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Renzi contro tutti, dall’Ue al governo Meloni da...

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Renzi contro tutti, dall’Ue al governo Meloni da Schlein a Conte: cosa ha detto

Il leader di Italia Viva alla convention del partito spara a zero. E ne ha pure per Di Maio

Matteo Renzi - Fotogramma

L'Ue "alla frutta", priva di politica estera "nonostante il fondamentale apporto di Luigi Di Maio". Il Pd di Schlein "un collettivo universitario", la segretaria dem una che "ha vinto le primarie e poi le ha cancellate", Giorgia Meloni "camaleontica" e "incoerente". Salvini "una disgrazia nazionale", Nordio "in ostaggio" della maggioranza. Lollobrigida "incapace di capire cosa sono le istituzioni" come Delmastro. Conte il teorico del "gratuitamente come stile di governo". E' un Renzi contro tutti quello che ha parlato oggi all'assemblea nazionale di Italia Viva a Roma.

L'Ue le europee

"L'Europa ha bisogno degli Stati uniti d'Europa. Serve abolire il principio di unanimità perché finché c'è, non c'è futuro per l'Ue. E' un carrozzone da 27 Paesi dove addirittura l'Ungheria si permette di mettere il veto sull'Ucraina", scandisce Renzi nel suo intervento all'assemblea nazionale di Italia Viva. "Abbiamo 27 commissari europei, non si può andare avanti così, devono essere al massimo 18-20 e gli altri a girare. Se non abbiamo un sistema con liste transnazionali ed elezioni diretta del presidente della Commissione - afferma il leader Iv - non siamo credibili nel voler portare la democrazia agli altri. L'Europa è alla frutta, ha un declino demografico ed economico devastante, a livello politico non è considerata come prima: noi ci candidiamo in Europa per svegliare questo Paese e questo continente".

"Le elezioni del 9 giugno - ricorda Renzi - si giocano sulla possibilità di avere una maggioranza simile a quella che c'è stata fino ad oggi, che tenga insieme la famiglia popolare, la famiglia socialista, Renew Europe. Ogni sforzo finalizzato a costruire questa maggioranza ci vede convintamente a favore. Chi, in nome di esigenze personalistiche, pregiudizi ideologici o di veti rifiuta una prospettiva unitaria fa un danno all'Europa" e "vincerà la cultura di Visegrad e dei no", avverte.

"L'Europa al momento - denuncia Renzi - non ha politica estera. Non c'è l'Europa in politica estera in Ucraina, non c'è a Tel Aviv, non c'è nel Golfo nonostante il fondamentale apporto di luigi Di Maio... non c'è in Africa e non c'è nel Sud est Asiatico".

Meloni

Quindi l'ex premier punta il dito contro la presidente del Consiglio. "Giorgia Meloni sull'Ue ha smesso di dire che vuole uscire dall'euro, ha talmente smesso che non se lo ricorda nemmeno; ha cambiato posizione sulla Nato; ha cambiato idea sull'energia, prima diceva no alle trivelle; si accinge a ratificare il Mes" è "la donna più camaleontica che la politica italiana abbia mai avuto e dirglielo la fa innervosire - afferma Renzi - . Il problema di Meloni è che è circondata da persone che le dicono sempre di sì e quando trova qualcuno che fa opposizione si innervosisce. Ho une bella notizia per lei: intendo usare tutti gli spazi parlamentari per inchiodarla alle sue incoerenze".

Salvini

Renzi usa l'arma dell'ironia poi contro il vicepremier e ministro dei Trasporti Salvini. "I treni in ritardo da Firenze vedono alcuni dei nostri fermi a Orvieto da un'ora. Al governo di destra una cosa chiedevamo: che i treni arrivassero in orario, come quando c'era lui. Ma da quando c'è Salvini è una disgrazia nazionale la situazione. Ma nel frattempo il buon Salvini riunisce i sovranisti a Firenze, ha scelto la città giusta: l'unica città che è per definizione città universale, i fiorentini i soldi li hanno fatti grazie alla globalizzazione. Salvini ha scelto di stare alla Fortezza da Basso che oggi è Debolezza da Basso perché non c'è nessuno, gli hanno dato il bidone in tanti, povero Salvini. Se si occupasse un po' più di treni, o forse è meglio di no...", chiosa sarcastico.

Nordio

Spezza una lancia invece per il Guardasigilli. "Sulla giustizia voglio fare un appello: liberate il soldato Nordio, lo state tenendo in ostaggio. Le sue idee sono bloccate da una forza politica che di garantista non ha nulla. I Fratelli d'Italia non sono garantisti e non lo saranno mai, non faranno mai una riforma della giustizia. Noi, sulla riforma della giustizia ci siamo, loro no perché la riforma della giustizia non sanno come farla, non sanno cos'è una riforma garantista".

Lollobrigida e Delmastro

Nessun riguardo invece per il ministro dell'Agricoltura Lollobrigida e la sua 'fermata a richiesta' del treno: "Avesse ammesso la leggerezza sarebbe stato grave ma la polemica si sarebbe fermata dopo un minuto, invece il ministro Lollobrigida teorizza il suo diritto di fare come gli pare coi treni di tutti. Stesso atteggiamento che porta Delmastro a dire 'ma io avevo la carta e l'ho passata accanto a me'. Atteggiamento che tradisce un'incapacità di capire cosa sono le istituzioni, non sono cattivi è che proprio non ce la fanno".

Il Pd ed Elly Shclein

Nel mirino dell'ex segretario Pd anche l'attuale dirigenza Dem. "Nel Pd di Schlein il mondo cattolico fa la foglia di fico e non ha nessuna possibilità di incidere in un partito guidato con la logica dell'assemblea studentesca. Il Pd di Elly - attacca - è guidato da un gruppo di persone che sembrano usciti dall'occupazione studentesca, il collettivo".

"Chi è Elly Schlein? E' colei la quale ha vinto le primarie e poi ha cancellato le primarie. Io vengo dal Pd che nasceva su poche cose ma chiare, la prima: si fanno le primarie". E ancora, incalza il leader Iv, "a Renato Soru Schlein ha detto no perché in Sardegna candida una grillina che si chiama Todde. Soru non so cosa farà, quel che è certo è che se ne è andato dal Pd perché non è il suo Pd. Il Pd che faceva le primarie oggi fa scegliere a Roma".

Conte

Una stoccata anche al leader del Movimento 5 Stelle. "Per Giuseppe Conte è tutto gratuito, teorizza il gratuitamente come stile di governo e non si rende conto che stiamo indebitando per le prossime generazioni tutte le nostre famiglie".

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Politica

Reddito cittadinanza, per la Consulta “non può...

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La sentenza della Corte Costituzionale depositata oggi

Palazzo della Consulta - Fotogramma /Ipa

Il reddito di cittadinanza (Rdc) "risulta strutturato in modo da non poter venire in aiuto alle persone che, in forza delle vincite lorde da gioco conseguite nel periodo precedente alla richiesta, superino le soglie reddituali di accesso, anche se, a causa delle perdite subite, sono rimaste comunque povere»; non è però «irragionevole che il legislatore abbia escluso che sia compito della Repubblica quello di assegnare il Rdc a chi, poco prima, si è rovinato con il gioco». Ciò perché "non è la povertà da ludopatia, ma è piuttosto la ludopatia stessa a rappresentare uno di quegli ostacoli di fatto che è compito della Repubblica rimuovere". È quanto si legge nella sentenza n.54 del 2024, depositata oggi, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in riferimento agli artt. 3, secondo comma, e 25 della Costituzione sulle disposizioni del decreto-legge n. 4 del 2019, come convertito, che sanzionano penalmente l’omessa dichiarazione delle vincite lorde al fine di accedere al Rdc o di mantenerlo.

Le questioni, sollevate dal Tribunale di Foggia, riguardano una persona che aveva chiesto il reddito di cittadinanza pur omettendo di dichiarare precedenti vincite al gioco e che non aveva poi comunicato le ulteriori vincite conseguite nel periodo in cui ha percepito il Rdc. Poiché la disciplina del Rdc vieta espressamente di utilizzarne gli introiti per il gioco, «[i]l principio di eguaglianza sostanziale, alla cui attuazione il Rdc è peraltro riconducibile, non può certo essere invocato a sostegno di una questione di legittimità costituzionale nell’interesse di chi ha travolto le regole fondamentali dell’istituto, alterandone così la natura».

La sentenza ha poi precisato che "la giocata on line assume il carattere di una qualunque spesa, in questo caso voluttuaria, che la persona ha effettuato con un reddito di cui ha la disponibilità, coincidente con l’accreditamento delle vincite sul suo conto gioco; non si può, quindi, pretendere che la solidarietà pubblica si faccia carico di una spesa di tal genere». Poiché devono essere dichiarate le vincite al gioco, senza che sia possibile considerare le relative perdite, la situazione di povertà «in cui la persona si sia venuta a trovare nonostante le vincite è, insomma, comunque quella di chi, avendo una disponibilità economica, l’ha dissipata giocando». A ragionare altrimenti, del resto, non solo si rischierebbe «di alimentare la ludopatia in chi ancora ne soffre, ma anche di creare, in ogni caso, una rete di salvataggio che si risolverebbe in un deresponsabilizzante incentivo al gioco d’azzardo, i cui rischi risulterebbero comunque coperti dal beneficio statale del Rdc».

La sentenza ha anche escluso la violazione del principio di determinatezza della legge penale di cui all’art. 25 Cost., perché, nonostante un complesso insieme di rimandi, dalla normativa è possibile evincere l’obbligo di dichiarare e comunicare le vincite lorde; del resto, sul piano pratico, a fronte della suddetta complessità, «va considerata anche la possibilità, riconosciuta dall’art. 5, comma 1, del suddetto decreto, di presentare le richieste del Rdc presso i centri di assistenza fiscale».

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Politica

Meloni in Libano, visita al contingente italiano a Shama

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La premier ai militari: "La pace non si costruisce con le parole comodamente seduti in poltrona"

Giorgia Meloni in Libano ha fato visita al contingente italiano a Shama per esprimere, in vista delle festività pasquali, la vicinanza e gratitudine del governo. "l'Italia vi è grata, la pace non si costruisce con le parole comodamente seduti in poltrona", ha detto Meloni che ha sottolineato con la visita al confine sud con Israele l'impegno dell'Italia per evitare una escalation del conflitto".

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Politica

Rai, per il Cda giochi quasi chiusi: incertezza per Pd e Fdi

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Si tratta anche su Dg e su un rimpasto di alcune direzioni aziendali. Intanto il bilancio chiude in pareggio e con un + 7% di pubblicità

Cavallo della Rai a viale Mazzini - Fotogramma

Mentre su Camera e Senato piovono candidature molto eterogenee per aree culturali, formazione ed esperienze, comincia a profilarsi quella che potrebbe essere la composizione del nuovo Cda Rai. In attesa di sapere se il consigliere eletto dai dipendenti sarà di nuovo Davide Di Pietro, che comunque si ricandiderà, sono praticamente certi i due nomi che verranno indicati da Palazzo Chigi (attraverso l’azionista Mef) e che saranno destinati a diventare presidente (dopo il voto di una maggioranza qualificata della Vigilanza) e amministratore delegato, e che dovrebbero essere, rispettivamente, Simona Agnes e Giampaolo Rossi. Gli altri quattro consiglieri andranno eletti per metà dalla Camera e per metà dal Senato e saranno dunque necessariamente frutto di un accordo tra le forze politiche e dei partiti al loro interno. Su questo fronte vengono dati ormai per assodate la riconferma di Alessandro Di Majo (in quota 5 Stelle) e l'arrivo di Alessandro Casarin (in quota Lega).

Mentre, a quanto apprende l'Adnkrono rimangono delle incertezze sul fronte dei candidati vicini al Pd e a Fdi. I democratci sarebbero divisi tra l'ipotesi della scrittrice Chiara Valerio e dell'ex dirigente Rai Antonio Di Bella mentre Fdi sarebbe orientato su una candidata: negli ultimi giorni sono circolati con insistenza i nomi della vicedirettrice del 'Secolo d'Italia' Annalisa Terranova e dell'ex dg Rai Lorenza Lei ma nessuno dei due nomi avrebbe ancora ottenuto un'investitura ufficiale. Mentre la ricerca di una quota rosa avrebbe fatto tramontare la candidatura di un altro ex dirigente Rai, quella di Mauro Mazza.

D'altronde, come sempre nei ricambi al vertice Rai, la partita in corso va ben oltre la scelta dei consiglieri e di presidente e ad. Nella trattativa sul voto per eleggere i consiglieri e soprattutto sul voto della Vigilanza per il via libera al presidente (che deve ottenere un placet vincolante dei due terzi della commissione bicamerale) in ballo ci sarebbero anche le ambizioni delle diverse aree politiche su alcune direzioni, giornalistiche e non.

Intanto nella struttura di vertice ci sarà da scegliere anche un dg e pare che difficilmente sarà l'attuale ad Roberto Sergio, del quale si vocifera di un ritorno alla radiofonia, settore di cui ha mantenuto l'interim anche nell'ultimo anno da ad. Intanto i rumors di stampa accennano anche alla possibilità che i Cinque Stelle votino a favore della nomina alla presidenza di Simona Agnes a patto che gli venga assicurata una direzione giornalistica di una certa importanza. E quindi non è escluso che all'arrivo del nuovo vertice seguirà un 'rimpasto' di alcune direzione giornalistiche.

Il tutto mentre la presidente della commissione di Vigilanza, dalle colonne del 'Fatto', mette in guardia: “Dopo il via libera del Parlamento europeo al Media freedom act, la legittimità del prossimo Cda Rai sarà a rischio. Va approvata con urgenza una nuova legge sulla governance, che sottragga la tv pubblica al controllo della politica". Ma la strada appare ancora lunga.

Bilancio 2023 in pareggio, verso ticket Rossi-Sergio?

Intanto trapelano le prime notizie sul bilancio 2023 della Rai, che Viale Mazzini dovrebbe approvare nella seduta del 17 aprile, secondo quanto anticipato qualche settimana fa dall'ad Roberto Sergio. E sono notizie positive. L'indebitamento finanziario netto dell'azienda - a quanto apprende l'Adnkronos - si riduce di 90 milioni. E il bilancio si chiuderà in pareggio, con un risultato decisamente migliore di quello indicato nel bilancio previsionale che prevedeva una chiusura a -30 milioni. Ma non solo. C'è un altro dato indubbiamente positivo: la raccolta pubblicitaria nel primo trimestre 2024, che sta per chiudersi, fa segnare un +7% rispetto al primo trimestre 2023.

Risultati che, a viale Mazzini, vengono letti come una fortificazione dell'asse Sergio-Rossi facendo così risalire nei rumors di queste ore le quotazioni di un 'arrocco' tra i due in occasione del rinnovo del Cda Rai, con Rossi dato come amministratore delegato in pectore e Sergio che prenderebbe il suo posto come direttore generale. Insomma il ticket che era stato annunciato fin dallo scorso anno. Ma le indiscrezioni sulla Rai in queste settimane si rincorrono con un tourbillon di ipotesi. Se infatti dovesse esserci un colpo di scena, c'è una rosa di almeno altri quattro nomi come candidati alla futura direzione generale: Marco Brancadoro, Felice Ventura, Marcello Ciannamea e Angelo Mellone. E c'è anche chi paventa persino un possibile sdoppiamento della direzione generale, con le competenze divise sulle diverse aree aziendali.

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