ottobre.

Wafa: Idf ha ucciso almeno 50 persone a Nuseirat e a Khan Younis

Almeno 50 persone sono state uccise negli attacchi israeliani contro il campo profughi di Nuseirat, nel centro della Striscia di Gaza, e a Khan Younis, nel sud dell'enclave. Lo ha riferito l'agenzia di stampa palestinese Wafa, secondo cui decine di feriti sono stati portati d'urgenza all'ospedale Nasser di Khan Younis.

Usa: Hamas non vuole rilasciare donne perché teme denunce stupri

Hamas non vuole liberare le altre donne che tiene sequestrate dal 7 ottobre per paura che denuncino casi di stupro da parte dei miliziani. A dichiararlo è stato il portavoce del Dipartimento di stato americano Matthew Miller: "Il motivo per cui questa pausa umanitaria è fallita è che non vogliono che queste donne possano parlare di quello che è successo durante il loro periodo di prigionia", ha dichiarato in conferenza stampa.

Miller ha spiegato di non avere alcun motivo per dubitare delle informazioni relative agli stupri commessi da Hamas, sottolineando che i miliziani hanno commesso "ogni tipo di atrocità" dal 7 ottobre. "La pausa umanitaria, che ha portato al rilascio di ostaggi, è stata negoziata in termini molto chiari e prevedeva che la liberazione di donne e bambini fosse prioritaria, ha poi ricordato. Verso la fine della tregua, Hamas continuava a trattenere le donne di cui era prevista la liberazione. Hanno rotto l'accordo, hanno inventato scuse per giustificarsi".

"Nessuna di queste scuse era credibile", ma "certamente uno dei motivi per cui molte persone credono che si siano rifiutati di rilasciarle è che non volevano che si sentisse quello che queste donne avrebbero avuto da dire pubblicamente", ha concluso.

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Ucraina, Crosetto: “Italia ha fornito tutto quello...

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"Noi veniamo da 40 anni con l'idea che la difesa fosse qualcosa di cui non avevamo bisogno"

Guido Crosetto

"Noi domani avremo una incontro, una call, a cui presumo ci sarà lo stesso Zelensky, per fare il punto" sugli aiuti all'Ucraina. "Mi pare che l'Europa e l'Italia in particolare abbiano fornito in questo periodo tutto quello che riuscivano a dare". Lo ha detto il ministro della Difesa Guido Crosetto, intervenendo all'incontro promosso da PwC Italia in collaborazione con il gruppo editoriale Gedi, dal titolo 'Il ruolo della ricerca militare nello sviluppo economico italiano'.

"Il problema - ha spiegato - è che noi veniamo da 40 anni con l'idea che la difesa fosse qualcosa di cui non avevamo bisogno, che le scorte e gli investimenti per la difesa non servissero, per cui non abbiamo magazzini pieni con cui possiamo aiutare. Quello che potevamo dare fino ad adesso l'Italia lo ha dato quasi integralmente. La parte che non ha ancora dato la darà prossimamente", ha detto il ministro.

"Sono talmente arrabbiato che dico una cosa pubblicamente: l'Italia ha ordinato alcuni sistemi di difesa aerea Samp-T due anni fa, l'industria che ha la commessa mi dice che li consegnerà tra tre anni. Un ordine di Samp-T per la difesa italiana fatto due anni fa, l'industria mi dice che lo consegna tra tre anni", ha proseguito.

"Voi pensate che uno possa fare il ministro della difesa o difendere un Paese con questi tempi? Non riesco a capire come sia possibile metterci tre anni per costruire una qualunque cosa, anche la più complessa che esiste al mondo", ha osservato Crosetto, spiegando che il problema è che "noi abbiamo un'industria che si era tarata su una capacità produttiva in cui lo Stato fa l'appalto, dà i soldi, quando li dà si inizia a costruire e poi quando si riesce, si consegna. Invece viviamo tempi in cui avremmo bisogno delle cose subito". Il problema - ha riferito il ministro - "non è solo italiano, ma europeo. Lo ha anche il ministro francese, con cui stiamo facendo una battaglia a due".

A differenza di quanto accade in Europa, "in Russia, in Cina e in Iran alzano il telefono e l'azienda che prima faceva frigoriferi" viene convertita per la produzione della difesa. "Noi invece ci confrontiamo con regole costruite in tempi di pace e in tempi normali in tempi che non sono di pace e non sono normali".

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India al voto, Armellini: “Grande democrazia? Con...

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L'ex ambasciatore a Nuova Delhi: "Il Paese è cresciuto, ma stretta autoritaria sempre più opprimente"

(AFP)

L'India resta un grande Paese, ma non è detto che resterà una grande democrazia. Alla vigilia della prima tornata elettorale nel gigante asiatico - dove da domani al primo giugno poco meno di un miliardo di elettori andrà a votare in 28 Stati federali e otto territori - l'ex ambasciatore italiano a Nuova Delhi, Antonio Armellini, parla con l'Adnkronos dell'India di Narendra Modi, che si avvia al suo terzo mandato, dopo dieci anni già al governo.

Con il leader del Bjp "l'India è molto cambiata, è cresciuta economicamente, è migliorata al suo interno, il programma di investimenti sulle infrastrutture ha portato risultati ed il sistema finanziario è stato ammodernato", riconosce Armellini. Che tra i 'meriti' cita "la presa sull'elettorato, che si è ampliato e non è più solo quello tradizionale del Bjp", il partito dei commercianti e degli imprenditori.

Parallelamente, osserva l'ex ambasciatore, "la stretta autoritaria del governo Modi è diventata sempre più opprimente, figlia di un controllo e di un meccanismo del consenso molto sofisticati", mentre l'opposizione divisa e frammentata "è in difficoltà nel trasmettere un qualche tipo di messaggio che possa essere recepito dagli elettori".

L'India cresce "ma crescono anche le diseguaglianze", sottolinea ancora Armellini, mentre si avvia a diventare "una democrazia autoritaria sempre più lontana dal modello che ne aveva fatto un unicum nel continente asiatico, una grande democrazia liberale, figlia del pensiero politico del 19mo secolo, che aveva avuto anche Giuseppe Mazzini tra gli ispiratori della lotta per l'indipendenza". "L'India laica, tollerante, multietnica, rispettosa dello stato di diritto non è l'India di Modi, fortemente identitaria - ragiona l'ex ambasciatore - L'India è un grande Paese, ma che resti una grande democrazia è un punto interrogativo".

Quanto alla politica estera di Nuova Delhi, che "ha una percezione di sé come grande potenza sullo stesso piano di Stati Uniti e Cina, il punto da cui partire è che l'India non ha alleanze, ma relazioni, è partner di molti, ma nel proprio interesse". Che è quello di "grande potenza autonomia con due punti di riferimento imprescindibili: il contrasto con la Cina e il conflitto con il Pakistan", spiega Armellini. E chi, "come a tratti cercano di fare gli Stati Uniti, pensa di poterla legare in una vera e propria alleanza, rischia di restare fortemente deluso".

Infine l'ex ambasciatore si dice convinto che Nuova Delhi abbia "una maggiore capacità di attrazione per diventare il punto di riferimento del Sud globale", in particolare rispetto a Pechino, che agli altri Paesi "richiede di schierarsi", laddove l'India ha un approccio meno identitario.

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G7, Tajani: “Tutti insieme dobbiamo dare messaggio di...

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Le parole del ministro degli Esteri al summit di Capri

"Tutti insieme credo che dobbiamo dare un messaggio di pace". Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, nel corso del G7 Esteri a Capri.

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